sabato 28 marzo 2015

IL LETTORE STOLTO (16). FRANCO SCAGLIA. IL GABBIANO DI SALE

IL LETTORE STOLTO (16). FRANCO SCAGLIA. IL GABBIANO DI SALE

Sto leggendo il secondo libro di Scaglia incentrato sulla figura di Padre Matteo, ora Custode di Terra Santa (un po' stretto e a disagio nel suo ruolo).
Il racconto, pur conservando sempre l'impostazione di una vicenda complessa e misteriosa, mi sembra più fluido del libro precedente.
Un pregio di Scaglia mi sembra quello di saper rendere seducenti i luoghi di cui parla.
Dopo aver letto il suo libro sono andato su Internet a cercare Ginostra e i possibili alloggi. Anche Gerusalemme, come descritta da Scaglia, si propone come una meta desiderabile (quando terminerà l'oppressione, Israele, Palestina e Giordania saranno luoghi che vorrò visitare, anche per il fascino che la cultura ebraica suscita in me.
Un altro pregio di Scaglia è quello, pure volendo cercare di comprendere le ragioni di tutti i contendenti e manifestando un comune e condivisibile sincero anelito di pacificazione, di non confondersi e di vedere chiaramente chi, in questo momento storico è l'oppresso e chi è l'oppressore, e lo ricorda inserendo nelle pagine del libro estratti di vita quotidiana di comune oppressione.
Ecco un brano esemplificativo:
" In libreria c'era anche un militare che si presentò, era il sergente maggiore della riserva Dov Joseph, 31 anni, e nella vita civile faceva l'avvocato. Con Gruber si conoscevano di vista, Joseph mi scelse come interlocutore e mi spiegò che l'occupazione militare era incompatibile con l'ebraismo (mia nota: il libro è del 2004, in quel tempo credo che Israele occupasse ancora militarmente Gaza, da cui si ritirò, rendendo la Striscia una galera de facto per gli abitanti, nel 2005 per decisione di Sharon). L'aveva capito a un posto di blocco. C'era una lunga coda di auto palestinesi, ferme da ore. Era arrivato un colono e aveva sorpassato tutti a grande velocità. Lui lo aveva fermato per identificarlo e quello aveva reagito male. "Che cosa sono io, un arabo?", aveva urlato.
Quel giorno Dov Joseph aveva deciso che un popolo meraviglioso che si vantava di aver fatto rifiorire il deserto non poteva buttare giù con le ruspe gli ulivi dei palestinesi
(...)"

mercoledì 25 marzo 2015

IL LETTORE STOLTO(15) FRANCO SCAGLIA. IL CUSTODE DELL’ACQUA

IL LETTORE STOLTO(15) FRANCO SCAGLIA. IL CUSTODE DELL’ACQUA
Una breve riflessione sul libro appena letto
Inizio con una citazione
“Adesso vi racconterò la storia del Buon Soldato”
(…)
Vidigal raccontò: “Immaginate un quartiere di Gerusalemme est dove la popolazione è povera, affamata, i ragazzi sono tutt’ossa. Per loro valgono questi versi. Per loro valgono questi versi:
(…)
“… Immaginate allora quel quartiere dove ci sono tante bocche da sfamare e i ragazzi sono armati di pietre. Le cime biancastre delle colline della giudea sono ricoperte di un delicato velo verde. Su quelle colline i giovani palestinesi perdono la vita. In quel quartiere i bambini offrono il petto a un fucile israeliano invitando una recluta adolescente a sparare. Vivono in misere case, dove spesso l’unico pezzo di arredamento, magari un armadietto con la vetrina di cristallo, è stato fracassato durante una perquisizione.
Immaginate un bambino con un occhio chiuso, giallo e pieno di pus. Se gli sollevi la palpebra vedi che il bulbo oculare è spaccato, E’ un proiettile di gomma che l’ha colpito. Immaginate un taglia pietra al quale una scheggia ha lacerato una mano. E, prima di arrivare all’ospedale, è stato fermato a un posto di blocco militare e costretto per ore a rimanere in ginocchio sotto il sole. Immaginate in quali condizioni sia la mano. Immaginate un bambino di sei anni colpito al viso dal calcio di un fucile per aver disegnato sul muro la bandiera palestinese. E un altro bambino ferito in tutto il corpo da pezzi di vetro perché un soldato ha sfondato una finestra per entrare in casa sua. Immaginate che tutti costoro e altri ancora siano nelal strada centrale e polverosa del loro quartiere. Arriva un’auto israeliana e alla guida c’è il Buon Soldato. E’ giovane. Forse non si rende conto dov’è capitato. Appena quel popolo di storpi, mutilati, semiciechi si accorge di lui circonda la sua auto. Il Buon Soldato, esce, spara in aria, fugge. L’automobile viene bruciata e del Buon Soldato non si sa più nulla (…)”


Faccio fatica ad esprimere un giudizio su questo libro. Non per il paragrafo che ho trascritto sopra, questo sia pure romanzato è una fotografia illuminante di cosa è l’oppressione dell’occupazione, più vera (più continua, più feroce, più devastante) delle immagini, che suscitano l’indignazione, con scadenza, di alcuni di noi, di bombardamenti in occasioni delle periodiche guerre dalla potenza asimmetrica tra in contendenti.

E’ il racconto nel suo complesso, nel quale ogni personaggio, in qualsiasi dialogo parla per enigmi o per immagini che spesso non capisco, un parlare quasi solo per citazioni o per allusioni. Il protagonista si muove a volte sperso tra persone che muovono le fila con apparente onniscienza tanto che mi chiedo perché tutta quella serie di intrighi, non potevano risolvere il tutto con un paio di telefonate?

Il complesso del romanzo è affascinante perché tratta di uno dei luoghi più affascinanti (misteriosi, dolorosi, intriganti) del mondo (forse per gli aborigeni australiani Gerusalemme significa poco, ma purtroppo per loro, e forse per noi, non sono loro a tenere in mano le redini del mondo –e neppure gli atei –altro “purtroppo”). Io non conosco la città, non conosco Israele e la Palestina – che non visiterò finchè ci sarà l’Oppressione – e mi fido della conoscenza di Scaglia che è abilissimo nel descrivere i luoghi e farceli sognare (come mi fa sognare Ginestra, luogo che vorrei visitare).

A mio modo di vedere al termine del romanzo, quando è costretto a completare i giochi e a svelare gli arcani, Scaglia coglie con grande realismo l’obiettivo vero dei contrasti. Precipita un po’ improvvisamente ma ha il merito di ridurre i giochi al cinismo della volontà di potenza e di dominio degli uni sugli altri.



domenica 22 marzo 2015

IL LETTORE STOLTO (14) FRANCO SCAGLIA. IL CUSTODE DELL'ACQUA

IL LETTORE STOLTO (14) FRANCO SCAGLIA. IL CUSTODE DELLE ACQUE

Ho trovato la presentazione dei libri di Franco Scaglia in un articolo sulla DOMENICA DEL SOLE 24ORE, e sono stato incuriosito. Ho cercato i libri nel SBV e li ho facilmente trovati.

Il protagonista è padre Matteo , un archeologo francescano che agisce in Israele, e la struttura credo sia tra la spystory e il giallo. Ambientare le trame dei libri in quell’ambiente dove la verità appare più che frantumata in mille schegge come di uno specchio rotto, nascosta e distorta come riflessa da uno specchio deformante, mi appare coraggioso. Sono alle prime pagine del primo libro, quindi Scaglia per ora è tutto terreno inesplorato e misterioso. Ci sono dei segnali positivi, come questo paragrafo che ho trovato e che trascrivo.

“Lo pregai di ascoltarmi con attenzione. Gli offrii ancora un bicchiere di vino e gli raccontai che ero nato a Ginostra, nell’isola di Stromboli (…) Vivevano con noi due gatti, Mustafà e Nenè, fratello e sorella. (…) Un pomeriggio, dunque, ero nel “nostro giardino” e stavo provando ad accomodare una vecchia sedia a dondolo. Avevo dieci anni e una naturale abilità nelle mani, che in seguito ha contribuito al mio successo come archeologo. Sentii qualcosa che somigliava a un gemito prolungato, acuto. Apparve Mustafà e aveva in bocca un topo. I lunghi baffi di Mustafà si intrecciavano con la code del topo che batteva l’aria in su e in già con forza e disperazione. Mustafà affondò i denti con crudele lentezza nel collo del topo che emise qualcosa di simile a un sospiro. Durò a lungo. Quando finì ebbi la sensazione che qualcuno mi stesse guardando. Mi voltai e vidi un topo più grande non lontano da me: mi fissava immobile. Immaginai si trattasse della madre del piccolo topo che nel frattempo Mustafà aveva abbandonato davanti ai miei piedi, Mamma topo guardò suo figlio e poi Mustafà, ora distratto e assente, e scomparve nell’erba.

Quella sera cenai di malavoglia. Ero spaventato e scosso dalla violenza alla quale avevo assistito. Andai a letto presto. Dormii un sonno agitato, non trovavo la posizione,e quando mi svegliai vidi mamma topo. Era diritta sulle zampette a metà del letto, mi fissava. Pensai di stare sognando. Non era così. Feci un movimento e mamma topo saltò via. Mi convinsi che fosse venuta a comunicarmi la sua sofferenza. Perché aveva scelto me?

Trascorsi la mattina a leggere, ero turbato. Dopo pranzo tornai in camera a prendere delle carte. Dovevo finire un tema per la scuola. Sul letto Mustafà faceva le fusa. Sotto una zampa, mamma topo stava agonizzando. Mi avvicinai. Mustafà senza guardarmi soffiò forte per comunicarmi che dovevo tenermi a distanza. Mamma topo soffrì per molto tempo. Quando finalmente morì, Mustafà smise di fare le fusa e restò immobile con gli occhi nel vuoto.

Credo che sia stata proprio quella vicenda, l’insignificante violenza su due topi, a orientare il mio cuore e la mia mente verso gli indifesi e i deboli. Un uomo di Dio, per contratto e vocazione, ama e protegge chi soffre. Mala morte di mamma topo e di suo figlio mi fece odorare la sofferenza, aiutandomi a capire come la vita di un umiliato e di un offeso sia molto facile da distruggere”


Penso che scrivere questo apologo in un libro ambientato in Palestina/israele/TerraSanta (già ognuno la chiama come la pretende) non sia neutro e insignificante. Ma scrivere che differente è stare per sforzo intellettuale dalla parte dei sofferenti e odorare la paura e la sofferenza, dice molto a me, a noi, e anche a chi dei sofferenti ne fa carne di strumentalizzazione e di politica squallida.

sabato 21 marzo 2015

IL LETTORE STOLTO (13) MAGRIS MERITA UNA LETTURA LENTA.


IL LETTORE STOLTO (13) MAGRIS MERITA UNA LETTURA LENTA.
CLAUDIO MAGRIS. ALFABETI
Fontane. La vecchia Prussia e il futuro

Questo libro di Magris, bello e sostanzioso, viene assunto con parsimonia, a volte lasciando passare uno o due giorni tra una somministrazione e l'altra. Ho l'impressione che Magris meriti tutta la lentezza che i tempi di riconsegna in biblioteca consentono. Sarebbe probabilmente uno spreco forzare la lettura anche quando il rigore dello stile e il contenuto non immediato suggerirebbero un po' di distrazione. Penso che correrò il rischio di riconsegnarlo non finito, e magari riprenderlo dopo qualche tempo, piuttosto che non godermelo tutto. Questo breve paragrafo che trascrivo sotto, trovato appena aperto nel nuovo capitolo, mi da ragione.

Amare il vecchio, vivere per il nuovo: non è detto che ciò che amiamo sia sempre degno e capace di vivere né che ciò per cui, volenti o nolenti, si vive possa o sappia destare il nostro amore. Talvolta si ama qualcosa solo perché è cresciuta con noi, è lo spazio e il terreno della nostra vita, anche quando ne vedessimo l'indegnità, l'immoralità oggettiva, non smetteremmo di amare quel mondo, perché è il nostro.
Allo stesso modo, si può capire e approvare non solo l'inevitabilità, ma anche la superiore giustizia di un mondo nuovo che sorge e cooperare onestamente al suo sorgere, ma con intimo disagio, perché ci si rende conto che la sua aurora è il nostro tramonto

IL LETTORE STOLTO (12) "IL CERCHIO" di DAVE EGGERS

IL LETTORE STOLTO (12) "IL CERCHIO" di DAVE EGGERS



A un certo punto, nel corso della lettura de IL CERCHIO di Dave Eggers mi sono posto una domanda. Questa nazione che inizia la propria costituzione in questo modo clamoroso “Noi, popolo degli Stati Uniti...” come mai, nella propria epica, deve sempre dipendere dall'eroe solitario, prima vilipeso e disconosciuto e poi riordinatore del mondo, vendicatore dei torti? E questo popolo, NOI, per tre quarti della narrazione appare massa amorfa.

Così sembrava indirizzarsi Eggers, che invece, non dico come, stupisce.

Rampini ha avuto ragione nel suggerirmi questo libro. Forse a volte la narrazione appare ingenua (ma è finta ingenuità o sottile sarcasmo sul nostro stupore beota di fronte alle possibilità delle nuove tecnologie?) e l'intenzione di apparire il George Orwell del terzo millennio forse è fin troppo palese.

Però il racconto scorre piacevole, personalmente faccio un po' di confusione tra qualche personaggio (ma questo dipende da me e dalla lettura contemporanea di più libri), e la tematica appare sufficientemente realistica e inquietante da far venire voglia di concluderlo.

E la conclusione, anche se la si intuisce a un certo punto, non è per nulla scontata.

Tra le righe Eggers si permette, senza tralasciare le sue tesi, di lanciare qualche sferzata, per esempio ai fondamentalisti cristiani della “bible belt” della profonda America

Fa sorridere, pensando agli streaming (un po' passati di moda, sembra) del M5S, la vicenda centrale della trasparenza. Eppure, siamo ancora ben in credito di trasparenza in questa Italia dei segreti e della corruzione prima di superare il limite di equilibrio e passare nella patologia illustrata da Eggers.

Un bel libro alla fine, è stato piacevole leggerlo. Questo è uno di quei libri buoni per i gruppi di lettura, la discussione sarebbe sicuramente interessante ed accesa. Mi sento di fare una previsione non azzardata ipotizzando un film tratto da questo libro, il rischio è che sia prodotto da Google o da FB.

giovedì 19 marzo 2015

IO SONO VERTICALE

IO SONO VERTICALE
sul calendario 2015 che ho comprato ai mercatini di Natale dalle amiche di Mariposa /Linea d'Ascolto ho trovato, nella pagina di Marzo, questa poesia, di Sylvia Plath.
Senza poter spiegare razionalmente perché, trovo questa poesia stupenda.

IO SONO VERTICALE
Ma Preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
succhiante minerali e amore materno
così da poter brillare di foglie a ogni marzo,
né sono la beltà di un'aiuola
ultradipinta che susciti grida di meraviglia,
senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero è immortale
e la cima di un fiore, non alta, ma più clamorosa:
dell'uno la lunga vita, dell'altra mi manca l'audacia.

Stasera, all'infinitesimo lume delle stelle,
alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre dormo
forse assomiglio a loro nel modo più perfetto -
con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata è per me più naturale.
Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio,
e sarò utile il giorno che resto sdraiata per sempre:
finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me

domenica 15 marzo 2015

IL LETTORE STOLTO (11). HAI RAGIONE ANCHE TU!

IL LETTORE STOLTO (11). HAI RAGIONE ANCHE TU!
Già mi vedo protagonista della scenetta
l.s.: "Andrea Bertaglio, hai proprio ragione"
l.s.: "Luca Simonetti, hai proprio ragione"
ficcanaso: "Ma l.s. non puoi dare ragione ad entrambi"
l.s. " Ficcanaso, hai proprio ragione" 

IL LETTORE STOLTO (10) DAVIDE EDMONDS. UCCIDERESTI L'UOMO GRASSO?

IL LETTORE STOLTO (10) DAVIDE EDMONDS. 
UCCIDERESTI L'UOMO GRASSO?

Avevo letto la recensione di questo libro credo su LA DOMENICA del SOLE24ORE di qualche mese or sono.
Ho capito dal titolo che avrei comprato questo libro. Sono stuzzicato, coinvolto, incuriosito da titoli come questo.
In realtà mi incuriosisce anche il sottotitolo " Il dilemma etico del male minore", perchè mi rendo conto che sia un dilemma dal quale io con il ragionamento razionale non so uscire. La mia logica è troppo carente e le mie basi filosofiche sono troppo "filosofia da bar" per cui spesso mi accorgo di vuoi arrivare a soluzioni troppo raffazzonate e "per via breve", vuoi al contrario essere assolutamente immobile incapace di prendere alcuna soluzione.
Spero in un aiuto da parte di questo libro.

Ecco il dilemma RAMO DEVIATO
"Un uomo è in piedi al lato dei binari quando vede un treno lanciato in corsa verso di lui: chiaramente i freni non hanno funzionato. Più avanti ci sono cinque persone legate sui binari. Se l'uomo non fa nulla, i cinque saranno travolti e uccisi. Per fortuna, accanto a lui, c'è una leva di scambio: agendo sullo scambio manderà il treno fuori controllo su un altro binario, un ramo deviato, proprio lì, poco più avanti. Ahimé, c'è un intoppo: sul ramo deviato vede una persona legata sui binari; il cambiamento di direzione comporterà inevitabilmente l'uccisione di questa persona. Che cosa dovrebbe fare?"

Il protagonista, l'Uomo Grasso, non è ancora entrato in scena.

IL LETTORE STOLTO (9) DAVE EGGERS. IL CERCHIO

IL LETTORE STOLTO (9) DAVE EGGERS. IL CERCHIO
Sto leggendo questo libro IL CERCHIO di Dave Eggers. L'ho prenotato in biblioteca perché non era subito disponibile, è arrivato dopo un po' di tempo,  così quando è arrivato non ricordavo più perché lo avevo prenotato. Credo che lo avrò trovato citato da Rampini nel libro RETE PADRONA.


Mi sembra abbastanza ingenuo nel porre le proprie tesi, però la storia è leggibilissima e ben costruita.
Oggi voglio solo proporre questo stralcio che rimanda, nella vicenda della protagonista (Mae),  in modo neppure troppo velato, alla Julia di 1984.
"Bé, grazie, Mae Ti ringrazio. Ma la cosa di cui dobbiamo parlare è ... bé mettiamola in un altro modo. Tu sai che questa non è una di quelle aziende dove si timbra il cartellino. Mi spiego?"
" Oh, lo so. Non vorrei... Ti ho forse lasciato intendere che pensavo..."
"No, no. Non mi hai lasciato intendere nulla. E' solo che non ti abbiamo più visto molto da queste parti dopo le cinque, e così ci chiedevamo se eri... bé, ansiosa di andartene."
"No, no. Hai bisogno che io resti qui più a lungo?"
Dan ebbe un fremito. "No, non è questo. Tu sbrighi il tuo lavoro nel migliore dei modi. Ma ci sei mancata al party del Vecchio West di giovedì sera, che è stato un evento piuttosto importante di team-building centrato intorno a un prodotto di cui siamo tutti molto fieri. Non sei venuta ad almeno due eventi per i novellini, e al circo, bé, sembrava non vedessi l'ora di andartene. Credo che tu sia rimasta non più di venti minuti. e queste cose sarebbero comprensibili se il tuo Grado di Partecipazione non fosse così basso. Sai qual è?"
Mae immaginava che fosse nella fascia tra otto e novemila. "Credo di sì"
"Tu credi", disse Dan guardando lo schermo. "E' 9101. Ti sembra che vada bene " Era sceso nell'ultima ora, dall'ultima volta in cui Mae aveva controllato.

giovedì 12 marzo 2015

IL LETTORE STOLTO (8) MANZINI MAGRIS

IL LETTORE STOLTO (8) MANZINI MAGRIS

Improvvisamente ho chiuso il libro e l'ho messo sulla pigna di quelli da riportare in biblioteca. Quale? "Pista nera" di Manzini. Rocco Schiavone, il protagonista mi ha nauseato. Come mai? Perché improvvisamente ho sentito di aver raggiunto la saturazione quando nel precedente romanzo ero stato parzialmente divertito dal personaggio e dal contesto? Oggi me lo sono chiesto.
Sono giunto alla conclusione che in un "giallo" seriale cerco non solo il plot, il crimine e l'indagine per smascherarlo, cerco anche dei personaggi che mi dicano qualcosa, che possano essere degli archetipi, che nel loro relazionarsi con la società complessa che li circonda propongano delle risposte e degli atteggiamenti anche di rottura, non conformisti, provocatori.
Schiavone é conformista.

Non mi dice nulla di nuovo, non mi fa fare nessuna scoperta. Non mi svela un mondo sconosciuto. Il linguaggio è il comportamento di Schiavone non sono elemento di rottura in un mondo delle relazioni umane ipocrite e fintamente cortesi. Anzi, viene a noia perché rispecchia la triste realtà. Non ho bisogno di leggere Manzini per trovare la volgarità pesante e prevaricatrice, la realtà me la mostra ogni giorno, banalmente basta sintonizzarsi su Radio24 alle 18.30 per esempio.
La gentilezza e lo sguardo comprensivo sono rivoluzionari oggi, la com-passione è il rispetto sono elementi di rottura. Schiavone sarebbe stato interessante se avesse scoperchiato la cloaca sotto il bon-ton. Ma la cloaca oggi rende e non approfittarne sembra atteggiamento da deboli o stupidi. O stolti.

A proposito della forza rivoluzionaria della gentilezza e del comportamento civile, due risposte di una bella intervista al Fatto Quotidiano di un intellettuale che ammiro molto: Claudio Magris. Una persona che sa esprimere posizioni nette e dure senza dare l’impressione di alzare mai la voce o di usare un linguaggio volgare.

Su Il Corriere ha scritto che la borghesia “pronta e incline a ogni indecenza, ha perso il diritto di definirsi borghese, parola che per Mann, Croce, Einaudi e tanti altri significa tutt’altra cosa. Una borghesia che diventa anche politicamente il contrario di se stessa ossia populismo, democrazia per acclamazione di caudillos”.
Marx parlava di Lumpenproletariat, proletariato intellettualmente e moralmente pezzente, disponibile a qualsiasi manipolazione politica, contrapponendolo al proletariato consapevole. Usò questa parola, lumpen, anche Sandro Pertini a proposito dei brigatisti. Oggi la società italiana è sempre più una pappa gelatinosa, una specie diLumpenbourgeoisie, di borghesia intellettualmente pezzente anche quando è benestante, che non ha nulla a che vedere con la borghesia classica. Una classe colloidale in cui anche virtù e vizi borghesi sono scomparsi: non c’è più nemmeno quel modo benpensante, che era comunque l’omaggio del vizio alla virtù.

Che danni ha causato la scomparsa della borghesia?
Improvvisamente certe cose, che prima erano date per scontate, non lo sono più state. Se ora mi metto le dita nel naso, lei si offende giusto? Non è un delitto, ma non è educato. Qualcosa, sul piano civilmente più superficiale è cambiato. Fare le corna dietro la testa di un ministro, come ha fatto Berlusconi, non è immorale. Ma ci immaginiamo De Gasperi, alla Conferenza di pace di Parigi che – mentre dice ‘Sento che tutto, tranne la vostra cortesia, è contro di me’ – fa le corna? Sembra un dettaglio folkloristico, in realtà è una premessa per l’ignoranza. Un male terribile che ci affligge, perché se non sappiamo metter in ordine una frase e distinguere tra nominativo e accusativo, non distinguiamo chi ruba e chi viene derubato.

Questo è il link per tutta l’intervista.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/18/claudio-magris-intervista-italia-paese-dove-nessuno-sivergogna/781730/

Mi piace citare un brano del libro ALFABETI.

“C’è anche un’altra strategia, quella di chi non patisce l’assenza della vita – di una vita che non è mai, ma ha sempre ancora da aggiungere – bensì tenta di prolungare questa attesa della vita, nella speranza che essa non giunga mai, perché crede che, se venisse, comporterebbe qualcosa di tragicamente distruttivo, che l’attesa e il rinvio differiscono e allontanano.. Questo motivo percorre per esempio i racconti di Walser, i cui personaggi cercano di vivere sempre nell’attesa della vita, nella sua anticamera, in quanto l’esistenza reale, in ogni sua determinazione, appare insopportabile. Si vuole quindi vivere in una indeterminatezza che dovrebbe essere la vita vera, una vita pura ed essenziale, spogliata di tutte quelle determinazioni che la specificano, che la rendono reale, ma che vengono sentite come intollerabili.

La vita vera appare allora la vita indifinita, astratta, inesistente; una anticamera della vita che è una pura essenza e assomiglia paurosamente al nulla. Già Ibsen aveva dato dei grandissimi esempi di questa tattica elusiva, si pensi a quel suo personaggio che vuole scrivere un grande libro sulla vita, per poi cominciare finalmente a vivere, ma non riesce e non vuole mai riuscire a finire questo libro, perché poi comincerebbe il vero problema, la tragica scoperta di non essere all’altezza della vita



Fra queste pieghe si può anche ridere del nulla che incombe e che Svevo ha evocato nell’ultima, estrema pagina scritta alle soglie della morte. In questo fulmineo apologo, il solito vecchio, a mezzanotte, sta andando a letto, dove la moglie sta già russando pesantemente. Mentre il vecchio si spoglia, pensa che è mezzanotte, l’ora in cui potrebbe venire Mefistofele e proporgli l’antico patto. Da personaggio totalmente secolarizzato qual è, egli pensa che darebbe subito al diavolo la propria anima, senza incertezze, ma per che cosa, per quale bene da ottenere in cambio? Non certo per la giovinezza, pensa, che è piena di dolori, sebbene anche la vecchiaia sia orribile; non per l’immortalità, perché la vita è intollerabile, per quanto pure la morte sia orrenda.

Egli si accorge, in questa estrema parabola occidentale dell’estinzione del desiderio, che in fondo non avrebbe niente da chiedere al diavolo. E allora egli si immagina mentre sta spogliandosi, Mefistofele che, nell’inferno, si gratta perplesso la barba, rappresentante di una ditta che ha ormai poco da offrire e che sul mercato sta perdendo quota. A questa immagine egli ride forte, e mentre ride si infila nel letto; semisvegliata da quel suo riso, la moglie accanto a lui borbotta: e si gira dall’altra parte, tornando a scivolare nel sonno”


domenica 8 marzo 2015

IL LETTORE STOLTO (7). SERMONTI (Pennac), MANZINI, CAMILLERI, P.D.JAMES, KANT

IL LETTORE STOLTO (7). SERMONTI (Pennac), MANZINI, CAMILLERI, P.D.JAMES, KANT

Alla fine ho dato ragione a Pennac. Se un libro non ti prende, chiudilo. L'ho fatto. Non sono riuscito a finire IL VIZIO DI LEGGERE di Sermonti. Per carità, probabilmente sono io che non sono riuscito ad aprire abbastanza porte nel mio cervello per consentire a quell'autore di farmi comprendere il suo messaggio. Ma, lo leggevo, insistevo da uno stralcio all'altro e non mi appassionavo. Forse anche il titolo, IL VIZIO DI LEGGERE. Questo disfemismo mi ha un po' infastidito, che, occorre ammetterlo, è degno di profonda incoerenza da parte di uno che si picca di chiamare IL LETTORE STOLTO, i suoi abbastanza inutili (falso disfemismo!!!) interventi.

Insomma, un saluto a Sermonti, un arrivederci spero.

Complice una momentaccio dal punto di vista della salute, ho preferito buttarmi su letture disimpegnate, mancando la forza e la capacità di applicarmi a riflessioni sufficientemente sofisticate.

Su suggerimento del SOLE 24 ore ho preso in biblioteca un paio di romanzi di Manzini, incentrati sulla serie del Vicequestore Rocco Schiavone. Ho letto LA COSTOLA DI ADAMO.

Ho letto velocemente e volentieri il giallo, ma non sono entusiasta del personaggio. Delle due l'una, o è troppo realistico (e allora ho qualche pensiero sulle Forze dell'Ordine in Italia che non vorrei avere) o è troppo macchiettistico, e quindi si cade nell'eccesso manieristico di dipingere con ombre i personaggi per aiutarci ad amarli “pieni di macchie e di paura”. E' come se Montalbano fosse in mezzo e Schiavone ondeggiasse ai due estremi della bilancia. I dialoghi sono spesso piacevoli nella loro brutalità, una scena comica mi ha fatto lacrimare dal ridere, tanto bene era resa, e sono molto toccanti i suoi colloqui con la moglie (a mio avviso la parte più vera e più simpatetica del libro). Ho iniziato LA PISTA NERA. Facendo il paragone con Moltalbano, non ho trovato niente di meglio che prenderne un paio dalla biblioteca (UN COVO DI VIPERE e LA LUNA DI CARTA ). Sono due romanzi che mi sono piaciuti- tra l'altro LA LUNA DI CARTA l'ho anche in casa e non ricordavo di averlo. Questo non sarebbe ancora grave, ma se lo avessi anche letto e non mi ricordassi assolutamente di averlo letto...? Dovrei dire due parole a quel signore tedesco...

L'impianto è semplice, la soluzione è facilmente intuibile già a metà libro ( a volte Camilleri mi è sembrato più complesso da svelare) e i personaggi, sono, a mio avviso, sempre straordinari – anche se ho sempre più l'impressione che Camilleri si sia stancato di Augello o si sia pentito di averlo fatto sposare. Leggo Camilleri senza pormi tante domande, immergendomi nel racconto, parteggiando per quello o quell'altro personaggio, divertendomi dell'occhio sbarazzino con cui Camilleri tratteggia le donne. Sbarazzino ma a mio avviso estremamente rispettoso anche nel guardale con occhio maschio e nel raccontare le molteplici dinamiche del rapporto tra uomini e donne.

Ho iniziato LA PAZIENTE PRIVATA di P.D.JAMES. Sempre appassionante, ma la struttura del romanzo, con le sue lunghe e precise descrizioni, l'apparente lentezza dello svolgersi della trama, quasi in unità di tempo, il succedere degli eventi soprattutto nella parte delle indagini (che iniziano di solito a metà libro) impongono una lettura con momenti di pausa tra un capitolo e l'altro.

Concludo con parole spesso citate ma che, in questo periodo (stretto tra l'insorgere di barbari che pervicacemente cercano di cancellare la storia e la memoria di parte dell'umanità, e piccole personcine grette e meschine che fanno e ottengono dal loro essere grette, meschine e false, di essere ascoltate e ritenute degne di fiducia mal posta) sono ancora in grado di indicarci la strada.

Le traggo dal libricino KANT, FOUCAULT: CHE COS'è L'ILLUMINISMO

“L'Illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l'incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza esser guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell'illuminismo”