venerdì 20 febbraio 2015

IL LETTORE STOLTO (2) ADOLFO MILANI F.KAFKA MARCO CEREDA GIORGIO BARZAGHI PAOLA ALBANI ROSSANO VITALI NICK HORNBY DANIEL PENNAC ANTONELLA BOISIO GIULIA SOLBIATI



IL LETTORE STOLTO (2) 
ADOLFO MILANI F.KAFKA MARCO CEREDA GIORGIO BARZAGHI PAOLA ALBANI ROSSANO VITALI NICK HORNBY DANIEL PENNAC ANTONELLA BOISIO GIULIA SOLBIATI

Ieri sera ho chiuso gli occhi e letto con le orecchie. Ho assistito alla lettura pubblica della Lettera al Padre di F. Kakfa da parte del M.° Adolfo Milani con l’amico Marco Cereda accompagnati dalla musica suonata dal vivo dal M° Giorgio Barzaghi. E’ stato bello tornare al Milani che ricordo di Ibsen, di Calvino ( a proposito di Calvino, oggi su Repubblica on line presentavano delle opere di artisti ispirati dalla lettura de “le città invisibili”. Beh, niente a che vedere con i lavori molto più intriganti e profondi di Paola Albani)
, di altre letture che hanno segnato la produzione di cultura in questa città. La serata è stata intensa e piacevole. Milani ha impostato i ruoli con audacia tenendosi la parte del giovane Kafka e dando al più giovane Marco la parte del più vecchio padre.

Se posso permettermi suggerire a Milani di tenere Marco invisibile al pubblico, usando il suo interloquire nella lettura come voce “fuori scena”, forse l’impatto e la rappresentazione della voce nella testa di K. risulterebbe più forte senza quel piccolo straniamento dell’inversione anagrafica dei ruoli. Anche con Milani nel ruolo del padre credo l’effetto sarebbe enormemente impattante.

Ho colto in me una piccola differenza tra il godimento della lettura di ieri rispetto a quando sento leggere le “lettrici per caso” nelle quali presta la sua sapiente opera Antonella con anche Giulia. Ieri è stato un godimento intellettuale, mentre quando leggono le bellissime e bravissime donne del gruppo c’è una partecipazione emotiva e umana che commuove e fa partecipare in modo meno rilassato.

Con Rossano abbiamo scherzosamente rimembrato i tempi della prima lettura del brano, al ginnasio. Secondo Rossano è stato assurdo farci leggere questa lettera alla nostra allora giovane età. Io ricordo che erano gli anni di confronto/contrasto con i genitori, forse con il solo rimasto, mentre ieri mi scoprivo ad interrogarmi preoccupato su quanto potesse coincidere la figura del padre con me stesso.

Ricordavo perfettamente il brano del comportamento incoerente a tavola. E’ un pezzo che mi è rimasto scolpito in mente. Mi viene sempre il suo ricordo quando mi interrogo se un certo mio comportamento è incoerente con quella che propino come mia legge morale interiore, insomma tra il fare il trombone verso gli altri e comportarsi di conseguenza (mi torna in mente un po’ più spesso di quanto vorrei).

Sulla memoria delle letture fatte mi viene in soccorso Hornby nel bellissimo “Una vita da lettore”. A un certo punto, che non riesco a ritrovare, dice di non ricordare i libri che ha letto, e che questo è piacevole perché una seconda lettura conserva la freschezza della novità. E’ vero. Meglio, prima di iniziare mi lascia un po’ di preoccupazione sulle mie condizioni mentali e mi fa promettere che non leggerò più fagocitando il testo, ma con calma e assimilando bene personaggi e trama. Poi mi immergo nella lettura e se “mi prende”, vengo risucchiato nella storia. Con i saggi è un po’ diverso, l’esito è che faccio per due volte le stesse riflessioni edificanti, con l’illusione della saggia scoperta anche la seconda volta, e sempre mi stupisco di quanto sono profondo.

A me Hornby ricorda un po’ Pennac, ma con meno indole docente. Più sbarazzino, più disincantato… più british. Ad esempio scrive: “ I libri, ammettiamolo, sono meglio di qualunque altra cosa. Se organizzassimo un campionato di fantaboxe culturale, schierando sul ring i libri contro il meglio che qualunque altra forma d’arte abbia da offrire, sulla distanza di quindici riprese… bé, il libri vincerebbe praticamente sempre.” Poi, nel capitoLO successivo scrive che quando ha visto il primo gol di Reyes con la maglia dell’Arsenal…” quando quel tiro di Reyes ha gonfiato la rete levitavo a un metro d’altezza”. Non credo Pennac lo avrebbe scritto (potrei sbagliare). Stupendo Hornby, demitizza tutto, cominciando da se stesso e dalle sue affermazioni, senza togliere importanza a nulla, lo fa con benevolenza e un sorriso e ci aiuta a toglierci dubbi di inadeguatezza.

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