mercoledì 30 luglio 2014

It’s Hamas’ fault - Opinion Israel News | Haaretz

Hamas is a vicious terror organization? How has it been more vicious than the IDF in this war? In that it doesn’t “knock on the roof” 80 seconds before bombing a home? That it aims its rockets at civilian populations, just as the IDF does, but less effectively? That it wants to destroy Israel? How many Israelis want to destroy Gaza? Meanwhile, everyone knows who is destroying whom.



It’s Hamas’ fault - Opinion Israel News | Haaretz

UN INTERVENTO SUL CONFLITTO ISRAELE-HAMAS PRIMA CHE SCOPPIASSE LA GUERRA

Leggere i giornali e le riviste con un po' di ritardo a volte è un beneficio perchè consente di ampliare la visione allontanandosi un attimo dal contingente drammatico.
L'articolo che ho letto questa sera appare su INTERNAZIONALE del 20 giugno ed è tradotto da +972magazine ,a firma HAGGAI MATAR (Israele) - da quanto ho visto è un magazine indipendente scritto da giornalisti israeliani e palestinesi.
E' un articolo che fa riflettere e fa porre delle domande sulle vicende, sulle reali motivazioni e sugli obiettivi degli avvenimenti di questi giorni. Non esaurisce lo spettro delle cause, e non cambia l'esito che un popolo sta subendo una tremenda punizione da due forze che lo usano come carne da cannone. Però consente di non appiattirsi sull'emotività o sulla propaganda.
Scrivevano attorno al 20 giugno:
"Le ultime operazioni israeliane in Cisgiordania vanno ben oltre il tentativo di ritrovare i tre ragazzi scomparsi il 12 giugno nella zona di Hebron (Israele sostiene che (...) sono stati rapiti da Hamas. E'un attacco politico e militare contro Hamas, perfettamente inserito nella linea del governo israeliano, che ha poco a che vedere con le ricerche dei ragazzi, anche perchè non esiste un collegamento evidente tra Hamas e il rapimento. Negli ultimi giorni le operazioni militari si sono estese a Betlemme e Nablus, nell'Area A (la parte di Cisgiordania dove l'amministrazione e la sicurezza sono affidate all'Autorità Nazionale Palestinese). I soldati hanno arrestato alcuni dipendenti di un'organizzazione benefica di Hamas, alcuni giornalisti legati al gruppo islamico e il capo del Consiglio Legislativo Palestinese. In totale sono state fermate duecento persone. I militari hanno anche sequestrato computer e armi. Le ricerche dei ragazzi si concentrano, invece, nell'area di Hebron. L'esercito e il governo di Israele hanno cambiato atteggiamento: nei primi due giorni di indagini davano la colpa all'ANP e al suo presidente Abu Mazen, ma ora l'attenzione si è spostata su Hamas. Le autorità israeliane hanno cominciato a rilasciare dichiarazioni positive sulla collaborazione dell'ANP e di Abu Mazen, senza accennare al fatto che Hamas fa parte del nuovo governo di unità nazionale palestinese.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fallito miseramente nel suo tentativo di mobilitare  il resto del mondo contro il nuovo esecutivo palestinese, che ha ricevuto il supporto della comunità internazionale e perfino un "regalo d'incoraggiamento" dell'Unione europea sotto forma di milioni di euro. Netanyahu si è trovato con le mani legate. Non poteva boicottare la nuova Autorità Palestinese e nemmeno inviare migliaia di soldati nell'Area A per arrestare i parlamentari di Hamas senza motivo. Poi è arrivato il rapimento, e le regole del gioco sono cambiate"

martedì 29 luglio 2014

CRISTIANI PERSEGUITATI. OGGI SONO ANCH'IO CRISTIANO

SIAMO TUTTI CRISTIANI.

Mi ha colpito il post di Marcello Saponaro che oggi su FB ha pubblica una notizia che fa sperare. Una giornalista musulmana irachena, Dalia Al Aqidi ha condotto una trasmissione, non so quale, sembra sulla tv Irachena portando con evidenza una croce al collo per manifestare la sua contrarietà a quanto sta accadendo nei territori occupati dall’ISIL e la sua solidarietà ai cristiani perseguitati costretti a fuggire o a pagare una tassa di sopravvivenza.
Penso sia un gesto importante, come importanti sono le sue, purtroppo non consuete e non frequenti, parole:
Poi ha rivolto le sue parole a “chi accusa gli altri d’infedeltà”: “siete voi i non credenti, gli apostati, i politeisti, voi tagliatori di teste. Io sono un semplice essere umano che difende i diritti dei figli del proprio Paese a prescindere dalla loro identità”.

“La nostra è una religione della tolleranza – ha concluso la giornalista musulmana –, ed è il fascismo islamista politico ad aver indotto i musulmani moderati come me a vergognarsi della loro religione. La paura ha portato  tanti al silenzio, ma io non starò zitta di fronte a questa ingiustizia”.
Io spero che questa notizia non sia un fake, del resto Marcello Saponaro mi sembra persona seria e attendibile. Ma anche se lo fosse, non cambia il senso profondo dell’urgenza di una presa di posizione urgenze e necessaria.
Ogni effetto ha la sua causa. I Cristiani dell’IRAQ devono sicuramente ringraziare per la loro odissea anche il Presidente degli Stati Uniti che iniziava le riunioni di governo pregando lo stesso Dio o il premier britannico che si è opportunamente convertito al cattolicesimo quando ciò non lo avrebbe più danneggiato politicamente. Ma oltre alle cause di sono anche le scelte delle persone, le visioni fascistiche delle religioni come oppressione.
Oggi io, ateo, comunista, laico, libertino e illuminista non posso non dire SONO ANCH’IO CRISTIANO manifestando la mia (inutile) solidarietà ai Cristiani di Mosul e a tutti i cristiani perseguitati nel mondo. Non c’è una classifica da fare in questi mesi da tregenda (con guerre più o meno telegeniche e meno dimenticate di altre- non voglio qui ora iniziare una discussione che sarebbe lunghissima).
Occorre però avere la forza, nella nostra debolezza di singoli cittadini, di non dimenticare nessun oppresso, di non smettere di denunciare nessuna oppressione, di saper distinguere con oculatezza e razionalità, non ideologicamente, e di non chetare neppure una flebile voce.

Ho letto belle parole scritte in questa città di Trezzo in occasione di un bel momento ecumenico. Mi piacerebbe sentire il seguito concreto di quelle belle parole con una ferma e decisa presa di posizione, parole come quelle delle giornalista Dalia Al Aqidi, pronunciate a voce alta, ferma e rappresentativa. 

venerdì 25 luglio 2014

GAZA. LASCIATELI RESPIRARE E SCOPRIRANNO CHE LA VITA è PIU' BELLA DELLA MORTE

GAZA. LASCIATELI RESPIRARE E SCOPRIRANNO CHE LA VITA è PIU' BELLA DELLA MORTE
articolo di Amira Hass apparso su Ha'artez e tradotto su Internazionale del 25 luglio
I FRUTTI DELL'INGIUSTIZIA
Non ci sono più parole per raccontare gli orrori e l'assurdità della vita dei palestinesi a Gaza, scrive Amira Hass

consiglio l'articolo e riporto le ultime due frasi

"Tutti quei cervelloni che lavorano nei servizi segreti non capiscono che sono stati gli israeliani  a creare una Somalia in Medio Oriente? L'unico modo per impedire un'escalation è aprire la Striscia, lasciare che i suoi abitanti riprendano i contatti con il resto del mondo, con la Cisgiordania, con le loro famiglie in Israele. LASCIATELI RESPIRARE, E SCOPRIRANNO CHE LA VITà E' PIù BELLA DELLA MORTE"

Vorrei aggiungere che la vita è più bella anche di altre credenze, di altre costrizioni...ma rischierei di rovinare la forza sintetica delle parole di Amina Hass. Per l'obiezione terrorismo, vale sempre il discorso che una bella vita è sempre preferibile a una bella morte. Quando c'è qualcosa da perdere lo si lascia sempre con dispiacere e ci si pensa.

martedì 22 luglio 2014

INTERNET: SVANTAGGI SIA DELLA GLOBALIZZAZIONE SIA DI UN VILLAGGIO

Bernard Williams: GENEALOGIA DELLA VERITA'. STORIA E VIRTU' DEL DIRE IL VERO

" (...)
Inoltre, Internet mostra segni di poter creare per la prima volta quello che Marshall McLuhan aveva profetizzato come conseguenza della televisione, un villaggio globale, qualcosa che ha gli svantaggi sia della globalizzazione sia un villaggio. Di certo, Internet offre alcune fonti affidabili di informazione per chi lo voglia e sappia cosa cercare, ma sostiene in maniera eguale il fondamento di tutti  i villaggi, il pettegolezzo. Internet costruisce luoghi di incontro che proliferano e sono dediti al libero e non strutturato scambio di messaggi che comunicano una varietà di tesi, fantasie e sospetti, divertenti, superstizioni, scandalosi o maligni. Le possibilità che molti di questi messaggi possano essere veri sono basse e la probabilità che il sistema stesso possa aiutare qualcuno a individuare quelli veri è ancora più bassa. Sotto quest'aspetto, la tecnologia postmoderna può averci fatto ritornare dialetticamente a una versione trasformata del mondo premoderno e le possibilità di acquisire credenze vere attraverso mezzi del genere, tranne per chi abbia già le conoscenze necessarie ad imporre loro una guida, sono molto simili a quelle diffuse nel Medioevo. Allo stesso tempo, la natura globale di queste conversazioni rende la situazione peggiore che in un villaggio, ove almeno si potrebbe incontrare e forse essere costretti ad ascoltare alcune persone che hanno opinioni e ossessioni differenti. Come hanno mostrato alcuni critici di Internet preoccupati per il futuro della discussione democratica, Internet rende facile a un numero molto ampio di estremisti, che una volta erano isolati, ritrovarisi insieme e parlare solo tra loro
(...)"

mercoledì 16 luglio 2014

IL NOSTRO POTENZIALE FERTILIZZANTE

qualche riga del racconto di Ermanno Cavazzoni apparso su DOMENICA del SOLE 24 ORE del 6 aprile

"Crematemi e spargete le ceneri al vento", qualcuno oggi dice; anzi molti lo dicono, con l'idea di mescolarsi per sempre al panorama. E anche, io credo, per l'orrore di venire chiusi sigillati in quegli scafandri di alluminio che sono le bare, saldate con la fiamma ossidrica; la Chiesa dovrebbe protestare, perchè mi risulta che fra i suoi dogmi ci sia ancora la resurrezione dei morti; ma un morto quando risuoneranno le trombe del giudizio non avrà la forza di rompere il metallo saldato, e picchierà da dentro invano, "Aprite!". Tutta la gente dl secolo venti non si presenterà al giudizio: il Papa se n'è reso conto? che tutti costoro saranno chiusi dentro l'alluminio a battere per l'eternità?
(...)
Ma c'è chi dice: "Mettetemi in terra e piantateci un albero". "Che albero?" chiedono gli eredi. "Un albero di ciliege", perchè uno spera che i nipoti mangino poi le ciliege e lui torni a vivere in loro, nel senso che i nipoti mangiando una ciliegia diranno "Ah, com'è buono lo zio! Assaggiatelo!" e metteranno il resto di ciliege in mezzo alla tavola "C'è lo zio, ragazzi! Appena raccolto!"
(...)

Il racconto prosegue molto divertente.
Io ho chiesto ad Antonella di essere cremato e che le mie ceneri siano sparse dal promontorio di Capo Nord, in Norvegia. Segno indiscutibile di essere un gran rompi... anche da dopo morto. In realtà, le dico, a me basta l'idea che le mie ceneri siano sparse da Nordkapp, dopo morto, c'è il nulla, e il primo cestino dell'umido vale tanto quanto.
Non so spiegare bene perchè proprio Nordkapp. Forse è stato il primo nostro viaggio da soli, un viaggio lungo, faticoso, entusiasmante, con la vecchia Sierra e l'Air Camping. Forse Nordkapp da l'idea della fine della strada (non sono mai stato nella Terra del Fuoco... per ora). Ci sono molti posti nel mio cuore, la Germania, l'Islanda, il Giappone, la Scozia.... ma il fascino della Norvegia e del promontorio di Capo Nord (che di tutta la Norvegia forse è il posto scenograficamente più banale, ma simbolicamente più entusiasmante) è scolpito imperituramente (avverbio un po' contraddittorio in questo contesto ) in me.

domenica 13 luglio 2014

BIG DATA. PRIVACY BY DESIGN NEI BIG DATA EUROPEI

Da NOVA SOLE24ORE DEL 21 LUGLIO 2013
Articolo di DIno Pedreschi e Fosca Giannotti

Siamo tutti pollicini digitali, seminiamo le briciole (digitali) dietro di noi. I nostri desideri, opinioni, stili di vita, movimenti, relazioni sociali lasciano traccia attraverso il web, gli smartphone, il bancomat. E giorno dopo giorno, le nostre briciole diventano una valanga di BIG DATA, nuovi strumenti per capire la società e prevedere crisi economiche, epidemie, diffusione di opinioni, distribuzione di benessere, povertà, risorse energetiche. Social mining, per accelerare la conoscenza e migliorare la qualità delle nostre decisioni come singoli cittadini, istituzioni, imprese.
Da questo bendidio, però, a trarne beneficio finora sono i "latifondisti della conoscenza": i giganti del web che dai dati scoprono i nostri profili per il loro business, il marketing personalizzato; le agenzie di sicurezza dei governi, che ci spiano per scoprire potenziali terroristi.
Poco beneficio ricade, finora, sulla gente comune, che pure le briciole le produce. Le potenzialità dei BIG DATA come bene pubblico non sono percepite dalle persone che invece leggono i BIG DATA come sorveglianza, controllo sociale, intrusione nella sfera personale, mancanza di trasparenza. E quindi si fidano poco. Eppure questa situazione non è ineluttabile. Un'altra strada è possibile, basata sulla partecipazione. Democratizzare i BIG DATA. Seguendo due linee di attacco.
Primo, liberare la potenza dei BIG DATA con la privacy-by-design. La tecnologia è già disponibile, si tratta di abituarsi a soppesare due interessi legittimi che possono entrare in conflitto: il diritto al rispetto della sfera personale e il diritto di accedere alla conoscenza come bene comune. La buona notizia è che nella gran parte di usi statistici dei BIG DATA si può avere capra e cavoli: privacy a braccetto d'informazione di qualità.
Seconda linea di attacco, new deal sui dati personali: porre la persona al centro dell'ecosistema dei BIG DATA, padrone delle sue briciole. Se ciascuno ha la possibilità di integrare i propri dati ed estrarne migliore conoscenza di sé, allora parte un'altra storia. Allora ciascuno capisce il valore dei BIG DATA, vedendosi riflesso nello specchio digitale, e può decidere di partecipare al gioco, condividendo parte della propria conoscenza per migliorare i servizi che trova utili e di cui si fida.

COSI' E' SE VI PARE... LA GUERRA E LA PROPAGANDA. E L'INFORMAZIONE?

Due pezzi trovati su Facebook che scrivono di come "si parla" degli avvenimenti di Gaza, della punizione collettiva che Israele ed Hamas stanno infliggendo alla popolazione palestinese, con opposti metodi e con obiettivi non detti.
Pezzi un po' lunghi, ma un po' di pazienza non guasta.
Il primo pezzo accusa i principali quotidiani italiani di essere filoisraeliani, il secondo di essere filopalestinesi, entrambi accusano i giornali di non essere obiettivi. Non sono riuscito a capire se si analizzano gli stessi giornali, se almeno uno di essi "il giornale moderato" sia il Corriere della Sera. E' comunque un confronto "Interessante"



Il ruolo dei media nella formazione di una posizione politica

Guardatela bene questa prima pagina del Corriere della Sera di ieri, giovedì 10 luglio. Non è nè ingenua nè approssimativa, tantomeno ricerca una finta equidistanza. E’ una pagina apertamente schierata, ma nella maniera intelligente, pervicace, strisciante, che lascia spazio a interpretazioni mettendo a segno tutti gli obiettivi politici che si propone. Che confluiscono tutti, in buona sostanza, nell’orientamento dell’opinione pubblica volto a giustificare, in questo caso, la politica di guerra israeliana in Palestina.

Dopo giorni di guerra e più di cento palestinesi morti sia a Gaza che in Cisgiordania (gli unici morti di questa aggressione) il titolo è costruito attorno ad un controsenso fuorviante: è Israele che chiede ad Hamas di fermarsi. Automaticamente, il lettore medio, poco informato, che molte volte non va al di là del titolo e che costituisce la stragrande maggioranza dei lettori di quotidiani, sarà portato a credere come sia Hamas, cioè la Palestina, che sta attaccando Israele, e non il contrario come effettivamente sta avvenendo. Nell’occhiello sopra il titolo, poi, l’apoteosi: “Ancora razzi sulla città. Peres: basta lanci o siamo pronti all’invasione”, rafforzando il concetto inesistente che siano i palestinesi a bombardare Israele e non il contrario, e come Israele stia tentando in tutti i modi di evitare un’aggressione che, se ci sarà, sarà determinata esclusivamente dall’atteggiamento palestinese. Nel sottotitolo continua l’opera di ri-costruzione ideologica dell’evento: “A Gaza 50 morti. Gli integralisti: puntiamo alla centrale nucleare”. L’unica concessione a ciò che sta accadendo realmente in Palestina sarebbe quel riferimento ai morti di Gaza. Messa così, però, è a dir poco fuorviante. Al di là dei morti, che in questi tre giorni hanno superato quota cento, nessuno specifica che i morti sono solo palestinesi, e il lettore medio di cui sopra, quello che non ha un’idea chiara di dove sia Gaza e soprattutto da chi sia amministrata, sarà portato a credere che i morti siano di ambedue le parti, avvalorando l’ipotesi della guerra fra due Stati o due popoli e non quella dell’aggressione unilaterale, come effettivamente sta avvenendo. Per completare l’opera di revisione della realtà, il piccolo trafiletto messo a spiegazione del titolo. Ecco un passaggio significativo: “Gli attacchi sulla Striscia hanno provocato almeno 50 morti, mentre su Israele sono stati lanciati 220 razzi, anche a lunga gittata”. Anche qui l’equiparazione delle responsabilità in campo è assolutamente sviante. I “220 razzi palestinesi” non hanno provocato neanche un ferito israeliano. E questo non per la temibile difesa anti-missile dello Stato ebraico, ma per l’assoluta inutilità dei cosiddetti razzi palestinesi, che finiscono tutti nelle campagne alle periferie delle città più prossime alla striscia di Gaza. Tutto questo viene paragonato ai cinquanta morti palestinesi, in un gioco a somma zero dove l’aggredito viene scambiato per l’aggressore.

Non è da meno Repubblica, a conferma della sostanziale unità d’intenti e di visione politica fra i due giornali, artificialmente contrapposti da chi ha interesse a conservare quote di lettori inebediti dal voyeurismo anti-berlusconiano. Anche per il giornale di De Benedetti il problema sono “i razzi di Hamas”, che starebbero nientemento sfiorando delle centrali nucleari. Nessuno che ponga l’accento sui morti palestinesi, gli unici morti di questa aggressione. Anche qui è Israele, per bocca di Peres, che “chiede ai palestinesi di fermarsi”. Altrimenti, con la morte nel cuore e avendo avuto cura di ricercare tutte le possibili mediazioni, sembrano dirci i dirigenti sionisti, “saremo costretti ad invadervi”. Non volevamo, ma ci avete provocato ripetutamente, non possiamo farne a meno. L’idea generale che producono questi titoli e questa visione della storia nel “lettoremedio” è facilmente intuibile, e infatti fortemente ricercata. Poco importa che a pagina 16 poi verrà stilata una rassegna dei fatti “più equilibrata”, dove al resoconto giornalistico verrà affiancato il commento di qualche arabo per pareggiare la versione sionista: il gioco è fatto, e per la formazione dell’opinione pubblica un titolo di giornale in prima pagina è più importante di cento commentatori arabi nelle pagine interne. Questo gli editorialisti e i loro mandanti lo sanno bene, e continuano a giocare su questo fatto. Entrando ieri nella redazione del “giornale” gratuito “Metro”, la prima risposta del direttore è stata appunto questa: “ma io il giorno dopo, nella risposta ad una lettera a pagina 8, dicevo che c’erano anche i morti palestinesi da piangere, non solo quelli israeliani”. Non crediamo ci sia bisogno di aggiungere altro.

Chiudiamo questa breve rassegna del giornalismo filo-sionista con questa pagina, sempre del Corriere della Sera ma del giorno prima, mercoledì 9 luglio. Nell’introduzione del pezzo di Davide Frattini, ecco apparire un’altro dei metodi di svilimento della controparte palestinese volta alla costruzione di una empatia (e di una sim-patia) verso la causa israeliana. “E’ guerra tra Israele e Hamas”. Questo modo di riportare la notizia, fintamente equidistante, in realtà cela già la scelta di campo, e mira ad influenzare non tanto il lettore cosciente, ma quello appunto medio. Da una parte c’è uno Stato, magari criticabile ma formato da istituzioni credibili e riconoscibili, Israele. Dall’altra non c’è la Palestina o i palestinesi, ma Hamas. E Hamas non viene descritta come il legittimo, ancorchè criticabile, governo di una parte del territorio palestinese, ma “la fazione palestinese al potere a Gaza”. Il proseguo del pezzo è un capolavoro d’arringa politica mascherato da giornalismo: “Il sistema missilistico difensivo dello Stato ebraico ha evitato che Gerusalemme e Tel Aviv fossero raggiunte dai razzi lanciati dalla Striscia, colpita a sua volta: 19 i morti”. Dunque, i razzi palestinesi non hanno prodotto alcun morto, nè feriti, nè alcun danno a edifici, mentre l’attacco israeliano ha fatto 19 morti. A nessuno viene in mente di descrivere quei razzi palestinesi come la risposta ad un attacco, quello israeliano, che continua a mietere vittime. L’attacco è sempre e solo quello palestinese, la risposta sempre e solo quella israeliana. Avremmo mai potuto leggere questa stessa notizia messa in questo modo: “E’ guerra tra la Palestina e Likud, la fazione israeliana al potere a Tel Aviv. Colpita la Palestina con 19 morti, mentre a Tel Aviv il sistema missilistico difensivo della fazione israeliana ha evitato che Gerusalemme e Tel Aviv fossero raggiunte dai razzi lanciati dalla Palestina” ? No, sarebbe impossibile, perchè prevederebbe un giornalismo anti-sionista (e non anti-israeliano, come vorrebbero farci credere i commentatori sionisti). E questa visione del mondo, che nei fatti della Palestina è così semplice smontare, viene ripetuta per ogni altro evento di politica internazionale. Il racconto mediatico di determinati fatti avviene sempre da un punto di vista politico. Quello dei due giornali menzionati è il punto di vista sionista, imperialista, neoliberista, tanto nel racconto del conflitto arabo-israeliano quanto nella narrazione di tutti gli altri fatti di politica internazionale. E’ sempre bene tenerlo a mente.

11 luglio 2014
Senza Soste
tratto da http://www.militant-blog.org/

http://www.senzasoste.it/media-e-potere/il-ruolo-dei-media-nella-formazione-di-una-posizione-politica

Le bizzarre interpretazioni dei giornali italiani secondo Pierluigi Magnaschi, già direttore dell'Ansa, ora direttore dei quotidiani Italia Oggi e MF/Milano Finanza

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori pubblichiamo il commento di Pierluigi Magnaschi, già direttore dell’Ansa, ora direttore dei quotidiani Italia Oggi e MF/Milano Finanza.

Quando scoppia una guerra fra due paesi, spesso le colpe sono di tutti. Ma, quasi sempre, c’è un paese che ha più colpe dell’altro. E capire chi ha meno colpa significa anche valutare politicamente la natura del conflitto. Da questo punto di vista, però, i media italiani non contribuiscono certo a far chiarezza. Anzi, spesso, intorbidiscono le acque. Basta una parola, ad esempio, per confondere tutto. Dai tg italiani si sente ogni giorno che Hamas ha lanciato dei «razzi» dalla Striscia di Gaza su Israele.

Se le parole italiane hanno ancora un significato, i «razzi» sono delle simpatiche quisquiglie che si sparano in occasione di una festività patronale per stupire gli spiriti semplici con botti fragorosi ma anche inoffensivi e una cascata di luci policrome nel blu delle notti profonde. Quelli lanciati dalla Striscia di Gaza non sono quindi dei «razzi» ma dei «missili» veri e propri. Per di più, a lunga gittata (essi sono arrivati, per la prima volta, fino a Tel Aviv) e sono armati di testate esplosive concepite per uccidere e distruggere.

Hamas, con i suoi missili, si sta proponendo addirittura di distruggere la centrale nucleare israeliana di Dimona (che, se colpita, provocherebbe effetti collaterali impressionanti). Su questa centrale, Hamas, in sole 24 ore, ha sparato ben sette missili. Per fortuna questi ultimi sono stati intercettati e distrutti in volo dal sistema antimissili israeliano. Non hanno quindi provocato problemi di disseminazione nucleare (Chernobyl dice qualcosa?), non perché Hamas non si ponesse questo obiettivo, ma solo perché il sistema antimissilistico israeliano, questa volta, ha funzionato.

BIG DATA. UN INTERVENTO DI LUCA DE BIASE

sul Nova24, inserto del SOLE24ORE.
Luca de Biase (rubrica Crossroads) QUANDO QUANTITA' DIVENTA QUALITA'

"(...)
L'abbondanza di dati non risolve il problema della conoscenza. La scelta, l'elaborazione, la narrazione restano i passaggi chiave. Le tecnologie generano BIG DATA, ma è il pensiero critico che li trasforma in strumenti per decidere. La forza dei dati emerge solo con la forza delle domande che si pongono ai dati e al metodo col quale vengono trattati. E' l'approccio di Enrico Giovannini in "Scegliere il futuro. Conoscenza e politica al tempo dei Big Data" ed. Il Mulino  (un libro da leggere- nota personale)
(...)
Può sembrare paradossale, ma la grande quantità di dati si traduce in una nuova qualità delle domande. E indicatori più selettivi con dati abbondanti danno risultati migliori"

sabato 12 luglio 2014

PAOLA MASTROCOLA: RIFLESSIONI SUI TEMI DI MATURITà

PAOLA MASTROCOLA: RIFLESSIONI SUI TEMI DI MATURITà
Stralci dall’intervento sul LA DOMENICA DEL SOLE 24 ORE del 29 Giugno.  Spero che gli estratti non pregiudichino il senso dell’intervento di Mastrocola.
Generalmente ciò che scrive e le idee che esprime questa scrittrice non mi piace, però per la terza volta, con una certa preoccupazione, trovo affinità, o perlomeno un piacevole disturbo alla pigrizia mentale,  con il suo discorrere.
“ (…)
Scorriamo i titoli, gli argomenti, per la prova di italiano di quest’anno: la tecnologia pervasiva, le città e le periferie fragili, il senso del dono, violenza e non-violenza, le nuove responsabilità (il clima e lo sviluppo) una poesia di Quasimodo, l’Europa negli ultimi cento anni.
Un tema letterario e un tema storico. Per il resto, i temi consueti del consueto dibattito d’attualità, i temi politici, sociologici, ambientali, etici, normalmente ospitati nei talkshow e sui giornali, in linea con il politicamente corretto cui siamo abituati. Tutto sommato, un invito agli studenti a mostrarsi conformi agli stereotipi dominanti. Una sottile istigazione al conformismo. E al discorso generico, fumoso, per forza intriso di sentito dire e luoghi comuni.
E adesso guardiamo le percentuali. (…)Solo il 4% ha scelto Quasimodo, e solo un altro 4% la storia d’Europa.
Hanno vinto i temi dell’attualità. (…) Temi per cui non è necessario uno studio approfondito, né la padronanza di competenze specifiche  (qui, per eccesso di vis polemica o forse per l’antico vizio italico di non considerare la competenza scientifica, per me Mastrocola sbaglia in pieno. E’ vero che si può cincischiare con luoghi comuni, ma questo non vuol dire che così facendo si fa bene. Le tematiche proposte richiedono competenze scientifiche o conoscenze storico/letterarie precise – e pure precisione linguistica- per essere sviscerate con pienezza critica. Mastrocola nel suo manicheismo volge il discorso dove le fa comodo, ma è imprecisa tanto quanto presume lo siano i suo nemici – del ministero, di una parte della società che manifesta attenzione verso le problematiche attuali). Basta avere opinioni, orecchiare qua e là, collegare i brani fotocopiati e confezionare un discorso sull’onda degli stereotipi da mass-media. Dopo cinque anni di scuola superiore noi diciamo ai nostri ragazzi: va be’, non importa cosa avete studiato e cosa sapete, vediamo un po’ che opinione vi siete fatta su alcuni temi caldi della nostra società.
4 studenti su 100 hanno scelto la poesia. Mi torna. (…) Abbiamo reso estranea la poesia. (Da notare che quando Mastrocola usa la prima persona plurale è palese e chiarissimo che in realtà parla in 2°pl o 3° pl – meglio seconda perché credo che lei abbia ben chiaro quali sono i suoi nemici). Ci siamo riusciti, in pochi anni. Secoli, millenni di poesia che, grazie al nostro operato, decadono, precipitano negli abissi del nulla. (…) Solo la scuola, unico luogo di una qualche timida resistenza, insiste nel dare ancora qualche assaggio di poesia. Ma sempre meno, sempre più stancamente perché non si può per anni continuare a parlare nel deserto. Lo si può fare per un po’, ma non per anni. (…)
L’intervento, che suggerisco di recuperare, continua con una invettiva contro la falsità dei politici che dicono di voler preservare la risorse per la cultura e un inno alla forza rivoluzionaria della cultura umanistica fondata sulla sua “inutilità”.

Come sempre quando la leggo trovo in Mastrocola qualunquismo reazionario mescolato a profonde e sentite denunce… del qualunquismo altrui. Rimane, spesso, non sempre, una valida stimolatrice contro la pigrizia intellettuale.

venerdì 11 luglio 2014

GRAZIE ALL'ILLUMINISMO SULLE MACERE DELLE GUERRE DI RELIGIONE E' SORTO IL LINGUAGGIO COMUNE DELL'UMANITA' IN CUI TUTTI OGGI CI RICONOSCIAMO

GRAZIE ALL'ILLUMINISMO SULLE MACERE DELLE GUERRE DI RELIGIONE E' SORTO IL LINGUAGGIO COMUNE DELL'UMANITA' IN CUI TUTTI OGGI CI RICONOSCIAMO

Trascrivo alcuni stralci a mio avviso interessanti dell'articolo di VINCENZO FERRONE su la DOMENICA DEL SOLE 24 ORE del 6 luglio.

"La soluzione dell'enigma dell'Illuminismo sta per larga parte racchiusa nella scoperta e nella sua appassionata lotta a favore dei diritti dell'uomo
...
Solo negli ultimi decenni, con la nuova storia culturale, è balzato in primo piano il tema dell'Illuminismo come originale tentativo di costruzione di un nuovo umanesimo dei moderni, di una straordinaria rivoluzione culturale dell'Antico Regime destinata a condizionare ancora il nostro presente.
...
La terribile guerra civile e religiosa durata oltre due secoli, dal Cinquecento ai primi del Settecento, che coinvolse con i suoi orrori e le sue stragi milioni di persone in tutto il continente, rappresenta senza dubbio il cuore stesso della risposta. Quel dilaniarsi senza pietà tra protestanti e cattolici non solo aveva spaccato per sempre la cristianità e la sua idea unitaria di verità, rafforzando la corrente degli scettici e creando odi inestinguibili in quanto teologici, ma soprattutto metteva definitivamente in crisi l'antica concezione che senza religione non vi era comunità umana possibile, né civiltà. Senza Dio "tutto è permesso?" si chiedeva angosciato Dostoevskij, e Nietzche andava ben oltre, scrisse "ai miei occhi non c'è nessuna idea più grande della negazione di Dio. che cos'è la storia dell'umanità? L'uomo non ha fatto altro che inventare Dio per non uccidersi".
La guerra civile  e religiosa mise in chiaro che quell'invenzione stava fallendo ovunque.
...
La creazione di una nuova morale razionale e universale basata sui diritti, l'educazione all'umanità attraverso il superamento dell'antico nesso tra morale e religione some principio fondatore della convivenza civile... divennero infatti i veri obiettivi degli illuministi.
(...)"

martedì 8 luglio 2014

8 LUGLIO. TREZZO SULL'ADDA LE CONDIZIONI DEL PONTE SULL'ADDA DOPO UNA PIOGGIA PIU' FORTE ...

Non è la prima volta che trovo il ponte sul fiume in queste condizioni dopo una pioggia più forte del normale. Mi chiedo se sia tollerabile, visto che il fenomeno non è una sorpresa ma si ripete, e se non sia anche pericoloso



lunedì 7 luglio 2014

PERCHE' NON POSSIAMO NON ESSERE ILLUMINISTI. LA LEZIONE DEI LUMI - UNIVERSALISTI NON NAZIONALISTI

Articolo di Sergio Luzzato su DOMENICA DEL SOLE 24 ORE per presentare il libro di VINCENZO FERRONE: Storia dei diritti dell'uomo. L'Illuminismo e la costruzione del linguaggio politico dei moderni

"Una quantità considerevole di popolo che abita una certa estensione del Paese, racchiusa entro determinati confini,e che obbedisce al medesimo governo": nell'Encyclopédie di Diderot e d'Alembert, questo si legge alla voce "Nazione". Senza una parola di più sulla storia, sulla cultura, sulla lingua, sulla religione. Perchè (ha notato Zeev Sternhell, il grande studioso israeliano di storia delle idee) la concezione illuministica della nazione era fondata sul rigetto di quanto oggi variamente si definisce l'"identità" e/o la "comunità".
Gli enciclopedisti peroravano la causa non del comunitarismo, ma dell'universalismo. Non di una società intesa quale corpo, organismo vivente, ma di una società intesa quale insieme aritmetico, sommatoria di cittadini. Non di un'autorità fondata su Dio, cioè sul sacro, ma di un'autorità fondata sulla democrazia, cioè sul profano. Non di un individuo definito per ciò che lo separa , ma di un individuo definito per ciò che lo unisce agli altri esseri umani. Ed è esattamente per queste ragioni che- da due secoli e mezzo in qua - l'Illuminismo ha prodotto un cospicuo movimento di reazione critica.
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Perchè scommettendo tutto sui meriti dell'universalismo, i Lumi hanno scommesso tutto sui diritti dell'uomo.
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le fondamenta di una moderna ideologia dei diritti nell'uomo: le origini profonde della scommessa illuministica in un individuo autonomo e maturo, libero da ogni dipendenza confessionale, fabbro di un suo (per quanto complicato) destino di progresso.

giovedì 3 luglio 2014

ISTANBUL. AYA SOFYA ( 2° gruppo di fotografie)

Ecco il secondo gruppo di fotografie scattate nella basilica di Santa Sofia a Istanbul
 







 


 

 

ISTANBUL: AYA SOFYA

La Basilica di Santa Sofia è stato il primo posto visitato ad Istanbul nelle nostre brevi vacanze. Per la forma, per le ricchezze artistiche, per l'alone di esoticità (richiama contemporaneamente la Bisanzio romana, il Cristianesimo, la Turchia Ottomana e la svolta laica di Ataturk), è una meta imprescindibile.
Pubblico qualche fotografia che Marco ha scattato al suo interno, purtroppo parzialmente nascosto da lavori di ristrutturazione.














mercoledì 2 luglio 2014

LE NOSTRE IDEE ETICHE - da Genealogia della verità di Bernard Williams

Nelle prima pagine di questo libro di Bernard William trovo questo assunto.
E' molto interessante e stimolante, ma la lettura di questo libro è probabilmente una sfida eccessiva. Si procede con molta fatica. Vedremo

"Le nostre idee etiche sono un deposito complesso di molte tradizioni e forze sociali differenti ed esse stesse sono state modellate da rappresentazioni autocoscienti di tale storia. Tuttavia, in qualche misura l'impatto di questi processi storici viene celato dalle maniere in cui le idee da loro prodotte considerano se stesse. La ragione più generale di questo è il fatto che probabilmente un resoconto storico rivelerà una radicale contingenza nelle nostre concezioni etiche attuali. Non solo esse avrebbero potuto essere differenti da quel che sono, ma in aggiunta i mutamenti storici che hanno portato ad esse non sono connessi a tali idee in modi ovvi, tali da difenderle nei confronti di possibili rivali. Può sembrare
 che questo senso della contingenza sia in tensione con qualcosa che viene richiesto da queste medesime idee etiche, vale a dire il riconoscimento della loro autorità. In questo caso la tensione viene aggravata da una caratteristica dei moderni sistemi di etica, il fatto che essi tentano di combinare autorità e trasparenza e, nel mirare alla trasparenza - un fine che è parte della loro particolare cura nei confronti della veridicità -, questi sistemi di etica incoraggiano a riflette anche su di loro, a riflettere in uno stile di pensiero che ne rivela la contingenza. Tutto questo significa che ci può essere qualcosa di poco compiacente, irrispettoso o critico nei resoconti genealogici"


GRATTANDO IL GHIACCIO AD ISTANBUL. SCENE DI RIMOZIONE FORZATA






Uno dei momenti più divertenti ci è capitato poco dopo la visita della Suleymaniye Camii.
Usciti dal lato dei ristorantini che attorniano la Moschea ci stavamo dirigendo verso Eminonu, quindi scendendo dal colle.
La strada, come al solito trafficata, era una via a senso unico. Abbiamo colto, nei pressi di una curva della stessa, un po’ di trambusto, e abbiamo visto un carro attrezzi con un’auto sul pianale, inseguito da una persona a piedi. Approfittando del traffico l’uomo ha raggiunto il carro attrezzi e dopo poco questo ha scaricato, con notevole velocità l’auto per riprendere il giro dell’isolato. Probabilmente il malcapitato aveva pagato la multa cash per la colpa di aver parcheggiato sul marciapiede destro della via (assieme a molti altri concittadini, occorre dire). Incuriositi ci siamo fermati e abbiamo visto un vigile urbano che passava in rassegna le auto e un nuovo carro attrezzi arrivare al seguito.
Una coppia che stava pranzando ha velocemente lasciato il tavolo e l’uomo della coppia è salito in macchina e ha abbandonato ristorante e piatto fumante per portare al sicuro l’auto mentre la signora rimaneva un po’ perplessa (avrà ricominciato a mangiare?). IL vigile procedeva senza letteralmente guardarsi indietro (tanto che nel posto lasciato dal digiunatore si è tranquillamente fermata una nuova auto).
Ma lo spettacolo era vedere con che velocità e poco riguardo l’attrezzista e il vigile caricavano le auto per attuare una rimozione forzata.
Marco con il suo iPhone ha filmato le scene. Posso postare in due spezzoni la ripresa di uno dei carichi.
Il divertimento, un po’ parassitario è vero, era aumentato pensando al resto della megalopoli. Perché a Istanbul sembra che ciascuno faccia, che sia muoversi, parcheggiare, esporre merci, salire sui mezzi pubblici o acquistare un biglietto, come gli pare, in un ordine caotico, come se l’intera popolazione si muovesse senza un ordine preciso ma, caricati tutti della stessa polarità, riuscissero a non scontrarsi mai (provare ad attraversare una strada o percorrere una via commerciale per verificare).
E allora perché in quel tratto di via si applica quel rigore che sembra contrastare con il resto della città, dove la forza pubblica sembra più attenta a controllare possibili manifestazioni di dissenso con ingenti e incutenti timore presidi di polizia armata?
Tra l’altro, ammetto che è una impressione di 10 minuti di osservazione, quindi probabilmente falsata dall’attenzione al particolare che fa sfuggire il generale, il poliziotto urbano procedeva unidirezionalmente, quindi negli spazi vuoti alle spalle altre auto si fermavano apparentemente in modo impunito.