domenica 29 giugno 2014

PRIVILEGIARE LEGAMI SOCIALI E CONDIVISIONE. IL CONVIVIALISMO (compendio del manifesto)

Stimolato dall'articolo di apertura de LA LETTURA, inserto culturale del Corriere della Sera, sono andato a fare qualche ricerca sul Manifesto Convivialista, dichiarazione di interdipendenza.
Ho trovato un compendio che posto, in attesa di leggere il libro MANIFESTO CONVIVIALISTA. DICHIARAZIONE DI INTEDIPENDENZA, pag 74 €10 edito da Ets di Pisa.

http://www.lesconvivialistes.fr

Compendio del manifesto convivialista (It)

Dichiarazione di interdipendenza[1]

Mai come oggi l’umanità ha avuto a disposizione tante risorse materiali e competenze tecnico-scientifiche. Considerata nella sua globalità, essa è ricca e potente come nessuno nei secoli passati avrebbe potuto mai immaginare. Non è detto che sia anche più felice. Tuttavia, non c’è nessuno che desideri tornare indietro, poiché ognuno si rende conto che di giorno in giorno si aprono sempre maggiori e nuove potenzialità di realizzazione individuale e collettiva.
Eppure, nonostante ciò, nessuno è disposto a credere che questa accumulazione di potenza possa essere persegui- ta indefinitamente senza che, in una logica immutata di progresso tecnico, si ritorca contro se stessa e metta a repentaglio la sopravvivenza fisica e morale dell’umanità. Le prime minacce che incombono su di noi sono di ordine materiale, tecnico, ecologico ed economico. Minacce entropiche. Ma noi siamo molto più impotenti nell’immaginare delle risposte adeguate al secondo tipo di minacce. Alle minacce di ordine morale e politico. A quelle minacce che potremmo definire antropiche.

Il problema numero uno

Sotto i nostri occhi c’è un’evidenza accecante: l’umanità ha saputo realizzare dei progressi tecnici e scientifici sorprendenti, ma resta ancora incapace di risolvere il suo problema fondamentale: come gestire la rivalità e la violenza tra gli esseri umani? Come convincerli a cooperare, pur consentendo loro di contrapporsi senza massacrarsi? Come contrastare l’accumulazione della potenza, ormai illimitata e potenzialmente auto-distruttiva, contro gli uomini e contro la natura? Se l’umanità non saprà trovare una risposta a questi interrogativi, è destina- ta a scomparire. E questo proprio quando si sono create tutte le condizioni materiali di un benessere generalizza- to, purché si prenda coscienza della loro finitezza.
Abbiamo a disposizione molteplici elementi di risposta, che nel corso dei secoli sono stati apportati dalle religioni, dalle morali, dalle dottrine politiche, dalla filosofia e dalle scienze umane e sociali. Così pure, le iniziative che si muovono in direzione di un’alternativa all’attuale organizzazione del mondo sono innumerevoli, promosse da migliaia e migliaia di organizzazioni o associazioni, e da diecine o centinaia di milioni di persone. Queste iniziative si presentano sotto varie denominazioni  e ai più diversi livelli: la difesa dei diritti dell’uomo, del cittadino, del lavoratore, del disoccupato, della donna o dei bambini; l’economia sociale e solidale con tutte le sue componenti: le cooperative di produzione o di consumo, la mutualità, il commercio equo, le monete parallele e complementari, i sistemi di scambio locale, le innumerevoli associazioni di mutuo soccorso; l’economia cogniti- va dei network (cfr. Linux, Wikipedia, ecc.); la decrescita e il post-sviluppo; i movimenti slow foodslow townslow science; la rivendicazione del buen vivir, l’affermazione dei diritti della natura e l’elogio della pachamama ; l’altermondialismo, l’ecologia politica e la democrazia radicale, gli indignadosOccupy Wal Street; la ricerca di indicatori alternativi di ricchezza, i movimenti della trasformazione personale, della sobrietà volontaria, del l’abbondanza frugale, del dialogo tra le civiltà, le teorie del care, la nuova concezione dei  “beni comuni” (commons), ecc.
Perché queste iniziative così ricche possano contrastare con un’adeguata potenza le dinamiche letali del nostro tempo e non siano confinate nel ruolo di mera contestazione o di semplice palliativo, diventa decisivo unire le loro forze e le loro energie. Da qui l’importanza di sottolineare ed enunciare ciò che hanno in comune.

Sul convivialismo

In comune hanno la ricerca di un convivialismo, di un’arte di vivere insieme (con-vivere) che consenta agli esseri umani di prendersi cura gli uni degli altri e della Natura, senza negare la legittimità del conflitto, ma trasformandolo in un fattore di dinamismo e di creatività, in uno strumento per scongiurare la violenza e le pulsioni di morte. Per trovarlo abbiamo urgente bisogno di un corredo dottrinale minimo e condivisibile,  che consenta di rispondere contemporaneamente, ponendole su scala planetaria, almeno a quattro questioni di base (più una):
-  La questione morale: che cosa è lecito per gli individui sperare e che cosa devono proibirsi?
-  La questione politica: quali sono le comunità politiche legittime?
-  La questione ecologica: che cosa possiamo prendere (d)alla natura e che cosa dobbiamo restituirle?
La questione economica: quale quantità di ricchezza materiale ci è lecito produrre, e in che modo, per essere coerenti con le risposte date alla questione morale, politica ed ecologica?
- Ognuno è libero di aggiungere, se vuole, a queste quattro questioni quella del rapporto con il sovrannaturale o con l’invisibile: la questione religiosa o spirituale.  O la questione del senso.

Considerazioni generali

Il solo ordine sociale legittimo universalizzabile è quello che si ispira ad un principio di comune umanità, di comune socialità, di individuazione, e di un conflitto che bisogna saper tenere sotto controllo e, quindi, creativo.
Principio di comune umanità: al di là delle differenze del colore della pelle, di nazionalità, di lingua, di cultura, di religione o di ricchezza, di sesso o di orientamento sessuale, c’è una sola umanità, che deve essere rispettata nella persona di ognuno dei suoi membri.
Principio di comune socialità: gli esseri umani sono esseri sociali per i quali la ricchezza più grande è la ricchezza dei loro rapporti sociali.
Principio di individuazione: nel rispetto di questi due primi princìpi, la politica legittima è quella che consente ad ognuno di affermare nel modo migliore la sua peculiare individualità in divenire, sviluppando la sua potenza di essere e di agire senza nuocere a quella degli altri.
Principio del conflitto tenuto sotto controllo e creativo: poiché ognuno tende a manifestare la propria peculiare individualità, è naturale che gli esseri umani possano contrapporsi gli uni agli altri. Ma è legittimo farlo solo nella misura in cui ciò non mette in pericolo il quadro della comune socialità che rende feconda  e non distruttiva una tale rivalità.

Da questi princìpi generali discendono alcune:
Considerazioni morali
Ciò che ad ogni individuo è lecito sperare è di vedersi riconoscere un’eguale dignità con tutti gli altri esseri umani, di accedere alle condizioni materiali che gli permettano di realizzare la sua concezione della vita buona, nel rispetto delle concezioni degli altri.
Ciò che non gli è consentito è di travalicare nella dismisura (la hubris dei Greci), cioè di violare il principio di comune umanità e di mettere a rischio la comune socialità.
Concretamente, il dovere di ciascuno è di lottare contro la corruzione.
Considerazioni politiche:
Nella prospettiva convivialista, uno Stato, un governo o un’istituzione politica nuova possono ritenersi  legittimi solo se:
- rispettano i quattro princìpi – di comune umanità, di comune socialità, di individuazione e del conflitto  tenuto sotto controllo – e se promuovono la realizzazione delle considerazioni morali, ecologiche ed economiche ad essi collegate.
Più specificamente, gli Stati legittimi garantiscono a tutti i loro cittadini più poveri un minimo di risorse, un reddito di base, quale che sia la sua forma, che li ponga al riparo dall’abiezione della miseria, e impediscono progressivamente ai più ricchi, attraverso l’instaurazione di un reddito massimo, di sprofondare nell’abiezione dell’estrema ricchezza oltrepassando un livello che vanificherebbe i princìpi di comune umanità e di comune socialità.
Considerazioni ecologiche:
L’Uomo non può ritenersi padrone e possessore della Natura, e ciò sulla base del presupposto che, lungi dall’opporvisi, deve trovare con essa, almeno metaforicamente, una relazione di dono/controdono. Per lasciare alle generazioni future un patrimonio naturale protetto, deve, dunque, restituire alla Natura quanto o più di quello che egli prende o riceve da lei.

Considerazioni economiche:
Non esiste una correlazione accertata tra ricchezza monetaria o materiale da un lato e felicità o benessere dall’altro. La situazione ecologica del pianeta rende necessario ricercare tutte le forme possibili di una prosperità senza crescita. Perciò, è urgente, in una prospettiva di economia plurale, costruire un equilibrio tra Mercato, economia pubblica ed economia di tipo associazionistico (sociale e solidale), a seconda che i beni o i servizi da produrre siano individuali, collettivi o comuni.

Che fare ?

Non bisogna nascondersi che occorrerà affrontare potenze enormi e formidabili, sia finanziarie che materiali, tecniche, scientifiche, intellettuali, militari e criminali. Contro queste potenze colossali e spesso invisibili o non localizzabili, le tre armi principali saranno:
- L’indignazione di fronte alla dismisura e alla corruzione, e la vergogna che è necessario far sentire a coloro che direttamente o indirettamente, in modo attivo o passivo, violano i princìpi di comune umanità e di comune socialità.
Il sentimento di appartenere ad una comunità umana mondiale.
- Al di là delle «scelte razionali» degli uni verso gli altri, la mobilitazione degli affetti e delle passioni.

Rottura e transizione

Ogni politica convivialista concreta e applicata dovrà necessariamente tener conto:
- dell’imperativo di giustizia e di comune socialità, che implica la riduzione progressiva delle dise-
guaglianze clamorose che a partire dagli anni Settanta sono esplose in tutto il mondo tra i più ricchi e il resto della popolazione.
-  dell’esigenza di prendersi cura dei territori e dei luoghi, cioè di riterritorializzare e rilocalizzare ciò che la globalizzazione ha smisuratamente esternalizzato.
- L’assoluta necessità di tutelare l’ambiente e le risorse naturali.
- L’obbligo incondizionato di eliminare la disoccupazione e di offrire a ciascuno una funzione e un ruolo riconosciuti in attività utili alla società.

La traduzione del convivialismo in risposte concrete significa articolare, situazione per situazione, le risposte a partire dall’urgenza di migliorare le condizioni di vita degli strati popolari e di costruire un’alternativa al modo di vita attuale, così gravido di minacce di ogni tipo. Un’alternativa che smetta di far credere che la crescita economica illimitata possa essere ancora la risposta a tutti i nostri mali.

(Trad. it. di Francesco Fistetti)

Claude Alphandéry, Geneviève Ancel, Ana Maria Araujo (Uruguay), Claudine Attias-Donfut, Geneviève Azam, Akram Belkaïd (Algérie), Yann Moulier-Boutang, Fabienne Brugère, Alain Caillé, Barbara Cassin,PhilippeChanial, Hervé Chaygneaud-Dupuy, Eve Chiapello, Denis Clerc, Ana M. Correa (Argentine), Thomas Coutrot, Jean-PierreDupuy, François Flahault, Francesco Fistetti (Italie), Anne-Marie Fixot, Jean-Baptiste de Foucauld, Christophe Fourel, François Fourquet, Philippe Frémeaux, Jean Gadrey, Vincent de Gaulejac, François Gauthier (Suisse), Sylvie Gendreau (Canada), Susan George (États-Unis), Christiane Girard (Brésil), François Gollain (Royaulme Uni), Roland Gori, Jean-Claude Guillebaud, Paulo Henrique Martins (Brésil), Dick Howard (États-Unis), Marc Humbert, Éva Illouz (Israël), Ahmet Insel (Turquie), Geneviève Jacques, Florence Jany-Catrice, Zhe Ji (Chine), Hervé Kempf, Elena Lasida, Serge Latouche, Jean-Louis Laville, Camille Laurens, Jacques Lecomte, Didier Livio, Gus Massiah, Dominique Méda, Margie Mendell (Canada), Pierre-Olivier Monteil, Jacqueline Morand, Edgar Morin, Chantal Mouffe (Royaume Uni), Osamu Nishitani (Japon), Alfredo Pena-Vega, Bernard Perret, Elena Pulcini (Italie), Ilana Silber (Israël), Roger Sue, Elvia Taracena (Mexique), Frédéric Vandenberghe (Brésil), Patrick Viveret.



ISTANBUL. SULTAN AHMET CAMII (MOSCHEA BLU)

Edificio commissionato dal sultano Ahmet 1 (regno 1603/1617) e realizzato principalmente dall'architetto Sedefhar Mehmet Aga, deve il nome con il quale è universalmente conosciuto alle migliaia di maioliche di Iznik che decorano gli interni.
Lo spazio centrale dedicato alla preghiera (degli uomini? abbiamo visto e fotografato un luogo indicato come posto per la preghiera delle donne) è immenso.
L'esterno della moschea è un gioco sinuoso - così recita Lonely Planet - con una cascata di cupole e sei svettanti minareti












HONEST OVERCONFIDENCE. eccesso di fiducia sincero

da Internazionale del 13 giugno
articolo di Katty Kay e Claire Shipman. LA FIDUCIA DELLE DONNE
Un articolo che imputa anche alla mancanza di fiducia in se stesse la carenza di donne nei posti di lavoro apicali.
L'estratto assume però una valenza generale

"La verità è che l'eccesso di fiducia in se stessi può servire a fare strada. Cameron Anderson, un sociologo della facoltà di economia dell'Università della California a Berkeley, ha dedicato la sua carriera a studiare questo fenomeno. In una serie di nuovi test condotti nel 2009 per confrontare il valore relativo della fiducia in se stessi, ha dato a 242 studenti una lista di nomi e eventi storici, chiedendogli di spuntare quelli che conoscevano.
Alcuni nomi erano inventati, ma simili a quelli di persone ed eventi reali. L'esperimento serviva a misurare l'eccesso di fiducia in se stessi. Se gli studenti barravano le caselle di nomi finti invece di lasciarle in bianco, significava che erano convinti di sapere più di quello che sapevano in realtà. Alla fine del semestre, poi , Anderson ha chiesto agli studenti di darsi un voto a vicenda, per valutare l'importanza di ogni individuo all'interno del gruppo: gli studenti che avevano barrato il numero maggiore di nomi finti ottenevano i voti più alti.
La fiducia in se stessi, dice Anderson, conta quanto la competenza. (...) alcuni individui tendono a essere più ammirati e ascoltati: non sono necessariamente i  più competenti o i più capaci, ma sono certamente i più sicuri di sé.
(...)
Hanno un linguaggio del corpo che segnala un atteggiamento aperto, usano un tono di voce basso e parlano in modo calmo e rilassato. "Tutte cose chele fanno apparire sicure di sé agli occhi degli altri, Se cono bravo o no è piuttosto irrilevante". (...) Tra gli studenti di Anderson, quelli che apparivano sicuri di sé erano più ammirati di quelli competenti e godevano di uno status più elevato. "I più sicuri erano anche i più amati dal gruppo", dice Anderson. " L'eccessiva fiducia in se stessi non veniva percepita come narcisistica." (...) Secondo Anderson, la ragione per cui le persone estremamente sicure di sé non allontanano gli altri è che non fingono: credono sinceramente di essere in gamba, ed è questa convinzione che gli altri percepiscono. La falsa sicurezza non dà gli stessi risultati... puoi ostentare tutta la sicurezza del mondo, ma se non sei veramente convinto di essere bravo gli altri se ne accorgeranno.

venerdì 27 giugno 2014

ISTANBUL: SULEYMANIYE CAMII

Suleymaniye Camii ( la Moschea di Solimano).
Questa moschea, favorita dallo svettare su un colle facilmente visibile dal Bosforo, dal Corno d’Oro e da Galata e dall’essere isolata rispetto al complesso Topkapi/Aya Sofia/Moschea Blu, mi è sempre rimasta impressa.

Non ricordavo bene quanto ci si dovesse inerpicare nelle intasate e sconnesse strade di Istanbul per raggiungerla.










giovedì 26 giugno 2014

ISTANBUL. VISTA DELLA CITTA' DALLA TORRE GALATA

Verso sera, facendo una lunga passeggiata lungo Istiklal Caddesi, quasi senza accorgercene siamo arriva alla Torre Galata.
Per quanto fosse già quasi l'imbrunire abbiamo deciso di salire (non lo avevo mai fatto nel corso delle due precedenti visite a Istanbul).
Le fotografie spaziano su buona parte dei monumenti della città ma risentono della poca luce.
Mi azzardo a scrivere le didascalie sperando di non prendere cantonate
festa sul terrazzo

bosforo

beyoglu

topkapi

aya sofia e moschea blu

sulla destra ponte galata, sullo sfondo sultanahmet

moschea di solimano

ponte galata

eminonu

marco

contando i minareti direi moschea blu

ponti sul corno d'oro

ISTANBUL. GRAN BAZAR E BAZAR DELLE SPEZIE

Probabilmente visitare Istanbul e non passare dal Gran Bazar o anche dal Bazar delle Spezie ( o mercato egiziano, come è chiamato) è impensabile.
Quindi il passaggio è stato eseguito. Ma tra tutte le cose che abbiamo visto ad Istanbul, a mio avviso è stata quella meno interessante. Forse non siamo dei compratori seriali (abbiamo preso due regali e due cartoline in 4 giorni - a beh, no!  Anche una favolosa targa! ) ma devo dire che alla fine la successione di negozi con l'intero mondo in vendita diventa anche un po' noioso.
Quando lo ho visto la prima volta, 28 anni fa, ricordo che i venditori erano più aggressivi , insistenti. Ora siamo stati quasi ignorati. Meglio.
Le fotografie, oltre che per, ovviamente, i Narghilé, di Marco, hanno cercato soprattutto di cogliere negozi particolari e giochi di colore interessanti. 










GIDEON LEVY. L'ORRORE DELL'OCCUPAZIONE (ISRAELIANA) OLTRE GLI INSEDIAMENTI

da INTERNAZIONALE (13 giugno)
LEVY è un giornalista israeliano che scrive su Ha'aretz

Nel suo intervento spiega perché non ci si deve perdere a condannare Israele per ogni nuovo insediamento eretto nei territori occupati (anche se deciso per punire i palestinesi) ma occorre riuscire a guardare il dramma nel suo complesso e nella sua vera entità.

"...
Smettiamo di condannare Israele per ogni nuovo appartamento e per ogni nuovo camper: Israele va condannato e punito per aver creato condizioni di vita sotto l'occupazione che sono insopportabili; per il fatto che un paese che rivendica il suo posto tra le nazioni illuminate continua ad opprimere un intero popolo giorno e notte.
E allora, parliamo dei poveri pescatori di Gaza, che si vedono sparare addosso dalle navi da guerra. Parliamo dei mabini arrestati brutalmente di notte, parliamo dei tanti prigionieri senza processo, delle famiglie divise tra Gaza e la Cisgiordania, tra Gerusalemme e Ramallah. Parliamo del grilletto facile dei soldati israeliani, dei tribunali discriminatori, degli espropri, delle demolizioni di case, delle distruzioni di villaggi che avvengono ogni giorno. Parliamo delle terre da pascolo trasformate in poligono solo per scoraggiare chi ci abita ed espellerlo; parliamo dei soldati che sparano per noia e dei poliziotti che arrestano dei palestinesi per il semplice fatto che hanno il potere di farlo.
Parliamo dell'apartheid ormai connaturato alla Cisgiordania e della prospettiva spaventosa che si apre a qualsiasi bambino palestinese che cerchi di farsi una vita, o che solo di fare una gita in spiaggia, anche se è poco distante da casa sua.
Parliamo degli abitanti di Gaza che non possono esportare i loro prodotti né andare da nessuna parte, né per studiare, né per essere ricoverati in Ospedale, né per visitare parenti o lavorare fuori dalla loro prigione, la più grande del mondo. Parliamo delle migliaia di prigionieri - compresi quelli politici- che subiscono una discriminazione disumana, il che non si può dire per i detenuti ebrei nelle carceri israeliane. Parliamo della burocrazia dell'occupazione,che è un altro metodo di vessazione istituzionalizzato (questa probabilmente rivolta contro Israele è l'accusa più drammaticamente forte, perchè rimanda alla burocratica oppressione nazista che gli ebrei hanno subito-  vedi Hillberg "la distruzione degli ebrei d'Europa - mia nota)
Parliamo dei checkpoint e delle troppe, continue, ingiustizie. Parliamo degli orrori dell'occupazione.
...
Ogni cittadino perbene, sia in Israele sia nel resto del mondo, deve levare un grido contro tutto questo. Di queste grida non se ne sentono abbastanza."

martedì 24 giugno 2014

ISTANBUL. CISTERNA BASILICA (YEREBATAN SARNICI)

Così recita Lonely Planet: “Commissionata dall’imperatore Giustiniano e costruita nel 532, questa struttura sotterranea è la più grande cisterna ancora visibile a Istanbul. 
Al suo interno si contano 336 colonne con capitelli finemente scolpiti, tutte recuperate da templi in rovina.
La simmetria dell’insieme e la grandiosità del progetto sono tali da togliere il fiato, e l’immenso ambiente sotterraneo è un fantastico rifugio durante i torridi giorni estivi”.
Tutto vero.
A me era sfuggita durante le precedenti due visite a Istanbul.  Per la prima volta sono giustificato perché è stata restaurata nel 1985 e aperta al pubblico nel 1987, l’anno dopo la mia prima visita.
Non ricordo bene cosa abbiamo visitato nel corso della seconda visita, ma occorre dire che è stato l’anno che Pa’ aveva dimenticato il passaporto al Nemrut Dagi e abbiamo passato molto tempo al consolato.

Il nome deriva dalla localizzazione.

 Prende il nome di Cisterna Basilica perché posta sotto la Stoà Basilica, una delle grandi piazze sul primo colle della città.