mercoledì 20 agosto 2014

ERIC HOBSBAWN. IL SECOLO BREVE

Questa è una noticina secondaria nell'opera dello storico inglese, un piccolo sassolino tolto con la grazie dell'understatement inglese, che mi è piaciuta molto.
Nel merito Hobsbawn tratta degli economisti del periodo della Grande Crisi del 29 e degli economisti liberisti dei nostri anni 80/90.
A mio avviso la sua nota, parlando di geopolitica, è attualissima anche oggi.

"A chi come me è vissuto durante quegli anni ('30) riesce quasi impossibile capire come le dottrine rigidamente liberiste, allora ovviamente in discredito, possano essere tornate in voga in un periodo di depressione quale quello degli ultimi anni '80 e degli anni '90, nel quale, di nuovo, esse hanno dimostrato la loro inadeguatezza teorica e pratica. Tuttavia questo strano fenomeno dovrebbe farci venire alla mente un grande aspetto della storia che esso esemplifica: la incredibile brevità della memoria sia dei teorici sia degli operatori dell'economia (mia nota: non solo, vale anche per giornalisti, politici e commentatori da bar/FB).
Esso offre anche una chiara dimostrazione di come la società abbia bisogno degli storici, i quali assolvono il compito professionale di ricordare ai loro concittadini ciò che questi desiderano dimenticare"
Esemplare!!!

sabato 16 agosto 2014

VENTESIMO SECOLO, L'ETA' DELLA VIOLENZA

Sto iniziando a leggere VENTESIMO SECOLO, L'ETA' DELLA VIOLENZA di Niall Ferguson, e la lettura in contemporanea con IL SECOLO BREVE di Hobsbawn può essere insieme stimolante per confrontare due punti di vista concordi sugli esiti ma divergenti sulle cause e anche fonte di confusione perchè alla fine, rischio, non capirò ne l'uno ne l'altro confondendo le analisi.
nell'introduzione scrive N.F.

"Il Novecento è stato senza dubbio il secolo più sanguinoso della storia moderna, molto più violento, in termini relativi e assoluti, di qualsiasi altra epoca. Nelle due grandi guerre che lo hanno dominato, la percentuale di morti sul totale della popolazione mondiale ha superato di gran lunga quella di ogni precedente conflitto di ampiezza geopolitica analoga. Sebbene un tempo gli scontri fra "grandi potenze" fossero più frequenti, i due conflitti mondiali non avevano eguali per gravità (numero annuo di morti in battaglia) e intensità (numero annuo di morti in battaglia per nazione). La seconda guerra mondiale è stata, sotto ogni aspetto, la peggiore catastrofe mai provocata dall'uomo. Eppure, nonostante il grande interesse suscitato negli storici, le guerre mondiali sono stati soltanto due dei numerosi conflitti bellici del ventesimo secolo. Molto probabilmente il numero di morti ha superato il milione in più di altre 10 guerre. Con cifre analoghe si è chiuso il bilancio dei genocidi o "politicidi" perpetrati contro le popolazioni civili dal regime dei Giovani Turchi durante la prima guerra mondiale, dal regime sovietico dagli anni Venti agli anni Cinquanta e dal regime nazionalsocialista tedesco tra il 1933 e il 1945, senza considerare la tirannia di Pol Pot in Cambogia. Non c'è stato un solo anno, prima, in mezzo e dopo le due guerre mondiali, che non abbia registrato episodi di violenza organizzata su larga scala in qualche parte del mondo.
Perchè?
Che cosa ha reso così sanguinoso il ventesimo secolo e, in particolare, i cinquant'anni tra il 1904 e il 1953?
La straordinaria violenza dell'epoca può sembrare un paradosso. Dopotutto, il Novecento è stato un secolo di progressi senza precedenti.
(...)
Sono tre, a mio avviso, i fattori necessari a spiegare l'inaudita violenza del venesimo secolo e il suo acuirsi in determinati momenti, specialmente negli anni Quaranta, e in determinati luoghi, in particolar modo nell'Europa centrale e dell'Est, in Manciuria e in Corea. Li riassumo come "conflitti etnici", "volatilità economica" e "declino degli imperi". Per "conflitti etnici" intento discontinuità sostanziali nei rapporti sociali tra gruppi etnici, e in particolar modo l'interruzione di processi di assimilazione in alcuni casi già piuttosto avanzati. Nel ventesimo secolo questo fattore ha trovato terreno fertile nelle teorie sulla razza, in cui stava attecchendo il principio di ereditarietà (proprio mentre stava perdendo forza in campo politico), e nella frammentazione politica delle terre di confine abitate da gruppi etnici diversi. Con "volatilità economica" definisco la frequenza e l'ampiezza delle variazioni dell'indice di crescite economica, dei prezzi, dei tassi di interesse e dell'occupazione, con tutte le pressioni  e le tensioni sociali connesse. Per "declino degli imperi"  intendo il disfacimento degli imperi multinazionali europei che dominavano il mondo all'inizio del secolo, e la sfida dei nuovi "Stati-impero" emergenti in Turchia, Russia, Giappone e Germania. Ed è anche a questo che mi riferisco quando identifico nel "declino dell'Occidente" (richiamo al suo libro Occidente) l'avvenimento più rilevante del ventesimo secolo."

Bene, queste solo le premesse, vediamo se mantiene nelle restanti 600 pagine di trattazione, l'interesse che suscita in questa introduzione.

FERGUSON: LA PRIMA GUERRA MONDIALE: IL PIU' GRANDE ERRORE DELLA STORIA MODERNA (?)

NIALL FERGUSON: LA VERITA’ TACIUTA
A pagina 238 del suo libro, al termine della rielaborazione storica politica ed economica dell’Europa (e conseguentemente del mondo) che si sta dirigendo verso l’abisso della Grande Guerra, l’autore, che manifesta di credere che questo evento non fosse ineluttabile (il sottotitolo del libro è “ La Prima guerra mondiale: il più grande errore della storia moderna”) e si pone delle domande con le conseguenti risposte derivate.
(il capitolo è lungo, Ferguson pur essendo scozzese non è avaro di parole, pubblico alcuni stralci sperando di non rendere incomprensibile il senso)

L’UNIONE EUROPEA DEL KAISER
La Gran Bretagna avrebbe potuto limitarsi a una guerra continentale? Si tratta di una possibilità che è stata del tutto trascurata dagli storici. Anche quelli che deplorano il modo in cui fu combattuta la guerra in genere trascurano questa evenienza. Eppure dovrebbe essere chiaro che questa possibilità esisteva.
(…) La tesi di fondo di Grey (ministro inglese) era che la Gran Bretagna non poteva permettere che la Germania vincesse, perché una simile vittoria avrebbe reso la Germania “padrona di tutta l’Europa continentale e dell’Asia Minore”.
Ma era proprio questo l’obiettivo della Germania? Il Kaiser era davvero un Napoleone? La risposta a questa domanda dipende ovviamente dalla risposta a un’ulteriore domanda: quali erano i veri “scopi bellici” della Germania nel 1914?
(… disserta e cerca di confutare che il “programma di Settembre” di Bethmann rappresenti il vero scopo di guerra della Germania…)
Il punto critico è che , se la Gran Bretagna non fosse intervenuta immediatamente, gli copi bellici dei tedeschi sarebbero stati significativamente diversi da quelli del Programma di Settembre. (…) I famosi “suggerimenti di natura politico-militare” di Moltke del 2 agosto dicevano la stessa cosa: l’assicurazione che la Germania “avrebbe agito con moderazione in caso di vittoria sulla Francia […]doveva essere data […]senza condizioni e nella forma più vincolante”, insieme con la garanzia dell’integrità territoriale del Belgio. (…) Quindi non sarebbe rimasto altro che le seguenti proposte:
1.Francia […]Dev’essere pagata un’indennità di guerra a rate: dev’essere sufficientemente alta da impedire alla Francia di spendere somme considerevoli in armamenti nei prossimi 15-20 anni. Inoltre un trattato commerciale che renda la Francia economicamente dipendente dalla Germania [e] assicuri il mercato francese alle nostre esportazioni […] Questo trattato deve assicurarci libertà di movimento finanziaria e industriale in Francia in modo tale che le imprese tedesche non possano più ricevere trattamenti differenziati dai francesi.
2.[…] Dobbiamo creare un’associazione economica centro –europea tramite trattati doganali comuni che includano Francia, Belgio, Olanda, Danimarca, Austria-Ungheria, Polonia e forse Italia, Svezia e Norvegia. Questa associazione non avrà alcuna suprema autorità costituzionale e tutti i membri saranno formalmente uguali, ma in pratica saranno sotto la leadership tedesca e dovranno consolidare il predominio economico della Germani sulla Mitteleuropa.
3. La questione delle acquisizioni coloniali, in cui il primo scopo è la creazione di un impero coloniale centro-africano senza soluzione di continuità, sarà considerata in seguito, così come quella degli obiettivi da raggiungere nei confronti della Russia.
4. Olanda (…) Quindi l’Olanda dev’essere lasciata indipendente all’esterno, ma dipendente internamente da noi. Si potrebbe anche considerare un’alleanza difensiva e offensiva a copertura delle colonie; in ogni caso una stretta unione doganale.
(…)
I limitati scopi bellici sopra descritti avrebbe costituito una minaccia diretta per gli interessi della Gran Bretagna? Implicavano una strategia napoleonica? Non sembrerebbe. Tutto quello che le clausole economiche del Programma di settembre (senza annessione di Francia e Belgio) pretendevano era la creazione- con ottant’anni di anticipo, bisogna dire- di un’unione doganale europea dominata dalla Germani. Anzi molte dichiarazioni ufficiali sull’argomento hanno una impressionante risonanza con la situazione contemporanea: per esempio quella di Hans Delbrueck: “Solo un’Europa che costituisca una singola unità doganale può affrontare con sufficiente vigore le risorse produttive iperpotenti del mondo d’oltre Atlantico”, o l’entusiastico appello di Gustav Mueller agli “Stati Uniti d’Europa” (una frase usata prima della guerra dal Kaise) “ che comprendano la Svizzera, i Paesi Bassi, gli stati scandivani, Belgio, Francia, anche la Spagna e il Portogallo e, tramite l’Austria- Ungheria, anche la Romania, la Bulgaria e la Turchia”
(…)
Certo, Bethmann e il suo confidente Kurt Riezler non dubitavano che questo “Impero mitteleuropeo della nazione tedesca” fosse semplicemente “la maschera europea del nostro desiderio di potenza”. Lo scopo di Bethmann, come aveva detto Riezler nel marco 1917, era: “condurre il Reich tedesco, che con i metodi dello stato territoriale prussiano [..] non può diventare una potenza mondiale […] a un imperialismo di forma europea, organizzando il continente dal centro verso l’esterno (Austria, Polonia, Belgio) attorno alla nostra leadership tacitamente accettata”
Non è il modo in cui parlano i politici tedeschi d’oggi. Ma anche messo così, il progetto europeo tedesco non era ytale da impedire alla Gran Bretagna, con il suo impero marittimo intatto, di accettarlo e di conviverci.

(…)

domenica 3 agosto 2014

NIALL FERGUSON. LE 6 "KILLER APPLICATIONS" DELL'OCCIDENTE. per iniziare

Nel libro OCCIDENTE. ASCESA E CRISI DI UNA CIVILTà, Niall Ferguson, uno stimolante storico inglese ( o forse scozzese) , analista e commentatore politico, cerca di indagare quello che ritiene "il più importante fenomeno storico della seconda metà del II millennio d.C", ovvero l'ascesa dell'Occidente dal 1500 in poi e la sua dominazione sul mondo per almeno 400 anni. Solo capendo come  è avvenuto - è il suo scopo - "individuando le vere cause dell'ascesa occidentale che possiamo sperare di stabilire con un certo grado di accuratezza quanto siano imminenti il nostro declino e la nostra caduta"

La sua intenzione è di "mostrare che ciò che ha contraddistinto l'Occidente dal resto del mondo - la fonte principale della sua potenza globale - sono sei nuove e ben precise forme istituzionali, con tutto il bagaglio di idee e di comportamenti a esse indissolubilmente associato (...)
1) COMPETIZIONE
2) SCIENZA
3) DIRITTI DI PROPRIETà
4) MEDICINA
5) SOCIETà DEI CONSUMI
6) ETICA DEL LAVORO

Competizione: intende una decentralizzazione della vita politica ed economica che ha fatto da piattaforma di lancio sia per gli Stati-nazione che per il capitalismo
Scienza: intende un modo di studiare, comprendere e trasformare il mondo naturale che ha dato all'Occidente (tra molte altre cose) un netto vantaggio militare sul resto del mondo
Diritti di Proprietà: intende lo Stato di diritto come strumento per proteggere i proprietari privati e risolvere pacificamente le loro controversie, che ha costituito il fondamento per la forma finora più stabile di governo rappresentativo
Medicina, intende un ramo della scienza che ha consentito un decisivo miglioramento della salute e dell'aspettativa di vita, prima nelle società occidentali e successivamente anche nelle loro colonie
Società dei consumi, intende un modello di vita materiale in cui la produzione e l'acquisto di vestiti e di altri beni di consumo ha un essenziale ruolo economico, e senza il quale la Rivoluzione industriale non sarebbe stata realizzabile.
Etica del lavoro:intende un'impalcatura morale e un modello di attività derivato dal cristianesimo protestante (ma anche da altre fonti), che fornisce il collante per tenere insieme la dinamica e potenzialemente instabile società prodotta dalle applicazioni 1-5

Mi sembra una stimolante base di studio e di discussione contraddittoria e dialogica. Il libro non è semplice (per me), necessaria seconda lettura.

sabato 2 agosto 2014

ISRAELE HA INTERESSE A COLTIVARE LA PAURA E L’ODIO PALESTINESE?



ISRAELE HA INTERESSE A COLTIVARE LA PAURA E L’ODIO PALESTINESE?

La nostra attenzione è concentrata, soprattutto causa la partecipazione emotiva, sull’attuale vicenda (come chiamarla? Guerra, punizione collettiva, operazione militare “margine di protezione”?) di Gaza. Guardiamo con il binocolo puntato sull’ingrandimento, ed è giusto perché se anche la più retorica della nostra indignazione e delle nostre prese di posizione, manifestazioni, raccolta firme servisse a salvare una sola vita, ne sarebbe giustificata.

Però vorrei cercare di alzare lo sguardo, togliere il binocolo e cercare di vedere la vicenda nell’arco dello svolgimento degli ultimi anni, diciamo ponendo un limite temporale significativo ancorché arbitrario, al 2005, anno del ritiro unilaterale deciso da Sharon da Gaza.

Mi pongo una domanda, ma prima di farla, mi servono alcuni dati.

Leggo random su stampa e internet, e quindi qualche informazione più essere imprecisa, che a Gaza il 43% degli abitanti ha meno di 14 anni (quindi aveva- chi è rimasto vivo – 5 anni quando Israele si è ritirata da Gaza. Una età in cui si comincia ad essere emotivamente colpiti dagli accadimenti).

In questi 9 anni leggo che:

2006 IDF lancia operazione “Piogge Estive” e nell’anno vengono uccisi 660 palestinesi (405 a Gaza) di cui 141 minori (88 a Gaza ) [23 morti israeliani]

2007 Israele taglia forniture, da cui Gaza dipende completamente, per la presa di potere di Hamas – che Israele aveva aiutato a formarsi per indebolire Fatah. Uccisi 290 palestinesi [7 israeliani]

2008 dati precedenti a operazione Piombo Fuso: 455 palestinesi uccisi (87 minori) [23 israeliani]. Non riesco a capire se in questa contabilità c’è anche il numero degli uccisi nella operazione Inverno Caldo

Per la sola operazione Piombo Fuso il numero di Palestinesi uccisi è di 1305 (secondo Israele 600) contro 10 militari di IDF e 3 civili.

Quindi i numeri di oggi drammaticamente alti ma sono solo bassi multipli e non esponenziali di situazioni che potremmo chiamare di tregua/calma/pace relativa.

Questa è macabra contabilità, che il nostro piccolo abitante di Gaza ha potuto contare (se sopravissuto) nel corso dei suoi nove anni di vita dal 2005. E’ possibile che in quella contabilità ci abbia dovuto mettere un fratello, un familiare, magari una sorellina che si è avvicinata troppo al muro ed è stata freddata da un cecchino di IDF di guardia. Magari la sua casa è stata distrutta con Piombo Fuso, ricostruita grazie ai soldi UE o del QATAR e ora di nuovo distrutta. Suo padre potrebbe essere stato un pescatore che è stato ucciso perché è andato a pescare a più di 6 miglia dalla costa (dove c’è il pesce). Oppure è stato arrestato senza accuse (detenzione amministrativa) per 6 mesi e una settimana prima del rilascio si è visto rinnovare la detenzione senza sapere per cosa.

Ho il dubbio che l’esperienza di vita di questo giovane abitante di Gaza possa fare di lui una persona pronta alla pace, alla convivenza in amicizia con gli Israeliani. Non è forse più facile che possa nutrire paura/odio verso chi dimostra di poter fare ciò che vuole di lui e della sua famiglia e che lo fa veramente?

È pensabile che le nostre candide anime possano convincerlo che in realtà tutti vogliono solo vivere in pace.

Amira Hass concludeva un suo articolo dicendo

LASCIATELI RESPIRARE, E SCOPRIRANNO CHE LA VITà E' PIù BELLA DELLA MORTE"

Incolpando i governanti israeliani di scarsa lungimiranza.



Ma, ora vengo alla mia domanda: non sarà invece che crescere un nemico alle frontiere, un nemico che odia e che ha paura di Israele sia una precisa strategia dei governanti di quello stato. Che la loro lungimiranza, facendo in conti con una superiorità economica/tecnologica/militare che appare senza fine, sia quella di avere sempre il motivo per far esplodere periodicamente la quasi inoffensiva rabbia palestinese, per poterli ricacciare indietro di qualche decennio con operazioni militari quali quella di questi giorni, e d’altra parte di non fare progredire i negoziati, per assicurarsi continuamente una massa di diseredati forza lavoro a basso costo, sperimentazione sul campo di nuove armi e nuove tecnologie, impedimento di formazione di uno stato che possa essere concorrente nella produzione agricola e nell’industria ittica? Coltivare un nemico, quindi, non potrebbe essere un calcolo preciso di Israele?