lunedì 7 ottobre 2019

PIETRO ICHINO: PERCHE' IL CROCIFISSO NON DOVREBBE ESSERE ESPOSTO NEI LUOGHI DELLO STATO

PIETRO ICHINO: PERCHE' IL CROCIFISSO NON DOVREBBE ESSERE ESPOSTO NEI LUOGHI DELLO STATO


Ripropongo il breve testo di Pietro Ichino che sollecita a cessare un utilizzo banalizzante del Crocifisso negli ambienti pubblici (e per lui anche in altre occasioni più private comunque ostentanti). Ho evitato il più possibile di entrare in un dibattito a mio avviso stucchevole. Da Ateo e da convinto assertore della necessaria laicità senza se e senza ma dello Stato in tutte le sue espressioni, paradossalmente non ho obiezioni al mantenimento dello status quo, con migliaia di Crocifissi appesi ai più svariati muri. Ormai, prego non considerare l'affermazione blasfemica (nutro una sconfinata ammirazione per la figura di Gesù Cristo) ma solo sarcastica verso i sostenitori dell'ostensione, si noterebbe di più se lo si togliesse, come quando si toglie un quadro dopo molti anni e rimane sulla parete ormai scurita la macchia bianca coperta fino ad allora. Invece ormai la presenza solo formale, ignorata, del simbolo religioso lo rende insignificante e invisibile. Da Ateo e anticlericare sono contento, ma un po' mi spiace.
Scrive Ichino:
Non le istituzioni pubbliche, non gli atei, non i laicisti dovrebbero essere in prima fila nel rivendicare la rimozione dei crocefissi dai luoghi pubblici, ma coloro che conoscono e coltivano come un’eredità preziosa il significato dell’evento che quelle raffigurazioni rappresentano
E' una affermazione così semplicemente vera, pura parresia, che sicuramente irriterà molti in modo direttamente proporzionale a quanto sale mette su una ferita di ipocrisia e di necessità di marchiare il territorio che non rende onore a chi ha Fede. E infatti sarà ignorata, ma è bene che sia stata fatta.
Lascio la parola ad Ichino, molto più autorevole e importante di me. Una sola annotazione: lascerei in pace il Papa Francesco, che ha ben altri e universali problemi. Sono i cattolici italiani (o gli italiani complessivamente) ad essere interrogati

Fossi in Papa Francesco, lancerei un appello forte contro l’inflazione dell’immagine del supplizio di Gesù: vedo in essa un vero e proprio peccato contro il secondo comandamento

.Quello della croce è uno dei supplizi più orrendi che si possono infliggere a una persona, rivoltante nella sua crudeltà. Per i cristiani l’enormità del sacrificio cui Gesù si è offerto, che la loro Chiesa rivive ogni anno nella passione del venerdì di Pasqua, è il segno tangibile della potenza di un messaggio straordinario di fraternità; ma proprio questo è il motivo per cui quel sacrificio non può essere banalizzato. Invece, il riprodurre dovunque l’immagine di quel supplizio atroce, nelle aule scolastiche come nelle corsie di ospedale, nei ciondoli appesi al collo come sui comodini accanto al giaciglio, ha proprio l’effetto di banalizzarlo, di edulcorarlo e così deprivarlo del suo significato profondamente drammatico. Quando a qualcuno quell’immagine viene somministrata in tutte le salse, posta per ore ogni giorno davanti agli occhi fin dalla più tenera età negli asili e poi nelle scuole di ogni ordine e grado, essa non può non perdere il proprio contenuto sconvolgente originario. Fossi in Papa Francesco, lancerei un appello forte contro questa inflazione blasfema dell’immagine del crocefisso, che col rappresentare invano il volto di Dio in terra costituisce un vero e proprio peccato contro il secondo comandamento. Non le istituzioni pubbliche, non gli atei, non i laicisti dovrebbero essere in prima fila nel rivendicare la rimozione dei crocefissi dai luoghi pubblici, ma coloro che conoscono e coltivano come un’eredità preziosa il significato dell’evento che quelle raffigurazioni rappresentano.”