lunedì 26 dicembre 2016

STORIA CULTURALE DEL CLIMA di WOLFGANG BEHRINGER

STORIA CULTURALE DEL CLIMA di WOLFGANG BEHRINGER

Trascrivo le conclusioni dell'autore in calce al libro STORIA CULTURALE DEL CLIMA"
La saggia consapevolezza di queste conclusioni mi renderebbe più coscientemente tranquillo e determinato se lo scenario politico ed economico mi si presentasse con maggiore autorevolezza e forza della Democrazia e della partecipazione popolare alle decisioni e minore Sperequazione sia economica, sia decisionale sia comunicativa propedeutica alle decisioni.





giovedì 15 dicembre 2016

I TERRIBILI VECCHIETTI DI MARCO MALVALDI

Due rilassanti serate leggendo i primi due romanzi di Marco Malvaldi della serie del BarLume.
I romanzi sono semplici, ben fatti, divertenti. I personaggi sono simpatici, mi sembra che non siano pienamente definiti sin dal primo romanzo, credo che l'intenzione di farli conoscere man mano che la serie prosegue.
Il protagonista, Massimo,  è tratteggiato senza volergli attribuire alcun fascino salvo l'intelligenza, e per questo piace. I comprimari si prestano piuttosto bene a far da spalla, con una certa originalità. Probabilmente il plot è abbastanza irreale, ma sinceramente, chi se ne frega. Mi ha regalato qualche ora di relax, ha citato Wodehouse, ha inserito qualche annotazione politica arguta e soprattutto nel secondo romanzo qualche tirata un po' moraleggiante.
Credo che andrò a prendere in biblioteca anche i successivi.


venerdì 9 dicembre 2016

mercoledì 7 dicembre 2016

UNA DOMANDA. CON QUALE STRUMENTI I CITTADINI...?

Gianfranco Pasquino sui Partiti
l'articolo trattato è il 49 "Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale"

Purtroppo - scrive Pasquino- , spesso, l'art. 49 è stato utilizzato per giustificare la partitocrazia italiana. La degenerazione del potere dei partiti italiani, in parte resa possibile dalla debolezza, dalla frammentazione, dal corporativismo della società italiana, non trova nessuna scusante nel dettato dell'art. 49. Soltanto cittadini informati e partecipanti saranno in grado di ridefinire ruolo e potere dei partiti in Italia. E' un'opera di lunga lena che non può essere surrogata da occasionali sussulti quali possono essere le pure utilissime primarie per la scelta di candidati alle cariche monocratiche.
L'art. 49 pone inevitabilmente un quesito preoccupato e preoccupante; se i partiti declinano e diventano organizzazioni frammentate e particolaristiche con quali strumenti i cittadini riusciranno effettivamente a "determinare la politica nazionale"?

martedì 6 dicembre 2016

ERNESTO BELLONI PODESTA' DI MILANO

Tratto da "La biblioteca" di Giorgio Dell'Arti (Domenica Sole24ore) - notizie tratte da "Tangentopoli nera" di M.J.Cereghino e G.Fasanella

"Ernesto Belloni, podestà di Milano, accusato dai nemici di essere un "pessimo amministratore" e di far eseguire lavori non necessari, al solo scopo di incassare tangenti con "sperperi paurosi".

WAYFINDING

WAYFINDING
è una complessa attività basata sul fare il punto (dove sono?), orientarsi (dove è il Nord?) situarsi rispetto all'obiettivo da raggiungere (dov'é?), e muoversi nella direzione dell'obiettivo, eventualmente determinando una strategia di aggiramento se sul percorso diretto ci sono ostacoli; strategia che a sua volta ci obbliga a rifare il punto e ricominciare tutto da capo, in costante aggiornamento, man mano che ci spostiamo.

Dalla Domenica del Sole24Ore, brano di Roberto Casati: "Come capire dove siamo" ... e dove andiamo

lunedì 5 dicembre 2016

I DIRITTI DISCENDONO DAL RISPETTO DEI DOVERI

I diritti discendono da rispetto dei doveri
I doveri vengono considerati intollerabili imposizioni

Sull'articolo 2 della Costituzione "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale", Pasquino scrive

"In maniera troppo entusiastica, la maggioranza dei commentatori dell'art. 2 si è soffermata su due elementi, certamente essenziali, vale a dire il cosiddetto "catalogo dei diritti civili" e la solidarietà. Troppo spesso, invece, molti commentatori hanno messo in secondo piano il cruciale collegamento fra diritti "inviolabili" e doveri "inderogabili"
(...)
Emerge qui prepotentemente (...) il nesso importantissimo, decisivo, (...) fra diritti e doveri.
(...) Il legame fra Stato e cittadini passa attraverso un impegno reciproco: da un lato, a riconoscere che esistono diritti inviolabili; dall'altro, ad agire tenendo conto dell'inderogabilità di alcuni doveri sul cui adempimento si regge non soltanto lo Stato, ma la stessa comunità dei cittadini che vogliano essere tali a pieno titolo.
(...)
A fronte di troppi fenomeni recenti e meno comparsi nella società italiana, i diritti, i doveri, la solidarietà hanno tutti subìto torsioni che una lettura attenta e approfondita dell'art. 2 non può che giudicare in maniera molto severa e negativa. Qualsiasi rivendicazione, in particolare nei confronti del potere pubblico, è giustificata e abbellita come se implicasse un diritto, di "nuova generazione". I doveri vengono considerati intollerabili imposizioni e sono elusi. Alla solidarietà collettiva si sono venute sostituendo forme particolaristiche di tutela di privilegi (definiti spesso "diritti acquisiti") praticate da associazioni corporative e spesso clientelari. Quello che è l'articolo fondante di una collettività che si riconosce diritti e garantisce l'adempimento reciproco di doveri è diventato qualcosa di estraneo nelle pratiche quotidiane di una nazione dal debole senso civico e dalla solidarietà a macchia di giaguaro"
Ineccepibile

LA COSTITUZIONE IN TRENTA LEZIONI

Gianfranco Paquino. La Costituzione in trenta lezioni. Prima lezione
" La Costituzione è, al tempo stesso, un patto orizzontale fra i cittadini e un patto verticale tra i cittadini e le istituzioni sulle regole che riguardano i comportamenti di ciascuno e di tutti, sulle modalità accettabili dei loro rapporti, sulle conseguenze desiderate e desiderabili.
La Costituzione è una mappa delle strade che possono essere intraprese e di quelle senza uscita. La Costituzione è "la legge delle leggi" non soltanto poiché i suoi principi servono a valutare l'adeguatezza di tutte le leggi, ma anche perché le leggi ordinarie dovrebbero scaturire dagli articoli della Costituzione. Negli articoli di una buona Costituzione si trovano le promesse di una buona politica e le indicazioni su come mantenere quelle promesse.
In quanto patto, in senso lato, sottoscritto dai cittadini, la Costituzione è destinata a durare fintantoché non arrivino condizioni nuove che obblighino a una rinegoziazione del patto".
Mi sembra chiaro e ben detto.

ORIGINI

VOTA X. STORIA DI UN SEGNO. La legislazione elettorale dal '700 ad oggi: dalla scelta fra in candidati alla formazione del Parlamento
Andrea Levico

"La storia della legislazione elettorale italiana inizia ufficialmente con l'emanazione del Regio Editto n° 680, promulgato dal Re di Sardegna, Carlo Alberto, il 17 Marzo 1848
(...)
L'art. 40 non mancò invece di fissare alcuni requisiti minimi per l'assunzione alla carica di Deputato: "Nessun Deputato può essere ammesso alla Camera se non è suddito del Re, non ha compiuto l'età di trenta anni, non gode i diritti civili e politici, e non riunisce in sé gli altri requisiti voluti dalla legge". La quale legge non impose in verità ulteriori condizioni: il Deputato era svincolato da ogni vincolo censitario ...
(...)
Ma tale situazione non rendeva di fatto eleggibili tutti i regnicoli, poiché un'altra disposizione dello Statuto, l'art. 50, stabiliva " che le funzioni di senatore e deputato non danno luogo ad alcuna indennità", sicché solo coloro che disponevano della possibilità economica di abbandonare le proprie occupazioni per svolgere attività non remunerate potevano ambire alla carica.
Altre norme in materia erano l'art. 41, il quale stabiliva che " I Deputati rappresentano la Nazione in generale e non le sole provincie in cui furono  eletti. Nessun mandato imperativo può loro darsi dagli elettori"
...

domenica 27 novembre 2016

L'ASCOLTO DEI RAGIONAMENTI ALTRUI, L'EMOZIONE DI PARTECIPARE ALLE DECISIONI

Senatrice a vita Elena Cattaneo
tratto dal libro "OGNI GIORNO tra scienza politica"

L'ascolto dei ragionamenti altrui e il controllo delle basi alle quali essi sono ancorati è, quindi, condizione irrinunciabile per avvicinarmi a temi che, non infrequentemente, mi colpiscono per la vastità del loro significato politico e le conseguenze che possono avere (da subito) sulla vita dei cittadini e delle istituzioni.
Provo una continua emozione, devo ammetterlo, per il fatto di trovarmi a poter partecipare, con il mio voto o la mia astensione motivata, a contribuire per definire la direzione.

L'istituto dei Senatori a vita è sensato e la sua sostituzione con i Senatori a tempo è una delle più evidenti sciatterie della proposta di Riforma Costituzionale.

SISTEMI ELETTORALI. IL VOTO "TRASFERIBILE"

SISTEMI ELETTORALI. IL VOTO "TRASFERIBILE"
Leggo su "VOTA X STORIA DI UN SEGNO. La legislazione elettorale dal '700 ad oggi: dalla scelta fra i candidati alla formazione del parlamento"
(il libro è del 2009- si può pensare che il sistema sia ancora in vigore)

Una curiosa soluzione è quella del voto singolo trasferibile, utilizzato in Irlanda ed a Malta. Si tratta di un sistema ideato nel 1859 da Thomas Hare: l'elettore indica sulla scheda i candidati in ordine di preferenza e quando un candidato raggiunge un certo numero di voti che gli garantiscono l'elezione (c.d. droop quota), le schede che recano il suo nome come prima preferenza iniziano a venire conteggiate in base alla seconda preferenza.
(..)
In effetti, i risultati che derivano dall'applicazione di questo sistema sono assai proporzionali, ma in esso è ravvisabile una certa componente di aleatorietà, in quanto molto dipende dall'ordine casuale con cui le schede vengono scrutinate. Tuttavia, i fautori della formula di Hare affermano che, per la "legge (matematica) dei grandi numeri", quando i calcoli vengono effettuati su milioni di voti le componenti di casualità si attenuano.

EUROPA COME UNICO STATO SOVRANO DEGLI EUROPEI

EUROPA COME UNICO STATO SOVRANO DEGLI EUROPEI

Segnalo un interessante articolo su Repubblica di oggi a firma di Roberto Esposito.
titolo "L'equilibrio che si spezza"
Traggo e copio da questo articolo due frasi centrali.
Rafforza la mia convinzione che l'Europa funzionerà veramente quando tutti gli stati nazionali che la compongono si scioglieranno in un unico Stato Europeo, con diritto pubblico e privato comune, un Parlamento eletto che legifera, un Governo che conquista la fiducia di questo governo e l'integrazione comune di tutti i servizi dello Stato.

Ma è soprattutto in Europa che il binomio democrazia-liberalismo pare disgregarsi in una maniera che trasforma, e insieme deforma, entrambi i suoi termini. Per almeno un secolo il luogo d’incontro tra democrazia e liberalismo è stato il rapporto tra diritti individuali e sovranità popolare. Esso implicava che gli interessi individuali si integrassero con le scelte politiche di governi legittimamente eletti, in un equilibrio di poteri garantito dalla Costituzione. È appunto questo equilibrio complessivo che rischia oggi di spezzarsi nella prevalenza dei diritti individuali su quelli collettivi, del mercato globale sulle volontà nazionali, della logica finanziaria sulle scelte politiche.
Certo, nei nostri sistemi politici, il diritto costituisce il collante della democrazia. La stessa idea di democrazia presuppone un insieme di regole condivise, all’interno delle quali le forze politiche si misurano contendendosi il governo dei rispettivi Paesi. Ma ciò è possibile per gli Stati nazionali. Negli organismi sopranazionali — come l’Unione Europea — la legislazione tutela un sistema di interessi che non coincide con il diritto pubblico. Il quale resta, al momento, appannaggio degli Stati nazionali. In fondo il contenzioso aperto da alcuni di essi — tra cui anche l’Italia — riguarda proprio questa differenza.

giovedì 17 novembre 2016

"POST-TRUTH" PAROLA DELL'ANNO ?

"POST-TRUTH" PAROLA DELL'ANNO ?

Letta sul giornale oggi
L'Oxford Dictionary l'ha scelta definendola come
"l'aggettivo che descrive una situazione in cui i fatti obiettivi sono meno influenti sull'opinione pubblica rispetto agli appelli emotivi e alle convinzioni personali"

Viene sposata con questo pensiero di Hannah Arendt
"Il suddito ideale del regno totalitario non è il nazista convinto né il comunista convinto, ma l'uomo per cui la distinzione tra fatti e finzione, e la distinzione tra vero e falso, non esistono più"

Mi sembra a proposito.

mercoledì 16 novembre 2016

L'UOMO E' SOLO INSIEME CON GLI ALTRI

L'UOMO E' SOLO INSIEME CON GLI ALTRI
tratto dal capitolo "il Mistero della Morte e della Vita" in  IL DIRITTO DI MORIRE

"nella visione laica, invece, l'uomo non è più "figlio" di nessuno e diventa padre di se stesso. E' una posizione difficile, dove c'è una libertà tutta umana, che non è solo il terreno riservato del libero arbitrio e in cui non c'è più protezione: l'uomo è solo insieme con gli altri uomini, nel bene e nel male. Il senso di questa solitudine e finitezza gli può ispirare terrore e disperazione, oppure saggezza e serenità"

17 piccoli motivi perché..' "JE SUIS" senza bisogno di attentati e morti... oggi: "JE SUIS... EUROPEO"

17 piccoli motivi perché..' "JE SUIS" senza bisogno di attentati e morti... oggi:"JE SUIS... EUROPEO"

DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL CITTADINO
DEL 26 AGOSTO 1789


I rappresentanti del popolo francese costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sciagure pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di esporre, in una solenne dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa dichiarazione costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, rammenti loro incessantemente i loro diritti e i loro doveri; affinché maggior rispetto ritraggano gli atti del Potere legislativo e quelli del Potere esecutivo dal poter essere in ogni istante paragonati con il fine di ogni istituzione politica; affinché i reclami dei cittadini, fondati d’ora innanzi su dei principi semplici ed incontestabili, abbiano sempre per risultato il mantenimento della Costituzione e la felicità di tutti. Di conseguenza, l’Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo, i seguenti diritti dell’uomo e del cittadino:
Art. 1 – Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune.
Art. 2 – Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione.
Art. 3 – Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo o individuo può esercitare un’autorità che non emani espressamente da essa.
Art. 4 – La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l’esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Tali limiti possono essere determinati solo dalla Legge.
Art. 5 – La Legge ha il diritto di vietare solo le azioni nocive alla società. Tutto ciò che non è vietato dalla Legge non può essere impedito, e nessuno può essere costretto a fare ciò che essa non ordina.
Art. 6 – La Legge è l’espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno diritto di concorrere, personalmente o mediante i loro rappresentanti, alla sua formazione. Essa deve essere uguale per tutti, sia che protegga, sia che punisca. Tutti i cittadini, essendo uguali ai suoi occhi, sono ugualmente ammissibili a tutte le dignità, posti ed impieghi pubblici secondo la loro capacità, e senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti.
Art. 7 – Nessun uomo può essere accusato, arrestato o detenuto se non nei casi determinati dalla Legge, e secondo le forme da essa prescritte. Quelli che sollecitano, emanano, eseguono o fanno eseguire degli ordini arbitrari, devono essere puniti; ma ogni cittadino citato o tratto in arresto, in virtù della Legge, deve obbedire immediatamente: opponendo resistenza si rende colpevole.
Art. 8 – La Legge deve stabilire solo pene strettamente ed evidentemente necessarie e nessuno può essere punito se non in virtù di una Legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto, e legalmente applicata.
Art. 9 – Presumendosi innocente ogni uomo sino a quando non sia stato dichiarato colpevole, se si ritiene indispensabile arrestarlo, ogni rigore non necessario per assicurarsi della sua persona deve essere severamente represso dalla Legge.
Art. 10 – Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni, anche religiose, purché la manifestazione di esse non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla Legge.
Art. 11 – La libera manifestazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge.
Art. 12 – La garanzia dei diritti dell’uomo e del cittadino ha bisogno di una forza pubblica; questa forza è dunque istituita per il vantaggio di tutti e non per l’utilità particolare di coloro ai quali essa è affidata.
Art. 13 – Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese d’amministrazione, è indispensabile un contributo comune: esso deve essere ugualmente ripartito fra tutti i cittadini in ragione delle loro capacità.
Art. 14 – Tutti i cittadini hanno il diritto di constatare, da loro stessi o mediante i loro rappresentanti, la necessità del contributo pubblico, di approvarlo liberamente, di controllarne l’impiego e di determinarne la quantità, la ripartizione, la riscossione e la durata.
Art. 15 – La società ha il diritto di chiedere conto della sua amministrazione ad ogni pubblico funzionario.
Art. 16 – Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri stabilita, non ha una costituzione.
Art. 17 – La proprietà essendo un diritto inviolabile e sacro, nessuno può esserne privato, salvo quando la necessità pubblica, legalmente constatata, lo esiga in maniera evidente, e previo un giusto e preventivo indennizzo.

FONTE:

P. Biscaretti di Ruffia, Le Costituzioni di dieci Stati di “democrazia stabilizzata”, Giuffrè, Milano 1994.

domenica 13 novembre 2016

TRE DOMANDE DI UMBERTO VERONESI SUL DIRITTO DI MORIRE

TRE DOMANDE DI UMBERTO VERONESI SUL DIRITTO DI MORIRE

Inizio a leggere il libro di Umberto Veronesi IL DIRITTO DI MORIRE. Al termine dell'introduzione l'oncologo da poco deceduto pone tre domande alle quali immediatamente assegna la sua risposta (sono ovviamente domande retoriche alle quali le risposte sono ovvie, immagino che nel libro motiverà le sue risposte).
Mi sembrano domande interessanti, coinvolgenti per un tentennante sostenitore del diritto all'eutanasia attiva (ovvero come scelta libera e responsabile della persona verso se stessa).
Non so come motiverà Veronesi le sue risposte, e la curiosità spinge a leggere questo smilzo libricino.
Dopo aver ragionato sui diritti personali e sulla libertà partendo dalle Costituzioni Illuministe francesi, Veronesi scrive:
"Alla luce di questi principi di libertà diventa assai agevole porre alcune domande circa il diritto di morire quando la malattia non è più curabile e quandola situazione non solo è irreversibile, ma porta con sé sofferenze e umiliazioni.
Prima domanda: la richiesta di eutanasia, cioè di morire senza sofferenza, quando è in atto una malattia incurabile e irreversibile che ha come punto di arrivo la morte contrasta con i principi di natura?
Poiché la morte è ineluttabile, questa richiesta si limita ad anticiparla per renderla meno traumatica, non vi è sovvertimento dell'ordine naturale. La risposta quindi non può essere che "no".
Seconda domanda: Chi chiede l'eutanasia nuoce a un altro membro della società?
Per l'uomo di fede nascerebbe il dubbio della frattura del patto con Dio, ma in una società laica la risposta è "no".
Terza domanda: se un individuo nella situazione di sofferenza fisica e morale data da una malattia incurabile e irreversibile chiede che sia riconosciuto il suo diritto naturale a morire (un precedente lettore scrive a matita sopra: "esiste?") , non viene egli oppresso da una società che glielo nega?
Se l'autodeterminazione è un diritto non può essere che oppressiva.La risposta quindi non può essere che "sì"."
Conclude Veronesi: "io penso , tour court, che il diritto di morire facia parte del corpus fondamentale dei diritti individuali."



venerdì 11 novembre 2016

DOVERI PRIMA DEI DIRITTI ED ETICA INECCEPIBILE E INTRANSIGENTE

DOVERI PRIMA DEI DIRITTI ED ETICA INECCEPIBILE E INTRANSIGENTE
Leggendo tanti commenti, analisi e riflessioni seguite la vittoria di Trump alle presidenziali USA si provano due sensazioni
-ci si sente come il famoso Rabbino e si darebbe ragione a tutti
-si rimane basito dalla "lucidtà" di tanti commentatori che non solo hanno già capito tutto (a meno che non abbiano preparato due articoli da usare alternativamente in caso di vittoria dell'uno o dell'altra) e perchè, ma anche "lo sapevano già" ... e dirlo prima, no?

Mi sarà sfuggito ma non ho trovato mai quanto segue:
Mi chiedo se non possa essere utile a coloro che si sentono dalla stessa parte ideale, politica, sociale nella quale mi riconosco io (come definirla con una parola: progressista? Usiamola, è contro natura essere sintetici per descrive la parte di campo dove mi posiziono, servirebbero 15 righe di precisazioni... ma forziamo la mano, quindi vada per progressista e chi vuol capire capirà.) e che, dal quartiere allo Stato o alle realtà sovranazionali, non voglia nascondere questa scelta, questi due banali stili di essere:
1- considerare i doveri ( di cittadino, di lavoratore, di persona) prioritari rispetto ai diritti e far discendere i secondi dai primi
2- tenere un comportamento (nel lavoro, negli affari, in politica, nella vita quotidiana) eticamente ineccepibile e intransigente.
Due concetti vecchi, due abitudini arcaiche, due atteggiamenti modesti e umili da tenere con il pugno chiuso senza indici puntati.   Così, semplicemente, un modo do essere riconoscibile e identificativo, poi seguiranno le proposte

martedì 1 novembre 2016

Conteggio del tempo in Giappone

Conteggio del tempo in Giappone

I giapponesi utilizzavano un calendario, i cui mesi, di 29 o 30 giorni, seguivano le fasi lunari. In genere la fase di luna piena coincideva con il 15º giorno del mese. Gli anni, costituiti da 12 mesi lunari, erano composti di 357 giorni e periodicamente veniva introdotto un tredicesimo mese per mantenere il capodanno vicino al solstizio d'inverno. In Giappone il sistema tradizionale di registrare le date è per nengo, o ere, stabiliti per decreto governativo in base a eventi significativi. Dal 1868 questi sono determinate dal mutamento di regno. Il sistema di datazione utilizzato durante il periodo EDO era: anno dell'era, numero del mese, numero del giorno. Spesso queste sistema veniva sostituito o abbinato a un altro relativo al sistema zodiacale cinese di un ciclo dei sessant'anni. Con questo sistema, la posizione di un anno all'interno del ciclo era indicata dalla combinazione del nome dei cinque elementi (legno, fuoco, terra, ferro, acqua) con uno dei 12 segni zodiacali(topo, bue, tigre, lepre, drago, serpente, cavallo, capra, scimmia, gallo, cane, cinghiale). Inoltre i mesi non erano suddivisi in settimana, ma in periodi di 10 giorni chiamati jun. Ogni singolo giorno era suddiviso in 12 ore, dalle quali sei appartenevano alla luce e sei al buio. La durata delle ore variava a seconda del periodo dell'anno. Al tempo di Hokusai l'età veniva calcolata a partire dalla uno alla nascita, perciò risultava di un anno superiore rispetto al computo occidentale.

Tratto dal catalogo della mostra Hokusai il vecchio pazzo per la pittura, Electa

lunedì 31 ottobre 2016

HOKUSAI. IL VECCHIO PAZZO PER LA PITTURA

"Dall'età di sei anni ho la mania di copiare la forma delle cose, e dai cinquant'anni pubblico spesso disegni, tra quel che ho raffigurato in questi settant'anni non c'è nulla degno di considerazione. a settantatrè ho un po' intuito l'essenza della struttura di animali e uccelli, insetti e i pesci, della vita di erbe e piante di perciò a ottantasei progredirò oltre; a novanta ne avrò approfondito ancor più il senso recondito è a cento anni avrò forse veramente raggiunto la dimensione del divino e del meraviglioso. Quando ne avrò centodieci, anche solo un punto o una linea saranno dotati di vita propria. Se posso esprimere un desiderio, prego quelli tra loro signori che godranno di lunga vita di controllare se quanto sostengo si rivelerà infondato."
 Dichiarato da Manji il vecchio pazzo per la pittura.

(tratto dal catalogo Electa: Hokusai, il vecchio pazzo per la pittura di Gian Carlo Calza per una mostra del 1999/2000 a Palazzo reale)

Ma se sostituiamo alle forme i pensieri, non vale ugualmente questa riflessione?

domenica 11 settembre 2016

ERODOTO HA CAPITO TUTTO

ERODOTO HA CAPITO TUTTO

ERODOTO. STORIE (Libro primo)

-poichè è chiaro che, se esse non volessero, non si lascerebbero rapire

Questa è l'esposizione che fa delle sue ricerche Erodoto di Turi, affinché gli avvenimenti umani con il tempo non si dissolvano nella dimenticanza e le imprese grandi e meravigliose, compiute tanto dai Greci che dai Barbari, non rimangano senza gloria; tra l'altro, egli ricerca la ragione per cui essi vennero in guerra.
1.Raccontano i dotti persiani che furono i Fenici a provocare l'inizio delle ostilità: non appena, infatti, questi dal mare così detto Eirtreo s'affacciarono a questo nostro mare e si stanziarono nella regione che tuttora essi abitano, subito si diedero a grandi navigazioni, trasportando merci egiziane e assire.
(...)
Arrivati, dunque, ad Argo, i Fenici vi esposero le loro mercanzie.
(...)
Queste donne, dritte in piedi presso la poppa della nave, facevano acquisto delle merci che più erano di loro gradimento, quando i Fenici, incitatisi l'un l'altro, si gettarono su di esse.
La maggior parte riusciì a fuggire, ma Io e alcune altre furono rapite: i Fenici, imbarcatele sulla nave, se ne andarono facendo vela verso l'Egitto.
(...)
più tardi, alcuni Greci (non sono in grado i dotti di precisarne il nome), approdati a Tiro in Fenicia, avrebbero rapito la figlia del re, Europa.
(...)
Così la partita poteva dirsi pareggiata; ma in seguito, dicono, i Greci si resero colpevoli d'un secondo sopruso (...) dopo aver condotto a termine l'impresa per la quale erano venuti, portarono via anche Medea, la figlia del re.
(...)
Nella generazione successiva, continua il racconto, Alessandro (Paride), figlio di Priamo, dopo aver sentito questi fatti, fu preso dalla voglia di procurarsi una donna in Grecia (...) avendo egli rapito Elena...
(...)
Ora, a giudizio dei dotti persiani, se il rapir donne è azione da uomini ingiusti, è da agire da stolti il prendersi pena per vendicarle; mentre è da uomini benpensanti non curarsene affatto, POICHE' E' CHIARO CHE, SE ESSE NON VOLESSERO, NON SI LASCEREBBERO RAPIRE.

domenica 4 settembre 2016

PORSI DELLE DOMANDE, NON ACCONTENTARSI DI CONOSCERE GLI EVENTI. LA STORIA SONO LE PERSONE

PORSI DELLE DOMANDE, NON ACCONTENTARSI DI CONOSCERE GLI EVENTI. LA STORIA SONO LE PERSONE

escluso le madri, ciascuno si sceglieva una sola donna della propria casa, quella che voleva, e tutte le altre, radunatele, le strangolavano perché non consumassero le loro vettovaglie”


R. Kapuscinki – IN VIAGGIO CON ERODOTO

I babilonesi, approfittando del fatto che la corte persiana è in preda all'anarchia (fino a poco prima è stata in mano ai Magi usurpatori; quando questi sono stati spodestati da una congiura di Palazzo, i dignitari hanno nominato il nuovo re Dario), si preparano a combattere i persiani e a dichiarare la propria indipendenza. Erodoto osserva che “ i Babilonesi si ribellarono, dopo essersi assai ben preparati; infatti durante tutto il tempo (…) si erano preparati all'assedio. E certo lo fecero di nascosto”

A questo punto Erodoto riferisce quanto segue: “Quando poi si ribellarono apertamente, agirono coì: escluso le madri, ciascuno si sceglieva una sola donna della propria casa, quella che voleva, e tutte le altre, radunatele, le strangolavano (...) perché non consumassero le loro vettovaglie”

Non so se Erodoto si renda conto di quello che scrive e se abbia riflettuto su queste parole. All'epoca, ossia nel VI secolo a.C., Babilonia conta come minimo dai duecento ai trecentomila abitanti. Il conto è presto fatto. Tra mogli, figlie, sorelle, nonne, cugine e fidanzate, vengono strangolate varie decine di migliaia di donne.

E il nostro greco non ci dice chi abbia deciso il supplizio. Un'assemblea popolare? Il consiglio della città? Il Comitato per la Difesa di babilonia? Non dice se ci siano state discussioni, proteste o pareri contrari, né chi abbia deciso la morte per strangolamento. Chissà se qualcuno ha proposto un altro modo di uccidere le donne, per esempio trafiggendole con le lance, squartarle con le spade, bruciarle sul rogo, gettarle nell'Eufrate che attraversa la città.

Ma le domande non finiscono qui. Che cosa leggono le donne rimaste a casa, sulle facce degli uomini rientrati dalla riunione che ha deciso la loro sorte? Perplessità? Vergogna? Dolore? Follia? Le bambine piccole, naturalmente, non intuiscono niente; ma le più grandicelle non avvertono istintivamente qualcosa di strano? Gli uomini rispettato tutti scrupolosamente la congiura del silenzio? Possibile che in nessuno si risvegli la voce della coscienza, possibile che nessuno abbia un attacco isterico e si metta a correre per la strada urlando?

E poi? Poi gli uomini radunano le donne e le strangolano. Quindi c'era un punto di raduno dove la gente doveva presentarsi e dove aveva luogo la selezione. Le donne destinate a vivere andavano da una parte, e le altre? Venivano consegnate a guardie che via via le strozzavano oppure dovevano farlo personalmente i padri e i mariti sotto gli occhi di giudici incaricati di sorvegliare le esecuzioni? Le cosa si svolgeva in silenzio o si udivano i lamenti degli uomini che invocavano la grazia per le neonate, le figlie e le sorelle? E che era stato, dopo, di quelle decine di migliaia di corpi? Se non si voleva che i morti tornassero a turbare i sonni dei vivi, bisognava dare loro una degna sepoltura. Da quel momento le notti dovevano essere diventate un incubo per gli uomini di Babilonia. Si svegliavano? Facevano brutti sogni? Non riuscivano a prendere sonno? Si sentivano afferrare per la gola dai demoni?

sabato 3 settembre 2016

ERA L'IDEA DELLA MORTE A SIGILLARE IL LORO AMORE

ERA L'IDEA DELLA MORTE A SIGILLARE IL LORO AMORE

Eric-Emmanuel Schmitt - La giostra del piacere

Non posso svelare il segreto di Victor e Oxana per non togliere il piacere al lettore che non conosce, ma entrambi hanno un segreto.

"In quel momento gli allievi del Saint-Martin, occupati a radunare gli appunti sparsi sul prato, videro passare la coppia che avevano disturbato nella serra. Raggianti, Victor e Oxana venivano avanti abbracciati, agili, belli, con un'andatura tanto serena quanto maestosa. Per le ragazzine di tredici anni che già pensavano ai ragazzi, quei due erano meravigliosi, rappresentavano l'ideale. Vedendoli si dettero una gomitata e rimasero zitte, in muto rispetto, finché non furono passati oltre. Chi di loro avrebbe potuto immaginare che quei due esseri splendidi, dal fisico trionfante, si consideravano malati? Le ragazze credevano di vedere dei cigni, loro si consideravano brutte oche, falliti, insufficienti. Solo la consapevolezza della loro miseria li aveva resi forti. Privi di arroganza, Victor e Oxana si sapevano vulnerabili, feriti, infinitamente mortali, ed era l'idea della morte, unita alla difficoltà di vivere, a sigillare il loro amore."

 Schmitt conduce il gioco a un esito che non condivido e non approvo, ma occorre dire che lo conduce disseminando il percorso di perle di saggezza e con sicura maestria.

venerdì 2 settembre 2016

MI PIACEREBBE NON TRADIRTI

MI PIACEREBBE NON TRADIRTI

Eric-Emmanuel Schmitt - LA GIOSTRA DEL PIACERE

Un breve estratto da un corposo romanzo corale di Schmitt. Un dialogo tra una scanzonata e salace coppia di fidanzati, Tom e Nathan. Schmitt è uno scrittore profondo, ama scandagliare senza remore ma, a mio avviso, con una visione e una idea salda e precisa, l'umanità femminile e maschile. Antonella ed io stiamo leggendo molto di Schmitt in questo periodo. Stimola la riflessione e incuriosisce senza che per forza ci sia condivisione della sua ideologia.
Anche il breve dialogo che trascrivo mi suggerisce diversi livelli di lettura, mi suggerisce (collocato nel contesto dell'evoluzione delle vicende del romanzo che mi sembrano chiaramente indirizzarsi verso una conclusione ideale - ma ho ancora circa 200 pagine per essere smentito) una precisa lettura che l'autore ha l'abilità di non dispiegare ma suggerire conducendo ad  il lettore con abilità retorica.
Mi piace, come mi piacciono tutti coloro che hanno idee forti e che stimolano la discussione.
Ecco il testo
"Sai Nathan, mi piacerebbe non tradirti..."
Nathan lo guardò commosso.
"Carina questa dichiarazione".
Sorrise alle cocorite con occhi umidi.
"Ecco cosa bisognerebbe dirsi quando ci si sposa. Invece di fare promesse impossibili si dovrebbe formulare si dovrebbe formulare questo semplice proposito "
Si portò la mano di Tom alla bocca e la baciò.
"Perchè al mondo ci si tradisce così tanto, Tom?"
"La domanda giusta sarebbe: perchè ci impegniamo in promesse impossibili? Perchè vogliamo negare la natura umana? Perchè uomini e donne si sognano diversi da quello che sono?"
"E' il senso dell'ideale, Non siamo mica bestie. Almeno non lo sono io."
"Confondi il senso dell'ideale con la negazione della biologia. Siamo agitati da pulsioni, non diversamente dai pappagalli e dalle cocorite quì sopra, pulsioni più forti di noi, più numerose di quello che vorremmo, in direzioni che scelgono loro, non noi. Essere infedeli è naturale, noi però smettiamo di esserlo giurandoci frustrazione".
"Pazienza. Mi piacerebbe non tradirti".
"Anche a me, Nathan".
Emisero un sospiro di sollievo.

martedì 23 agosto 2016

IL LAGER COMUNISTA

IL LAGER COMUNISTA

Oggi ricorre la Giornata europea di commemorazione delle vittime di tutti i regimi totalitari e autoritari, celebrata dal 2009.
Il 23 agosto 1939 la Germania nazista firmava con l’Unione Sovietica il patto Molotov-Ribbentrop, segnando l’inizio di uno dei periodi più bui della storia recente del nostro continente, che ha portato alla deportazione, alla tortura e all’assassinio di decine di milioni di persone sotto regimi totalitari


Per un curioso caso proprio ieri sera ho letto e annotato una drammatica pagina di Kapuscinski tratta da IMPERIUM che voglio qui condividere

Il lager
(comunista in Siberia_ mia nota di precisazione, conosciuto anche come Gulag, ma K. usa la parola Lager) era una struttura ideata con sadismo e, al tempo stesso, con esattezza matematica per distruggere e annientare l'essere umano sottoponendolo, prima della morte, alle peggiori umiliazioni, sofferenze e torture. era una rete in filo spinato fatta per lo sterminio e dalla quale, una volta che ci si cadeva dentro, era impossibile districarsi. Eccone gli elementi.
Il freddo. coperto di cenci miseri e leggeri, il condannato aveva sempre freddo, era sempre gelato.
La fame. Il freddo veniva avvertito tanto più acutamente in quanto il prigioniero era perennemente, bestialmente, ossessivamente affamato, disponendo come unico cibo di un tozzo di pane e un po' d'acqua
Il lavoro forzato. Intirizzito, affamato, il condannato era sottoposto a un lavoro bestiale e superiore alle sue forze: scavare, trasportare la terra con la carriola, spaccare pietre, tagliare boschi.
La mancanza di sonno. Quest'essere assiderato, affamato, sfibrato dal lavoro e quasi sempre malato, veniva privato anche del sonno. Poteva dormire solo poche ore su un letto d'assi, dentro baracche gelide, con addosso gli stessi stracci con cui lavorava
La sporcizia. Lavarsi era proibito e del resto non ci sarebbe stato né il tempo né il luogo per farlo. Coperto da una crosta appicicosa di sporcizia e sudore, il prigioniero emanava un fetore insopportabile
Gli insetti. Note e giorno era divorato dai parassiti. Gli stracci indossati erano nidi di pidocchi, le brande delle baracche pullulavano di cimici. durante l'estate veniva assalito da sciami di zanzare e dai terribili moscerini siberiani, che a nugoli gli si avventavano contro.
Il sadismo dell'NKVD. Guardi di scorta e carcerieri, ossia il sistema di sorveglianza dell'NKVD, infierivano senza sosta sul prigioniero urlando, prendendolo a pugni in faccia, a calci, aizzandogli contro i cani e fucilandolo per un nonnulla.
Il terrore dei criminali comuni. I prigionieri politici venivano sistematicamente terrorizzati, durubati, seviziati dai delinquenti comuni, che detenevano il grado più basso del potere.
La consapevolezza del torto subito. Anche il sopportare la sensazione di profonda ingiustizia era una tortura psichica. I prigionieri politici erano del tutto innocenti, non avevano fatto nulla di male.
La nostalgia e la paura. Tutti erano torturati dalla nostalgia dei loro cari, della casa ( le condanne arrivavano anche a venticinque anni), dalla sensazione di essere tagliati fuori dal mondo, dal timore di un domani sconosciuto e sempre più terribile, dall'incubo che ogn inuovo giorno fosse anche l'ultimo.

domenica 21 agosto 2016

SE LE TELEVISIONI ITALIANE DEDICASSERO LA PROGRAMMAZIONE AI VARI SPORT IN BASE AI LORO REALI SUCCESSI...


SE LE TELEVISIONI ITALIANE DEDICASSERO LA PROGRAMMAZIONE AI VARI SPORT IN BASE AI LORO REALI SUCCESSI...


ORO

Judo
Men -66 kg
BASILE Fabio
ORO
Fencing
Men's Foil Individual
GAROZZO Daniele
ORO
Shooting
10m Air Rifle Men
CAMPRIANI Niccolo
ORO
Shooting
Skeet Women
BACOSI Diana
ORO
Shooting
Skeet Men
ROSSETTI Gabriele
ORO
Swimming
Men's 1500m Freestyle
PALTRINIERI Gregorio
ORO
Shooting
50m Rifle 3 Positions Men
CAMPRIANI Niccolo
ORO
Cycling Track
Men's Omnium
VIVIANI Elia
ARG
Fencing
Women's Épée Individual
FIAMINGO Rossella
ARG
Diving
Women's Synchronised 3m Springboard
Cagnotto / Dallape'
ARG
Judo
Women -52 kg
GIUFFRIDA Odette
ARG
Shooting
Trap Men
PELLIELO Giovanni
ARG
Shooting
Double Trap Men
INNOCENTI Marco
ARG
Fencing
Women's Foil Individual
DI FRANCISCA Elisa
ARG
Shooting
Skeet Women
CAINERO Chiara
ARG
Fencing
Men's Épée Team
Italy
ARG
Marathon Swimming
Women's 10km
BRUNI Rachele
ARG
Beach Volleyball
Men
Nicolai / Lupo
ARG
Water Polo
Women
Italy
ARG
Volleyball
Men
Italy
BRZ
Swimming
Men's 400m Freestyle
DETTI Gabriele
BRZ
Cycling Road
Women's Road Race
LONGO BORGHINI Elisa
BRZ
Rowing
Men's Pair
DI COSTANZO / Abagnale
BRZ
Rowing
Men's Four
Italy
BRZ
Swimming
Men's 1500m Freestyle
DETTI Gabriele
BRZ
Diving
Women's 3m Springboard
CAGNOTTO Tania
BRZ
Water Polo
Men
Italy
BRZ
Wrestling
Men's Freestyle 65 kg
CHAMIZO MARQUEZ Frank
Questa è la tabella dei successi olimpici degli atleti italiani (o che concorrono sotto la bandiera italiana). Non ho la minima idea se corrisponde alle attese e se, rispetto ad altre olimpiadi, sia un successo o meno (a me sembra un ottimo risultato).
Propongo uno studio:
vedo che su 28 medaglie, 7 sono arrivate da discipline di tiro con arma (conto giusto? Il 25%). Per le medaglie d'oro il 50% delle medaglie sono arrivate da quelle discipline.
Si possono fare altre estrapolazioni, altre graduatorie. Una classifica interessante sarebbe considerando non solo i primi tre, bensì i primi otto per ogni disciplina, per vedere a livello di alte prestazioni complessive quale sia la nostra posizione nel modo olimpico.
Ma non è questo che mi incuriosisce.
Io suggerirei di prendere un anno tipo, esempio il 2015, e fare una classifica dei minuti dedicati ad ogni sport olimpico dalle 7 principali televisioni italiane in chiaro e da quelle a pagamento (che non ho idea quante siano) e poi dividere i minuti per le medaglie olimpiche conquistate (valutate per criterio di valore). E riflettere sugli esiti
Lo stesso gioco potrebbe essere fatto conteggiando tutti i minuti dedicati non per le gare ma per dibattere e litigare e intervistare dalle stesse televisioni a ciascuno degli sport olimpici e dividere anch'essi per le medaglie olimpiche di ciascuno sport. E riflettere (sono pronto a scommettere: amaramente)

Al contrario, si potrebbe programmare i palinsesti secondo questo criterio: sommando tutti i minuti dedicati alle gare e alle parole da ciascuna TV ai vari sport, un monte minuti indistinto e poi dividere le quote in relazione ai successi in competizioni continentali, mondiali o olimpici, e capire quanti minuti, in base alla resa di successo, dovrebbe essere dedicato a ciascuno sport

domenica 14 agosto 2016

LA PAURA

LA PAURA

Per una mia imperdonabile distrazione e povertà culturale, sono giunto fino a questi tempi senza aver mai letto nulla di SCHMITT e di KAPUSCINSKI, per quanto i nomi non mi fossero sconosciuti.
Che madornale errore.
Ora in tarda età sto recuperando, un po' bulimicamente, con soddisfazione intelletuale

In particolare ora voglio condividere un breve stralcio tratto da SHAH - IN - SHAH di Kapuscinski, straordinario libro  che racconta l'IRAN di Rezha Palhevi fino alla Rivoluzione Islamica. Conoscevo vagamente la storia dell'IRAN imperiale, avevo seguito gli atroci massacri compiuti dall'esercito dello Shah, e avrei saputo dire, seppur vagamente cosa fosse la Savak se interrogato. Ma un quadro così dettagliato e preciso della situazione che ha portato alla rivolta (che inizialmente non era solo Islamica/Scita) e alle motivazioni delle conseguenze, non lo avevo mai potuto avere.
Lo stralcio tratta della paura. Certo K. si riferisce più alla paura fisica delle immonde torture cui la Savak sottoponeva gli oppositori e del clima di sospetto reciproco cui era stato indotto il paese (orwelliano in generale, vicino alla DDR piuttosto che alla Corea del Nord nei ricorsi storici). Però, come capita a concetti profondi e veritieri, si innalza a livello di una riflessione generale che parla anche a noi oggi.

"La paura: una vorace bestia da preda annidata dentro di noi che non ci permette di dimenticarla. Ci spossessa e ci tortura senza posa. Chiede continuamente cibo, e noi dobbiamo nutrirla. Le riserviamo spontaneamente i piatti migliori. I suoi bocconi preferiti sono le dicerie sinistre, le cattive notizie, le idee inquietanti, le immagini da incubo (mia nota: come non pensare alla bufale su FB o a telegiornali come quelli di Italia1). Fra le migliaia di pettegolezzi, di notizie e di pensieri scegliamo a colpo sicuro i peggiori, ossia quelle che la paura predilige. Per placarla, per carezzare il mostro."

giovedì 11 agosto 2016

GUARDI QUANTE SCARPE! _ Da “LA PRIMA GUERRA DEL FOOTBALL” - KAPUSCINSKI

GUARDI QUANTE SCARPE!
Da “LA PRIMA GUERRA DEL FOOTBALL” - KAPUSCINSKI

“La compagnia del soldato strisciava tra gli arbusti, salendo verso la famosa curva dove eravamo piombati nell’inferno della guerra e dove era rimastoil nostro camion.

Dal punto in cui ora giacevamo, schiacciati a terra, si vedevano le grosse suole di gomma dei suoi commilitoni: avanzavano sull'erba, si fermavano, riprendevano a scivolare per qualche metro, poi tornavano fermarsi. I soldato mi urtò con il gomito

“Signore, guardi quante scarpe”

Fissando le scarpe della compagnia che procedeva a carponi, socchiuse gli occhi, sembrò riflettere, poi disse con voce rassegnata

“Nella mia famiglia tutti girano scalzi.”


Contesto
Nel 1970 Honduras e Salvator combattono una guerra di 100 ore a seguito degli scontri successivi le partite di eliminazione per i campionati del mondo di calcio del 1970. (Questa è la motivazione mediatica, in realtà le vere cause sono, come dice qualche saggio anche ai nostri giorni, derivanti da sperequazione, potere e sfruttamento). Ai primi sentori della guerra Kapuscinski si precipita in Honduras per seguire la vicenda. In una spedizione nelle zone del conflitto il mezzo dove viaggia lui assieme ad altri giornalisti capita improvvisamente in una zona di battaglia. I giornalisti si disperdono. Kapuscinski si ritrova con un soldato honduregno nascosto nella boscaglia.

martedì 9 agosto 2016

RYSZARD KAPUSCINKI: IL NEGUS (consigliato: con convinzione)

RYSZARD KAPUSCINKI: IL NEGUS (consigliato: con convinzione)

Kapuscinski
Che fortuna aver incontrato Kapuscinski. Ultimamente mi sto interessando di viaggi (si badi bene, di viaggi, non di turismo) e di diari di viaggio. Il nome di questo autore mi era noto per fama ma non per conoscenza diretta. Per approfondire questa tematica ho preso in biblioteca il Meridiano a lui dedicato.
Ottima scelta,
Ho letto quasi d'un fiato il primo libro, Negus, dedicato alla figura dell'Imperatore dell'Etiopia Hailé Selassié e alla fine del suo potere autocratico.
Kapuscinski idea un racconto che ha una prospettiva anomala, non dal punto di vista del vecchio autocrate, non dal punto di vista dei rivoluzionari seguaci di Menghistu e del DERG, ma dal punto di vista dei dignitari di corte. Nasce un racconto che assume a volte i toni di farsa ( i dignitari credono o fingono di credere in ciò che affermano, ma noi che vediamo "da fuori" ci accorgiamo del corrotto sofisma che stravolge e violenta la realtà ). Ho letto che Kapuscinski crea una "poetica del servilismo" e che nel raccontarci dell'Etiopia di Hailé Salassié estremizza una idea di stato sociale che a gradi diversi é applicabile (e applicata o pensata perlomeno) ovunque. In questo teatro dell'assurdo che sono le testimonianze che Kapuscinski genialmente va a cercare assieme al vecchio conoscente Teferra Gebrewold, ex caposezione dei Servizi di Informazione etiopici conosciuto in precedenti viaggi, pochissimo tempo dopo la presa del potere da parte del DERG, tra i funzionari di Palazzo Imperiale che non sono stati fucilati, imprigionati o che non sono fuggiti sulle montagne o all'estero, il servilismo, l'abiezioni di uomini che per mantenere un piccolo privilegio accettano qualsiasi umiliazione (il funzionario addetto a mettere il cuscino sotto i piedi del troppo piccolo Imperatore che sedeva su un alto trono - ne aveva 52 nel suo magazzino- o il funzionario che aveva come compito asciugare le scarpe sulle quali il cane dell'Imperatore aveva orinato), la lotta per conquistare il favore, la spietata logica per cui il popolo doveva essere mantenuto nella fame e nel'ignoranza, l'arte di caricarlo di gravami poco alla volta per evitare disperate rivolte, la corruzione e la delazione eretta a sistema, diventano filosofia di vita e di potere assunte come naturali da questi spaventati fuggiaschi.
Mi spiace non riuscire a spiegare la bellezza di queso libro, tradotto mirabilmente da Vera Verdiani, posso solo consigliare di leggerlo e copiare l'incipit.
""La sera andavo a raccogliere le confidenze di persone che avevano frequentato la corte imperiale:gente che un tempo risiedeva a Palazzo o che vi aveva avuto libero accesso. Ormai erano rimasti in pochi. Qualcuno era finito davanti al plotone d'esecuzione, altri erano fuggiti all'estero o erano stati rinchiusi nei sotterranei del Palazzo stesso, passando bruscamente dai saloni alle segrete. C'era anche chi si nascondeva nelle montagne o viveva tra le mura dei conventi, travestito da Monaco. Ognuno cercava di sopravvivere come poteva. Solo pochi erano rimasti ad Addis Abeba dove, a quanto pareva, era più facile sfuggire alla sorveglianza delle autorità.
Andavo a trovarli quando scendeva la notte. Dovevo continuamente cambiare automobile e travestimento. Gli etiopi, sospettosi per natura, stentavano a credere nella sincerità del mio intento: far rivivere il mondo spazzato via dalle mitragliatrici della Quarta Divisione."

sabato 6 agosto 2016

DON CHISCIOTTE. L'ARCHETIPO DEI MIEI EROI

DON CHISCIOTTE. L'ARCHETIPO DEI MIEI EROI
don Chisciotte atterrato afferma che la propria debolezza non compromette la verità di ciò in cui egli crede

Claudio Magris, nel capitolo "Sulla strada di don Chisciotte" del libro L'INFINITO VIAGGIARE, traccia un ritratto "profondo" di don Chisciotte con la pacata saggezza che trovo in tutti i suoi scritti.
E scopro che Magris coglie il nocciolo di ciò che rende il Cavaliere dalla Triste Figura uno degli archetipi dei miei eroi, che gli concede una delle postazioni principali nel mio Pantheon ideale, un esempio per me, consapevolmente,  inarrivabile

"Don Chisciotte non ha paura; si offre all'incertezza del vivere, che gli porta disastri, legnate, porcherie, umiliazioni. Ma egli non ha fede nella vita, che non sa quel che fa, bensì nei libri, che dicono non la vita ma ciò che le dà senso, le sue insegne. Per queste insegne egli si batte e viene quasi sempre ridicolmente battuto, perché quasi sempre perde e il male vince. Ma nemmeno disarcionato egli dubita di quelle insegne. Argamasilla è la patria del baccelliere Sansone Carrasco che l'atterra, ma don Chisciotte atterrato afferma che la propria debolezza non compromette la verità di ciò in cui egli crede"

venerdì 5 agosto 2016

SI VIVE PER ESSERE PIU' VICINI ALLA MORTE (quasi sempre)

 SI VIVE PER ESSERE PIU' VICINI ALLA MORTE (quasi sempre)

Claudio Magris. L'infinito viaggiare
prefazione

“Quasi sempre, nella propria esistenza, si hanno troppe ragioni per sperare che essa passi il più rapidamente possibile, che il presente diventi quanto più velocemente futuro, che il domani arrivi quanto prima, perchè si attende con ansia il responso del medico, l'inizio delle vacanze, il compimento di un libro, il risultato di un'attività o di una iniziativa e così si vive non per vivere ma per avere già vissuto, per essere più vicini alla morte, per morire"

giovedì 21 luglio 2016

LA STORIA DELLA CIVILTA' SI PUO' RIDURRE ALLA STORIA DELL'ASSERVIMENTO DELLA BELLEZZA FEMMINILE

LA STORIA DELLA CIVILTA' SI PUO' RIDURRE ALLA STORIA DELL'ASSERVIMENTO DELLA BELLEZZA FEMMINILE

Non conoscevo (le opere di ) Erri De Luca, né il personaggio se non per la vicenda del processo sui NOTAV. Giovedì scorso ho ascoltato alla cascina Elav  ( https://www.cascinaelav.com/ ) la lettura del libro (un racconto lungo) "Il peso della farfalla" e mi è venuta curiosità. Così sono andato in biblioteca e ho preso 3 o 4 libri di De Luca.
(approfitto per invitare chi può ad andare questa sera alla Cascina Elav ad ascoltare le letture tratte da PREGHIERA PER CHERNOBYL di Svetlana Aleksevic, ore 21.30)
Tornando a De Luca, devo dire che fino ad ora non mi appassiona molto. Però volevo copiare uno stralcio del libro "LE SANTE DELLO SCANDALO" perché mi sembra, pur non condividendolo appieno, piuttosto interessante
"le donne portano la bellezza. Ogni generazione femminile si impegna a onorare la dote assegnata. Il corpo femminile si perseguita con accanimento per esaltare la qualità.
Il maschile che gliela invidia reagisce esagerando la sua differenza virile o sforzandosi all'opposto di essere femminile. Il maschile davanti al femminile sbanda.
Le civiltà si sono specializzate nei minuziosi canoni dell'attrazione fino a differenze mostruose. Il torturato piedino giapponese (forse un errore, non dovrebbe essere cinese? mia nota) l'ingrasso o il contrario, lo scarnificato dimagrimento: il corpo della donna è sotto la pressa di uno stampo variabile, per adeguarsi all'icona prescritta. La dannazione di provare attrazione per l'uomo la sottomette al capriccio estetico maschile. Dopo aver detto: , la divinità aggiunge.
. non su te ma in te: sarà il suo criterio e gusto a governare dentro la donna, che piegherà la sua bellezza, la torturerà per obbedire a quello.
La storia della civiltà si può ridurre alla storia dell'asservimento della bellezza femminile".


martedì 19 luglio 2016

IL CORPO DELLE DONNE RESTA SOTTO COSTANTE E PETTEGOLA OSSERVAZIONE

IL CORPO DELLE DONNE RESTA SOTTO COSTANTE E PETTEGOLA OSSERVAZIONE

Trovo sulla DOMENICA del SOLE24ORE questo interessante "graffio" (questo è il nome della rubrica di acuta e salace critica al costume...e ai "costumisti")
"La nuova inquilina di Downing Street ha dichiarato di amare la rivista Vogue e le scarpe leopardate per prendere in contropiede  i cronisti scatenati su suo look. Ma il blu dei suoi trailleur è comunque sotto attacco: quante sfumature ha? E' più chiaro o più scuro del blu dei soprabiti di Margaret Thatcher? Non c'è contropiede che tenga: ancora nel terzo millennio il corpo delle donne, anche quello delle politiche più toste, resta sotto costante e pettegola osservazione."

sabato 9 luglio 2016

L'ANTIPOLITICA E' VERA E AUTENTICA POLITICA

Trovato sul Corriere della Sera.
articolo di NATALINO IRTI. "L'antipolitica come visione alternativa della società"
"Antipolitica è fra le comode parole, che, con sicuro risparmio di pensiero, sono fruibili in giudizi sommari e conversazioni salottiere. Intanto, è da dire che l'antipolitica non muove mai, o quasi mai, contro la politica in sé, ma contro la specifica politica, professata da un  partito o svolta da un governo.
Il rifiuto della politica come tale, ossia il trarsi fuori dai problemi della convivenza, non è concepibile. In questo senso tutti siamo immersi nella vita politica, e tutti concorriamo a determinarne le scelte.
Un frammento dell'altero Eraclito ammonisce, da oltre duemilacinquecento anni: 'I dormienti sono artefici delle cose che accadono nel mondo e aiutano a produrle'. Anche agli uomini pigri, inerti, sognanti, vanno imputati gli eventi della storia, poiché tutti siamo attori, e nessuno è semplice spettatore.
(...)
L'antipolitica, che riguardi dal lato dei 'dormienti' o dal lato degli 'esperti'  si rivela sempre come vera e autentica politica. Sono politici coloro che dichiarano di rifiutare la politica e coloro che pretendono di levare, al di fuori e al di sopra di essa, la verginità tecnica delle competenze. (...)"

martedì 5 luglio 2016

L'AUTO SENZA PILOTA UCCIDEREBBE L'UOMO GRASSO?

L'AUTO SENZA PILOTA UCCIDEREBBE L'UOMO GRASSO?

Mi rendo conto che a una settimana dal reale lutto dello sperimentatore di auto senza pilota, questo articolo contiene un filo di ineleganza.
Mi scuso e mi dispiaccio per l'accaduto.

Quello che trascrivo è un interessante sunto di uno studio su SCIENCE (USA) pubblicato su INTERNAZIONALE
Si tratta di una ricerca di etica. utilitaristica.
"Le auto senza conducente pongono problemi etici complessi che vanno in qualche modo risolti se si vogliono programmare questo tipo di auto, metterle in produzione e venderle. In uno studio su Science un'équipe di ricercatori ha presentato a dei volontari alcune situazioni che richiedono un giudizio morale. In un caso, un'auto senza guidatore si dirige verso alcuni pedoni. Può continuare in linea retta e travolgerli oppure svoltare e schiantarsi contro un muro, uccidendo il passeggero. Tra sacrificare il passeggero e investire 10 pedoni, il 76% de volontari sceglieva l'approccio utilitaristico di far morire il passeggero. Se poi a bordo del veicolo c'era un familiare, il sacrificio risultava ancor meno accettabile. I ricercatori hanno anche cercato di capire quanto fosse desiderabile l'acquisto di un'auto programmata in modo da sacrificare il passeggero in alcune circostanze. Dallo studio è emerso che l'auto utilitaristica era considerata la migliore da mettere in circolazione, ma pochi volontari l'avrebbero comprata, preferivano un veicolo che proteggesse il guidatore a ogni costo"

domenica 3 luglio 2016

L'UOMO. L'ANIMALE CHE FA DOMANDE, CHE VUOLE CAPIRE

L'UOMO. L'ANIMALE CHE FA DOMANDE, CHE VUOLE CAPIRE

Ho trovato interessante oggi leggere le prime pagine dell'inserto culturale del Corriere della domenica LA LETTURA.
Particolarmente combinando i primi due articoli:
di Donatella Di Cesare – L'Islam spiazza il terzomondismo
di Mauro Bonazzi - Siamo liberi? Yes, Edipo, we can.

Però leggendo prima quello di Bonazzi.

Perchè Bonazzi ci suggerisce un'azione che Di Cesare fa (magari poi perdendosi un po' nel prosieguo dell'articolo).
Bonazzi, lo si legge nel lancio, scrive: “Il vero complesso è quello dell'uomo di fronte a se stesso e alla storia: ciò che ci fa grandi NON SONO LE RISPOSTE CHE TROVIAMO MA LE DOMANDE CHE CI PONIAMO.
Ed è appunto una domanda (non in senso tecnico con il “?” alla fine, ma intendendo come ambito di indagine e questione problematica sollevata) importante quella che fa Di Cesare.

Prima di passare a Di Cesare volevo però copiare l'ultimo paragrafo del brano di Bonazzi, temine di un ragionamento sul senso della libertà dell'uomo in un mondo che appare governato dal caso

“Ma proprio dove maggiore sembra la miseria, lì è la nostra grandezza. E' vero; ci crediamo forti e non lo siamo, pensiamo di vedere e non capiamo nulla. Ma non per questo ci arrendiamo. Siamo sempre in cerca. E in questa continua ricerca di un significato, nel coraggio con cui affrontiamo le domande più scomode, costi quel che costi, emerge qualcosa che è nostro e solo nostro, che ci distingue e ci unici (mia nota. Per quanto ne sappiamo) nell'universo immenso che ci circonda. L'uomo, l'animale che fa domande, che vuole capire”


Da questa affermazione invito a spostarsi sul brano scritto da Di Cesare, della quale uso il lancio come sunto abbastanza preciso.

“La religione musulmana sembra oggi l'unico elemento capace di mobilitare le masse, un ruolo che fino a pochi decenni fa spettava al marxismo rivoluzionario e anticoloniale. Il quale, a sua volta, ha creduto utile allearsi con l'oltranzismo in nome dell'antimperialismo. Ma l'obiettivo del jihad è tutto tranne che progressista e punta a soppiantare la politica con la fede. Niente equivoci: l'internazionalismo della “guerra santa” non è quello democratico delle brigate antifasciste nella Spagna del 36”.

Certo, di questo articolo vale il fastidio provocato in chi è di sinistra nel rispondere al quesito di come e quanto si è colto subito e si è proclamato con la giusta forza di come il combinato tra tradizione e fondamentalismo islamico fosse assolutamente agli antipodi di una visione laica e progressista della società degli uomini. (il costi quel che costi dell'articolo di prima). Poi purtroppo Di Cesare deve indirizzare le risposte verso tesi precostituite tipiche del conformismo politicamente corretto della linea editoriale del Corriere e spreca l'occasione ( con l'ipocrita abilità di chi sembra voler difendere chi si vuole denigrare), anche facendo a pugni con la storia (i Talebani furono, mi risulta, gli eroici combattenti alleati dell'Occidente contro l'Orso Sovietico, e la rivoluzione Iraniana forse non sarebbe arrivata se il nostro Occidente non avesse eliminato Mossadeq per mettere sul trono quella triste figura di Palhavi, mentre sulla vicenda di Gaza, occorre non fare confusione tra sostegno alla popolazione inutilmente sottoposta alle punizioni collettive comminate da Israele con i fanatici dittatori di Hamas)

martedì 28 giugno 2016

CONOSCERE LE DIFFERENZE, VALORIZZARE LE SINGOLARITà, PER POTER CAMBIARE

CONOSCERE LE DIFFERENZE, VALORIZZARE LE SINGOLARITà, PER POTER CAMBIARE
Questi due brevi paragrafi dal libro ANTROPOLOGIA CULTURALE E LINGUISTICA di Vincenzo Matera, mi danno conforto nella mia convinzione che non ci sono sistemi culturali e sociali (e religiosi/tradizionali quando la religione pervade il sociale) che non possano modificarsi, e che ciò avvenga meglio con il confronto piuttosto che con la chiusura (per spinta esogena o per timore/desiderio di conservare il potere endogeno), fondandosi soprattutto sulla non conformità del genere umano, ma sulla irripetibile unicità (e quindi preziosità e ricchezza potenziale) di ogni persona
Ammetto che così estrapolati dal testo possono sembrare di avere poco significato, confido nello sforzo del lettore
"La spiegazione strutturale è, in questo senso, il dispiegamento delle differenze per cogliere le potenzialità di trasformazione ( o strutturali) che sono inerenti a ogni sistema. Non è possibile comprendere un sistema fin quando non si rivelano sistemi differenti e non si scoprono i modi con cui si può passare da un sistema a un altro.
(...) 
L'uomo non coincide con una sostanza unitaria: è fatto dalle sue "differenze"; queste differenze sono collegabili e l'antropologia si configura come l'esplorazione e la scoperta del "sistema" globale di queste differenze"

domenica 26 giugno 2016

LA MODERNIZZAZIONE S'IDENTIFICA DUNQUE COL CONSUMO, IL SACCHEGGIO E IL DEGRADO

LA MODERNIZZAZIONE S'IDENTIFICA DUNQUE COL CONSUMO, IL SACCHEGGIO E IL DEGRADO

Torno ora al Simone moralista polemico. Non è che sia la settimana di Simone, solo che i nostri meravigliosi sistemi bibliotecari ci viziano. Si trova di tutto, e io che sono bulimico ho prenotato libri di Simone... "a manetta".
Il Simone polemista moralista mi sembra piuttosto comune. Sapessi scrivere forse avrei potuto scrivere io le stesse cose. Da un punto di vista posso pensare che non sono l'unico ad arrabbiarmi per certe "miserie" nella Sinistra e in Italia, dall'altro però, da un intellettuale mi sarei aspettato un po' più di profondità e originalità.
Però tra le pagine (che hanno il pregio di essere scritte con una tale vis invettiva che non risultano mai noiose) qualche spunto mi sembra di trovarlo. Almeno a mo' di domanda.
Questo per esempio

RAFFAELE SIMONE
IL MOSTRO MITE
Perchè l'Occidente non va a sinistra

"La modernizzazione s'identifica dunque col consumo, il saccheggio e il degrado? Con il furore acquisitivo? Con la spesa affluente, che non serve che a produrre inondazioni planetarie di rifiuti? Chi si modernizza dedica davvero - come voleva Tocqueville - "tutta l'anima al perseguimento del benessere"? Dagli esempi disponibili - troppo numerosi per essere privi di significato - si dovrebbe concludere di sì. La questione non tocca solo la sfera economica ma anche quella delle rappresentazioni interne: per esempio, la modernizzazione influisce sul modo con cui guardiamo al futuro. La corsa planetaria al consumo è infatti causa ed effetto di una seria deformazione della nostra curva mentale; è diventato difficile, inutile e fors'anche assurdo rappresentarsi un futuro in senso proprio, cioè distante e progettato, perchè il futuro è oggi soprattutto un immenso aggregato di inquietudini (le "insicurezze che noi stessi ci siamo fabbricati", secondo la formula di Giddens) da cui è meglio stare alla larga. Per giunta, alla difficile arte prospettiva sono preparati in pochi, sia tra i singoli sia tra quanti portano responsabilità pubbliche. La preminente propensione al consumo comporta per contro un'estrema concentrazione sul presente, sull'avere e sull'agire subito, sull'acquisire per consumare, prima che sia tramontata la moda che giustifica quel consumo"

domenica 19 giugno 2016

SIAMO METICCI. FORSE ANCHE IBRIDI?

SIAMO METICCI. FORSE ANCHE IBRIDI?

Mi piace, sentendo più che chiaramente comprendendo, il paragrafo finale del bel libro
LA BUSSOLA DELL'ANTROPOLOGO
ORIENTARSI IN UN MARE DI CULTURE
 di Adriano Favole

"Ancora una volta, come ai tempi di Copernico e di Darwin, si ha la sensazione che l'idea della singolarità e centralità dell'essere umano vacilli: il carattere meticcio dell'uomo non è più soltanto il prodotto di relazioni e scambi tra culture, ma di ibridismi con il mondo animale (si pensi agli esotrapianti di cuore di maiale) e chimico-minerale.
Forse è proprio questo ibridismo che affascina e spaventa al tempo stesso, in modo particolare una società come quella occidentale che si è a lungo affidata (e lo fa tuttora per molti versi) alla tranquillizzante opposizione tra natura e cultura".

sabato 18 giugno 2016

LO STOLTO LETTORE: SE NON CREDETE IN NIENTE, MEGLIO COSì, MUOIONO MEGLIO GLI ATEI

SE NON CREDETE IN NIENTE, MEGLIO COSì, MUOIONO MEGLIO GLI ATEI

CESARINA VIGHY

L'ULTIMA ESTATE

L'antefatto.

L'antefatto sta nella passione che mi è venuta per i cimiteri da cui deriva la ricerca e la lettura di libri che parlano dei cimiteri, in particolar modo quelli monumentali. Uno dei libri che sto leggendo è di Valeria Pelliccia: “PASSEGGIATE NEI TRATTI DELL'ETERNITÀ”. Pelliccia visita diversi cimiteri. Visitando il cimitero di Venezia SAN MICHELE IN ISOLA conosce una signora, anch'ella sul traghetto che le fa approdare sull'isola.

Voglio trascrivere il dialogo per inquadrare chi sia questa signora.
-Scusi, è questo il vaporetto per l'isola San Michele?
--Si, ci vado anch'io. Se vuole possiamo farci compagnia
-Va a visitare qualcuno?
--Ogni volta che torno a Venezia faccio una visita ai miei genitori e controllo se c'è posto anche per me
-Sa già che verrà sepolta lì, a San Michele?
--Sì, lo desidero molto. Ho dato disposizioni severissime a mio marito in proposito. Di lui mi fido e abbiamo già fatto insieme anche il giro di prova.
-Il giro di prova?
--Vorrei che i miei cari, dopo avermi accompagnata, andassero a mangiare in un bel posto, in laguna. Avevo pensato alle Vignole, un a piccola isola romantica tutta orti, due trattorie rustiche con il pergolato. Sarebbero andate bene ma poi abbiamo scoperto che sono aperte solo nella bella stagione.
-Allora può morire soltanto d'estate?
--No, ho cambiato giro. Li manderò a Torcello, dove c'è una magnifica locanda che funziona tutto l'anno. E' un po' casa ma si mangia benissimo. Si muore una volta sola, no?


Questo dialogo continua, ma non voglio stancare, e poi se si è curiosi si può cercare il libro nel nostro meraviglioso sistema bibliotecario, tra qualche giorno io lo riconsegno.

Abbiamo cominciato a farci un'idea della signora che dice che dopo che la avranno sepolta, manderà (!) i suoi famigliari alla locanda al Torcello!

Scopriremo dopo qualche pagina che la signora è Cesarina Vighy, bibliotecaria appassionata di cimiteri. Ci informa l'autrice che a questa signora, un anno dopo, verrà diagnosticata una rara malattia neurologica degenrativa. E, poco dopo, a 73 anni, ha scritto il suo primo romanzo, L'ULTIMA ESTATE, diario estremo e potente inno alla vita. La sua sfida a ciò che ne sottraeva respiro, movimento, futuro si è nutrita anche del suo speciale culto dei morti e di passeggiate nei cimiteri. Continua Pelliccia: prima di scendere tra gli extraterreni è riuscita a pubblicare un altro libro, in cui ha dimostrato come si possa riuscire a vincere il morire (la morte è invincibile) , con dignità e schiena dritta, grazie allo humour, nero e spiazzante.

Cosa mi restava da fare, dopo aver letto queste righe? Solamente inserire i libri di Cesarina Vighy nella Wishing list di Amazon (nota non casuale per i lettori, se il vostro grande cuore vuole farmi un regalo e non sapete cosa, andate sulla wishing list e troverete abbondanti suggerimenti!) e cercarli in biblioteca. Fortunatamente unendo il sistema bibliotecario del vimercatese e la rete delle biblioteche del bergamasco si ha accesso a un'infinità di libri, così ho facilmente trovato anche i libri di Cesarina Vighy. Sto leggendo il primo libro (in realtà l'ho già finito) significativamente intitolato L'ULTIMA ESTATE.

Questo è libro dal tono duro a volte spietato, netto e mai edulcorato nei giudizi senza indulgenza neppure per i più vicini o per se stessa. Penso di poter usare a proposito le parole di Marino Sinibaldi nella fascette di presentazione: “scrive con una lingua nitida, a tratti feroce, mai retorica, attraversata da una vena di sarcasmo che non concede nulla alla pietàs, l'autrice affronta il più evitato dagli argomenti: la sofferenza.”

Si legge molto volentieri questo libro. Lo si legge con un senso di rispetto per la figura di questa donna e ci si chiede se questa scrittura, questo stile, sia dovuto alla malattia o una caratteristica intrinseca della signora.

Voglio citare due brani che possono rendere parzialmente consci del rigore di questa donna e di come ho l'impressione non facesse sconti a nessuno. Ricordo che la signora era bibliotecario.

A pagina 19 scrive “i più vanitosi vanno a rompere le tasche a bibliotecari e archivisti, nella ricerca inutile di nobili antenati. Ho lavorato per anni in biblioteca, amavo i lettori e facevo per loro le ricerche più raffinate finché indietreggiarono spaventati (troppa grazia, sant'Antonio) ma quella categoria di genealofili la detestavo, scarsa com'era di ogni cognizione e ricca soltanto di un'infinità di tempo da perdere. Ma non lo sanno, risalendo di ramo in ramo, si scopre che siamo tutti figli di puttana?"

Poco più avanti, dopo averci raccontato come si poneva in contrasto con le mode, compresa la moda di voler apparire antisistema ed essere invece perfettamente conformisti, scrive

“Dicono che si nasca incendiari e si muoia pompieri. A me è successo il contrario: brucerei tutto, adesso”
Infine un aforisma, che lei enumera nel capitolo “I consigli di Madame de la Palisse”, libera anche di andare oltre il decimo:

Mi piace il quarto: SE NON CREDETE IN NIENTE, MEGLIO COSì. UN PENSIERO IN MENO. MOLTI OSSERVATORI PROFESSIONALI RIFERISCONO CHE MUOIONO MEGLIO GLI ATEI

LO STOLTO LETTORE: QUAL E' IL PREZZO, IN TERMINI AMBIENTALI E SOCIALE, DEL MODELLO PRODUTTIVO OCCIDENTALE?

LO STOLTO LETTORE: QUAL E' IL PREZZO, IN TERMINI AMBIENTALI E SOCIALE, DEL MODELLO PRODUTTIVO OCCIDENTALE?

Adriano Favole
La bussola dell'antropologo
orientarsi in un mare di cultura 

Adriano Favole, con il capitolo da cui traggo due stralci, intitolato
"sospensioni ed crescite native"
introduce il concetto di TAPU, da cui il nostrò TABU', con il significato di sospensione e con valore anche "ecologico", ovvero di imporre l'accesso a una coltivazione, a una raccolta di frutti,a una foresta per decreto religioso ma con l'intenzione di preservare le risorse.

Ecco i due stralci che sono posti all'inizio e alla fine del capitoletto
1. " Francesco Remotti li definisce col termine greco epoché, vale a dire "sospensioni ". Si tratta di luoghi e di periodi in cui, programmaticamente e in modo consapevole, una società sospende le proprie attività produttive."
(...)
2. La grande diffusione in altre culture del passato o contemporanee di atteggiamenti improntati alla logica dell'epoché dovrebbe farci riflettere: qual è il prezzo, in termini ambientali e sociali, del modello produttivo occidentale? Quali effetti distruttivi producono gli " spiriti " del capitalismo? Davvero non esistono alternative oppure, come ha scritto David Graeber, la negazione delle alternative è una strategia ideologica che andrebbe smascherata? Di questi tempi i casi etnografici che abbiamo citato costituiscono un invito piuttosto pressante a praticare una salutare " sospensione ", ad aprire un lungo periodo sabbatico in cui riflettere sulle caratteristiche e sulla violenza dell'attuale sistema produttivo e a guardare, una volta tanto con un po' di umiltà, alle scelte che altri hanno compiuto, in altre parti di mondo o in altre epoche.