domenica 13 settembre 2015

LO STOLTO LETTORE: RIFLESSIONE SULL'ESSERE LAICI ED ATEI IN SALUTE

LO STOLTO LETTORE: RIFLESSIONE SULL'ESSERE LAICI ED ATEI IN SALUTE
UN GIOBBE ATEO
riflessione su LAICITA', GRAZIE A DIO di Stefano Levi della Torre

Nel suo interessante e denso saggio sulla laicità, Stefano Levi della Torre si dilunga sulla vicenda di Giobbe, giusto che sopporta con rassegnazione le sventure che subisce, perchè sia messa alla prova la sua fede in Dio, senza mai bestemmiare il nome di Dio stesso o perdere la sua fiducia in lui.

E' un esempio che viene usato nelle discussioni sulla teodicea. Però, senza voler essere blasfemo, a me fa venire in mente quella facezia, che si incontra in diverse narrazioni, di colui che è ateo convinto finchè l'aereo su cui viaggia non comincia a precipitare.

Voglio dire che la consuetudine è l'immagine del fedele che, mediamente retto nel corso della sua vita, è messo alla prova da una malattia inesorabile, piuttosto che del bimbo innocente stroncato all'inizio della sua vita.

Ma la mia esperienza, limitata certo e forse poco significativa, è quella di vedere persone che, non religiose se non proprio atee, acquisita la consapevolezza di precipitare verso la fine della propria vita, spaventate da questo esito si aggrappano verso una speranza di riscatto o di restituzione di felicità dopo la sofferenza senza soluzione in un momento post mortem.

E mi chiedo: io come mi comporterò? E' facile forse essere laico e ateo in salute e senza eccessivi problemi. Ma se il mio areo cominciasse a precipitare, la paura avrebbe il sopravvento sulla mia consapevolezza dell'inesistenza di qualsiasi divinità e sul fatto che un nel momento in cui il mio cuore cessasse di battere, tutto è finito?

Se io Giobbe ateo cominciassi a subire, per sventura, per caso o anche per colpa, disgrazie che minassero la mia serenità, saprei essere razionalmente consapevole che queste sono una delle varie possibilità che gli umani incontrano nel loro cammino, essendo lo scorrere del tempo e il percorso della storia assolutamente indifferente alla felicità o alla infelicità di ogni uomo (ed essendo probabilmente ininfluente questa alla evoluzione dell'universo) oppure per paura comincerei a “scommettere” su qualche possibilità di avere una seconda possibilità paradisiaca?


Ecco il testo di Levi della Torre.


Nel libro di Giobbe, le responsabilità divine nel bene e nel male sono messe in scena fin dall'inizio, nella scommessa con il Satàn, a cui il Signore affida “l'esperimento umano” su un giusto, per verificare in “corpore vili” quanto la creatura possa resistere nelle sue convinzioni spirituali sotto la pressione crescente della sorte, fino all'estremo, fino alla perdita di ogni speranza, incarnata nella propria discendenza e nel proprio corpo.
...
Potremmo dire che quello che Dio e il Satàn vogliono sperimentare in Giobbe è quanto la coscienza umana sia condizionata dalle circostanze e dal suo stato sociale e fisico, se l'essere umano risulti devoto e benevolo nel momento della fortuna, e cambi parere e convinzioni nel momento della rovina o in che misura invece la sua coscienza sappia essere autonoma dal mutare delle condizioni: fino a che punto, insomma, funzioni il libero arbitrio della creatura. È un esperimento sul libero arbitrio umano. Ma al tempo stesso un'affermazione del libero arbitrio divino, libero dalle definizioni in cui Lo vorrebbe catturare la teologia.

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