domenica 20 settembre 2015

E il relativismo libertario tollerante diventa l'alleato dell'altrui ortodossie intolleranti

E il relativismo libertario tollerante diventa l'alleato dell'altrui ortodossie intolleranti
Ci sono molti spunti interessanti e profonde riflessioni in questo breve ma denso libro di Levi della Torre. Trovo questo brano che trascrivo (un po' lungo, contrariamente ai miei post di solito brevi e sintetici) particolarmente interessante ed utile perchè sento che mi mette in discussione e mette "in salutare crisi" il mio essere laico, tollerante, relativista e multiculturalista. E mettersi in discussione è sempre utile. Buona lettura

il brano:
Stefano Levi Della Torre, Laicita, grazie a Dio”. 
pagina 87 
paradossi del relativismo
C'è d'altra parte un relativismo laico così coerente e così congegnato da finire tra le braccia delle ortodossie più retrive. Quando un qualche fatto discutibile se non grave pare riferito a consuetudini vigenti in un qualche gruppo umano, questo relativismo propone di astenersi dal giudizio con la formula "è la loro cultura "; mi spiego più diffusamente.

Si è fatta strada in questi anni, tra alcuni filosofi ma anche nel senso comune un relativismo coerente o meglio estremo, secondo cui il concetto stesso della verità è autoritario, ed è etico nonchè realistico considerare che molte sono le verità, ciascuno ha la sua (o le sue) o magari ciascun gruppo umano e ciascuna cultura. Ne risulta che l'unica verità universale ammissibile, o, paradossalmente, l'unica verità assoluta, è il relativismo stesso. Secondo una simile logica, tra le tesi tolemaiche del cardinale Bellarmino e di Urbano VIII, e quelli di Galileo, dagli stessi condannato, non avrebbe senso prendere partito, poiché anche la verifica sperimentale e la prova scientifica hanno vigenza solo in relazione a determinati criteri e paradigmi, ai sistemi di riferimento che si scelgono e non ad altri; comunque i loro risultati non sono mai definiti come la storia della scienza dimostra. Ne consegue che la verità e ciò in cui si crede. Ora, questo relativismo è una deriva oltranzista della nobile idea della tolleranza, secondo cui ciascuno ha il diritto di pensarla come crede; idea che però giunge, per ossessione di coerenza, a non far più distinzione tra dimostrazione (logica e sperimentale) e credenza. In polemica con la prepotenza prevaricatrice delle verità assolute della teologia o dell'ideologia, ma anche delle verità dimostrate dalla scienza, questo relativismo si presenta come estrema conseguenza della laicità, e tuttavia è la posizione più vicina al criterio della fede: la verità e ciò in cui si crede, e un atto soggettivo di fede. Non è un credere a ciò che si dimostra vero, ma è uno proclamare la verità ciò in cui si afferma così dimostra di credere. In quanto consanguineo della fede, anzi sua caricatura laica, questo relativismo, questa apoteosi del relativo, ruotando su se stessa, finisce per essere un'apoteosi dell'assoluto: poiché ogni credere solo vanamente cercherebbe verifiche obiettive esterne a sé, essendo in realtà autoriferito, spiegazione do sé con se stesso, in un giro vizioso tautologico. Ciascuno ha le proprie convinzioni e nessuno ha il diritto volo autorità di interferire in esse: dunque la verità di ciascuno è assoluta, la sua interpretazione dei fatti, il suo vissuto sono assoluti, senza contraddittorio. Questa impostazione, che ha la pretesa di rappresentare la più rigorosa consequenzialità epistemologica, decostruzionistica e libertaria, finisce per incatenare ciascuno alle sue credenze, per distruggere il linguaggio, luogo principale della confrontabilità delle cose e delle valutazioni. E un altro paradosso consegue: la parentela strutturale tra questo relativismo il fondamentalismo,: poiché se il nocciolo del fondamentalismo sta nel ritenere che la propria interpretazione dei testi è l'unica possibile e valida, questo relativismo, nel corso stesso della sua consequenzialità, si rovescia nel suo opposto, giungendo alla conclusione che non una, ma ogni interpretazione è assolutamente valida per se stessa indipendentemente da ogni altro: che ogni interpretazione non solo è legittima ma autonoma e assoluta. Sul piano politico, le conseguenze di queste impostazioni sono ben visibili: il sacrosanto rispetto delle altrui culture, estremizzato, si traduce nel dovere morale ed epistemologico di non intervenire interferire in esse, di sospendere ogni giudizio intorno ad esse per non ledere il diritto assoluto alla differenza. Ma nei rapporti tra gruppi umani le differenze di mentalità, di costumi, di cultura, di religione si rappresentano in prima istanza attraverso le identità più riconoscibili e canoniche: le mentalità più tradizionali, le forme culturali più caratteristiche o persino più folkloristiche, gli stereotipi diffusi radicati all'interno di ciascun gruppo, le forme religiose più ufficiali e codificate. Così, il rispetto delle altrui culture si riduce al rispetto dell'altrui ortodossie; e ciò a scapito delle differenze e libertà individuali, e delle posizioni critiche interne alla comunità altra. E il relativismo libertario tollerante diventa l'alleato dell'altrui ortodossie intolleranti

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