sabato 29 marzo 2014

CHI SENTE LA PROPRIA SENTENZA

continuo a postare stralci di GLI INNAMORAMENTI di J.Marias. E' un libro "provocatore" e scomodo, come vedo anche dai pochi commenti agli stralci che posto. Fa discutere.

... o come chi sente la propria sentenza o quella dell'essere più amato e non vuole crederci e nello stesso tempo in cui l'ascolta la nega e si dice che non è possibile, che tutto quello non sta succedendo, che non sta sentendo quello che invece sta sentendo e che non è accaduto quello che invece sta accadendo...

ALBERTO KRALI. TUTTO QUESTO E' COLPA DI CHI? DELL'EUROPA O DELLA NOSTRA ARRETRATEZZA?

ALBERTO KRALI. QUEST'ITALIA INCAPACE ANCHE DI SPENDERE- Eco di Bergamo del 29 marzo 2014

Ora, tutto questo è colpa di chi? Dell'Europa o della nostra arretratezza? E' il quesito che si pone in vista delle elezioni europee di maggio. Ma se i rifiuti ancora assediano città come Napoli e Palermo è colpa di Bruxelles? Se ogni giorno si legge sui giornali di un politico indagato o condannato, è colpa degli eurocrati? Se a Milano, non a Catanzaro, un assessore regionale è in combutta con la 'ndrangheta è colpa di Berlino? Se l'ex presidente della Regione Lombardia è rinviato a giudizio, se il suo collega a Reggio Calabria, condannato per un buco da 87 milioni nel bilancio comunale quando era sindaco del capoluogo calabro, deve dimettersi, è colpa della magistratura e di tutti quei giudici che in Europa condannano l'Italia? Se i consiglieri regionali si comprano i bermuda verdi e si fanno rimborsare i soldi dalle tasche dei cittadini è colpa dell'Euro?

ALBERTO KRALI. E' TEMPO DI USCIRE DALLA PALUDE

Alberto KRALI. " Quest'Italia incapace anche di spendere". ECO DI BERGAMO del 29 marzo 2014

E' tempo di uscire dalla palude e di far crescere una generazione che colga nell'impegno pubblico la responsabilità del bene comune. Ecco perché l'Europa è la nostra carta.

venerdì 28 marzo 2014

PER ME CIVILTA' SIGNIFICA... LE OPERE D'ARTE NON BASTANO

Niall Ferguson: OCCIDENTE

Per me, civiltà significa anche, se non soprattutto, condutture fognarie e archi rampanti, perchè senza un efficiente sistema fognario le città diventano trappole mortali, in cui fiumi e pozzi si trasformano in ricettacoli di batteri, come quello del colera
...
Il successo di una civiltà non si misura esclusivamente nelle sue realizzazioni estetiche ma anche, e certamente in modo ancora più decisivo, nella durata e nella qualità della vita dei suoi cittadini
... Possiamo stabilire con una certa sicurezza il reddito pro capite di molte popolazioni durante il XV secolo, o la loro aspettativa di vita. Ma che ne sappiamo delle loro comodità? Della loro igiene? Della loro felicità? Quanti vestiti possedevano? Quante ore dovevano lavorare? Quali cibi potevano permettersi con il loro salario? Le opere d'arte possono fornirci numerosi indizi in proposito, ma non bastano per dare una risposta a queste domande.

Questo brano di Ferguson mi fa porre la domanda: Quali risposte alle domande sopra scritte, riferendosi alla storia di Trezzo, ci può dare la quadreria Crivelli, che sembra, leggendo gli atti del comune, riprodurre il "gusto del collezionista"? E quindi di cosa ci arricchisce, noi trezzesi e chi la visita forestiero, nel conoscere la vera vita?
C'è chi dice che è un gioiellino e chi ne è delusa. Probabilmente dal punto di vista estetico sono entrambe valutazioni soggettive e corrette. Ma non è un affare privato, quindi chiedo a chi l'ha vista: ci dice qualcosa dei Trezzesi nostri avi?

NESSUNO DEVE OFFENDERSI CHE QUALCUNO SI ACCONTENTI DI NOI, IN MANCANZA DI CHI ERA MIGLIORE

J.MARIAS: GLI INNAMORAMENTI

Quella notte vedevo come unico colpo di fortuna reale e possibile che Luisa morisse, e che al suo sparire e al non costituire più l'obiettivo, la meta, il trofeo lungamente desiderato, a Diaz-Varela non restasse altra possibilità che vedermi davvero e rifugiarsi in me.
Nessuno deve offendersi che qualcuno si accontenti di noi, in mancanza di chi era migliore.

mercoledì 26 marzo 2014

LA RAGNATELA DEI MANDARINI

Corriere della Sera 26 marzo 2014
"Fondo" di Daveri e Giavazzi

righe conclusive

...
Insomma, se non si cambia radicalmente la cultura dei funzionari pubblici le riforme non si fanno, e se anche si fanno difficilmente verranno attuate. Lasciare la gestione dello Stato e l'attuazione delle leggi a chi per decenni ha dimostrato di non saperlo o, più probabilmente, non volerlo fare non è il modo per cambiare il Paese.
...

domenica 23 marzo 2014

UN'UNICA EUROPA. IMPLEMENTARE IN TUTTO IL CONTINENTE LE MIGLIORI PRATICHE

EUROPA: UN SOLO STATO. UNA AMMINISTRAZIONE CENTRALIZZATA, L'IMPLEMENTAZIONE DECISA E SENZA POSSIBILITA' DI DEROGHE DELLE MIGLIORI PRATICHE ATTUATE NEL CONTINENTE. 

dal Corriere della Sera di giovedì 20 marzo.
Articolo di Gianna Fragonara e Orsola Riva. Titolo: Posti tagliati e pensioni riviate. L'Italia dei professori maltrattati

...
Come far funzionare un sistema centralizzato e così complesso? Lo spiega bene Paso Sahlberg, 54 anni, consulente del ministero dell'Educazione di Helsinki e ambasciatore nel mondo del modello educativo finlandese, un "brand" famoso ormai quanto la Nokia. "Venti anni fa -dice al Corriere questo ex professore di matematica - abbiamo deciso di investire nella costruzione di un rapporto di fiducia fra gli insegnanti e il resto della società. Abbiamo dato ai docenti più libertà, più indipendenza e più autonomia e presto ci siamo resi conto che così le scuole funzionavamo meglio. Maestri e professori devono essere supportati, bisogna avere fiducia in loro, non controllarli e punirli". E i risultati dei test Ocse-Pisa in cui in ragazzi finlandesi rivaleggiano con le tigri asiatiche gli hanno dato ragione. Certo, il sistema di formazione dei docenti è estremamente esigente e selettivo: punta a far entrare nella scuola i "cervelli" migliori, solo uno su dieci aspiranti prof arriva in fondo alla formazione. Ma una volta che diventi docente ti basta insegnare 4 ore al giorno. Gli stipendi non sono stratosferici ma più adeguati e la reputazione sociale ti ricompensa ampiamente della tua fatica.

LA MORTE DI QUALSIASI UOMO MI PRIVA DI QUALCOSA

N. FERGUSON: OCCIDENTE
prefazione

John Donne, poeta preferito da Ferguson viene citato:
"Donne scrisse le sue celebri Devozioni per occasioni d'emergenza (1624), che contengono la più grandiosa di tutte le esortazioni alla compassione per i morti.
<La morte di qualsiasi uomo mi priva di qualcosa, perché io faccio parte dell'umanità; quindi non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: suona proprio per te>

L'UMANITA' ERA COSì PER NATURA

J.MARIAS. GLI INNAMORAMENTI

... le sue idee cupe sull'infinita propensione degli individui normali (come te, come me) alla cupidigia e al crimine, ad anteporre i propri meschini interessi a qualsiasi altra considerazione di pietà, affetto e perfino timore...
...
... l'umanità era così per natura e lo era sempre stata, che non vi era nessuna via di fuga e che non vi era da aspettarsi altro che le peggiori bassezze, i tradimenti e le crudeltà, le inadempienze e gli inganni che nascevano e si commettevano in ogni tempo e luogo senza necessità di esempi preliminari né di modelli da imitare, soltanto che la maggior parte rimaneva segreta, nascosta, era surrettizia e non veniva mai alla luce ...

sabato 22 marzo 2014

SIAMO SOLTANTO QUEL CHE C'è A DISPOSIZIONE

J.Marias: GLI INNAMORAMENTI

Sì, tutti siamo imitazioni di persone che quasi mai abbiamo conosciuto, persone che non si avvicinarono o che tirarono dritto nella vita di quanti adesso amiamo, oppure si fermarono ma si stancarono nel giro di poco tempo e sparirono senza lasciare tracce o soltanto la polvere dei passi che fuggono, o che sono morti per quelli che amammo procurando una ferita mortale che quasi sempre finisce per richiudersi. Non possiamo pretendere di essere i primi o i preferiti, siamo soltanto quel che c'è a disposizione, i resti, il superfluo, i sopravvissuti, quel che rimane, i saldi, ed è con questo nobile poco che si costruiscono i più grandi amori e si fondano le migliori famiglie, da questo proveniamo tutti, prodotto della casualità e del conformismo, degli scarti e delle timidezze e degli insuccessi altrui, e pure così daremmo qualsiasi cosa a volte per rimanere legati a chi recuperammo un giorno da una soffitta o da una vendita all'asta ... inverosimilmente riusciamo a convincerci dei nostri azzardati innamoramenti, e sono molti quelli che credono di vedere la mano del destino in ciò che non è altro che una riffa di paese mentre ormai agonizza l'estate.


IL NUMERO DEI MORTI SUPERA QUELLO DEI VIVI, PER UN RAPPORTO DI 14 A 1

Niall Ferguson: OCCIDENTE
prefazione

E sebbene il passato sia terminato, per due fondamentali ragioni esso ci è indispensabile per comprendere ciò che viviamo oggi e ciò che ci attende domani e in futuro. Innanzitutto, l'attuale popolazione mondiale costituisce circa il 7 per cento di tutti gli esseri umani che sono mai vissuti sulla terra. In altre parole, il numero dei morti supera quello dei vivi, per un rapporto di 14 a 1. E se ignoriamo l'esperienza accumulata da questa parte preponderante dell'umanità, lo facciamo a nostro rischio e pericolo. In secondo luogo, il passato è l'unica fonte affidabile per comprendere il nostro effimero presente e i molteplici futuri che ci stanno davanti, uno soltanto dei quali si avvererà. La storia non riguarda solo il modo in cui studiamo il passato, ma anche il modo in cui studiamo il tempo stesso."

venerdì 21 marzo 2014

NON DIMENTICARE BAHAREH E LE TANTE ALTRE DONNE (E UOMINI)- IN IRAN - SEPOLTE VIVE NEL SILENZIO DEL MONDO

Sul Corriere di ieri l'annuncio della liberazione della signora SAKINEH, che ha corso il rischio di essere lapidata per adulterio in Iran  (c'è stata una forte mobilitazione in sua difesa circa 4 anni fa).
Siamo tutti contenti della soluzione (un atto di clemenza del regime in una vicenda dai contorni poco chiari). Però più importante il messaggio nell'ultimo paragrafo dell'articolo  a firma Cecilia Zecchinelli

"resta il fatto che se il mondo era insorto nel nome di una detenuta comune, sulla cui innocenza i dubbi sono p più che leciti anche se certo la pena di morte non sarebbe stata accettabile, in Iran ci sono centinaia di prigionieri condannati o in attesa di giudizio, torturati o uccisi, spesso solo per reati politici, ignorati quasi del tutto da noi.
Tra i tanti nomi, quello di Bahareh Hadayat, l'attivista e femminista 33enne condannata nel 2010 a dieci anni per il suo impegno, malata e non curata nel famigerato carcere di Evin.
Una campagna per liberarla è stata lanciata dagli esuli politici iraniani, prima fra tutti dalla Nobel Shirin Ebadi. Nel convegno del Sant'Anna di Pisa, l'8 marzo, Ebadi e molte arriviste e studiose iraniana hanno chiesto a tutti di non dimenticarla, di aiutare Bahareh e le tante altre donne ( e uomini) sepolte vive nel silenzio del mondo."

giovedì 20 marzo 2014

LE UNICHE CHE NON CI VENGONO MENO NE' CI DELUDONO SONO QUELLE CHE CI VENGONO STRAPPATE

Ho terminato il libro di Javier Marias "Gli innamoramenti"
Dopo una partenza folgorante ho fatto più fatica, per stanchezza, per impegni, per un aumento della complessità e della difficoltà  del libro stesso, di quanto immaginassi allo sfolgorante inizio, a concluderlo.
Non so, perché la fiamma che mi aveva acceso le prime pagine si è un po' smorzata, perché l'argomentare è un po' troppo complesso per le mie capacità speculative, se scriverò una mia riflessione sul libro (per passione potrei anche scrivere di cose che non capisco, ma se non sento la passione le difficoltà sono insormontabili)
Quindi mi limito a proporre, per ora, stralci che mi hanno colpito.
Questo in particolare è ambiguo. Perchè sento che è vero il messaggio in senso astratto ma la mia storia di uomo che vive la sua vita di relazione mi smentisce e mi sussurra che non è così. Forse, ma per pietà non lo faccio, dovrei piuttosto chiedermi se non dovessi rovesciare la prospettiva, passando da soggetto a (complemento) di agente. 

" Ciò che dura si sciupa e finisce per marcire, ci annoia, si rivolta contro di noi, ci satura, ci stanca. Quante persone che ci sembravano vitali perdiamo per strada, quante si esauriscono e con quanti si diluisce il rapporto senza che vi sia un motivo apparente né tanto meno uno importante. Le uniche che non ci vengono meno né ci deludono sono quelle che vi vengono strappate, le uniche che non lasciamo cadere sono quelle che scompaiono contro la nostra volontà, bruscamente, e così non hanno il tempo di crearci dispiacere o di deluderci"

lunedì 17 marzo 2014

PER LUI NON C'è PIU' STORIA

Javier Marias: gli innamoramenti

La sola cosa vera, e oltretutto definitiva, è quello che chi sta per morire vede o crede immediatamente prima della dipartita, perché per lui non c'è più storia

sabato 15 marzo 2014

NON FINISCE PIU' NULLA PER NOI SE SIAMO GIA' FINITI

J.Marias. Gli innamoramenti

Lui ormai è passato e io invece sono ancora presente. Se fossi passato, almeno mi ritroverei a essere uguale a lui in questo, è pur sempre qualcosa, e non mi troverei nelle condizioni di sentirne la mancanza né di ricordarlo. Sarei al suo stesso livello in questo aspetto, o nella sua dimensione, o nel suo tempo, e non rimarrei più in questo mondo precario che ci sta togliendo le nostre abitudini. Non ci può essere tolto nulla se veniamo tolti di mezzo. Non finisce più nulla per noi se siamo già finiti

giovedì 13 marzo 2014

UN LIBRO: ANDREA VITALI, UNA FINESTRA VISTA LAGO



Nella mia vita adulta di lettore saltabeccante due soli autori riescono a farmi entrare in quel Nirvana che è il perdersi tra le pagine di un libro indipendentemente dalle condizioni psicologiche nelle quali mi trovavo al momento dell’inizio. Sono due, per me monumenti: P.G.Wodehouse e G. Simenon.


Quando il barometro dell’umore segna tempesta amo avere vicino a me un libro con la copertina rossa o con la copertina gialla. Entrambi leniscono le ferite dell’animo. Penso a situazioni drammatiche, parlo per assurdo, avvenimenti che non capiteranno mai, come per esempio… ecco, la domenica che (faccio fatica solo a immaginarlo) l’Inter dovesse retrocedere in B, allora aprirei immediatamente un Wodehouse e mi immergerei nelle avventure di Jeeves o del nono conte di Blandings.

Quando leggo Simenon, sento irresistibile l’impulso di accendere la pipa e mi sembra si gustare l’aroma del Calvados.

Ecco, con il romanzo di Andrea Vitali non ho sentito l’odore del lago. Che odore ha il lago? Non lo so, ma non so neppure che sapore abbia il Calvados, io sono astemio. Però Simenon me lo fa “sentire”.

Forse non ho letto questo romanzo nel momento opportuno. Impegni, stanchezza e preoccupazioni dovrebbero far dirigere la prua nel sicuro porto edoardiano del castello di Blandings. Può darsi, quindi sono molto titubante nel dire che non mi è piaciuto molto questo romanzo. Ma proprio in questo periodo due coincidenze mi hanno fatto sorgere la curiosità di leggere Vitali, così ho saccheggiato il catalogo online del nostro bel sistema bibliotecario e ho iniziato a leggere questo autore.

Devo dire che il romanzo si legge velocemente. L’abitudine dello scrittore di dividerlo in capitoli molto brevi, quasi tutti rappresentanti una scenetta chiusa, aiuta a prendere il mano il libro in ogni momento utile, mentre si aspetta il caffè che “viene su”, mentre si lavano i denti, o si fanno due passi, o si aspetta l’ora per uscire di casa al mattino.

Però, non so dire bene, rimane tutto freddo, non si accende una passione, non ci si immedesima in un posto, il lago stesso in questo romanzo, rimane molto sullo sfondo, quasi ho l’impressione che a volte sia inserito un po’ a forza.

Probabilmente non era l’intento dell’autore e io mi sono creato aspettative errate, motivate dalla curiosità per un ambiente che una persona di pianura ha verso un ambiente come il Lario.

I personaggi allora: sono tutti abbastanza odiosi, quando non sono solo macchiette di contorno. Anche le due donne protagoniste non suscitano simpatia. L’una costretta a lottare con durezza virile per avere successo fino a perdere l’occasione dell’amore quando si offre, l’altra che utilizza ciò di cui dispone, il suo corpo e l’inganno, per ottenere il suo scopo, ferendo e facendosi ferire. Neppure tra loro riescono a stabilire un rapporto di “sorellanza”, anche tra loro si “utilizzano”. E’ una lotta di tutti contro tutti, di tutti poveracci gli uni contro gli altri, per emergere un po’ di più dalla melma in cui si dibattono.

Forse è proprio questo il messaggio di Vitali, non di fornirci dei personaggi picareschi, simpatici nel loro destreggiarsi tra le impervie vie dell’esistenza, ma misere macchiette di una rappresentazione che non capiscono e delle quali nessuna di loro è importante. Se così fosse, allora l’autore ha colto nel segno.



Non c’è una relazione che funzioni nel libro: tra compagni di lotta di classe (nella sezione del PCI di Bellano), nei rapporti matrimoniali, nei rapporti familiari, nei rapporti tra diverse Forze dell’Ordine, nei rapporti tra concittadini. Ciascuno è per l’altro traditore, approfittatore e maramaldo. Non vorrei sviluppare teorie che non capisco neppure io, ma ho come l’impressione che siano degli archetipi sadiani, nel senso che ciascuno misura il prossimo con cui si relazione, valutando se può subire o se può prevaricare senza danno, finalizzando l’utilizzo degli strumenti a disposizione per trarre il maggior profitto o subire il minor danno. Probabilmente devo leggere di nuovo questo libro per capirlo meglio, però devo dire che mentre a Parigi sono andato a cercare gli indirizzi dove Simenon ambientava gli accadimenti dei suoi Maigret, non mi sento spinto di visitare Bellano sulle orme di Vitali, almeno per ora.

sabato 8 marzo 2014

QUANTO POCO SI CONOSCONO TRA LORO GLI EUROPEI

LIMES rivista italiana di geopolitica (numero di settembre 2013 intitolato UTOPIE DEL NOSTRO TEMPO)
intervista a Mark Mazower, della Columbia University di New York

LIMES:  quali sono le vere linee di frattura in Europa? Perchè siamo divisi?
MAZOWER: Una cosa di cui mi sono accorto in questa crisi è quanto poco si conoscano tra loro gli europei. Un'ignoranza sorprendente. E a sorprendere è soprattutto la facilità con cui persone istruite ricorrono agli stereotipi per descriversi a vicenda. Segno evidente che l'Unione Europea ha fallito nel tentativo lungo cinquant'anni di educarci alla reciproca convivenza. Ora ne paghiamo il prezzo, con la scarsa fiducia nelle istituzioni che sarebbero deputate a governarci. Ma questa crisi di fiducia nello Stato nazionale non si traduce più in uno sguardo all'Europa bensì in un ripiego nazionale o subnazionale. Un processo molto corrosivo
LIMES: non esiste quindi una identità europea
MAZOWER: Non se ne parla, non è tema di dibattito, sintomo di come non sia stata ancora creata. I vari popoli europei sono ancora intenzionati a lavorare l'uno con l'altro: il sostegno per l'appartenenza all'UE è ancora sorprendentemente alto, nonostante tutto. Il vero obiettivo è una comunità di valori cooperativi che garantisca una mutua fiducia. O forse è l'unico plausibile al momento.

venerdì 7 marzo 2014

FEDERALISMO

Corriere della Sera. 7 marzo 2014- articolo di MARIO SENSINI
ultime righe
"La Corte dei conti ha intanto calcolato che per effetto del federalismo le tasse locali sono aumentate negli ultimi 20 anni del 130%, risultando responsabili dell'80% dell'incremento della pressione fiscale."
Interessante. Da approfondire

giovedì 6 marzo 2014

L'OPPRESSIONE E' RIDUCIBILE A NUMERI SEMPLICI E CHIARI

Amira Hass: Da Tel Aviv (rubrica su Internazionale- n 1037)

Nell'ultimo anno il numero delle demolizioni (di case di Palestinesi) nella valle del Giordano è più che raddoppiato (172 case nel 2012, 390 nel 2013)

Nella comunità di pastori di Uhm al Jamal, ... il 30 gennaio l'esercito (quello "più morale del mondo" -nota mia) ha demolito 12 case su 13 lasciando 66 persone senza un tetto


martedì 4 marzo 2014

GRAZIE PER AVERCI OBBLIGATI

Tempo fa mi è capitato di leggere, da qualche parte, forse sui social, non ricordo più, un brano di qualcuno che sosteneva la necessità che ogni compito assegnato, ogni dovere richiesto fosse spiegato e motivato. Può darsi che si parlasse di scuola o di rapporti intergenerazionali, proprio non ricordo. E' rimasta invece dentro, a stuzzicarmi il quarto neurone a sinistra, la sensazione che quella affermazione, secondo il mio modo di pensare, non fosse corretta.
Cercavo il modo di spiegare perchè, ma tra una cosa e l'altra, il neurone prudeva ma non trovavo il modo di esprimere il pensiero.
Nell'attività di archiviazione dei libri posseduti saltano fuori tomi interessantissimi e piccoli libri preziosi, come i Peanuts.
Ben venga l'incapacità di resistere alla tentazione di leggerli, sia pure nelle situazioni più improbabili, perchè ho trovato la strip che posto e che in 20 parole risolve e restituisce il senso del mio arrovellarsi
La differenza tra C.M.Schulz e me è quella che passa tra un genio e un noioso e si può anche contare: 20 parole (so che c'è chi apprezza questa capacità di sintesi). 
Sintetizzando ancora: Grazie per averci OBBLIGATI a leggerlo. 
Ecco, la gratuità dell'obbligo, non sempre e non tutto è necessario sia spiegato. Ci può anche essere la gratuità del dovere, la gratuità dell'esecuzione del compito assegnato, senza per forza una spiegazione e una condivisione, una trattativa. La storia, le relazioni sociali, l'autorevolezza, i diversi ruoli assegnati e meritati nelle dinamiche sociali, l'opportunità che ci sia una gerarchia motivata a priori e poi accettata (che non è dispotismo, non è obbedienza cieca) a mio avviso possono condurre a una convivenza civile più ordinata se non più armonica (ma io credo anche più armonica). Certo l'autorevolezza va meritata, la gerarchia guadagnata e sempre deve esistere la possibilità della contestazione. Forse non è esattamente lo sbrago dell'autoreferenzialità interessata, della messa in discussione di tutto (ciò che ci fa comodo discutere) senza avere gli strumenti cui assistiamo. Non è un caso che la contestazione dovrebbe costare  una fatica doppia rispetto all'obbedienza, non il contrario.

lunedì 3 marzo 2014

ULTIME LETTERE DI CONDANNATI A MORTE E DI DEPORTATI DELLA RESISTENZA 1943-1945

Lorenzo Alberti
di anni 17, studente. Nato a S. Bartolomeo del Cervo (IM) il 30 gennaio 1927.
Il 17 ottobre 1944, inviato in perlustrazione verso Upega .. .per individuare una via di ritirata e ricercare un contatto col comando di Divisione... ingannato dalla nebbia, cade nelle mani del nemico.
Poco prima della fucilazione Lorenzo Alberti scrive l'estremo messaggio d'addio alla madre, sforzandosi di attenuarne il dolore con frasi ispirate all'accettazione rassegnata del proprio destino.
Il messaggio, scritto a matita su un foglietto, presenta diverse cancellature e aggiunte di parole tra le righe; la grafia è irregolare e denota estremo nervosismo, come se per il diciassettenne Renzo allineare le frasi di commiato dai familiari e dalla vita rappresentasse una tensione difficilmente tollerabile

Cara Mamma, sono stato preso da dei tedeschi a Upega e sono stato condannato a morte.
Non stai a piangere e né a strillare, non dai la colpa a nessuno.
Vivi tranquilla, ci ha ancora il fratello che ti tiene compagnia e ti pyuò aiutare nella vecchiaia.
Lo so che dopo tanti sacrifici ti trovi un figlio di meno. Non ti arrabbiare!
Sono fucilato in Francia.
Caro papa, vivete tranquilli in famiglia come principi. Son omorto senza torture.
Vi saluta il figlio e il fratello.
Caro fratello, non piangere. sono sempre aiuti bene i genitori senza farli arrabbiare.
Cari famigliari salutatemi tutti i cari conoscenti e parenti
dite loro che il destino volle così.
Vi saluto tutti.
Renzo

sabato 1 marzo 2014

ULTIME LETTERE DI CONDANNATI A MORTE E DI DEPORTATI DELLA RESISTENZA 1943-1945

Ferdinando Agnini, di 19 anni, universitario.
Si iscrive alla facoltà di Medicina dell'Ateneo di Roma. Dopo l'armistizio promuove l'Associazione Rivoluzionaria Studentesca Italiana (ARSI) che stampa il foglio clandestino "la Nostra Lotta".
Viene prelevato  il 24 febbraio nella propria abitazione su segnalazione di due collaboratori delle SS, Francesco Sabelli e Armando Testorio.
Trasferito nelle prigioni naziste di via Tasso, Ferdinando Agnini resiste a una dozzina di interrogatori, senza confessare. Prelevato il 24 marzo 1944 e condotto alle Fosse Ardeatine, viene trucidato con altri 334 prigionieri.

Caro papà,
ti prego di aiutare la mamma a superare il grave colpo.
Avvertire subito il mio intimo amico perchè faccia scappare gli altri compagni.
State tranquilli farò il mio dovere.
Ti abbraccio.
Viva l'Italia libera!
Nando

LIBRO: VENTO DELL'EST: VENTO DELL'OVEST di PEARL S. BUCK

A volte capita.
Intendo, di prendere un libro assolutamente a caso per leggere le prime pagine convinto di riporlo velocemente e, invece, di finirlo con piacere.
Pearl Sydenstricker Buck è una scrittrice americana morta quasi novantenne nel 1973 e vissuta a inizio secolo per due lunghi periodi in Cina.

Il romanzo Vento dell’Est: vento dell’Ovest è composto da 3 racconti, uno più lungo e due seguenti più brevi ambientati nella Cina di inizio 900. Non conosco bene la storia cinese, direi che è nel periodo di istituzione della Repubblica (chi si ricorda il film “l’ultimo Imperatore” di Bertolucci? C’è la scena quando il ragazzo imperatore vede passare dal tetto del palazzo imperiale, dove è praticamente recluso, una macchina decapottabile e gli dicono che è la macchina del Presidente della Repubblica).
Pur essendo americana la scrittrice si immedesima pienamente, correttamente? non saprei, verosimilmente sì, nella realtà cinese, soprattutto dal punto di vista femminile.
Da questo punto di vista, mentre il primo racconto, confrontando due donne, una cinese dall’educazione tradizionale e una americana moglie del fratello che ha studiato all’estero, si pone su un tracciato di emancipazione pure dolorosa e faticosa, il secondo è straziante e doloroso nella vicenda e nell’epilogo.
Minore forse il terzo dove il contrasto è meno di genere e più di generazione.
Il piacere del dipanarsi del racconto risiede, in uno scorrere di vicende tutto sommato normali ma mai banali, nel cogliere aspetti della vita sociale e della Cina d’inizio secolo, nelle note di costume sui vestiti, sui cibi, sulla comunicazione (come lo scrivere una lettera).
In questo scorrere consuetudinario della vita dei protagonisti vengono inserite problematiche fortissime delle quali anche il mondo contemporaneo non è riuscito a liberarsi, e l’abilità della scrittrice risiede nel porle senza nessun salto emotivo evidente.
Penso al fratello delle protagonista del primo racconto, allattato, come d’abitudine, non dalla madre, ma da una schiava che avendo partorito una figlia femmina della quale ci si era ovviamente sbarazzati, aveva latte in avanzo.

O questo episodio nel secondo racconto intitolato “la prima moglie”, che parte dal litigio tra due fratelli per un coniglio, della figlia femmina ma preteso dal fratello maschio. La madre chiamata a giudicare da ragione al maschio. Alla femmina dice: “Piccola, io non ho nemmeno voluto sapere di chi davvero fosse il coniglio. Ma debbo insegnarti l’abito della sottomissione. Sottometterti devi, sempre: prima al padre e al fratello, e poi al marito. Se tuo fratello vuole il coniglio, non ti resta che cederglielo. (…) Sottomissione, sottomissione sempre, figlia. E per impararla devi cedere anzitutto ai voleri del padre e del fratello. Solo così saprai poi cedere a quelli di colui che sarà tuo marito”.

ULTIME LETTERE DI CONDANNATI A MORTE E DI DEPORTATI DELLA RESISTENZA 1943-1945

purtroppo il partigiano (che ha scritto questa ) lettera è per noi rimasto ignoto.
Il riferimento al servizio prestato alla Patria dal padre del fucilato indica quasi certamente l'arruolamento nella Grande Guerra, contro gli austriaci.
Il nomignolo Bacci è ricorrente in Liguria

Padre tu che ai servito
fedelmente la Patria ti mando
questo mio estremo saluto
con i piedi nella fossa perdono a 
tutti sebbene nessuno abbia pietà
di me

Carissima famiglia questo è il
mio estremo saluto ricito il 
mi atto di dolore e muoio in 
grazia di Dio.

Vostro affezionatissimo
figlio

Bacci

IL DIRITTO SE NON è FIGLIO DEL DOVERE DIVENTA PRETESA

Alberto Krali commenta la vicenda del SalvaRoma sull'Eco di Bergamo di Venerdì 28 febbraio.
Pubblico un piccolo estratto:
"No, così non funziona più. Noi Pantalone ti diamo garanzie se tu cittadino romano ne dai a noi che paghiamo. Quindi ti facciamo un prestito a condizione che tu faccia buona amministrazione e i conti tornino, se sballi non avrai più un euro. E questo è un impegno con la cittadinanza intera, non solo con l'amministrazione. Perchè i sindaci passano e gli abitanti restano. E' quindi un patto politico che i cittadini di tutta Italia contraggono con i cittadini della capitale. Misure chiare e severe come quelle che intercorrono tra il cliente che chiede il mutuo e la sua banca. Si chiama responsabilità"

Come sempre Krali è convincente e preciso nell'analisi.
Mi ha colpito che abbia scritto "cittadino" e non "sindaco". I sindaci passano e i cittadini restano. Quando i diritti non sono frutto di una crescita civica, di un senso del dovere che disciplina il nostro essere cittadini, di una appartenenza a una comunità, diventano delle pretese che generano sprechi e risentimenti. 

Ho il diritto a vivere in una città pulita ma ho il dovere precedente di fare una buona differenziata, di non gettare i mozziconi per terra, ho il diritto all'istruzione ma ho il dovere precedente  di studiare, ho diritto che mi si aiuti nell'inserimento in una comunità nuova, ma ho il dovere precedente  di imparare e rispettare le norme e la lingua di quella comunità, ho il diritto ad avere i servizi efficienti, ma ho il dovere precedente  di pagare tutte le tasse e le imposte dovute, ho il diritto che la scuola, il comune, lo stato tutelino i miei figli, ma ho il dovere precedente  di insegnare loro il rispetto per gli insegnanti, le autorità, la cosa pubblica e di dare il mio esempio.