domenica 27 dicembre 2015

GIAPPONE _ Né di Eva né di Adamo di Amelie Nothomb

GIAPPONE _ Né di Eva né di Adamo di Amelie Nothomb

Dopo pranzo (polenta e brasato, nostro nuovo sperimento culinario), ho fatto una passeggiata, cogliendo l'occasione per leggere sul Kobo il nuovo libro "Né di Eva né di Adamo" di Amelie Nothomb scaricato gratuitamente (Christmas gift) da Bookrepublic.
Per ora, ho letto solo le prime 50 pagine, è un libro divertentissimo, tanto che ho la sensazione di aver camminato per Trezzo ridendo spesso da solo - c'era un po' di nebbia e poca gente in giro...speriamo...
Ho ritrovato tante piccole realtà del Giappone, (pranzi a base di Okonomiyaki - do you remember, Roberta e Simone?) che mi provocano piacevole nostalgia.
Anche questo breve paragrafo:
"Passavamo un'infinità di tempo nel bagno. La vasca aveva le dimensioni di una balena cava, con gli sfiatatoi rivolti all'interno.
Rinri, rispettoso della tradizione, si lavava accuratamente nel lavabo prima di entrare nella vasca: non si sporca l'acqua dell'onorevole vasca da bagno. Io non  potevo piegarmi a un uso che trovavo assurdo. Come mettere piatti puliti nella lavastoviglie (che Antonella abbia qualche lontana origine Giapponese?).
Gli esposi il mio punto di vista.
-Forse hai ragione, - disse - ma io non sono capace di comportarmi altrimenti. Profanare l'acqua del bagno è al di là delle mie forze-"

ANCHE QUELLI CHE NON PIACCIONO. (il lettore stolto _ appunti)

BISOGNA SEMPRE RISPETTARLI E PROTEGGERLI, I LIBRI. ANCHE QUELLI CHE NON PIACCIONO

Tra i libri che sto leggendo in questo post Natale 2016, c'è il tanto desiderato (e regalato dalla mia famiglia) NON LUOGO A PROCEDERE di Claudio Magris. Da questo libro, non facile e di non immediato accesso (ma sono alle prime pagine) ho tratto la frase con la quale inizio questo post. Trovo in essa la grande lezione umanistica che possiamo apprendere seguendo Magris nei suoi scritti, nei suoi articoli sul Corriere... "anche quelli che non piacciono", in cinque parole il succo dell'Occidente, quell'Occidente che più e più volte ha tradito questa verità e ancora adesso non solo la tradisce (in ottima compagnia peraltro di chi si sente nel giusto nel non applicare quell' ANCHE), che potrebbe passare per debolezza e rabbia del momento, ma sembra addirittura volerla cancellare dal suo DNA (la vicenda di Venezia può essere frutto della becera stupidità del singolo, ma può anche essere una avvisaglia da non sottovalutare).

Sto leggendo anche un fintamente leggero LUCA BIANCHINI: SE DOMANI FARà BEL TEMPO (preso in biblioteca Malpensata). Storia della discesa umana (e forse della redenzione, ma sono a metà libro e non darei nulla per scontato) di un rampollo, cocainomane e sex-addicted supericco, e nulla facente di una insulsa famiglia. Il linguaggio è attuale (e quindi ipervolgare) ma l'abilità di Bianchini è di renderci simpatico questa persona (che nella vita reale ci obbligherebbe a cercare un bulldozer per spiaccicarlo) e la sua crisi interiore.
Vedremo come va a finire. Avevo letto di questo autore il racconto di un matrimonio in Puglia (forse ne hanno fatto anche un film) e l'avevo trovato divertente, con i personaggi dotati di spessore e sofferenze, non solo macchiette.

Ho letto una grafic novel dedicata al Commissario Ricciardi, cupo e affascinante personaggio dei romanzi di Maurizio de Giovanni.. L'ho trovato aderente al romanzo e disegnato bene (in sintonia con i personaggi).

Infine sto leggendo 'ALA al-ASWANI : "CAIRO AUTOMOBIL CLUB". Credo di aver letto altro di questo autore, tipo CHICAGO e forse ancora qualcosa. Non so ancora dire se mi piace e se lo finirò. E' un autore che ama i libri con molti personaggi, libri corali, e mi sembra che sappia gestire tutti bene, con sguardo attento, in alcuni casi affettuoso, ma, ho come l'impressione, mai di condanna neanche nelle persone meno piacevoli, come se registrasse la loro esistenza e considerasse il loro agire come ruolo svolto in un disegno nel quale non sono libere di muoversi.

Altro libro che ho tra le mani è EL GAUCHO MARTIN FIERRO, l'epopea guachesca in versi, libro nazionale argentino, che è stato regalato dal trezzese- argentino NORBERTO LUIS COLOMBO, figlio di CARLOS TOMAS COLOMBO padre di CLAUDIO COLOMBO  con il quale sono entrato in contatto per via del viaggio, alla biblioteca di Trezzo.


venerdì 25 dicembre 2015

"EBBENE LA FILOSOFIA SERVE A NON DARE PER SCONTATO. NULLA"

"EBBENE LA FILOSOFIA SERVE A NON DARE PER SCONTATO. NULLA"

Ancora Carofiglio

"Avremmo dato per scontato che questi fossero solo fumetti. Invece sono anche poesia, filosofia e molto altro. Avremmo dato per scontato che quella roba sulla cattedra fosse solo spazzatura e invece può essere parte di un capolavoro della pittura. Qualcuno si chiede per quale motivo si studi la filosofia, cioè una disciplina che in apparenza non ha alcuna utilità pratica. Ebbene la filosofia serve a non dare per contato. Nulla. La filosofia è uno strumento per capire quello che ci sta attorno - per capire quello che ci sta dentro probabilmente è più efficace la letteratura -, ma capiamo davvero quello che ci sta attorno se non diamo per scontate le verità che qualcun altro ha pensato di allestire per noi. Fare filosofia - cioè pensare - significa imparare a fare e a farsi domande. Significa non aver paura delle idee nuove. Significa non fermarsi alle apparenze. Significa essere capaci di dire di no a chi vorrebbe imporci il suo modo di pensare e di vedere il mondo. Cioè a chi vorrebbe pensare per noi".

giovedì 24 dicembre 2015

"A COSA PENSAVI?" "AL TEMPO SPRECATO, TE L'HO DETTO"

"A COSA PENSAVI?" "AL TEMPO SPRECATO, TE L'HO DETTO"
Ieri ho preso, per caso (era sul bancone delle promozioni) alla biblioteca della Malpensata di Bergamo il libro IL BORDO VERITIGINOSO DELLE COSE di Gianrico Carofiglio. Non so come mai, ma non mi viene mai di dire che Carofiglio è uno dei miei autori preferiti. Generalmente prendo i suoi libri in biblioteca perchè quando incrocio il suo nome mi ricordo che è uno degli autori preferiti del mio amico Stefano Crespi, e se piace a lui. Poi piace molto anche a me. Fino a ieri. Fino a ieri i suoi libri mi piacevano molto. Ora questo che questa sera finirò è invece un libro straordinario. Direi che l'ultimo impatto così forte con un libro è stato con Un Giorno Altrove di Roncoroni. Ecco, siamo su quei livelli. E infatti oggi ho promosso questo libro con quasi tutti gli amici che ho incontrato.
La trama è semplice, salvo colpi di scena che per ora non sono in vista: un uomo mediocre che scava nel suo passato per capire il suo presente fallimentare. Ci sarà catarsi? Non lo so, ora sto scrivendo e non riesco a leggere. Poi posto e riprendo la lettura.
Un brano. Non lo contestualizzo, sfido gli amici a leggere il libro e a ritrovarlo.
"A cosa pensavi?"
"Al tempo sprecato, te l'ho detto. Ai libri che non avevo letto, alle cose che non ero stata capace di dire alle persone cui avrei dovuto dirle. Ai viaggi, alle passeggiate non fatte. Una volta mi venne in mente un cucciolo che volevano regalarmi. Avrei voluto prenderlo e poi avevo pensato che avrebbe significato la perdita della mia libertà e tutte queste cazzate e insomma non l'avevo preso.
Anche quella era stata una forma di vigliaccheria. Pensavo a tutti i rischi che non avevo voluto correre. Pensavo alla mia indifferenza. Ecco. Pensavo che se fossi potuta tornare indietro- bada: non pensavo se fossi sopravvissuta perché non ci credevo - sarei stata meno indifferente. Mi sarei fatta meno i fatti miei, sarei stata meno prudente, mi sarei sputtanata di più, invece di calcolare ogni singolo passo, sotto l'apparenza di una spontaneità che non è mai esistita".

giovedì 17 dicembre 2015

ORWELL DAL VIVO _ STORIA DEL XX SECOLO

ORWELL DAL VIVO _ STORIA DEL XX SECOLO
da LA GRANDE SVOLTA di Giuseppe Boffa

"Il disegno che apparve sulla prima pagina della Pravda, accanto alla testata, il 14 febbraio 1956 fu per moltissimi lettori più eloquente di qualsiasi titolo a sensazione. Era un'immagine dedicata al congresso che stava per cominciare. Quel piccolo lavoro figurativo non si distingueva nello stile dallo stampo più diffuso dei manifesti celebrativi. La testa di Lenin si stagliava alta al disopra di colonne in marcia e di svolazzanti bandieroni, sui cui erano scritti alcuni slogan. Ma qui appunto parlava il linguaggio dei simboli: il profilo di Lenin era da solo.
Da almeno vent'anni tutti lo avevano visto sempre e soltanto accompagnato da quello di Stalin. Per il sovietico era quella un'indicazione chiarissima sull'orientamento degli imminenti dibattiti: un amico mi confessò che una notizia annunciata a caratteri di scatola non gli avrebbe fatto tanta impressione quanta ne provò quel mattino non appena prese in mano il giornale."

martedì 15 dicembre 2015

L'UNICO CASTIGO E' PER CHI FALLISCE

L'UNICO CASTIGO E' PER CHI FALLISCE

J. Steinbeck- L'INVERNO DEL NOSTRO SCONTENTO

"Per la maggior parte degli uomini il successo non è mai un male. Ricordo che, quando Hitler avanzava incontrollato e trionfante, molti uomini onorevoli gli cercarono e gli trovarono delle virtù. E Mussolini faceva arrivare i treni in orario, e Vichy collaborò per il bene della Francia, e Stalin se non altro era forte. Forza e successo stanno a disopra della moralità, al disopra della critica. Par dunque che non conti cosa fai, ma come lo fai e come lo chiami. C'è un controllo negli uomini, nel fondo, una cosa che li fermi e li castighi? Pare che non ci sia. L'unico castigo è per chi fallisce. In effetti nessun delitto è davvero commesso finché non si prende il delinquente."

sabato 5 dicembre 2015

PERCHE' RITENGO L'ATTENTATO DI SAN BERNARDINO Più DEVASTANTE DI TUTTI

PERCHE' RITENGO L'ATTENTATO DI SAN BERNARDINO Più DEVASTANTE DI TUTTI

Probabilmente sbaglio per inesperienza geopolitica o miopia storica, però ritengo l'attentato di san Bernardino, in California, più devastante e più gravido di conseguenze potenzialmente critiche rispetto alla orrenda strage di Parigi. Non è un problema di numeri, una sola morte violenta di una persona innocente uccisa per terrorismo è una tragedia, non cambia, se non nell'impatto emotivo, la quantità (sappiamo purtroppo che l'impatto cambia nella nostra percezione per la localizzazione dell'attentato – come è stato giustamente fatto notare- ma questo è un altro discorso, importante ma altro).

Il particolare che mi preoccupa di san Bernardino, se erro segnalatemelo, è il contesto. Un attentato perpetrato da un collega, da uno con cui avevo preso un caffè o fatto un discussione, di qualunque tipo, il giorno prima o poco prima. Un fatto del genere può inoculare (con ragioni emotive, magari stimolate ad arte, alle quali si possono opporre le convinzioni dettate dalle esperienze personali, ma concretamente plausibili ) il germe del sospetto verso ogni persona di fede islamica, senza che per forza questa debba manifestare atteggiamenti che oggi vengono indicati come “radicalizzazione”, anzi, se la paranoia dovesse crescere senza che siano messi in campo strumenti e strategie chiare e sicure, un atteggiamento rilassato potrebbe essere considerato una dissimulazione.

Ecco perchè ho il timore, spero infondato, da pessimista cosmico, che l'attentato di san Bernardino ci ponga su un crinale, tutti, dal quale possiamo con facilità prendere il versante sbagliato indirizzandoci verso una rovinosa discesa.

E' un momento di crisi. La crisi può essere un momento di ripartenza e di crescita se l'uscita è ricercata con pazienza e costanza, verso una condizione di condivisione di valori fondamentali quali quelli scritti dopo l'abisso della seconda guerra mondiale nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

E' indiscutibile che, anche se con sofferenza da parte di centinaia di milioni di Musulmani che hanno gli stessi problemi di tutti gli altri di condurre una vita dignitosa, pensare al futuro dei propri figli e al benessere dei propri vecchi, il mondo Islamico si sta confrontando con il resto del mondo, ed è chiamato a esprimersi. Due sono i possibili strappi, perchè le crisi, anche se affrontate con pazienza, credo provochino strappi, a mio avviso: una strappo che io individuerei come positivo, verso una maggiore laicizzazione, una maggiore separazione del diritto civile dal diritto religioso, una contestualizzazione storica del testo. Lo strappo negativo sarebbe di considerarsi invisi al mondo e chiudersi maggiormente a qualsiasi apertura. Questa partita, a mio avviso, è una partita globale, non del solo mondo islamico. Io credo che siamo tutti giocatori interessati, determinanti, e responsabili dell'esito.

martedì 1 dicembre 2015

DUE NOTERELLE SULLA VICENDA DI ROZZANO

DUE NOTERELLE SULLA VICENDA DI ROZZANO

Sulla vicenda di Rozzano ho avuto occasione di leggere, senza particolare curiosità, molte cose, in parte molto interessanti, condivisibili o meno, in parte emerite sciocchezze, tutte non condivisibili.
La confusione era tanta, per esempio ancora questa sera il TG3Lombardia citava un concerto di Natale annullato, che ho avuto voglia di andare a leggere la lettera redatta dal Dirigente scolastico Parma.
Egli scrive che "l'unico diniego che ho opposto riguarda la richiesta di due mamme che avrebbero voluto entrare a scuola nell'intervallo mensa per insegnare canti religiosi ai bambini cristiani".
Il dicibile e l'indicibile (forse questo in misura maggiore di quello) sulla vicenda é stato detto. A me due cose colpiscono, molto marginali, sia chiaro, secondarie direi.
La prima é la centralità della scuola e la sua sussidiarietà rispetto ad altre agenzie formative informali. Mi spiego. Queste due mamme hanno ritenuto di dover entrare nella scuola per insegnare ai bambini cristiani ( a tutti? A quelli che volevano? A quelli i cui genitori volevano?), quindi già parte di un ambiente specifico, canti cristiani che evidentemente non era possibile fare nelle famiglie, all'Oratorio, al catechismo che probabilmente in quanto cristiani questi bambini seguivano. Ne esce un ruolo preminente per la scuola nella formazione a tutto tondo dei giovani, merita questo una riflessione su quanto sia importante investirci risorse e impegno, ma ne esce anche un ritratto molto povero delle altre agenzie educative.
La seconda riflessione é sullo stato veramente deprecabile in cui versa " l'informazione" in questo paese. Questa necessità di cercare mostro da sbattere in prima pagina, questo dipendere dal "cane che morde l'uomo" altrimenti con cosa si riempiono prima i giornali, soprattutto i minori, e poi a cascata gli altri organi di informazione. Se questa "stampa" (ma uso la parola nel senso più ampio) dovrebbe essere "il cane da guardia della democrazia", comincio a rivalutare le oche ( del Campidoglio). Con maggior modestia e sentendosi meno "casta" hanno fatto meglio il loro dovere.

sabato 21 novembre 2015

EUROPA

Moltissime sono state le forme di partecipazione e di commemorazione conseguenti le tragiche vicende degli attacchi terroristici contro la Francia, contro Parigi e contro la moltitudine eterogenea di persone che viveva, visitava o si divertiva in uno dei cuori dell'Europa.

Trovo che le diverse forme di espressione di dolore e partecipazione, le manifestazioni di vicinanza, la dimostrazione di appartenenza a una comune storia sono tutte molto sincere, efficaci, emozionanti.

Molte volte, dopo averla sentita cantare dagli spettatori che uscivano scortati dallo Stade de France, abbiamo udito la Marsigliese, in questi giorni non solo Inno Nazionale Francese ma esplicita forma di manifestazione di resistenza e unità contro il terrorismo. La abbiamo sentita cantare anche da chi francese non è, con tutti i significati che chiaramente attribuiamo a questo gesto.

Può darsi che mi sia sfuggito, ma ho notato una grande assenza in queste manifestazioni, pur nella esplicita e manifesta comprensione che è l'Europa tutta ed essa stessa sotto attacco. L'assenza di voler far risuonare quell'Inno che dovrebbe unirci, che dovrebbe significare la nostra comprensione che solo come Europei possiamo veramente essere forza resistente contro le minacce, resiliente contro i tentativi di minare la civiltà e i valori che (anche se male interpretati e non seguiti) caratterizzano la nostra "nazione europea" al di la delle differenze ancora esistenti statuali, e propositori di un nuovo modo di relazionarsi tra i popoli.

Per questo propongo ora l'Inno dell'Unione Europea, nell'auspicio che risuoni nelle occasioni in cui gli Europei, senza chiusure ma con l'orgoglio di essere europei, si riuniscono per manifestare vicinanza e sostegno a una parte di loro, oggi Parigi e la Francia, particolarmente e duramente colpiti.



https://youtu.be/v3tUgQWDwNM












giovedì 19 novembre 2015

SIAMO, NON NECESSARIAMENTE (E PER DI PIù ININFLUENTI)

SIAMO, NON NECESSARIAMENTE (E PER DI PIù ININFLUENTI)
Leggendo "Orizzonti e limiti della scienza - decima cattedra dei non credenti" ( promossa dal Cardinale Carlo Maria Martini) ho trovato, nel saggio di George V. Coyne "Riciclati dalle stelle" queste domande che mi piacciono e mi stuzzicano. Il titolo del post è la mia risposta. La mia risposta istintiva. Le domande invece non sono istintive, sono pensate; credo che, però, anche se non espresse, giacciono nel profondo di ciascuno di noi. (Coyne si riferisce alla vita nel senso più ampio, io mi concentro sulla esistenza dell'uomo pensante). Compito dei saggi è far sì che ci accorgiamo di avere queste domande in noi.

"Siamo così ricondotti alle interrogazioni di fondo. Primo: la vita, nel quadro dell'evoluzione dell'universo fisico, doveva necessariamente apparire? O apparve per caso? Tale comparsa può essere spiegata? Secondo: la vita esiste solo sul nostro pianete? Terzo: la vita, a livello dell'intelligenza e dell'autocoscienza, rappresenta un fattore importante per la futura evoluzione dell'Universo? Sono domande che, forse, ci portano fuori dal campo delle scienze della natura. Preferisco, tuttavia, correre questo rischio riassumendole in un'unica questione tendenziosa: esistiamo solo per riciclare l'energia nella forma in cui ci viene fornita dall'universo, oppure siamo esseri speciali, nei quali l'Universo trova la possibilità di passare dalla materia allo spirito?"

domenica 15 novembre 2015

CALABRESI: CI HANNO TOLTO L'ARIA MA ORA RIPRENDIAMOCI LA NOSTRA VITA

Calabresi (la Stampa) 15 novembre 2015

http://www.lastampa.it/2015/11/15/cultura/opinioni/editoriali/ci-hanno-tolto-laria-ma-ora-riprendiamoci-la-nostra-vita-vf3ByI1ZFkWcsjJJ0CTq8L/pagina.html

"Devi, anzi, dobbiamo avere il coraggio di amare i nostri valori, le nostre conquiste e le nostre tradizioni, non relativizzando e sbiadendo ogni cosa per un falso rispetto degli altri; dobbiamo chiamare le cose con il loro nome, denunciando l'estremismo, il fanatismo e la follia religiosa; dobbiamo avere la capacità e la lucidità di distinguere tra chi è pericoloso e chi è in pericolo e dobbiamo avere la forza di includere e dialogare."

Se non fossero scritte in momenti tanto eccezionali, queste cose potrebbero essere sintetizzate in "dobbiamo comportarci da uomini normali". Ma non è il tempo. Meglio ricordarcelo con il tono dell'eccezionalità.

sabato 14 novembre 2015

CHE IMPEGNO DOVREBBERO PRENDERE, SECONDO ME, LE COMUNITA' ISLAMICHE

CHE IMPEGNO DOVREBBERO PRENDERE, SECONDO ME, LE COMUNITA' ISLAMICHE

Premesso che non confondo 1 miliardo e mezzo di musulmani con i terroristi e che considero importanti e sinceri i comunicati di condanna che leggo sul web redatti dalle diverse organizzazioni islamiche italiane ed europee (e condivido il post “Not in my name” nel quale giovani musulmani dimostrano la loro opposizione e il loro dolore per chi professa la stessa fede e la rende motivo di timore e di lutto nel mondo). Premesso tutto questo mi chiedo se sia, da parte delle varie comunità musulmane, in particolare quelle residenti nei Paesi Europei o comunque considerati Occidentali (con il significato geopolitico che ha questo aggettivo), sufficiente.

Io credo di no.

Chiedo, in forma dialogica (ma la mia risposta è Sì!) se queste comunità non debbano esplicitamente e pubblicamente fare un passo in più.

Con tutti i distinguo del caso, ciò che non si può negare è che questi terroristi sono frutti avvelenati che però nascono da uno stesso giardino. Il giardino da più di un miliardo di frutti normali (buoni, meno buoni, comunque normali- non voglio perdermi in altri distinguo ora inutili) e un certo numero (spero piccolo, ma pericolosissimo) di frutti avvelenati. Ma il giardino è quello.

Ora, ci può essere il lavoro di intelligence, la giusta repressione e prevenzione da parte degli Stati, gli interventi alla radice e gli accordi internazionali che impediscano agli sponsor di fornire soldi, armi e obiettivi. Tutto bene, tutto necessario. Ma io credo che la sconfitta di questo terrorismo, soprattutto “domestico” può avvenire come abbiamo imparato e fatto già in Italia. Deve essere il giardino a seccare quelle radici. Ovvero le comunità islamiche a stringere accordi con gli Stati e impegnarsi a isolare e denunciare chi si perde sulla strada dell'estremismo non solo ideologico bensì anche terroristico. Io credo che possano, per mille motivi evidenti che è inutile spiegare, vedere, sentire, intuire e conoscere ben prima di ogni apparato di intelligence. Ci deve essere anche una alleanza di questo tipo tra le comunità e gli Stati. C'è già? Non lo so, non sono esperto di prevenzione del terrorismo (forse lo si fa in modo “coperto”, ma credo ora sia tempo che lo si faccia esponendosi), ma sicuramente aiuterebbe se oltre alle dichiarazioni di condanna e al “not in my name” (che sono importantissimi) ci fossero anche prese di posizione, impegni solenni e pubblici anche di questo tipo. Almeno io penso questo, potrei ovviamente sbagliarmi.

lunedì 9 novembre 2015

LO STEREOTIPO: SEMPLIFICA LA LETTURA, FAVORISCE AL COMPRENSIONE A SPESE DELL'ACCURATEZZA

LO STEREOTIPO: SEMPLIFICA LA LETTURA, FAVORISCE AL COMPRENSIONE A SPESE DELL'ACCURATEZZA
Trovo su questo libro di Chiara Volpato " PSICOSOCIOLOGIA DEL MASCHILISMO", questa definizione di stereotipo che trovo chiara e precisa. La prof. Volpato si riferisce agli stereotipi di genere, io credo che la sua definizione di stereotipo possa essere, conservando le particolarità  e specificità che leggiamo nelle ultime righe della citazione,  generalizzata.


"Gli stereotipi di genere specificano come donne e uomini agiscono e come dovrebbero agire. L'aspetto descrittivo serve a semplificare la lettura e l'interpretazione dell'universo sociale, favorendone la comprensione a spese dell'accuratezza. L'impiego degli stereotipi permette infatti all'attore sociale di risparmiare risorse cognitive nella classificazione degli altri individui e gruppi, riservandole così ad altri compiti. Dato che gli stereotipi sono appresi durante i primi anni di vita e usati poi continuamente nell'interazione sociale, si trasformano in associazioni automatiche che diventano implicite e influenzano percezioni e comportamenti senza che le persone ne siano consapevoli. Gli stereotipi descrittivi sono usati per prevedere carattere e comportamento di uomini e donne, creando una serie di aspettative che funzionano come scorciatoie cognitive. Come ogni cattiva abitudine gli stereotipi di genere sono difficili da estirpare e tendono a essere usati in modo automatico, soprattutto in condizioni di stress, anche da chi non li condivide a livello conscio. (...) Gli stereotipi di genere sono più prescrittivi di altri stereotipi sociali, ad esempio di quelli razziali o etnici, sia perchè vengono appresi molto presto nel corso dell'infanzia sia perchè si sviluppano sulla base di molteplici esperienze personali, più di quanto non succeda per gli altri  gruppi sociali"

martedì 27 ottobre 2015

TONY BLAIR: CHIEDE SCUSA DIMENTICANDO DI ESSERE UN BUGIARDO.

TONY BLAIR: CHIEDE SCUSA DIMENTICANDO DI ESSERE UN BUGIARDO.
In questi giorni si leggono articoli e commenti a proposito delle "scuse" chieste da T.Blair a proposito della disastrosa (nelle conseguenze che stiamo pagando ancora ora) guerra del 2003 scatenata, sulla base di evidenziate falsità, da USA e UK contro l'IRAQ.

Voglio riportare, a mo' di commento, con parole non mie due stralci di articoli, tra i quali uno di Alberto Negri del Sole 24 Ore del 20 settembre, quindi precedente le scuse di Blair, seguito da uno di Fabio Cavalera sul Corriere della Sera di Lunedì 26 ottobre - questo incentrato su Blair.

Scrive Alberto Negri
"Ma non si comprende questa ascesa fulminante del Califfato se non la si confronta con il fallimento della "guerra al terrorismo". Dal 2001 gli Stati Uniti, sostenuti in alcuni casi dagli alleati, hanno condotto guerre in Afghanistan, Iraq, Libia, e in maniera indiretta anche in Pakistan, Yemen e Somalia. Bilancio. lo stato libico è scomparso, lo stato iracheno sprofonda nel confessionalismo e nella guerra civile, il potere afghano vacilla e in Pakistan gli jihadisti non sono mai stati tanto potenti. Condoleezza Rice, ex segretario di Stato, nel 2005 parlava di un "caos costruttivo" per giustificare la politica dell'Amministrazione Bush, annunciando un futuro in cui sarebbe risuonato l'inno della democrazia. Dieci anni più tardi il caos è così esteso che non si sa neppure da che parte cominciare"

Non parla di Blair, Negri, ma alla luce delle dichiarazioni successive, diventa il convitato di pietra, con un carico di responsabilità che le sue pietose scuse non credo riescano a sminuire.

Ecco la conclusione dell'articolo di Cavalera
"Però sulla questione Iraq scivola pesantemente. Tony Blair si è in continuazione dichiarato molto tormentato sul via libera che, a suo dire, fu dato a Bush negli ultimi giorni di fronte all'impossibilità della mediazione diplomatica. La commissione d'inchiesta lo smentisce. Downing Street, un anno prima dell'intervento, aveva battezzato l'avventura degli Stati Uniti. Le scuse di Blair sono importanti perchè, alla luce del fenomeno ISIS, sono l'ammissione di un sostanziale fallimento. Ma sono anche il tentativo maldestro di offuscare la grande verità, che è semplice: Blair ha raccontato il falso. Aveva il diritto di rivendicare la ua decisione di affiancare gli USA sin dal 2002. Ha invece finto di non sapere e, addirittura, adesso scarica la colpa sui rapporti "sbagliati" dell'intelligence. Chiede scusa "dimenticando" di essere stato un bugiardo"

domenica 25 ottobre 2015

LA PARITA' FEMMINILE TRAGUARDO CHE ARRICCHISCE

LA PARITA' FEMMINILE TRAGUARDO CHE ARRICCHISCE
Scrive Danilo Taino, Statistic Editor: " Se improvvisamente il mondo diventasse saggio e nel 2025 le donne raggiungessero l'assoluta parità con gli uomini sul lavoro e nella società, il Prodotto lorgo globale sarebbe superiore del 26% a quello che raggiungerà nello stesso anno se le cose restano come sono. Si tratterebbe di 28 mila miliardi di dollari: la dimensione delle economie di Stai Uniti e Cina combinate. Non succederà. Ma se, in ogni regione del pianeta, ogni Paese eguagliasse anche solo ciò che ha fatto il suo vicino con il risultato migliore nel chiudere il gap di genere, il PIL mondiale crescerebbe di 11.800 miliardi di dollari ( l'11%). Non succederà nemmeno questo, con ogni probabilità. avere presente questi numeri, però, fa capire come il diverso trattamento delle donne deprima la potenzialità dell'umanità anche in termini di creazione della ricchezza. Lo studio che conduce a queste proiezioni è stato effettuato dal McKinsey Global Insitute". 
Affermazioni come queste e numeri e proiezioni del genere sono sempre di difficile comprensione da parte nostra. Pur non avendo nessuna possibilità di valutare i numeri, mi sembra che il ragionamento sia però corretto.
http://www.mckinsey.com/insights/growth/how_advancing_womens_equality_can_add_12_trillion_to_global_growth

venerdì 23 ottobre 2015

ITALIA: SEMPRE LEGGERMENTE INCINTA

Sul Corriere del 12 ottobre ( il week end inizia il venerdì sera con la raccolta dei giornali non letti e messi da parte) ho trovato questo sferzante e ironico articolo di Michele Ainis intitolato: UNA NAZIONE CHE VIVE SU UN PIANO INCLINATO.

Riporto il primo e l'ultimo paragrafo (invito a recuperare l'articolo interamente), il senso del messaggio è chiaro anche con questo breve estratto.

Guerra o pace? Ne l'una, né l'altra: noi siamo per la guerra pacifica. Due camere o una sola? Lasciamole agli altri queste soluzioni rozze; in Italia avremo una camera e mezza. E da chi verrà eletto il nostro mezzo Senato? Dal popolo o dai consiglieri regionali? Risposta: lo eleggeranno i cittadini attraverso il Consiglio regionale. Il matrimonio gay? Niente da fare, però il parlamento sta approvando le unioni matrimoniali. Meglio il parlamentarismo oppure il presidenzialismo? Meglio il presidenzialismo mascherato dentro un parlamentarismo taroccato.
E' la nostra inclinazione nazionale: ogni decisione corre sempre su un piano inclinato. 

(...)

C'è una vittima, c'è un agnello sacrificale dei nostri costumi politici e giuridici. Ne fa le spese della legalità, perché in Italia la legge è opaca, ingannevole, insincera. E in ultimo nessuno mai risponde delle proprie azioni, delle proprie decisioni. Per rispondere, d'altronde, servirebbe una domanda chiara, come quella di un bambino. Invece la Repubblica italiana è diventata adulta, ma non non è né vergine né madre; è sempre leggermente incinta.

domenica 18 ottobre 2015

CITTADINO E STATO. GIUSTIZIA, TUTELA, DOMANDE E MANCATE RISPOSTE

due lettere a "la Repubblica" che non hanno bisogno di commento. MA DI RISPOSTE!
oggi viene pubblicata quella di L.G. 
"Mi è capitato qualche mese fa di vedere accettati con molta riluttanza, e solo dopo mia insistenza, il filmato e le fotografie di due individui che attraverso la veranda stavano forzando la porta del mio appartamento. Le immagini risultano molto chiare. Ovviamente non vi è stato alcun risultato d'indagine, ma lo sconforto che lascia la sottovalutazione di quella che è definita micro criminalità (MA è MICRO SOLO PER CHI NON LA SUBISCE) è grande"
Martedì 13 ottobre viene pubblicata la lettera di G.S. (la sintetizzo per la parte interessante, riferisce sempre di uno furto in appartamento)
"Cerco di organizzare il ripristino e di fare lucidamente un elenco per la denuncia ai carabinieri, Trovo una dolce e decisa maresciallo che riesce a trasmettermi la sua partecipazione, mi elogia per l'elenco, ma quando le dico che sui vetri (degli orologi) sono visibili le impronte dei ladri, mi gela dicendo che PER UN FURTO IN APPARTAMENTO NON VENGONO RILEVATE LE IMPRONTE DIGITALI. Non indugiamo; è chiaro che il mio rivolgermi all'istituzione è servito solo per impinguare la statistica"

giovedì 15 ottobre 2015

INTERNAZIONALE: L'IPOCRISIA DEGLI SCEICCHI

ABDEL BARI ATWAN: L'IPOCRISIA DEGLI SCEICCHI (sul dramma dei profughi)
Tempo fa avevo visto un post su FB che avevo trovato molto giusto e corretto, e che narrava del fallimento degli stati Arabi incapaci (per colpa o per precisa dolosa volontà) di attirare e di accogliere i profughi fuggiaschi dalla Siria. Ho perso quel post, ma questa sera leggendo un numero di INTERNAZIONALE che ho preso in biblioteca di Grezzago ho trovato un articolo che esprime gli stessi concetti.
Pubblico le fotografie dell'articolo (per chi fosse interessato è il numero 1119 dell'11 settembre 2015) e qualche breve stralcio
L'articolo è scritto da ABDEL BARI ATWAN, del giornale RAI AL-YOUM edito nel Regno Unito.

"I paesi arabi, e soprattutto le monarchie del golfo Persico fondate sul petrolio, diffondono sulle loro potenti reti satellitari continui inviti a sostenere il popolo siriano. Ma queste stesse monarchie non hanno accolto nemmeno un siriano in fuga dalla guerra, perchè preferiscono che siano le nazioni arabe indebitate, come Giordania, Libano o Egitto, ad accogliere centinaia di migliaia di profughi.
Anche gli europei ne accolgono centinaia di migliaia. Li aiutano, gli permettono di frequentare scuole e università o di lavorare. "
(...)
"poi su una di queste reti satellitari "islamiche" un predicatore fa notare che Angela Merkel è la leader di un  partito cristianodemocratico e quindi c'è il rischio che il suo vero scopo sia quello di "cristianizzare" i profughi. Ma se questo predicatore è così preoccupato per la sorte di queste persone, perchè non chiede ai paesi del Golfo di "preservare" la loro fede musulmana accogliendole?"
(...)
"L'Occidente "miscredente" offre aiuto, istruzione, cure mediche a questi "terroristi musulmani", mentre i ricchi paesi del Golfo rifiutano di accoglierli, e rifiutano anche ai lavoratori arabi immigrati che vivono da anni in questi paesi l'accesso alle scuole a agli ospedali. Ma c'è di peggio, con il pretesto di sostenere il popolo siriano, questi paesi contribuiscono ad alimentare la guerra e le rivalità confessionali inviando in Siria armi e denaro."
(...)
"Noi arabi offriamo i peggiori esempi di razzismo. Gli europei non chiedono ai profughi se sono sunniti o sciiti, ismaeliti o alauiti, musulmani o cristiani, li trattano come esseri umani che hanno bisogno di aiuto."

mercoledì 14 ottobre 2015

ADONIS "IL MONDO ARABO RINASCERA' SOLO SE SAPRà SEPARARE POLITICA E RELIGIONE"

ADONIS "IL MONDO ARABO RINASCERA' SOLO SE SAPRà SEPARARE POLITICA E RELIGIONE"
Sul Corriere della Sera dell'8 settembre ho trovato una intervista al poeta siriano ALI AHMED SAID ESBER che ha preso il nome, nell'esilio francese, di ADONIS.
L'intervista è di Stefano Montefiori e tocca diversi temi legati alla guerra civile siriana, alla fuga dei siriani dalla guerra e dalle morte, dell'Europa.
Mi interessa però, in questo ambito, l'ultima domanda e in particolare l'ultima risposta. Ora, non voglio cadere nell'etnocentrismo e giudicare le sensibilità e le fedi di milioni di persone, ma da ateo, laico e critico in Italia e in Europa dei politici clericali, da sostenitore degli arabi senza dio che non possono manifestare liberamente il loro ateismo, non posso non condividere e ritenere una giusta provocazione (ma io credo anche una speranza la cui realizzazione porterebbe beneficio in prima istanza proprio ai fedeli islamici - e fatte le dovute proporzioni vale per tutti i fedeli di tutte le religioni) la risposta di Adonis che trascrivo.
domanda: Perchè pure essendo un oppositore di Assad lei non ha appoggiato la rivoluzione siriana?
risposta: Perchè ancora una volta si trattava di un conflitto di potere, non di un nuovo progetto di società. I siriani laici e democratici sono stati immediatamente messi ai margini. Nell'inconscio arabo tutti i problemi hanno la loro soluzione nel testo coranico. Non si cercano mai soluzioni, perchè sono già tutte nel Corano. Il punto è sempre cambiare il potere che non segue il testo sacro, che non lo applica bene... Quando invece è il testo che va adattato alla realtà (mia nota: discorso generale valido per tutti i testi ritenuti sacri). Io non sono contro l'Islam, sono contro l'Islam politico, istituzionale e ideologico (mia nota: io stimo tantissimo tutte le religioni, sono contro le religioni politiche, istituzionali e ideologiche), come esiste in Arabia Saudita. Il mondo arabo non rinascerà finchè non riuscirà a separare davvero religione e politica".

In qualche modo questa risposta si ricollega al post precedente MEMO: EUROPA DEMOCRAZIA

MEMO: EUROPA DEMOCRAZIA

Capita di scoprire che raccogliere i giornali prima che vengano buttati al macero per sfogliarli anche a distanza di tempo porta buoni frutti ed è una attività utile al pensiero e alla riflessione.
A volte la mancanza di tempo e le pigne polverose che si accumulano a casa (santa Antonella) e in ufficio spingono alla demotivazione e alla considerazione che "tanto non riuscirò mai ad aprirli, tanto vale la pena di buttarli in blocco". Poi capitano sere come queste che si liberano improvvisamente e riesci a sfogliarne una decina. Non leggere tutte le pagine, ovvio, solo quello che non è (o non è solo ) cronaca e diventa commento o elzeviro o "fondo", insomma quegli articoli che cercano di creare dibattito.
Ecco due articoli, dai quali trascriverò una paio di paragrafi, di due giornalisti che mi sembrano diversi (Polito e Battista- tra l'altro Battista è uno che mi piace pochissimo e quindi trovare un suo articolo con il quale concordo è un piccolo tesoro). Raccontano delle migrazioni di massa che per qualche giorno hanno occupato le prime pagine dei giornali e che ora sembrano sparite. Ma parlano anche di Democrazia e di Europa. 
Sono parole che condivido perchè io mi sento Europeo e ho la precisa sensazione di una immeritata ma gradita fortuna di essere nato dalla parte giusta del mare. Anch'io sono deluso dall'Europa, ma è la delusione di uno che vorrebbe una unica nazione europea (ancor più dell'Europa federale di cui si parla) nella quale gli stati nazionali si possano sciogliere. 
Ecco prima Polito
l'articolo prende spunto dalle tensioni asiatiche " noi e la crisi in Asia i meriti che ha l'Europa"
Aver messo fine alle guerre non è un merito obsoleto dell'Europa buono solo per la cerimonia del Nobel per la pace, qualcosa di così scontato e di così lontano dalle nuove generazioni da non giustificare più la fatica, le pecche e gli errori dell'Unione. Tutto sommato, è molto meglio litigare sull'Euro che sul riarmo. Perfino la crisi dei migranti è una conseguenza di questo successo storico. L'Europa un'oasi di pace circondata da un mare di guerra, attrae chi ama la vita come una calamita.O, se vogliamo, come un faro di civiltà nella notte infinita dell'odio tra i popoli.
Ecco di seguito Battista: "Profughi in cerca di libertà ci ricordano i nostri valori" (preciso: condiviso il senso del ragionamento, lo stile di Battista mi è sempre alieno, quel parlare in prima persona plurale facendo bene capire che lui ha capito tutto e in realtà ci giudica, soprattutto se non si è del suo ambito culturale!)
La democrazia sembra un ideale stanco, estenuato. Ma per noi che ci siamo nati e che ne abbiamo smarrito il valore, la specificità, il privilegio. Per chi vive e muore nelle tirannie la democrazia è un traguardo da raggiungere a tutti i costi, con sacrifici immani, marce disumane, popolazioni in fuga da despoti e fanatici. Dovremmo riscoprire quella che adesso si definisce "la narrazione" della democrazia e della libertà. La narrazione di un sistema in cui le persone sono tutelate nei loro diritti, possono parlare senza il timore dell'oppressione e della morte. Dove le donne non sono bestie da malmenare e coprire fino agli occhi (mia nota: magari anche da non uccidere o spogliare per ogni futile motivo si inventi). Dove si può scegliere, vivere, consumare, svolgere un'attività economica, mettere a frutto il proprio talento senza che il potere confischi arbitrariamente i tuoi beni. Dove la tortura è bandita e, se non punita, bollata dalla riprovazione pubblica insieme all'impunità di chi se n'è reso responsabile.

domenica 20 settembre 2015

LE RELIGIONI DANNO FORMA SIMBOLICA ALLO STATO DI NECESSITA'

Ancora un bel brano, pienamente condivisibile,  dal libro di Levi della Torre
LE RELIGIONI DANNO FORMA SIMBOLICA ALLO STATO DI NECESSITA'
Stefano Levi della Torre: “Laicità, grazie a Dio”
pag 58

Così in religioni che vantano d'essere nate dall'assoluta novità di una rivelazione non sono in realtà un fatto primario. Al pari di ogni fenomeno culturale, sono derivazioni elaborate da pulsioni più originarie ed elementari: la paura, il desiderio, il bisogno, l'attesa e la speranza. Le religioni danno forma simbolica allo stato di necessità. Al pari dell'impulso a conoscere, la ricerca religiosa di senso nasce dall'urgenza di dare ordine e spiegazione alla percezione caotica del mondo e del tempo, di sedare l'ansia per l'incomprensibile e lo sconosciuto, conferendo a essi un volto, un nome, parole e figure di ritmo rituale. La violenza o l'amore che le religioni predicano non sono una loro creazione; in primo luogo è l'inverso, esse danno giustificazione retorica alla violenza o all'amore che in realtà le precedono e sussistono indipendentemente. Le religioni non producono la violenza o l'amore, ma li riproducono e li fomentano. Così è per l'organizzazione sociale e politica: la religione non produce la società, ma la riproduce e le dà una figurazione. Le corrispondenze tra le concezioni religiose e le concezioni della società e dello Stato nascono da un'esigenza comune: quella di giustificare gli statuti sociali e la gerarchia dei poteri, la loro permanenza o trasformazione, di rappresentare i rapporti interni ed esterni a una collettività i suoi rapporti con il mondo, di narrare l'origine e il destino di una società nel tempo.

E il relativismo libertario tollerante diventa l'alleato dell'altrui ortodossie intolleranti

E il relativismo libertario tollerante diventa l'alleato dell'altrui ortodossie intolleranti
Ci sono molti spunti interessanti e profonde riflessioni in questo breve ma denso libro di Levi della Torre. Trovo questo brano che trascrivo (un po' lungo, contrariamente ai miei post di solito brevi e sintetici) particolarmente interessante ed utile perchè sento che mi mette in discussione e mette "in salutare crisi" il mio essere laico, tollerante, relativista e multiculturalista. E mettersi in discussione è sempre utile. Buona lettura

il brano:
Stefano Levi Della Torre, Laicita, grazie a Dio”. 
pagina 87 
paradossi del relativismo
C'è d'altra parte un relativismo laico così coerente e così congegnato da finire tra le braccia delle ortodossie più retrive. Quando un qualche fatto discutibile se non grave pare riferito a consuetudini vigenti in un qualche gruppo umano, questo relativismo propone di astenersi dal giudizio con la formula "è la loro cultura "; mi spiego più diffusamente.

Si è fatta strada in questi anni, tra alcuni filosofi ma anche nel senso comune un relativismo coerente o meglio estremo, secondo cui il concetto stesso della verità è autoritario, ed è etico nonchè realistico considerare che molte sono le verità, ciascuno ha la sua (o le sue) o magari ciascun gruppo umano e ciascuna cultura. Ne risulta che l'unica verità universale ammissibile, o, paradossalmente, l'unica verità assoluta, è il relativismo stesso. Secondo una simile logica, tra le tesi tolemaiche del cardinale Bellarmino e di Urbano VIII, e quelli di Galileo, dagli stessi condannato, non avrebbe senso prendere partito, poiché anche la verifica sperimentale e la prova scientifica hanno vigenza solo in relazione a determinati criteri e paradigmi, ai sistemi di riferimento che si scelgono e non ad altri; comunque i loro risultati non sono mai definiti come la storia della scienza dimostra. Ne consegue che la verità e ciò in cui si crede. Ora, questo relativismo è una deriva oltranzista della nobile idea della tolleranza, secondo cui ciascuno ha il diritto di pensarla come crede; idea che però giunge, per ossessione di coerenza, a non far più distinzione tra dimostrazione (logica e sperimentale) e credenza. In polemica con la prepotenza prevaricatrice delle verità assolute della teologia o dell'ideologia, ma anche delle verità dimostrate dalla scienza, questo relativismo si presenta come estrema conseguenza della laicità, e tuttavia è la posizione più vicina al criterio della fede: la verità e ciò in cui si crede, e un atto soggettivo di fede. Non è un credere a ciò che si dimostra vero, ma è uno proclamare la verità ciò in cui si afferma così dimostra di credere. In quanto consanguineo della fede, anzi sua caricatura laica, questo relativismo, questa apoteosi del relativo, ruotando su se stessa, finisce per essere un'apoteosi dell'assoluto: poiché ogni credere solo vanamente cercherebbe verifiche obiettive esterne a sé, essendo in realtà autoriferito, spiegazione do sé con se stesso, in un giro vizioso tautologico. Ciascuno ha le proprie convinzioni e nessuno ha il diritto volo autorità di interferire in esse: dunque la verità di ciascuno è assoluta, la sua interpretazione dei fatti, il suo vissuto sono assoluti, senza contraddittorio. Questa impostazione, che ha la pretesa di rappresentare la più rigorosa consequenzialità epistemologica, decostruzionistica e libertaria, finisce per incatenare ciascuno alle sue credenze, per distruggere il linguaggio, luogo principale della confrontabilità delle cose e delle valutazioni. E un altro paradosso consegue: la parentela strutturale tra questo relativismo il fondamentalismo,: poiché se il nocciolo del fondamentalismo sta nel ritenere che la propria interpretazione dei testi è l'unica possibile e valida, questo relativismo, nel corso stesso della sua consequenzialità, si rovescia nel suo opposto, giungendo alla conclusione che non una, ma ogni interpretazione è assolutamente valida per se stessa indipendentemente da ogni altro: che ogni interpretazione non solo è legittima ma autonoma e assoluta. Sul piano politico, le conseguenze di queste impostazioni sono ben visibili: il sacrosanto rispetto delle altrui culture, estremizzato, si traduce nel dovere morale ed epistemologico di non intervenire interferire in esse, di sospendere ogni giudizio intorno ad esse per non ledere il diritto assoluto alla differenza. Ma nei rapporti tra gruppi umani le differenze di mentalità, di costumi, di cultura, di religione si rappresentano in prima istanza attraverso le identità più riconoscibili e canoniche: le mentalità più tradizionali, le forme culturali più caratteristiche o persino più folkloristiche, gli stereotipi diffusi radicati all'interno di ciascun gruppo, le forme religiose più ufficiali e codificate. Così, il rispetto delle altrui culture si riduce al rispetto dell'altrui ortodossie; e ciò a scapito delle differenze e libertà individuali, e delle posizioni critiche interne alla comunità altra. E il relativismo libertario tollerante diventa l'alleato dell'altrui ortodossie intolleranti

venerdì 18 settembre 2015

Tre righe in cronaca ma ... è da questi particolari che si giudica un giocatore

Tre righe in cronaca ma ... è da questi particolari che si giudica un giocatore

Tre righe, in fondo alla pagina sportiva del Corriere, quasi un riempitivo in un articolo che tratta della terza maglia dell’Inter.
Il giocatore dell'Inter Icardi ha preso una multa per aver parcheggiato, impegnato nello shopping, la sua costosa auto in un parcheggio riservato ai disabili in centro a Milano. Fine della notizia.

“un giocatore lo vedi dal coraggio
dall'altruismo e dalla fantasia”
http://www.airdave.it/f/francesco_de_gregori/canzoni/testo_la_leva_calcistica_della_classe_68.htm#ixzz3m5g3WAff

Quante volte cantato ( o pensato, io non canto) questa canzone. Non l’ho mai intesa al solo campo da calcio

Ho tifato Inter da sempre con disincantata passione, tanto nel ventennio in cui non ha praticamente vinto nulla, quanto nel breve periodo in cui in qualche modo ha vinto ripetutamente non solo sul campo.
Non so cosa farmene di un giocatore che per educazione, per condizione economica, per condizionamento sociale, pensa di poter fare un atto simile. É da questi particolari che si giudica un giocatore

Non vorrei avere nulla da spartire con una persona simile, neanche la maglia di una squadra, io per passione, lui (giustamente) per un compenso economico.

domenica 13 settembre 2015

LO STOLTO LETTORE: RIFLESSIONE SULL'ESSERE LAICI ED ATEI IN SALUTE

LO STOLTO LETTORE: RIFLESSIONE SULL'ESSERE LAICI ED ATEI IN SALUTE
UN GIOBBE ATEO
riflessione su LAICITA', GRAZIE A DIO di Stefano Levi della Torre

Nel suo interessante e denso saggio sulla laicità, Stefano Levi della Torre si dilunga sulla vicenda di Giobbe, giusto che sopporta con rassegnazione le sventure che subisce, perchè sia messa alla prova la sua fede in Dio, senza mai bestemmiare il nome di Dio stesso o perdere la sua fiducia in lui.

E' un esempio che viene usato nelle discussioni sulla teodicea. Però, senza voler essere blasfemo, a me fa venire in mente quella facezia, che si incontra in diverse narrazioni, di colui che è ateo convinto finchè l'aereo su cui viaggia non comincia a precipitare.

Voglio dire che la consuetudine è l'immagine del fedele che, mediamente retto nel corso della sua vita, è messo alla prova da una malattia inesorabile, piuttosto che del bimbo innocente stroncato all'inizio della sua vita.

Ma la mia esperienza, limitata certo e forse poco significativa, è quella di vedere persone che, non religiose se non proprio atee, acquisita la consapevolezza di precipitare verso la fine della propria vita, spaventate da questo esito si aggrappano verso una speranza di riscatto o di restituzione di felicità dopo la sofferenza senza soluzione in un momento post mortem.

E mi chiedo: io come mi comporterò? E' facile forse essere laico e ateo in salute e senza eccessivi problemi. Ma se il mio areo cominciasse a precipitare, la paura avrebbe il sopravvento sulla mia consapevolezza dell'inesistenza di qualsiasi divinità e sul fatto che un nel momento in cui il mio cuore cessasse di battere, tutto è finito?

Se io Giobbe ateo cominciassi a subire, per sventura, per caso o anche per colpa, disgrazie che minassero la mia serenità, saprei essere razionalmente consapevole che queste sono una delle varie possibilità che gli umani incontrano nel loro cammino, essendo lo scorrere del tempo e il percorso della storia assolutamente indifferente alla felicità o alla infelicità di ogni uomo (ed essendo probabilmente ininfluente questa alla evoluzione dell'universo) oppure per paura comincerei a “scommettere” su qualche possibilità di avere una seconda possibilità paradisiaca?


Ecco il testo di Levi della Torre.


Nel libro di Giobbe, le responsabilità divine nel bene e nel male sono messe in scena fin dall'inizio, nella scommessa con il Satàn, a cui il Signore affida “l'esperimento umano” su un giusto, per verificare in “corpore vili” quanto la creatura possa resistere nelle sue convinzioni spirituali sotto la pressione crescente della sorte, fino all'estremo, fino alla perdita di ogni speranza, incarnata nella propria discendenza e nel proprio corpo.
...
Potremmo dire che quello che Dio e il Satàn vogliono sperimentare in Giobbe è quanto la coscienza umana sia condizionata dalle circostanze e dal suo stato sociale e fisico, se l'essere umano risulti devoto e benevolo nel momento della fortuna, e cambi parere e convinzioni nel momento della rovina o in che misura invece la sua coscienza sappia essere autonoma dal mutare delle condizioni: fino a che punto, insomma, funzioni il libero arbitrio della creatura. È un esperimento sul libero arbitrio umano. Ma al tempo stesso un'affermazione del libero arbitrio divino, libero dalle definizioni in cui Lo vorrebbe catturare la teologia.

sabato 5 settembre 2015

IL LETTORE STOLTO: UN PERSONAGGIO CHE CORRISPONDA A UN'IDEA POSITIVA DI NOI STESSI

IL LETTORE STOLTO: UN PERSONAGGIO CHE CORRISPONDA A UN'IDEA POSITIVA DI NOI STESSI
Ieri sera ho finito il libro LA REGOLA DELL'EQUILIBRIO di Gianrico Carofiglio.

La mia valutazione, palesemente più superficiale della critica non favorevole della mia amica, è piuttosto positiva. Ho letto il libro volentieri, è stato facile individuare l'esito, oserei dire dalle prime battute, ma non per questo il plot è risultato scontato in modo annoiante. Certo, Carofiglio, perlomeno in questo libro, sembra non volere (o non sapere) gestire più di pochi personaggi, e infatti molti sono complementari e abbozzati (oppure relegati in ruoli fin troppo e irrealisticamente secondari), mentre altri, vedi Annapaola, sembrano un po' troppo costruiti. Però sono tutti “simpatici”, nel senso che hanno la loro funzione per far scorrere il “giallo” fino in fondo.

Ho trovato bellissimo il cameo della professoressa di letteratura incontrata di notte in libreria, a mio avviso un omaggio a una amica di Carofiglio, introdotto e concluso con tenera simpatia.

Mi piace lo stile del protagonista che ci racconta la sua storia, riflessioni argute ed autoironiche comprese, mi ricorda certi film nei quali possiamo anche sentire i pensieri del protagonista che si guarda assieme a noi che lo guardiamo. Ho l'impressione che serva a Carofiglio per introdurre le sue riflessione etiche e morali che, forse sono di bocca buona, mi sembrano mai banali. Tutto il libro è pervaso da senso etico e da una volontà di guardarsi con ironico disincanto, come a voler dire che da vicino siamo tutti un po' miserelli, ma che se ci accettiamo, nelle nostre piccolezze, e senza autoassolverci sappiamo guardare con ironia i nostri faticosi sforzi per migliorarci, possiamo continuare a convivere con noi stessi.
Questa è la mia riflessione, magari Carofiglio voleva dire tutt'altro e io continuo a condire tutto con aria fritta

Però vorrei riportare due paragrafi che mi sono piaciuti molto e nei quali mi sono riconosciuto molto

Nel primo Annapaola, l'investigatrice verso cui Guerrieri è attratto gli dice:

uno di noi, negli anni, crea un personaggio disse stesso. Uno con cui identificarci, che corrisponde a un'idea positiva di noi stessi, che racchiude le qualità che ci piace pensare di avere. Il tuo personaggio, quello che ti sei creato con cui ti identifichi, fra le varie caratteristiche, ne ha uno che potrebbe essere descritta così:
e continua con una descrizione legata al personaggio che qui non interessa. La parte importante, quella nella quale ho immaginato Annapaola parlasse a me, è quella che ho trascritto e che ho trovato precisa e vera


Un'altra parte nella quale mi sono sentito coinvolto e messo in discussione è questa
Tutto quello che stai dicendo solo un modo per sollevare cortine fumogene, per sfuggire alla responsabilità di prendere una decisione non ovvio. Un modo di mentire a te stesso. Dici che ci sono le regole deontologiche, la tutela del cliente, gli obblighi dell'avvocato per sottrarsi alla responsabilità che ti deriva dall'aver saputo certe cose. Non è che ti nascondi dietro i presunti doveri professionali solo per evitare seccature, solo per evitare di scegliere? Solo per sottrarsi alla fatica di fare delle distinzioni?
Come era la battuta di quel film bellissimo di Renoir, la regola del gioco? " Ho voglia di sparire in un buco... Di non vedere più niente, di non dover più distinguere ciò che è bene e ciò che è male ". È quello che vuoi fare tu? Sparire in un buco per non dover distinguere fra bene e male? Come ti sentirai fra 10 anni rispetto a questo? Cosa vorreste aver fatto, fra 10 anni?


La difficoltà nel leggere la realtà odierna a volte mi fa sentire come il personaggio di Renoir.

Quando un autore sa mettere nella sua storia frasi come questa, beh, allora il suo libro merita di essere letto.

venerdì 4 settembre 2015

IL LETTORE STOLTO SORRIDE ALLO SPECCHIO

Mi dedico questo simpaticissimo paragrafo che Carofiglio scrive nel libro che sto leggendo: LA REGOLA DELL'EQUILIBRIO ( che ha ricevuto una recensione non positiva da parte di una cara amica, il cui parere, in questo settore, è da tener da conto).
Non entro ora nel merito del valore complessivo del libro, dal quale però già ho tratto due stralci che mi hanno colpito.
Se il primo mi rappresenta in uno degli incubi a mente sveglia tra i miei più ricorrenti, questo mi consente di iniziare una riflessione sull'importanza dello specchio e del sorriso.
Ecco il brano.
la disposofobia o accumulo patologico o accaparramento compulsivo è un disturbo mentale caratterizzato dal bisogno ossessivo di acquisire, senza utilizzare né buttare via, una notevole quantità di beni, anche se inutili, pericolosi, o insalubri. L'accaparramento compulsivo provoca impedimenti e danni significativi ad attività essenziali quali muoversi, cucinare, fare le pulizie, lavarsi e dormire. In effetti almeno fare le pulizie e muoversi era diventato piuttosto complicato, a casa mia. La patologia è egosintonica, dicono gli esperti. Cioè non viene percepita come invalidante, anzi il soggetto trova 1000 giustificazioni per continuare il proprio racimolare compulsivo. Finché arrivano dei punti di non ritorno il malato percepisce come immenso e impossibile il lavoro necessario per riordinare e liberare lo spazio e si trova intrappolato tra il bisogno di trattenere la necessità di disfarsi di cose per sopravvivere.

http://www.disposofobia.org/
Vediamo alcuni aspetti essenziali che caratterizzano la Disposofobia. Sostanzialmente si tratta di un modello di comportamento caratterizzato dall’incapacità di eliminare alcunché dai propri spazi vitali (casa, auto, ufficio, ecc.) talvolta accompagnata dall’eccessiva acquisizione di oggetti per il loro carattere di “affare” o “scorta”. Si crea così uno sbilanciamento tra il materiale che “esce” (quasi nulla / nulla) e quello che “entra” perché acquistato o raccolto in giro (volantini, bustine di zucchero, giornali, vestiti, cibo, in alcuni casi animali).
http://www.treccani.it/enciclopedia/comportamento-egosintonico_(Dizionario-di-Medicina)/
egosintonico:egosintonico, comportamento Comportamento in cui si realizza compatibilità di idee e impulsi con l’Io o una sua parte

giovedì 3 settembre 2015

IL LETTORE STOLTO. TUTTI I PENSIERI INTELLIGENTI SONO GIA' STATI PENSATI

Ho preso in biblioteca e ho iniziato a leggere oggi questo smilzo librettino (si presenza smilzo di dimensione ma ho l'impressione, dalle prime pagine, che sia di un peso specifico notevolissimo) di STEFANO LEVI DELLA TORRE dall'intrigante titolo LAICITA', GRAZIE A DIO, frase che richiama quella famosa (che io pensavo fosse di Bunuel e che invece sembra sia di Bergson) che recita "SONO ATEO, GRAZIE A DIO" che io ripeto spesso, e spesso a vanvera come mi capita.

Vorrei proporre due stralci iniziali che mi fanno pregustare una lettura piacevolissima.
Il primo paragrafo che copio contiene la frase, di Goethe, che ho messo come titolo del post e che si completa con l'invito a tentare di ripensare i pensieri intelligenti, e LEVI DELLA TORRE spiega perchè. Mi ha colpito il suo argomentare, mi mette in discussione. Non che io abbia pensieri intelligenti, già pensati, piuttosto mi rendo conto, per una ricerca di coerenza a volte un po' donchisciottesca, di far fatica a ripensare i pensieri intelligenti con cui mi confronto, o mi scontro. Insomma, mi rendo conto di avere una certa rigidità di pensiero che non è esattamente laica.
Conclusione: che bello leggere, quanto aiuta nel mettersi in discussione e quindi nell'interrogarsi nel profondo. E come i pensieri intelligenti sono già stati pensati, le frasi intelligenti sono già state scritte, e mi limito a riproporle.

Nel suo breviario di massime e riflessioni Goethe scriveva che "tutti i pensieri intelligenti sono già stati pensati; occorre solo tentare di ripensarli". Se non ripensate, le convinzioni degradano in convenzioni, cambiano inavvertitamente di natura. Così può avvenire anche per le idee più brillanti e profonde; da rivelazioni che aprono nuovi orizzonti e dissipano pregiudizi, diventano fissazioni conservatrici, diventano esse stesse pregiudizio. Ugualmente avviene per le fedi: come i pani e i pesci, meglio siano fresche di giornata

Il secondo paragrafo invece mi conforta. Da ateo mi sento particolarmente interessato alle religioni e alla necessità che molti compagni di strada sul nostro pianeta sentono di avere di un Dio e una religione. LEVI DELLA TORRE mi sostiene in questo interesse, anzi dice che è un dovere per un laico conoscere le religioni per "litigare" (inteso in senso ironico, come confronto)

Per confrontarsi con la religione bisognerà pur saperne qualcosa, interrogarne i tesi e le argomentazioni. Se infatti, sul piano giuridico e istituzionale, ha senso il principio (laico) della reciproca non interferenza (libere chiese in libero Stato), sul piano del confronto delle idee e delle mentalità l'interferenza è invece doverosa. Non condivido la posizione di quei laici secondo i quali gli argomenti religiosi sono affari che non li riguardano. la religione non è solo un fatto privato, bensì collettivo e sociale, ed è su questo terreno che ci si confronta realisticamente con essa. In massima parte, laicità e religione si occupano in modo diverso delle stesse cose;: di come va il mondo e di come dovrebbe andare, della vita e della morte, della sofferenza e della speranza. Il conflitto tra laicità e religione non è tanto sugli argomenti quanto sul modo di argomentare, sui criteri di fondo circa il vero e il falso, circa il rapporto tra il sapere e il credere.

IL LETTORE STOLTO. PENSARE ALLA VITA QUANDO LA VITA SEMBRA ALLA FINE

Ho iniziato a leggere LA REGOLA DELL'EQUILIBRIO di Gianrico Carofiglio. So che, quando leggerà questa dichiarazione, un carissimo amico appassionato lettore di Carofiglio, gioirà. L'ho preso in biblioteca anche pensando a lui. Se a questo mio amico piace Carofiglio, vuol dire che merita. Ho già letto altri libri di questo autore e me li sono gustati. Non è quindi una novità. Però oggi ho trovato, nelle prime pagine questa frase (che fa dire al protagonista, l'avvocato Guido Guerrieri) che mi ha colpito e che ho trovato profonda, vera e ho sentito mia.

La regola dell'equilibrio di Gianrico Carofiglio
"Non lo so. Non riesco a definire il mio ricordo. È stato un giorno sospeso nel nulla. C'era la paura, prima di tutto. Erano come pulsazioni di paura. L'idea concreta che in breve, non in un futuro remoto e astratto, non esisterai più. Il mondo non esisterà più. Mi sono ricordato quello che disse un mio amico, Emilio, quando mi raccontò della malattia e della morte di sua moglie, aveva 34 anni. Pensi alle passeggiate che non hai fatto, a quando ti sei comportato da ragioniere con la moneta degli affetti. Non è solo la paura della morte, e che vorresti non aver sprecato il tuo tempo. Poi c'erano momenti di quiete perfetta. Come se mi fossi già abituato, come se avessi accettato il mio destino è potessi osservarlo con distacco. Una cosa che riguardava qualcun altro. E c'erano momenti in cui pensavo che non mi sarei dovuto arrendere, che avrei dovuto lottare, sconfiggere la malattia, qualunque fosse."

martedì 1 settembre 2015

Parlare con proprietà. Non bastano 500 parole.

Parlare con proprietà. Non bastano 500 parole.

Tra le letture del lunedì, un posto fisso viene occupato dalla lettura della DOMENICA del Sole 24 Ore. Un bellissimo inserto nel quale si trovano tanti ottimi suggerimenti per libri, articoli molto interessanti, divertenti e acuti.

Nel fascicolo di domenica 30 agosto ho trovato questo breve articolo di ROBERTO CASATI: Parlare con proprietà. Non bastano 500 parole.

Ho cercato sul sito del Sole 24 ore il link all’articolo per postarlo interamente, ma purtroppo non l’ho trovato.

Non posso riprodurlo tutto, mi limito a copiare il primo e l’ultimo paragrafo, tanto il senso è chiaro: “disporre di un buon lessico non è un lusso, offre un modo vantaggioso ed economico per esprimersi”. Conoscendo Casati per altri scritti, non evito il dubbio che ci sia un filo di sottile ironia in queste motivazioni, come dire utilizzare una attenuazione di valore (volevo usare una parola inglese, ma in questo caso sarebbe stata veramente fuori contesto) per sottintendere e farci intuire altre motivazioni e altri pregi dell’esprimersi con proprietà di linguaggio.

Ecco alcune righe
Provatevi a esprimere l'idea contenuta in una frase assai semplice come: “vorrei frullare questo mango”, senza usare le parole frullare e mango. Provateci davvero. (10 secondi di pausa… Fatto?) o provate a dire con parole vostre quello che sta scritto qui: l'orario dei treni è inaffidabile, o ancora, in un vertiginoso crescendo, l'inflazione erode le pensioni. Ripeto, provateci davvero. Magari mettete per iscritto quello che siete riusciti a scovare. (Ci ho provato anch'io: per esempio, ho scritto riduci in poltiglia il frutto tropicale giallo). Perché questo piccolo esperimento? Si pensa che parlar forbito sia un lusso; una cosa da intellettuali, o da perditempo: alla ricerca del vocabolo cesellato, del sinonimo inusitato, o peggio dell'effetto azzeccagarbugli. Parlassimo tutti come mangiamo, faremmo meno fatica a capirci e ad esprimerci. Ma è vero?
(...)
BENEDETTO VERTECCHI, che ha analizzato il corpus linguistico nei documenti degli studenti intorno ai 14 anni di età dal 1966 al 2006 sostiene che nel corso del tempo si nota un'evoluzione netta: a minor lessico, testi più lunghi. Se nel 1966 i testi erano di 100 parole, nel 2006, a parità di contenuto, ne contavano 120. Se non hai le parole per dirlo, devi inventarti una perifrasi. Il lessico povero ti fa assomigliare a chi non parla una lingua straniera e si trova costretto a fare dei giri di parole. Ti tocca di usare quello che hai. E dato che la perifrasi va generata sul momento, fai molta più fatica. E’ come se dovessi utilizzare un cacciavite come martello; magari alla fine il chiodo lo pianti, ma a che prezzo? La risposta migliore è dunque che disporre di buon lessico non è un lusso. Al contrario! Offre un modo vantaggioso ed economico di esprimersi, risparmiando sulle inevitabili e costose perifrasi cui deve dedicarsi chi un buon lessico non ha. Come abbiamo visto, non c'è bisogno di scomodare il vocabolario tecnico o accademico. Frullare una parola, ridurre in poltiglia ne contiene tre, e se non sai che cos'è la poltiglia?

martedì 25 agosto 2015

2° PUNTATA: ATTENZIONE. AVVISO AI NAVIGANTI. PER CHI UTILIZZA IL PARCHEGGIO DI LAMPUGNANO E LA M1 PER RECARSI AD EXPO

2° PUNTATA: ATTENZIONE. AVVISO AI NAVIGANTI. PER CHI UTILIZZA IL PARCHEGGIO DI LAMPUGNANO E LA M1 PER RECARSI AD EXPO
IL RECLAMO AD ATM E LA RISPOSTA DI ATM

Il 16 agosto avevo postato questo “avviso ai naviganti” relativo a un presunto, secondo il mio giudizio, disservizio fornito da ATM

http://sistacomedautunnosuglialberilefoglie.blogspot.it/2015/08/attenzione-avviso-ai-naviganti-per-chi.html

Dopo qualche giorno ho utilizzato il modulo reclami di ATM per esprimere, in forma ufficiale, la mia segnalazione.
Costretto dalla scelta di ATM di comprimere la segnalazione in 255 caratteri, ho dovuto sintetizzare il messaggio nella forma che segue:
Lampugnano M1. 3/8, acquisto biglietto ad edicolante per EXPO (fermata M1 Rho Fiera). Costo €2.00.
15/8, acquisto biglietto da emettitrice automatica cliccando su BIGLIETTO RHO FIERA EXPO: costo €2,50.stessa fermata del 3 agosto. Non capisco la differenza di prezzo. Erra l’edicolante o emettitrice?
Secondo vostro addetto avrei dovuto scegliere l’opzione INTERURBANO 1 ½ . In effetti su emettitrice RHOFIERA :INTERURBANO 1 ½ (senza indicazioni per EXPO), che disorienta il viaggiatore occasionale Credo ci sia un errore palese. Io ho acquistato 4 biglietti, esborso non dovuto di €2.00. Questo è il danno contingente e limitato. Mi sembra di ben diverso impatto il dis
servizio per incongrua comunicazione che viene erogato alla clientela. Attendo vostre gradite spiegazioni e determinazioni

vorrei sottolinea che nel mio reclamo io ho espresso il concetto di “disorientamento per il viaggiatore occasionale” e poi, con un attimo di palese finta ingenuità ho scritto che per questa informazione non chiara io ho pagato, complessivamente, 2 euro in più, scommettendo con me stesso sul fatto se ATM si sarebbe o meno preoccupata di come rifondermi questi soldi... Di solito all'Enalotto non vinco, qui ho scelto l'opzione “ ti piace vincere facile” e infatti...
Dopo pochi giorni è arrivata la risposta ATM che trascrivo
Gentile ROBERTO SOLBIATI ,
rispondiamo alla Sua segnalazione relativa all’indicazione per l’acquisto di titoli di viaggio utili per raggiungere la stazione di “Rho Fiera”.
Nel caso specifico, ci preme farLe sapere che sulla schermata DAB viene indicato il titolo valido per viaggiare da qualunque zona di Milano, senza limitazione al numero o alla tipologia di mezzi utilizzati. Il titolo da 1 1/2 zone invece è limitato unicamente al percorso metro partendo dalla stazione indicata.
Sulla schermata, quindi, è stata mantenuta l’informazione con validità a carattere generale, mentre l’indicazione particolare è riportata sul cartello DAB che esplicita la tariffa per viaggiare solo tra stazioni metro.
L’occasione è gradita per inviarLe cordiali saluti.
Ufficio Relazione Clienti ATM


Mi sembra una risposta burocraticamente ineccepibile (se non sottilizziamo su schermata DAB e cartello DAB), e sostanzialmente (se intendiamo: attenzione al cliente) inutile e anche un po' insulsa.
Tra l'altro non lontano nella spiegazione da quanto avevo, riflettendoci dopo, intuito.
In pratica, su tutte le emettritrici, da San Donato, da Cascina Gobba, dalle più lontane fermate di area urbana rispetto a EXPO, il “biglietto Rho Fiera EXPO” costa €2,50. Poiché si lavora in serie, senza ragionare, la stessa emettritrice, con lo stesso cartello, il famoso cartello DAB, viene posto anche in quella fermata (assolutamente secondaria, non sede di un parcheggio di interscambio!!!) che, da polimetrica, prevede un costo di biglietto minore. La notizia del biglietto “corretto” ovviamente sulla emettritrice c'è, e quindi ATM è a posto (burocraticamente a posto), colpa del cliente se è ignorante (nel senso che ignora), o meglio “superficiale” perchè non fa il corretto ragionamento che l'indicazione EXPO è standard per tutte le emettritrici e nel suo caso particolare, di viaggiatore da Lampugnano, deve invece andare a leggere il DAB dove EXPO (la meta a cui è diretto) non è riportato.
Mi sembra che se dovessi valutare la risposta, dovrei fare come certi professori, dare due voti, un bel 10 in burocrazia (forse 9 perchè quella confusione sul DAB non mi convince), mentre credo che in “attenzione al cliente” dovrei fare una valutazione molto meno gratificante.
Soprattutto, forse esagero, un “grazie, ha evidenziato un problema, andiamo a mettere un cartello di spiegazione sulle emettritrice di Lampugnano”. Non mi sembra di aver colto, neppure implicitamente, questa intenzione”.
Forse sono troppo drastico se il mio risultato finale è BUROCRAZIA 1 – CITTADINO 0?

giovedì 20 agosto 2015

SIAMO (ANCORA) "PRONTI ALLA VITA"?



Sono ormai passati parecchi giorni da quel Primo Maggio nel quale un coro di giovanissimi cantori seppe stupirci e deliziarci introducendo una piccola ma significativa ( e dirompente, oserei dire) modifica al nostro Inno Nazionale.
Cambiando una parola, VITA al posto di MORTE, si ampliava in modo esponenziale l'invito ad essere sempre Cittadini Italiani a pieno titolo, attivi, partecipi, attenti.
Ancora in questi giorni ci si perde in polemiche (anche istruite ad arte) sulla forma e non sulla sostanza.
Affermare che SIAMO PRONTI ALLA VITA vuol dire, per me, andare nel profondo della sostanza di essere cittadini, sostanza che non esclude il sacrificio supremo, bensì lo ingloba in un impegno quotidiano anche minuto, anche oscuro, anche sconosciuto agli altri ma costantemente profuso perchè indifferente alla ribalta.
Mi chiedo se nelle celebrazioni finali, alla chiusura di EXPO, si avrà il coraggio di cantare ancora SIAM PRONTI ALLA VITA, o se quel gesto sarà stato un fuoco di paglia, una idea geniale e per questo messa in una teca e dimenticata.

lunedì 17 agosto 2015

EXPO. LA "CARTA DI MILANO" ?

EXPO. LA "CARTA DI MILANO" ?

Il rutilante succedersi e sovrapporsi di immagini, suoni, scritte e comunicazioni varie può creare un effetto sfocatura in occhi e orecchie poco allenate, per abitudine o per età, al multitasking, con la conseguenza che si guarda e si sente molto ma si vede e si ode poco.
Forse sarà anche per questo, essendo io di riflessi bradipeschi e generazionalmente antico, che nelle due visite fatte per ora ad EXPO ho colto una assenza (o forse non ho visto una presenza).
Mi riferisco alla CARTA DI MILANO  - http://carta.milano.it/it/ - il documento sottoscritto da molte persone di rilevante responsabilità nel mondo politico, civile, imprenditoriale e verso cui siamo tutti invitati a dare la nostra sottoscrizione.
Certo, documenti come questo della Carta di Milano rischiano di essere un bell’esercizio di retorica vuoto di contenuti.
E’ sicuramente un rischio, e chi ha il potere in mano probabilmente è pronto a disattenderla  prima ancora che l’inchiostro della stilografica con cui ha firmato si sia asciugato.
Però esiste, ed è strettamente legata ad EXPO
Questo troviamo scritto sulla pagina web  - http://cartadimilano.tumblr.com/ -

Che cos’é la carta di Milano?

La Carta di Milano è lo strumento che permetterà ai cittadini, in occasione di Expo Milano 2015, di costruire e vincere la sfida del diritto al cibo sano, sicuro e nutriente per tutti come diritto umano fondamentale. La Carta di Milano sarà, quindi, un manifesto collettivo, un atto politico e di sensibilizzazione globale sul ruolo del cibo e della nutrizione per una migliore qualità di vita.
Salvatore Veca, filosofo incaricato di coordinare i lavori per la Carta di Milano, ha più volte citato Max Weber per descrivere lo spirito della Carta: 
È del tutto esatto e confermato da ogni esperienza storica che non si realizzerebbe ciò che è possibile se nel mondo non si aspirasse sempre all'impossibile.
Tutti potranno sottoscrivere la Carta, che sarà consegnata a ottobre al Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Il semestre di Expo sarà così collegato al fondamentale appuntamento degli Obiettivi del Millennio.
Prima di visitare EXPO io ho dato copia del documento ai miei figli con la preghiera di leggerlo. Non volevo che la visita da EXPO fosse solo un bel giorno di curiosa esplorazione esotica.
Ma, mi chiedo, salvo che non mi sia sfuggito e allora farei ammenda, perché in EXPO non si trova evidente traccia della Carta di Milano? Immagino che proporre manifesti, che riprendessero, come sul sito, le principali frasi o i propositi della Carta di Milano, da esporre lungo il Decumano potesse creare un po’ un’atmosfera da Corea del Nord, però forse qualcosa in più si poteva fare. Probabilmente sono un visitatore sotto la media, ad altri, più attenti o più acuti, richiami alla carta non saranno sfuggiti, ma sottolineo che nella comunicazione sono gli ottusi come me da usare come termine di paragone.

EXPO, pur visto con sguardo favorevole, è sul crinale tra il versante Mega Fiera e il versante fedele al suo messaggio originale. Credo che qualunque aiuto a scendere per il versante giusto sia utile.

domenica 16 agosto 2015

ATTENZIONE. AVVISO AI NAVIGANTI. PER CHI UTILIZZA IL PARCHEGGIO DI LAMPUGNANO E LA M1 PER RECARSI AD EXPO.

ATTENZIONE. AVVISO AI NAVIGANTI. PER CHI UTILIZZA IL PARCHEGGIO DI LAMPUGNANO E LA M1 PER RECARSI AD EXPO.

Con l'edicolante chiuso ho comperato i biglietti alla emettitrice automatica. Dall'edicolante avevo comperato i biglietti al costo di €2,00 per tratta.
Sulla emettitrice automatica, cliccando su BIGLIETTO RHO FIERA EXPO 2015 (direi abbastanza intuitivo e con un indirizzo di scelta piuttosto stringente) ho acquistato i biglietti ad €2,50 per tratta.
Sul momento, essendo io uno abbastanza ansioso e preso da fretta ingiustificata di fronte alle emettitrici automatiche, ho preso i biglietti senza fermarmi a leggere tutte le opzioni proposte dalla macchina. Probabilmente anche se le avessi lette non avrei comunque compreso l'arcano.
Entrando in Metropolitana ho chiesto all'addetto ATM il quale, piuttosto scocciato dal fatto (forse non previsto dal suo lavoro) che un cliente chiedesse una informazione, ha bofonchiato la risposta che €2,50 è il costo da Milano centro. Poi si è voltato ed è tornato al suo lavoro, senza spiegarmi perchè questo costo fosse presente su una emettitrice a Lampugnano.
Quando sono tornato da EXPO mi sono fermato a fotografare l'emettitrice, le foto non sono belle, ma forse danno l'idea.


Il cliente ATM non deve cliccare su BIGLIETTO RHO FIERA EXPO come, scioccamente, sarebbe tentato di fare ingannato dall'essere la sua destinazione proprio l'EXPO.
Deve guardare che RHO FIERA è un biglietto Interurbano 1 ½ zona dal costo di €2.00 e infine cliccare su Interurbano 1 ½ zona e prendere il suo biglietto.
Del resto il cliente non sprovveduto come me avrebbe potuto fare una ricerca sul sito GIROMILANO e facendo una ricerca origine-destinazione avrebbe visto che LAMPUGNANO – RHO FIERA EXPO e LAMPUGNANO – RHO FIERA gli sarebbe stata proposto lo stesso tipo di biglietto (e del resto, salvo che non mi sia perso una stazione della metropolitana, credo che stiamo parlando della stessa stazione). Poi, di fronte alla macchinetta che proponeva qualcosa d'altro avrei potuto vedere crollare le mie certezze e avere una conferma del mio invecchiamento e rimbambimento precoce.
Salvo smentite autorevoli, sono propenso a credere che
a) l'emettitrice a Lampugnano è programmata in modo errato
b) ATM si è indebitamente presa €0.50 per ogni biglietto acquistato ( 4 biglietti, 2 euro).
Queste supposizioni, che mi sembrano logiche, non riescono a farmi capire perchè a Lampugnano ATM nelle emettitrici automatiche proponga un biglietto che non corrisponde alla realtà (e a quanto afferma ufficialmente sul suo sito)
Mi chiedo; ma se scrivo ad ATM chiedendo il rimborso di €2,00 mi risponderanno:
a)dicendo che la legge non ammette ignoranza e se io compero il biglietto sbagliato, sono problemi miei;
b)scrivendomi per chiedere l'IBAN per il bonifico;
c)ringraziandomi per aver evidenziato l'errore e provvedendo a modificare subito le emettitrici; spiegandomi dove sbaglio;

d) cestinato?

AH, ECCO PERCHE'

Capitati per caso nel tardo pomeriggio sul Cardo presso piazzetta Piacenza, assistiamo (e partecipiamo) alla degustazione offerta (mai rinunciare a un alimento “offerto” all'EXPO) di prodotti piacentini.
Giorno dedicato al gelato, viene offerto un bicchierino con del gelato al Gutturnio.
Antonella si mette in fila, ne prende uno, me lo passa e poi aspetta il secondo

“Lella, perchè ne prendi due, io sono astemio e il gelato al vino non mi piace”


Ah, ecco perchè!