domenica 27 aprile 2014

L’INFORMAZIONE SULLA SCIENZA (E ANCHE IN POLITICA): PER SAPER RIFIUTARE LE PROPOSTE DEI CIARLATANI

L’informazione sulla scienza ha lo scopo di aiutare la società ad allargare l’ambito della conoscenza condivisa e dunque a ridurre lo spazio nel quale prevalgono gli atteggiamenti emotivi. E’ fondata su un metodo di selezione delle notizie coerente con l’epistomologia della scienza. Serve a decidere il più razionalmente possibile intorno al finanziamento dei filoni di ricerca, all’accettazione di prodotti che derivano direttamente dalla ricerca, al rifiuto delle proposte di ciarlatani.
In mancanza di un significativo impegno in questa direzione, la società rischia di farsi guidare da forme di gestione emozionale della promozione dell’attività scientifica che non conducono a distinguere tra le bufale e le vere scoperte.

(Luca de Biase- Reazioni di scienza emotica. La Domenica Sole 24 ore )
LEGGI SCIENZA MA PUOI LEGGERE ANCHE POLITICA (LE ELEZIONI EUROPEE SONO LA CARTINA DI TORNASOLE)

LA DEMOCRAZIA É TALE NON SOLO ATTRAVERSO IL VOTO, MA ANCHE ATTRAVERSO LA PARTECIPAZIONE DELLA POPOLAZIONE ALLA DELIBERAZIONE

Giorgio Barba Navaretti commenta il libro di A.Sen e J.Dreze "An uncertain glory. India and his contradictions"

" come é possibile che oggi le condizioni sociali siano assai migliori in Cina, dove la democrazia certo non c'è? Il confronto tra i due colossi asiatici é forse indice che la democrazia non sia efficace nell'eliminare la povertà ? Domanda retorica a cui i due autori rispondono ovviamente no. Il problema non é la democrazia in sé ma il suo o funzionamento.
...
Il problema per Sen e Drèze, in linea con il principio di John Rawls di democrazia deliberativa, é la mancanza "di governo attraverso la discussione" pubblica. La democrazia é tale non solo attraverso il voto, ma anche attraverso la partecipazione della popolazione alla deliberazione, al dibattito sulle scelte politiche e sul loro merito. Solo i problemi e le questioni che diventano oggetto di deliberazione hanno valenza politica, ossia diventano di rilievo per la classe politica"

Questo ragionamento che ho tratto dall'inserto La domenica del Sole 24 ore, si applica al miliardo e più di cittadini indiani, ma si applica anche, in millesimi nei numeri ma non nel valore assoluto dell'assunto, alla realtà trezzese.
Ed è questo che è mancato nel lustro che sta finendo nella nostra comunità, ora l'attuale AC può correre al riparo mettendo tre cartelli, quattro panchine, ridipingendo i parcheggi e le strisce di mezzeria, e asfaltando strade lasciate deperire per 4 anni, per gettare fumo negli occhi dei trezzesi considerati, con poco rispetto(, !)dotati della memoria di un pesce rosso, ma a questa ferita, la mancanza di condivisione, di partecipazione, di coinvolgimento, non potrà più porre rimedio. Per qualcuno la delega ogni cinque anni è sufficiente, è una opinione rispettabile come la mia è opinabile, ho voluto però portare a sostegno, credo con una certa consequenzialità logica nonostante le diverse dimensioni, il parere di questi due illustri economisti.

martedì 15 aprile 2014

USCIRE DALL'EURO, UN DISASTRO DA EVITARE CON OGNI MEZZO- contributo alla discussione pubblicando un appello di economisti europei

Tratto dal blog di PIETRO ICHINO
USCIRE DALL'EURO, UN DISASTRO DA EVITARE CON OGNI MEZZO
LA SCORCIATOIA PROPUGNATA DA GRILLO AVREBBE IL SOLO EFFETTO DI FAVORIRE LA RESISTENZA ALLE RIFORME INDISPENSABILI AL NOSTRO PAESE, SENZA FACILITARE AFFATTO IL RILANCIO DELL’ECONOMIA ITALIANA, BENSÌ ANZI CHIUDENDOLA ULTERIORMENTE AGLI INVESTIMENTI STRANIERI
Appello di Lorenzo Bini Smaghi, Franco Bruni, Marcello De Cecco, Jean-Paul Fitoussi, Marcello Messori, Stefano Micossi, Antonio Padoa Schioppa, Fabrizio Saccomanni, Gianni Toniolo, pubblicato sul Corriere della Sera del 9 aprile 2014 – I firmatari collaborano, a vario titolo, alla Luiss School of European Political Economy (SEP) -Quanti intendono aderire alle posizioni qui espresse, possono sottoscriverle inviando un e-mail a SEP@Luiss.it
.
Più le elezioni europee si avvicinano e più la campagna elettorale viene dirottata sul tema dell’uscita dell’Italia dall’euro. È giusto chiedere che la politica condotta nell’area dell’euro produca soluzioni più efficienti per l’Italia e per gli altri Stati membri di quelle degli anni passati. Ciò non toglie che uscire dall’euro aggraverebbe i problemi italiani, metterebbe a rischio l’integrità della costruzione europea e impedirebbe di proporre politiche alternative rispetto a quelle attuali.
L’entrata dell’Italia nell’euro non era stata il frutto di sogni astratti di alcuni idealisti o dei complotti di speculatori finanziari. Fu la scelta consapevole del Parlamento Italiano per porre fine a due decenni di turbolenze monetarie e di disordine delle finanze pubbliche; la scelta di un paese fondatore che non voleva essere escluso dal processo di integrazione. Prima dell’unione monetaria, le periodiche svalutazioni del cambio avevano portato l’inflazione in Italia oltre il 20 per cento, senza migliorare durevolmente la competitività. Deficit di bilancio elevati e crescenti (fino a due cifre) avevano solo fatto aumentare a dismisura il debito pubblico, di cui tuttora paghiamo gli oneri gravosi, senza promuovere una crescita stabile. I tassi d’interesse erano arrivati a livelli proibitivi per i mutui delle famiglie e il credito alle imprese. Chi propone l’uscita dall’euro vuole in realtà tornare a quel modo di governare l’economia che la storia ha già condannato come fallimentare.
I vantaggi dell’autonomia monetaria si rivelerebbero illusori. Al fine di contenere brusche fluttuazioni del cambio e di evitare fughe precipitose dei capitali, i responsabili delle politiche economiche italiane sarebbero infatti costretti a inseguire le politiche scelte dalle aree dell’euro e del dollaro.
Reintrodurre la lira significherebbe imporre ai cittadini italiani la conversione dei loro risparmi nella nuova moneta, destinata a perdere di valore nei confronti dell’euro. Gli italiani subirebbero dunque una svalutazione dei risparmi. Inoltre, la conversione dall’euro alla lira non potrebbe modificare le condizioni dei prestiti contratti dai residenti italiani nei confronti del resto del mondo. La svalutazione della lira determinerebbe quindi un aumento del valore dei debiti verso l’estero degli italiani, ponendo imprese e famiglie di fronte al rischio di insolvenza, con effetti a catena sul resto del sistema economico.
Il passaggio dall’euro alla lira non risolverebbe i problemi strutturali che da anni attanagliano l’economia italiana: dalla rigidità dei mercati dei beni all’inefficiente utilizzo delle risorse umane; dal basso livello di scolarizzazione e di investimenti in ricerca alla produttività stagnante; dall’eccesso di regolamentazione burocratica che scoraggia gli investimenti produttivi all’arretratezza infrastrutturale; dalla lentezza della giustizia alla mancanza di concorrenza nei servizi locali, fino alla corruzione dilagante. Sono questi i veri nodi che occorre affrontare per ritornare alla crescita, combattere la disoccupazione, dare un futuro ai giovani. L’euro non ne ha colpa.
Al contrario: l’uscita dall’euro rafforzerebbe la parte meno competitiva del paese, quella meno aperta all’innovazione e maggiormente arroccata a difesa di privilegi che non hanno più ragione di essere. Sarebbe una fuga all’indietro verso una società più chiusa e introversa che danneggerebbe soprattutto i più giovani e le fasce più deboli della società.
Ritenere che si possa uscire dall’euro e al contempo rimanere a far parte a pieno titolo dell’Unione è una pura illusione. Da un lato l’Italia verrebbe emarginata e isolata. Dall’altro, l’uscita dell’Italia indebolirebbe gravemente l’Europa in una fase storica cruciale in cui ha semmai bisogno di compattezza per far fronte alla nuova instabilità politica che sorge alle sue frontiere.
In conclusione, la proposta di uscire dall’euro, come se questa fosse una ricetta magica, non solo è basata su premesse sbagliate, ma distoglie l’attenzione dai reali problemi del paese e toglie alla politica la responsabilità di fare proposte concrete per risolverli. Impedisce all’Italia di contribuire ai necessari cambiamenti della politica europea per contrastare la deflazione, la disoccupazione di massa e la stagnazione.
L’Europa, e l’euro, non sono certo costruzioni perfette. Ma si possono migliorare solo partecipandovi a pieno titolo.

domenica 13 aprile 2014

NON AVREBBE VOLUTO CONOSCERE IL FATTO IN ANTICIPO

J. Marias: gli innamoramenti

E, anche questo come la maggioranza, non avrebbe voluto conoscere il fatto in anticipo e con certezza, non avrebbe voluto alzarsi un giorno sapendo con precisione, dicendosi:
"Questo è l'ultimo. Oggi non vedrò calare la notte."

sabato 12 aprile 2014

LOTTA AGLI SPRECHI. CAMBIAMENTO VERO O SOLO POLVERONE?



“Sulla prima pagina di lunedì scorso Luca Ricolfi ci ha raccontato la sua ultima peripezia burocratica: aveva chiesto all’Inps alcuni dati storici sulla cassa integrazione in Italia e l’ente pensionistico, affabile come sempre, gli aveva risposto in ritardo, con un preventivo di 732 euro per un servizio che a un impiegato fornito di computer avrebbe richiesto pochi secondi di lavoro. Gli ingenui lettori di Ricolfi si aspettavano dall’Inps una lettera di smentita oppure di scuse. Invece, dai bastioni del palazzo presidiato a lungo dal prode Mastrapasqua, esemplare raro di corpo umano con più incarichi che cellule, non si è levato alcun grido di dolore. Anzi, a precisa domanda, ci si è sentiti opporre un silenzio orgoglioso. 
 
Saranno i giornali che non fanno più paura, direte voi. Ma un trattamento analogo viene riservato ogni
settimana ai mammasantissima della tivù, da Report alle Iene. Le loro denunce spietate e circostanziate tolgono il sonno a noi telespettatori, ma non ai diretti interessati, che ormai non si prendono più nemmeno la briga di querelare. Le accuse ai burocrati di Stato rimbalzano contro un muro di indifferenza. Maleducazione? Forse. Senso di impunità. Può darsi. Ma ogni tanto mi assale il sospetto che nessuno si faccia avanti perché in un ente pubblico nessuno si sente davvero responsabile di qualcosa. Proprio perché lavora in un posto che è di tutti, il dirigente statale (con rare eccezioni) pensa che a rispondere debba essere sempre qualcun altro. E, al riparo di codicilli e regolamenti, finisce per rispondere soltanto a sé”. – tratto da il BUONGIORNO di Massimo Gramellini.


Mi piace riprendere interamente, a rischio di ledere il copyright de “la Stampa”, il BUONGIORNO, perché a mio avviso Gramellini mette il sale su una piaga.
Dall'uscita dell’ormai famoso libro “la Casta” di Rizzo e Stella la caccia allo spreco, alla stortura, all'approfittatore, al grande burocrate o al dirigente (anche privato a volte) che viene beneficiato da superstipendi, bonifici, indennità o superpensioni, è diventato lo sport nazionale
Come scrive Ostellino, nell’unico momento felice di un brutto articolo: “L’incultura politica nazionale plaude chiunque denunci “la casta dei politici”. Così l’Italia non esce dalla sua condizione e rischia di aprile le porte al primo ducetto”
L’alternativa è altrettanto deleteria, a mio avviso. Questa jacquerie mediatica più priva di preparazione politica piuttosto che spontanea, nella quale ormai gli editori e i programmatori di palinsesti televisivi puntano molto alimentata dalla rabbia degli esclusi dalla divisione del bottino ( rabbia per l’ingiustizia civica del profittare dei beni comuni oppure per essere stati esclusi?) produrrà veramente uno scatto etico del sentire politico della nazione o sarà tanta polvere alzata e tanto fango gettato in modo da non poter distinguere puliti da sporchi o dando la sterile soddisfazione del mostro (burocrate con stipendio e pensione irragionevole, ente inutile con numero spropositato di amministratori o dipendenti – che non vengono da Marte e non sono stranieri invasori – o similia) sbattuto in prima pagina e dimenticato il giorno dopo perché sostituito da un altro mostro.
Torniamo sempre al Gattopardo che sembra veramente il simbolo di questa nazione.
A un sostenitore dello stato centralizzato come me non può che far piacere il ripensamento, dopo l’ubriacatura federalista che – non ci voleva un genio se l’ho intuito io dall’inizio – ha portato al moltiplicarsi dello spreco, della corruzione e dei privilegi, sull’organizzazione dell’architettura della nazione. Ma a patto che ci sia una burocrazia prussiana. Entrare nel merito dell’opportunità di uno Stato Europeo centralizzato ci porterebbe lontano – ma ancora oggi sul Corriere la lettera del signor Scarbocci è una freccia in più nella mia faretra. Fatta questa pulizia necessaria, dagli esiti non scontati, è opportuno uscire anche dalla ubriacatura che l’impegno politico debba per forza essere gratuito. Con il rischio di far scontare la gratuità con la incompetenza. Federico il Grande, senza scomodare Pericle , scrisse nel 1752: “ Il sovrano è la prima persona dello Stato. E’ pagato bene, in modo che possa rispettare la dignità della sua carica. Ma in cambio gli è richiesto di lavorare indefessamente per il benessere dello Stato”. Fatte le dovute proporzioni, passando dall’Assolutismo Illuminato alla Democrazia, il concetto base non cambia molto.
Come l’Italia, temo, non cambierà molto! Se non cambia nel profondo.

mercoledì 9 aprile 2014

ALBERTO KRALI: TROPPO COMODO ATTACCARE L'EURO

tratto dall'Eco di Bergamo di Lunedì 7 aprile

Te la do io la lira! Se l'Italia esce dall'Euro i 2.089 miliardi di debito rimangono nella stessa valuta. Non è che, siccome torniamo alla liretta, si svalutano. Rimangono interi in valuta forte da rimborsare con una moneta che ha perso tra il 30 e il 50% del suo valore iniziale, appunto perché uscita dall'Euro. I titoli in scadenza e gli interessi andranno corrisposti in Euro e non in Lira. E poiché la Banca Centrale Europea (Bce) non fa più da garante i tassi crescono e quindi in Buone del Tesoro per ottenere un collocamento sul mercato andranno ben oltre quel fatidico spread del 5% che portò nel novembre 2011 Berlusconi alla rovina. E pare ai lettori improbabile il pensiero che al solo sospetto di una uscita dall'Euro non via sia una corsa agli sportelli? Ed è peccato ipotizzare che forse in testa ci sarebbero proprio gli euroscettici perché la politica è un contro ma il portafoglio un altro?
La politica conosce le informazioni prima e portare a casa i risparmi in Euro è mossa avveduta perché la Liretta ballerebbe e un solido Euro da scambiare nei momenti di bisogno fa como a tutti. Sono i grandi capitali che prendono la via dell'esilio dorato mentre al lavoratore, al pensionato, al piccolo imprenditore resta la svalutazione.
Discorsi elementari di cui nessuno parla e quindi ingrassano quelli che alla ricerca di un colpevole cavalcano il malcontento e trovano un capro espiatorio ideale. Non parla, non ascolta ed è figlio di nessuno. L'Euro mette a tutti la coscienza in pace.

giovedì 3 aprile 2014

PASSO PER PASSO AVVELENATO

J.Marias: Gli innamoramenti

Ignoriamo quel che il tempo farà di noi con i suoi strati sottili che si sovrappongono indistinguibili, in che cosa è capace di trasformarci. Avanza in silenzio, giorno per giorno e ora per ora e passo per passo avvelenato, non si fa notare nel suo surrettizio lavoro, così rispettoso e cauto che non ci provoca mail una spinta né un sussulto.