mercoledì 25 maggio 2016

LO STOLTO LETTORE. ALFABETO EBRAICO

Ammetto di non essere sicuro di aver compreso bene questa frase. Sento che ha qualcosa da dirmi e mi piace.
E' scritta nella presentazione che rav Elia Kopciowski ha scritto per i libro ALFABETO EBRAICO stili, varianti e adattamenti calligrafici di GABRIELE MANDEL KHAN che sto iniziando a leggere.
Semplicemente la condivido

-E anche chi, come il sottoscritto, non è portato per natura o per scelta ad addentrarsi nell'affascinante mondo della mistica, non può non concordare con la conclusione secondo la quale "conoscere i valori delle lettere dell'alfabeto è conoscere l'essenza dell'universo fenomenico; e la natura stessa dell'universo fenomenico ha riscontro puntuale nelle lettere dell'alfabeto, dalle e in grazie alle quali si forma, dopo tutto, ogni pensiero, e quindi ogni consapevolezza umana"-




domenica 15 maggio 2016

LE CATASTROFI DI DOMANI STANNO SEMPRE MATURANDO GIA' OGGI, SORNIONAMENTE

LE CATASTROFI DI DOMANI STANNO SEMPRE MATURANDO GIA' OGGI, SORNIONAMENTE

Proseguendo la lettura del libro di Umberto Eco " PAPE SATAN ALEPPO" incorro in questa "bustina" del 2009 apparentemente dedicata a una polemica su una mostra sul Futurismo che era stata allestita a Palazzo Reale a Milano. La "bustina" tratta del senso della mostra sul futurismo, e infatti si intitola IL FUTURISMO NON E' STATO UNA CATASTROFE, ma è indirizzata chiaramente alle nostre vicende odierne (e se nel 2009 potevano apparire gravi, oggi sono peggiorate).
La parte interessante, istruttiva, sagace, è contenuta nell'ultimo paragrafo che mi piace trascrivere interamente
"La mostra milanese suggerisce molte riflessioni al di la' della vicenda dei movimenti artistici. E' che siamo stati abituati, dalla storia detta evenemenziale, a vedere tutti i grandi eventi storici appunto come catastrofi: quattro sanculotti danno l'assalto alla Bastiglia e scoppia la Rivoluzione Francese, qualche migliaio di scalzacani (ma pare che la foto sia stata artefatta) danno l'assalto al Palazzo d'Inverno e scoppia la Rivoluzione russa, sparano ad un arciduca e gli alleati si accorgono di non potere convivere con gli imperi centrali, ammazzano Matteotti e il fascismo decide di trasformarsi in dittatura... Invece sappiamo che i fatti sono serviti di pretesto o, per così dire, di segnalibro per poter fissare l'inizio di qualcosa, e che i grandi eventi di cui sono diventati simbolo stavano maturando per lento gioco di influenze, crescite e disfacimenti.
La storia è lutulenta e viscosa. Cosa da tenere sempre a mente, perchè le catastrofi di domani sanno sempre maturando già oggi, sornionamente."

venerdì 13 maggio 2016

LA NOSTRA PROPENSIONE ALLE DELIZIE DELL'ODIO

LA NOSTRA PROPENSIONE ALLE DELIZIE DELL'ODIO

Sto leggendo il primo e ultimo libro pubblicato da Umberto Eco con l'editore La nave di Teseo: PAPE SATAN ALEPPE.
Da quanto ho capito è un contenitore che ripresenta una scelta di testi scritti da Eco nella rubrica che credo tenesse sull'Espresso intitolata "la bustina di Minerva".
Per me sono una scoperta, anche piacevole (si legge con gusto, l'ironia e l'undestatement di Eco si uniscono a forti convinzioni). Non ho mai amato l'Espresso e l'ho acquistato rarissimamente.
Ci sarebbero tanti spunti da questa piacevole lettura. Un brano, in particolare la sua conclusione, letto qualche giorno or sono, e fortunatamente ritrovato, mi ha piacevolmente colpito.
La Bustina si intitola "Sull'odio e sull'amore" e per chi avesse il libro è a pag. 247.
Ecco le ultime vere e gustose righe:
"...la storia della nostra specie è stata sempre maggiormente segnata dall'odio, e dalla guerre, e dai massacri, e non dagli atti d'amore (meno confortevoli e spesso faticosissimi qualora si vogliano estendere oltre la cerchia del nostro egoismo). La nostra propensione alle delizie dell'odio è così naturale che ai reggitori di popoli risulta facile coltivarla, mentre all'amore ci invitano solo esseri scostanti che hanno la disgustosa abitudine di baciare i lebbrosi (2011)"

domenica 1 maggio 2016

IL CAPO E LA FOLLA. LA DEMOCRAZIA IN FOLLE- proposta di un libro di EMILIO GENTILE

IL CAPO E LA FOLLA. LA DEMOCRAZIA IN FOLLE- proposta di un libro di EMILIO GENTILE

Penso che questo libro di Emilio Gentile: IL CAPO E LA FOLLA, sarà una delle prossime letture. Se mantiene quanto si può intuire dall'elziviro di presentazione che ho trovato sulla DOMENICA del SOLE24ORE del 24 aprile, credo sarà una lettura interessante e stimolante.
Propongo e suggerisco la lettura, come stimolo, almeno del pezzo che si trova a questo link

http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2016-04-25/democrazia-folle-102019.shtml?uuid=AC0GLtED

e trascrivo, anzi copio, il brano centrale, mi sembra arguto, indovinato, centrale e attuale (perlomeno da 22 anni in Italia).

Alla fine del ventesimo secolo “la peggiore forma di governo, eccetto tutte le altre” sembrava destinata a trionfare nel mondo. Nel 1991 Norberto Bobbio riteneva che non fosse “troppo temerario chiamare il nostro tempo l'era delle democrazie”. Ma nel primo decennio del ventunesimo secolo, la democrazia rappresentativa appare ovunque in crisi. Fra i fattori principali del malessere vi è la propensione dei governanti a formare una casta privilegiata al di sopra dei governati, corteggiati nel periodo elettorale con programmi di promesse e subito dimenticati fino alle successive elezioni; vi è la crescente apatia dei cittadini che sono profondamente delusi dal malcostume diffuso fra i governanti, non hanno fiducia nelle istituzioni democratiche e nei partiti, partecipano sempre meno alle elezioni; vi è la maggiore diseguaglianza fra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più numerosi e sempre più estromessi dalla vita politica; vi è la crisi dello Stato nazionale, che è stato un importante strumento di integrazione democratica delle masse e ora invece è sottoposto alle tensioni di movimenti disgregatori all'interno, mentre sui governanti premono condizionamenti, pressioni, imposizioni di potentati economici internazionali, che operano spregiudicatamente nel mercato globale, influenzando, scegliendo e promuovendo gli stessi governanti, con totale indifferenza per il bene comune dei governati.
Infine, tra i fenomeni più rilevanti del malessere attuale della democrazia vi è la personalizzazione della politica nella figura del capo, che stabilisce un rapporto diretto con la folla. Le elezioni sono diventate una lotta fra capi che orchestrano la propaganda sulla propria persona e sollecitano il consenso delle folle attraverso appelli emotivi, espressi con linguaggio elementare ma fortemente drammatico nel rappresentare la campagna elettorale come una lotta in cui si decide il futuro del popolo e il destino della nazione. Con la personalizzazione della politica, il capo che vince le elezioni si considera investito di una missione salvifica, e pertanto concentra nella propria persona l'azione del governo, proclamando che la sua autorità deriva unicamente dalla folla che lo ha votato.

"GLI IMPRENDITORI DELLA PAURA SONO PERICOLOSI"

"GLI IMPRENDITORI DELLA PAURA SONO PERICOLOSI"

Trovato su DOMENICA IL SOLE 24 ORE del 24 aprile 2016.
IL BREVIARIO di Gianfranco Ravasi.

"La paura è comprensibile. Gli imprenditori della paura sono, invece, pericolosi"
Tempo fa, assistendo stancamente a uno dei soliti dibattiti sull'incubo degli attentati ove la voluttà ansiogena del conduttore si intrecciava agli stereotipi dei vari "esperti" convocati, sono stato "risvegliato" da questo assioma che il prof. Stefano Rodotà poneva a sintesi di un suo intervento pacatamente argomentato, a differenza degli eccitati interlocutori.
La paura è umana, anzi, Montaigne non esitava a confessare che essa "è la cosa di cui ho più paura". Ma di fronte a certi politici che, con la bava alla bocca, costruiscono le loro fortune di sequela proprio sul seminare paura, il monito di Rodotà ha il sapore della saggezza. Una sapienza perduta da una società incendiata certamente dai bagliori degli attentati ma anche squarciata dai bellicosi eccessi verbali e pratici di rigetto, di chiusura, di panico. Anche se detto da un importante statista non sempre coerente, è lungimirante il motto di Napoleone III "In politica bisogna guarire i mali, non vendicarli"