martedì 17 giugno 2014

GRATTANDO IL GHIACCIO AD ISTANBUL

Il primo pensiero, al ritorno da un brevissimo viaggetto ad Istanbul, è se quella sia veramente una città cosmopolita, nel senso etimologico, come sarebbe da pensare per chi ha cambiato tre nomi, è stata sede di due imperi, è posizionata in tre settori su due continenti, ha quindi delle caratteristiche che la rendono unica al mondo e ne fanno naturale crocevia di popoli.
Oppure se sia una città fortemente turca e, per quanto posso ricordare a 28 anni dalla prima visita, molto più islamizzata di quanto ricordassi.
Marco ed io in tre giorni abbiamo scarpinato non poco, cercando sia  i principali monumenti, come è doveroso per dei turisti (e perché ne vale la pena), sia le strade di collegamento tra i settori della città che apparivano trasversali ai flussi più conosciuti, riuscendo con un po’ di esperienza e un po’ di fortuna (ma alla fine non è una città difficile, ha molti punti di riferimento) a non perdersi.

Qualche riflessione e qualche aneddoto dunque della nostra breve vacanza. Incominciando dalla divertente scoperta che al Sabiha Gokcet i bus Havatas che collegano l’aeroporto con Taksim Maydan parcheggiano sulla sinistra dell’intasatissimo e trafficatissimo viale che corre parallelo alla struttura dell’aeroporto, e quindi i passeggeri in attesa fanno la fila tra due corsie, praticamente in mezzo alla strada, e il bus entra in retro dalla cima della fila in attesa.

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