venerdì 8 ottobre 2010

L'UOMO VIENE PRIMA DI DIO

Mi ha molto colpito la vicenda della signora Shanhaz Begum, la prima mamma martire morta per aver cercato di difendere la figlia Nosheen dalla violenza dei familiari contrari alle sue scelte libere sulla propria vita sociale e affettiva. Premetto. Per me giovani donne come Hina, Sanaa e la stessa Nosheen sono "eroine dei nostri tempi". Non tanto e non solo perchè, cresciute in una cultura Islamica tradizionale, volevano abbracciate stili di vita simili a quelli di alcuni dei loro coetanei italiani. Credo che più importante fosse la loro volontà e capacità di CAMBIARE. Cioè di scegliere liberamente di porre in atto un cambiamento culturale e sociale frutto della maturazione di un percorso di crescita e confronto. Purtroppo le tappe di una evoluzione, di una liberazione sono sempre segnate dal sangue di chi si è sacrificato per compiere i primi passi sulla strada della libertà e spero che quelle giovani donne saranno ricordate come esempio quando una diversa scelta di vita potrà essere considerata riprovevole da chi preferisce seguire le forme tradizionali ma con il limite appunto che non più oltre che un'opposizione ideale possa essere messa in campo. Per me altrettanta dignità merita chi, per scelte comunque libere fa dei precetti religiosi per quanto stringenti e faticosi da rispettare la propria ragione di vita e la misura dei propri atteggiamenti, cambiando al contrario da uno stile di vita "suggerito" dalla nostra società guadente ed egoista.
Ma la scelta della signora Shanhaz Begum contiene una frattura a mio avviso ancora più forte. Riprendo da un bel articolo apparso ieri sul Sole XXIV Ore a firma di Karima Moual le ultime righe: "La madre martire per la figlia è il segnale che una piccola rivoluzione si sta facendo largo, anche con il sangue versato. E' la solidarietà e la complicità ta madre e figlie che può farci sperare in un cambiamento, a un'unione che farà la forza per aiutare queste donne a liberarsi dai padri padroni. E vivere da donne".
Concordo, ma per me la scelta, forse consapevole, forse istintiva, della signora, al contrario delle madri di Hina e Sanaa, di difendere la figlia contro il marito e il figlio che la punivano anche per motivi religiosi, significa che L'UOMO VIENE PRIMA DI DIO, L'AMORE TRA GLI ESSERI UMANI SOVRASTA I DOVERI RELIGIOSI, CHE L'UOMO E' PADRONE DELLA SUA VITA