lunedì 22 dicembre 2014

Che scrittrice questa P.D.JAMES!

Che scrittrice questa P.D.JAMES che ho scoperto solo dopo aver letto della sua morte recente!

Ho trovato i suoi libri, che qualche benemerito ha smaltito in ottime condizioni, nella piacevole libreria della Coop Castello. Forse non dovrei dirlo visto che non ho esaurito la fornitura e ho lasciato qualche copia ancora in attesa di essere accaparrata.

Dall’8 dicembre, quando ho preso i primi tomi, con i libri di questa scrittrice sto avendo lo stesso rapporto che ho con il cioccolato. Con questo riesco a smettere di abusarne tra un viaggio e l’altro in cucina per staccare una abbondante razione dalla stecca, con quelli riesco a non leggere un suo libro, e quindi a dedicarmi ad altri altrettanto interessanti ma meno eccitanti, tra l’ultima pagina del primo e la prima del secondo. Oppure quando prendo un Siowall/Wahloo dei quali sto rileggendo la serie in 10 romanzi dedicata al commissario Beck.

L’ultimo che ho letto di P.D.James è questo “una certa giustizia”, libro di un realismo crudele, o di una crudeltà realistica, che è immaginabile e rimane sottotraccia per tutto l’avvincente svolgimento e che emerge come uno schiaffo nelle ultime due pagine (non leggete le ultime due pagine fino alla fine, in questo romanzo vale la pena più che in altri).

Credo che anche per questa serie, essendo seriale e con l’evoluzione dei personaggi nel corso delle vicende, sarebbe meglio leggerli in sequenza, ma forse, azzardo, con minore necessità degli autori citati sopra o di un Mankell.


Non che la crudeltà e il senso di profonda ingiustizia delle vicende umane mancasse anche negli altri romanzi di P.D.James che ho letto, ma in questo mi sembra ancor più profonda e marcata.

Ho l’impressione che P.D.James si prenda tutto il tempo necessario per dipanare la sua trama, che a me sembra svolta con stringente logica (in quest’ultimo ho individuato il colpevole collegando una deposizione con la descrizione di un’azione, è stato abbastanza semplice, ma non pregiudicante la piacevolezza della lettura – del resto non mi sembra che sia una che imbroglia il lettore, anche nel precedente… cogliendo la contraddizione tra due deposizioni è stato abbastanza agevole scoprire il colpevole), con descrizioni ambientali e umane che rendono il plot giallo un accessorio che aiuta a coinvolgere nella lettura senza essere l’unico fine.

Non so come scriva in inglese P.D.James, devo dire che in italiano è resa molto bene, quindi merito al traduttore.

E’ presente una sottile ironia tutta britannica, soprattutto quando, e lo ripete nei romanzi, celia con la funzione taumaturgica attribuita al tè dagli inglesi.

La stessa ironia nelle postfazioni viene usata per giustificare le variazioni toponomastiche inserite in Londra, amata e rimpianta – se ho ben capito ha qualche critica sulle trasformazioni urbanistiche della città.

Mi piacciono i personaggi, il protagonista, come ho letto è l’ispettore Dalgliesh (poliziotto e poeta), anche se nei romanzi che ho finora letto a me la protagonista, forse la preferita da P.D.James?, è Kate Miskin.


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