domenica 29 dicembre 2013

LIBRI DI NATALE: PAOLA MASTROCOLA. NON SO NIENTE DI TE. EINAUDI pag 330

Questo é il secondo libro di natale che ho finito.




È il regalo, meditato, di carissimi amici. Di amici che sono genitori ad amici che sono genitori.

È un bel libro? Se lo misuriamo dall'urgenza di leggere la pagina successiva fino all'ultima, direi di si. È sicuramente un bel libro anche se la MASTROCOLA fa di tutto per rovinarlo.

Il protagonista: é un egoista, genio e pieno di soldi - guadagnati dal padre - che fa pagare ai propri cari i soprusi - inflitti per troppo amore e per la fatica del vivere quotidiano- subiti in gioventù quando invece di consentirgli di costruire un camion di legno lo hanno spinto a cercare di attrezzarsi per affrontare un mondo competitivo ( volente o nolente)

Ma chiaramente la lettura può essere speculare contraria. MASTROCOLA non è stupida e sa pungere noi genitori con domande irritanti e scomode, che mettono in discussione il nostro modo di esserlo, la nostra accettazione supina del fatto che occorra competere nel mondo e che i nostri figli lo debbano fare. Del resto é così palese che tutti, volendo, incontreranno Duchi con greggi (non voglio togliere gli effetti sorpresa del libro, devo tagliare) che gli risolveranno i problemi pratici.

Il pregio di MASTROCOLA nel fare domande scomode va di pari passo con la sua prosa alla Terzani ( é molto che non la leggo, ci trovo anche echi della Fallaci) che propina risposte date con saputa supponenza, come se lei avesse capito tutto della vita e ci distillasse saggezza a noi genitori perennemente erranti.

Forse é un trucco per farci provare simpatia per le vittime di questo libro e antipatia per il protagonista.

Purtroppo MASTROCOLA non può fare a meno di infarcire la sua lezione con qualunquistiche osservazioni politiche, anche queste profuse con snobistica supponenza, o peggio azzardate teorie economiche che forse ha appreso a Chicago, che anche a un incolto come me appaiono campate per aria e tese più che altro ad accusare di velleitaria inconcludenza chi si permette di porre dei dubbi sulla validità del sistema capitalistico.

É quindi un libro che vale tantissimo per le domande che pone, che obbliga a porsi, per il confronto che stimola verso gli archetipi proposti ( e dio sa quanto dobbiamo interrogarci noi genitori) piuttosto che per le banalità che tra le righe propone come risposte. C'è un mondo, una vita, una fatica del vivere, un errate continuo, una libertà di scegliere da conquistare spizzico a spizzico anche seguendo sentieri obbligati e subendo scelte quasi imposte al di fuori del panorama filosofico di MASTROCOLA, e vivere questo ogni giorno, e sentirlo sulla pelle e sul cuore non stimola certo simpatia verso l'autrice. Non si risolve il problema della libertà personale con i calabroni. Ma proprio perché comunque "stimola" (la riflessione, le domande scomode, l'autoanalisi, una incazzatura...) è un libro ma io avviso da leggere.

LIBRI DI NATALE: L'IMPECCABILE di HEIGO HIGASHINO

Questo è il primo che ho finito

regalato da amici come dolce punizione per averli stressati con il Giappone ( racconti meravigliati, aneddoti interessanti solo per noi due, profusione di foto a non finire e per ultime le imperdibili targhe giapponesi).
l'ho letto volentieri- è un giallo di 329 pagine edito da Giunti. 
la trama è interessanti più che avvincente, e il fatto che si intuisca prima della fine l'esito (in realtà è la ricerca delle prove più che l'individuazione del colpevole ad essere il cuore del libro) non toglie il piacere di accompagnare il racconto dell'indagine.
i personaggi sono abbastanza caratterizzati, a mio avviso, meno stereotipati di quanto sembrerebbe all'inizio.
ci sono alcune particolarità giapponesi che inteneriscono, nel libro sono cose comuni ma a noi occidentali sembrano annotazioni di costume (abbassare la testa per chiedere scusa, togliersi le scarpe entrando in casa - i poliziotti che si tolgono le scarpe entrando in casa per interrogare un sospetto -  l'arredamento descritto di  una casa giapponese - tatami e tavolo basso centrale - la persona che pentita di una bugia arretra - la immagino seduta a gambe incrociate al tavolo basso - inchinandosi ripetutamente e pronta a presentare "scuse formali").
bel libro, poichè sembra un esemplare di una serie val la pena di seguire l'autore, e bella scelta da parte degli amici.
last but not least nelle motivazioni di gradimento: due dei protagonisti giocano a badminton!

giovedì 26 dicembre 2013

Perché l'Italia non riuscì a cogliere la straordinaria opportunità di utilizzare l'euro

Angelo Bolaffi. Cuore tedesco, il modello Germania, l'Italia e la crisi europea

Perché l'Italia non riuscì a cogliere la straordinaria opportunità di utilizzare l'euro come un vincolo esterno capace di imporre quella modernizzazione del paese che altrimenti le classi dirigenti da sole non sarebbero mai state non dico di realizzare ma neppure di pensare?
Quella dell'euro sarebbe potuta essere dopo il Risorgimento e la Resistenza la terza grande tappa dell'Italia verso la modernità democratica ed europea. Per poter sperare di vincere la battaglia dell'euro l'Italia avrebbe avuto bisogno di una sorta di governo di salute pubblica, convinto della necessità storica e della portata strategica di un simile impegno e in grado di raccogliere intorno a sé il consenso della nazione. Invece gli elettori italiani hanno irresponsabilmente creduto di poter aggirare una tale sfida lasciandosi convincere dalla narrazione tanto seducente quanto ingannevole di Berlusconi, un personaggio politico il cui profilo ricorda non certo quello di Mussolini, a suo modo caratterizzato da una tragica e criminale grandezza, quanto piuttosto quello di un "pifferaio magico".
O, peggio ancora, dell'omino di burro che nel Pinocchio di Collodi fa credere a degli ingenui bambini che sia possibile trasformare il mondo in un paese dei balocchi.
...
"L'isolamento crescente in cui si è ritrovata l'Italia all'interno dell'Unione Europea é conseguente anche di una noncuranza autolesionistica per i meccanismi e le dinamiche del contesto europeo, di cui sono stati colpevolmente trascurati i vincoli, ma anche le opportunità (...) l'Unione é stata di volta in volta, a seconda delle opportunità del momento, ora rappresentata come vincolo esterno inderogabile, ora additata a causa dei mali nazionali, ora, anche, invocata come unica fonte di salvezza, col risultato di confondere responsabilità nazionali ed europee" (annuario della politica estera dell'Italia 2012 a cura di Istituto Affari Internazionali e Istituto per gli studi di politica internazionale)

MANDELA: NON POTEVO FARE ALTRIMENTI

NELSON MANDELA: LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTà
pag. 99

"Non so precisare il momento in cui decisi di darmi alla politica, in cui seppi che avrei trascorso la vita al servizio della lotta di liberazione. Essere africani in Sudafrica significa essere politicizzati dal momento della nascita, che lo si voglia ammettere o no. Un bambino africano nasce in un ospedale per soli africani, viene portato a casa in un autobus per soli africani, vive in un'area per soli africani, e frequenta scuola per soli africani, se mai succede che frequenti una scuola.
Quando è grande può scegliere un lavoro per soli africani, affittare una casa in una township per soli africani, viaggiare su treni per soli africani, ed essere fermato in qualsiasi momento del giorno e della notte con l'obbligo di esibire un lasciapassare in assenza del quale sarà arrestato e gettato in prigione. La sua vita è circoscritta da leggi e regolamenti razzisti che minano la sua crescita, intaccano il suo potenziale, e gli tolgono la gioia di vivere. Quella era la realtà, e si poteva affrontarla in mille modi.
Non ho avuto una folgorazione, una rivelazione improvvisa, un momento della verità: è stato il lento accumularsi di una miriade di offese, di una miriade di indegnità, di una miriade di momenti dimenticati a far scaturire in me la rabbia, la ribellione, il desiderio di combattere il sistema che imprigionava il mio popolo. Non c'è stato un momento particolare in cui abbia detto: da qui in avanti mi consacrerò alla liberazione del mio popolo; invece, mi sono semplicemente ritrovato a farlo, e non potevo fare altrimenti."

Sarebbe bene che Sergio Romano leggesse queste righe, eviterebbe affermazioni azzardate

GERMANIA: UN CONTRIBUTO AL DIBATTITO SULLA GERMANIA

ANGELO BOLAFFI. CUORE TEDESCO. IL MODELLO GERMANIA, L'ITALIA E LA CRISI EUROPEA

pag. 81
"La Germania è emersa come il paese non solo egemone ma anche indispensabile per l'Europa". E questo grazie a un'epocale trasformazione del funzionamento del Welfare tedesco e del mercato del lavoro realizzata nel 2003 con la cosiddetta Agenda 2010 dal governo rosso-verde di Gerhard Schroeder e Joschka Fischer. Una  riforma che ha fatto della Germania ancora "traumatizzata" dai costi della riunificazione e indicata dall'Economist come il "malato d'Europa" , la potenza leader del continente. Unica, tra le grandi nazioni d'Europa, capace di attrezzarsi per poter affrontare le sfide del "nuovo mondo": quello globale. Solo così fu anche possibile mettere in sicurezza il Sozialstaat, che con l'equilibrato funzionamento del sistema democratico è il fondamento della stabilità e della potenza della Germania post- bellica, e ridare piena funzionalità a quel modello di "economia sociale di mercato" non a caso indicato qualche anno fa dopo dal Trattato di Lisbona come modello di riferimento dell'Unione Europea.
Al di qual delle Alpi, invece, l'Italia del primo governo Berlusconi (quello del 1994 era stata  solo una breve parentesi) si accontentò di consumare  allegramente la rendita finanziaria che l'Euro (contro cui a parole lui e la Lega  Nord non perdevano occasione di polemizzare) garantiva all'economia italiana mediante la possibilità di rifornirsi di capitale sul mercato secondario a tassi di interesse praticamente nulli e comunque "irrealistici", come poi avremmo scoperto dieci anni dopo, rispetto al livello di indebitamento dello Stato italiano e dell'obsolescenza del "sistema paese"

Gli effetti hanno delle cause che non sono riferibili a ieri l'altro.

martedì 24 dicembre 2013

SUDAFRICA- ENTRAMBI GLI AVVERSARI POTEVANO AVERE LE LORO RAGIONI? UNA RISPOSTA

Il 17 dicembre Sergio Romano, editorialista del Corriere della Sera e titolare della rubrica Lettere al Corriere, intitolava la risposta a un lettore, incentrata sul Sudafrica ( e in ripresa di un precedente commento di Romano nel quale cercava di mettere sullo stesso piano Mandela e De Klerk): “ LA NASCITA DEL SUDAFRICA SCONTRO TRA DUE PATRIOTTISMI”.
Romano conclude la sua risposta: “ Queste vicende e le due grandi guerre europee, a cui i sudafricani hanno partecipato con i loro corpi combattenti, hanno creato un patriottismo bianco che non è meno nobile, storicamente, del patriottismo nero di cui de Klerk riconobbe l’esistenza e la legittimità alla fine degli anni Ottanta. Perché non riconoscere che ci sono stati conflitti in cui entrambi gli avversari potevano avere le loro ragioni?

La pagina che riprendo dal libro di Mandela “Lungo cammino verso la libertà” risponde, senza tante parole e tanto tergiversare alla tesi di Romano (ricordo che il Corriere è recidivo, già alla fine degli anni 70 ci fu un reportage di Luca Goldoni che considerando il Sudafrica barriera difensiva dell’occidente contro l’URSS, concludeva chiedendosi cosa importasse che qualche tribù di selvaggi non avessero diritti politici)

MANDELA: LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTA’ . Pag.56

Un giorno, durante le vacanze, Paul e io andammo a Umtata, la capitale del Transkei, che allora era un piccolo centro fatto di poche strade lastricate e di alcuni edifici governativi. Stazionavamo fuori dall’ufficio postale quando il magistrato locale, un bianco sulla sessantina, si avvicinò a Paul chiedendogli di entrare per comprare alcuni francobolli. Era di normale amministrazione che un bianco interpellasse un nero per la strada e gli facesse svolgere qualche incombenza. Il magistrato tentò di dare a Paul delle monete, ma Paul si rifiutò di prenderle. Il magistrato si offese. “Lo sai chi sono io?” disse col viso rosso per la rabbia. “Non è necessario che io sappia chi è lei, “ disse Mahabane. “Io so che cosa è.” Il magistrato lo invitò a dire più chiaramente cosa intendeva. “Intendo dire che lei è un mascalzone!” ribattè Paul anch’egli arrabbiatissimo. Il magistrato non riuscì più a contenersi e sbottò: “Te la farò pagare!”, e detto questo si allontanò.
(…)

So che se lo avesse chiesto a me anziché a Paul avrei semplicemente svolto la commissione dimenticandomene subito dopo. Ma ammiravo Paul per ciò che avevo fatto, anche se io non avrei fatto lo stesso, non ancora. E stavo cominciando ad accorgermi che un nero non era obbligato ad accettare le mille piccole umiliazioni che gli venivano inflitte ogni giorno.

NELSON MANDELA: RIUSCIVO A COMPENSARE LA MANCANZA DI TALENTO NATURALE CON LA DILIGENZA E LA DISCIPLINA

NELSON MANDELA: LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTà
pag. 53

" La mia formazione a Fort Hare si compiva in egual misura sia dentro sia fuori la classe. Nello sport ero molto più attivo che a Healdtown, e questo per due motivi: da un lato ero cresciuto ed ero diventato più alto e più forte, ma soprattutto essendo Fort Hare tanto più piccolo di Healdtown, avevo meno concorrenza. Ero in grado di competere sia nel calcio sia nella corsa campestre. Correre mi aveva insegnato molte cose preziose. Nelle gare di corsa campestre l'allenamento conta più delle capacità  intrinseche di una persona e io riuscivo a compensare la mancanza di talento naturale con la diligenza e la disciplina. Applicavo questo principio in ogni cosa che facevo. Anche da studente, ho visto molti giovani che avevano grandi capacità naturali ma a cui mancavano l'autodisciplina e la pazienza necessarie per costruire su quelle fondamenta"

lunedì 23 dicembre 2013

LA SAGGEZZA NON E' UN DONO DIVINO, E' UNA CONQUISTA, DALLA QUALE SI PUò RECEDERE COME STIAMO FACENDO IN EUROPA

NELSON MANDELA: LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTà
pag. 45

"Healtown attirava studenti da tutto il paese, ma anche dai protettorati del Basutoland, dello Swaziland e del Bechuanaland. Pur essendo un istituto xhosa, ospitava anche studenti di altre tribù. Nel tempo libero e nei fine settimana gli studenti di una stessa tribù stavano insieme. Anche i membri delle varie tribù xhosa si frequentavano tra loro, gli amampondo con gli amampondo e così via. Neanch'io mi discostavo da questo schema, pure fu proprio a Healdtown che ebbi il mio primo amico di lingua sotho: Zachariah Molete. Ricordo che mi sentivo molto audace per il fatto di avere un amico non xhosa.
Anche il nostro insegnante di zoologia Frank Lebentlele, popolarissimo tra gli studenti, era di lingua sotho (...)
Ma ciò che  più ci stupiva era il suo matrimonio con una ragazza xhosa di Umtata. I matrimoni intertribali erano allora estremamente rari. Fino ad allora non conoscevo nessuno che si fosse sposato al di fuori della tribù. Ci avevano insegnato a considerare tabù questo genere di unioni. Ma l'incontro con Frank e sua moglie incominciò a minare le mie ristrette convinzioni in materia ed ad allentare la presa del tribalismo che ancora  mi teneva imprigionato.
Da allora comincia ad avvertire un senso di identità come africano, non più soltanto come thembu, e neanche come xhosa.

domenica 22 dicembre 2013

Caro Belardelli, nessuno vuol togliere il Natale ai cristiani, stiano piuttosto attenti loro a non farselo scippare. Mi sembra che non ci stiano riuscendo molto.

La carta costa, verrebbe da dire, con Alessandro Milan, leggendo l’articolo di Giovanni Belardelli  ( sul Corriere di oggi domenica 22 dicembre) “il pensiero politicamente corretto che banalizza le festività – Non togliete il Natale ai cristiani”.
L’impressione è che quando non si ha molto da dire, o ci si sente in difficoltà nel sostenere i propri valori, il nemico pubblico numero uno, facile da spendere e da sbattere in prima pagina sia il “politicamente corretto” ( e sottotraccia il suo padre putativo, il pensiero laico, inteso anche come sinonimo di relativista).
E’ diventato così di uso comune accusare il “politicamente corretto”, nelle varie accezioni, da non accorgersi di aver creato un nuovo pensiero “politicamente corretto”: quello di dare addosso a chi cerca di non accontentarsi del pensiero comune, degli archetipi artificiosi, delle schematizzazioni da bar, delle prevaricazioni, da parte delle maggioranze silenziose, vendute come tradizioni, abitudini, comune sentire.
Quindi un conformismo che opprime il pensiero laico chiamandolo conformismo (Orwell avrebbe da dire a proposito).
Caro Belardelli, nessuno vuol togliere il Natale ai cristiani, stiano piuttosto attenti loro a non farselo scippare. Mi sembra che non ci stiano riuscendo molto.
Da Ateo dico: che bello se il Natale fosse veramente una festa Cristiana, religiosa. Lo seguirei con commossa partecipazione, attento a cogliere l’afflato spirituale che ogni grande religione sa emanare. Ma non mi sembra così. E’ facile accusare i laici, molto spendibile.
Poi si trovano facili esempi per accusare chi vuole separare la società civile dallo spirito religioso.  L’esempio di scuole che non fanno il presepe o che, come l’esempio citato, non fanno entrare il prete per la benedizione natalizia, ritorna ogni anno. La madre degli stupidi è sempre incinta. Soprattutto quando le motivazioni sono “non vogliamo offendere i bambini delle altre religioni (sembra che la motivazione sia stata suggerita dall’ufficio propaganda della Lega o di Forza Nuova per stimolare sentimenti anti immigrati)”, al ché gli esponenti delle altre religioni affermano, ovviamente, di non sentirsi offesi. Se la motivazione fosse stata: la scuola italiana è laica, le benedizioni e le espressioni religiose si fanno nelle sedi opportune… ( ma che, viviamo su marte o in Italia?)
Quando poi si ripercorre la nostra storia, è opportuno, leggere tutta la vicenda del confronto, della contaminazione e del contrasto tra i valori di eguaglianza e  democrazia, di cui andiamo fieri,  tra la società laica e le istituzioni cristiane. Non mi ricordo sia così lineare e conseguente.
Il Natale politicamente corretto rischia sì di diventare uno spazio vuoto, ma la responsabilità è ben divisa tra i molti diversi politicamente corretti, tra chi confonde tra laicità e laicismo, e tra chi ambisce a un pensiero unico da imporre anche a chi religioso non è.
Chissà se Belardelli ha mai scritto qualcosa sul fatto che le pubblicità e il commercio (volevo scrivere il capitalismo ma mi sembrava politicamente corretto) ha iniziato a vendere il Natale, o dovrei scrivere il natale, poco dopo Halloween?
Io credo che se il fiume inonda la pianura la colpa sia di chi non ha costruito argini forti, non di ci naviga. Anche se mi rendo conto che è facile individuare in altri la colpa.

J.M.Bergoglio è una speranza anche in questo, non solo per i cristiani, anche per i laici e gli atei. 

sabato 21 dicembre 2013

NELSON MANDELA: "In seguito capii che quel giorno l’ignorante ero io, non il capo"

NELSON MANDELA. LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTA’
Pag. 37
Oratore principale della giornata era il capo Meligqili, figlio di Dalindyebo, e dopo averlo ascoltato i miei fulgidi sogni divennero immediatamente più cupi. Meligqili cominciò nel modo convenzionale, dicendo che era bello trovarsi riuniti per continuare una tradizione che esisteva da tempo immemorabile. Poi si voltò verso di noi, e il suo tono cambiò bruscamente: “Qui, “ disse, “siedono i nostri figli: giovani, sani, belli, il fiore della tribù xhosa, l’orgoglio della nostra nazione. Da poco li abbiamo circoncisi, con un rito che promette di introdurli nel mondo degli uomini; io sono qi a dirvi che questa è una promessa vuota, vana, una promessa che non potrà mai essere mantenuta. Perché noi xhosa, e tutti i sudafricani neri, siamo un popolo conquistato. Noi siamo schiavi nel nostro paese, siamo inquilini sul nostro suolo. Non abbiamo la forza, non abbiamo il potere, non abbiamo il controllo del nostro destino nella terra sulla quale siamo nati. Questi figli andranno nelle città, a vivere nelle baracche e a bere alcool di qualità scadente, perché noi non possiamo offrire loro una terra sulla quale vivere e prosperare. Sputeranno i polmoni nelle viscere delle miniere dei bianchi, si distruggeranno la salute, rinunceranno a vedere il sole per garantire ai bianchi una vita di prosperità senza pari. Tra questi giovani ci sono capi che non governeranno mai perché non abbiamo il diritto di governarci, soldati che non combatteranno mai perché non abbiamo armi con cui combattere; docenti che non insegneranno mai perché non abbiamo luoghi dove farli studiare. Le capacità, l’intelligenza, il potenziale di questi giovani andranno sperperati nello sforzo di guadagnarsi da vivere svolgendo i servizi più umili, più semplici, per i bianchi. I doni che abbiamo offerto oggi non sono niente se non possiamo offrire il dono più grande, che è l’indipendenza, la libertà. So bene che Qamata vede tutto e non dorme mail, ma sospetto che da qualche tempo si sia un po’ appisolato. Se è così spero di morire presto, almeno potrò andare a riscuoterlo, a dirgli che i figli di Ngubencguka, il fiore della nazione xhosa, stanno morendo”
Mentre il capo Meligqili parlava, il pubblico si era fatto sempre più silenzioso e, mi pareva, sempre più arrabbiato. Nessuno voleva udire le parole che egli aveva pronunciato quel giorno. So che nemmeno io volevo udirle. Le sue osservazioni, più che stimolarmi mi avevano irritato, le liquidavo come l’opinione sbagliata di un uomo ignorante incapace di apprezzare il valore dell’istruzione e i benefici che i bianchi avevano portato al paese. A quel tempo, vedevo i bianchi non come oppressori ma come benefattori e pensavo che il capo Meligqili fosse di un’ingratitudine estrema. Quell’uscita stava rovinando la mia festa, gustava la fierezza che provavo con osservazioni fuori luogo.

Ma senza che ne comprendessi pienamente il motivo, presto le sue parole incominciarono a scavarmi dentro. Un seme era stato piantato, e dopo esser rimasto in riposo per una lunga stazione, infine cominciò a germogliare. In seguito capii che quel giorno l’ignorante ero io, non il capo.

domenica 15 dicembre 2013

ARMANDO MASSARENTI: IL SENATO DELLA CONOSCENZA

da DOMENICA del SOLE 24Ore di domenica 8 Dicembre

...
Da quì potrebbe partire la riforma del bicameralismo. Il Senato dovrebbe diventare il luogo delle indagini conoscitive, del controllo dei fatti e del monitoraggio dei saperi che permettono all'intero assetto istituzionale di agire con saggezza e lungimiranza. Il modello è la House of Lords, un'istituzione "alta" che in Gran Bretagna produce documenti di analisi su problemi caldi (uno degli ultimi interventi è sulle staminali) suggerendo a Parlamento e Governo uno spettro di azioni da intraprendere per affrontarli alla luce delle migliori conoscenze disponibili. Alla luce di dati allarmanti (analfabetismo funzionale, coruzione, scarsa libertà di ricerca, d'impresa e d'informazione) appare chiaro che il Paese ha bisogno di una complessiva, graduale, coerente, ricostruzione culturale e mentale e di istituzioni e procedure ridisegnate per fare in modo che il faticoso lavoro decisionale proprio di ogni processo democratico possa viaggiare sui binari di un Paese civile e moderno.
Armando Massarenti

Proposta interessante e più concreta di tante fumosità che si sentono continuamente.
Immagino che per questo motivo non sarà considerata.

MANDELA: LA SCELTA DI FORME VIOLENTE DI LOTTA POLITICA (DAL DISCORSO DEL 20 APRILE 1964 AL PROCESSO DI RIVONIA

NELSON MANDELA "SONO PRONTO A MORIRE"  processo di Rivonia

All'inizio del 1961, dopo una lunga e tormentata valutazione della situazione sudafricana, io e alcuni colleghi giungemmo alla conclusione che, poichè la violenza nel paese era ormai inevitabile, sarebbe stato irrealistico e sbagliato per i leader africani continuare a predicare la pace e la nonviolenza in un momento in cui il governo rispondeva con la forza alle nostre richieste pacifiche.
Non fu facile giungere a questa conclusione. Fu soltanto quando ogni altra strada si era dimostrata impraticabile, quando tutti i canali di protesta pacifica ci erano stati preclusi, che venne presa la decisione di adottare forme violente di lotta politica e di costituire l'Umkonto we Sizwe. Lo facemmo non perchè desiderassimo arrivare a questo, ma soltanto perchè il governo non ci aveva lasciato altra scelta. Nel manifesto dell'Umkonto pubblicato il 16 dicembre 1961, che è il reperto AD, dichiaravamo:
"Nella vita di ogni nazione c'è un momento in cui rimangono soltanto due alternative: sottomettersi o lottare. Ora in Sudafrica è giunto quel momento. Non ci sottometteremo e non abbiamo altra scelta che rispondere ai soprusi con tutti i mezzi di cui disponiamo per difendere la nostra gente, il nostro futuro, la nostra libertà"

giovedì 12 dicembre 2013

LA STORIA DI UN UOMO DISPOSTO A RISCHIARE

LIBRO: "IO, NELSON MANDELA. conversazioni con me stesso"
estratto dalla prefazione di Barack Obama

... fornendoci questo ritratto a tutto tondo, Nelson Mandela ci ricorda di non essere stato un uomo perfetto. Anche lui, come tutti noi, ha i suoi difetti. Ma sono proprio queste imperfezioni che dovrebbero essere d'ispirazione per ciascuno di noi. Perchè, se siamo onesti con noi stessi,  sappiamo che affrontiamo battaglie piccole e grandi, personali e politiche, per superare la paura e il dubbio, per continuare ad impegnarci anche quando l'esito della lotta è incerto, per perdonare gli altri e sfidare noi stessi.
La storia raccontata da questo libro - e la storia della vita di Mandela -  non è quella di esseri umani infallibili e di un inevitabile trionfo. E' la storia di un uomo disposto a rischiare la vita per ciò in cui credeva e che ha lavorato incessantemente per condurre quel genere di esistenza che avrebbe reso il mondo un posto migliore.
Alla fine, è questo il messaggio di Mandela a ognuno di noi. Per tutti ci sono giorni in cui sembra che cambiare sia impossibile, giorni in cui le avversità e le nostre imperfezioni possono indurci a desiderare di imboccare un sentire più facile, che eviti le nostre responsabilità verso gli altri. Perfino Mandela ha vissuto giorni come questi...


domenica 8 dicembre 2013

MANDELA. IN LUI VENERIAMO ANCHE CHI NON CE L'HA FATTA

Tra le tante cose lette e sentite in occasione della morte di Nelson Mandela, segnalo l'articolo di Emanuele Trevi sul Corriere di domenica 8 dicembre.
trascrivo le ultime righe
"quel sublime avanzo di galera appartiene a un'altra pasta di uomini: gente che nella maggior parte dei casi muore ammazzata o finisce i suoi giorni in una cella puzzolente.
E se per un eccezione concorso di circostanze storiche e tenacia del carattere uno di questi uomini arriva a vincere, vince davvero per tutti gli altri.
La dignità e la bellezza di Nelson Mandela sono talmente grandi che, venerando la sua memoria, noi veneriamo anche quella di tutti coloro che non ce l'hanno fatta."