giovedì 19 febbraio 2015

IL LETTORE STOLTO



IL LETTORE STOLTO


La domanda che potrebbe essermi rivolta: “che tipo di lettore sei?” è ipotetico-negativa. Ipotetica perché dubito che a qualcuno potrebbe interessare e di conseguenza pormi questa domanda. A ben pensarci non può venire in mente proprio a nessuno, quindi negativa. In perfetta coerenza con quanto scritto lo dico “pessimo”.
Nello zaino con cui mi martirizzo andando a prendere il bus per andare al lavoro ho :
Laura Pennacchi “Filosofia dei beni comuni”
Kant –Foucault “ Che cos’è l’illuminismo”
Nick Hornby “Una vita da lettore” che mi ha fatto venire voglia di scrivere queste righe e che sarà motivo della mia prossima depressione, vedendo con quale stile e competenza Lui scrive delle Sue letture.
Claudio Magris “Alfabeti: Saggi di letteratura”
Joseph E. Stiglitz “ Il prezzo della disuguaglianza”
Sul Kobo ho aperto “Tre uomini in barca (per tacer del cane” del grandissimo Jerome K. Jerome e sull’Ipad ho aperto “Sulle regole” di Gherardo Colombo.

Penso che sia sufficiente dire perché sono un pessimo lettore. Si potrebbe dire vorace, compulsivo (wiki dice: In psichiatria e psicologia clinica il termine compulsione indica un impulso volontario a compiere determinate azioni, col fine di placare, seppur momentaneamente, l'ansia generata dal contenuto egodistonico delle ossessioni, che sono pensieri, comportamenti o immagini mentali che ricorrono in maniera insistente dominando la vita psichica di un individuo.
Le compulsioni pertanto sono dei comportamenti finalizzati messi in atto volontariamente al fine di superare l'angoscia e i dubbi che spesso si accompagnano alle ossessioni. Un esempio di compulsione è la necessità di lavarsi ripetutamente in risposta a ossessioni di contaminazione (paura di poter contrarre una grave malattia infettiva, ad esempio)
. Mi sembra chiaro.

Quando sono tentato di riporre i miei libri sullo scaffale (se trovo posto libero) e riportare nelle biblioteche quelli in prestito penso: ho una aspettativa di vita di 24 anni ancora, lavoro e sono mediamente un cittadino rispettoso degli altri e delle leggi, non sto preparando esami e dalle mie conoscenze non dipende la salvezza del mondo: potrò essere un don Giovanni dei libri, saltando da un libro all’altro , da un paragrafo di uno al capitolo di un altro come il vero don Giovanni faceva con le donne? “madamina, il catalogo è questo” se la citazione mi è riuscita.

Sto leggendo libri di economia (Stiglitz e Piketty, ho appena finito sul Kobo: Marco Revelli “La lotta di classe esiste e l’hanno vinta i ricchi”) perché vorrei capire come può essere che l’1% della popolazione mondiale si avvii a possedere più del 50% delle ricchezze e noi penultimi passiamo il tempo a far la guerra contro gli ultimi, mentre i terzultimi badano bene che siamo occupati ad alzare barricate attorno al nostro piccolo giardino. Secondo me dall’alto delle loro torri l’1% di superricchi ci guarda e sghignazza. Piketty lo devo ricominciare, Stiglitz non l’ho ben capito e Revelli ha messo insieme dati che forse avrei potuto trovare navigando con pazienza per conto mio. In ogni caso ho compreso un po’ la situazione ma non vedo soluzioni. I super ricchi continueranno a spassarsela protetti da noi che ci disputiamo gli avanzi, chi ottenendo di più chi di meno. Del resto all’economia sono sempre stato refrattario e non ho ancora imparato a leggere un bilancio (Hornby, con la sua sottile ironia ci regala questa piccola perla: “A un certo punto Lewis descrive un trader che lancia un biglietto da 10 dollari a un collega più giovane, in procinto di prendere un aere per lavoro fa il più vecchio, fa il più vecchio, ).

Mi piace molto Magris, questo libro che ho appena iniziato è una raccolta di saggi, mi sembra pubblicato sul Corriere della Sera (che sollievo quando tra un GdLoggia, un Panebianco, un Battista e un Ostellino trovo un pezzo di Magris) mi da l’impressione di una persona pacata, che non alza mai la voce, capaci di sorridere e pure che non fa sconti a nessuno. Argomenta con tranquilla forza, non mi sembra cedere alle mode o alle convenienze. Nei primi capitoli del libro, in un breve saggio sulla Felicità ho trovato questo incipit: “Gli elisir promettono, spesso, lunga vita, amore o felicità; il loro posto è dunque sulle bancarelle delle fiere di piazza o negli spot pubblicitari ,magnificati da qualche imbonitore che li propina ai creduloni. Certo, l’esistenza, grazie a Dio, sa essere talvolta anche un vino forte e generoso che si beve a fondo, ma la pretesa di imbottigliarla con un marchio di felicità doc è un bell’imbroglio. Ogni elisir che assicura felicità – ossia ogni ottimismo confezionato in un rassicurante sistema o concezione filosofica (lo scritto risale al 1999 – anche la data ha la sua importanza –mia nota) – è menzognero, e non solo perché glissa con disinvoltura sul male, sul dolore, sul buio, sull’infamia così largamente e iniquamente distribuiti ai mortali che fanno legittimamente dubitare della bontà di tutta la baracca.
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