mercoledì 8 febbraio 2017

L'"ULISSISMO" E' DEL CERVELLO

Piero Boitani IL GRANDE RACCONTO DI ULISSE
stralcio conclusivo di "In guisa di introduzione: Ulisse e io"

E' difficile essere Ulisse da vecchi, anche se proprio Eliot nei "Quattro quartetti" dice che quando invecchieremo non dovremo cessare di esplorare e il momento dell'arrivo sarà quando scopriremo ciò che non abbiamo visto quando siamo partiti, quando eravamo giovani. Ma -diciamo la verità - parla più dello spirito che dei fatti materiali. Non escludo di vedere altre cose di questa Terra, vorrei fare il giro del mondo anche se ne ho visto tanto, vorrei andare in Antartide, però riconosco che ci sono dei limiti, forse alla mia età è da evitare. L'avventura, il desiderio di vedere, di esplorare si compie anche con il semplice intelletto o anche leggendo libri, fantasticando; quando posso leggo, ho comprato le prime edizioni di Shackleton e di Fridtjof Nansen, esploratori veri. Trovo avvincente cercare di capire questo tipo di mentalità, il loro rapporto con le incognite e il rischio in contesti ben diversi da quelli attuali; se a noi si incaglia una nave (come è accaduto due anni fa) arriva un elicottero, ma cento anni fa non c'erano gli elicotteri che andavano a soccorrere gli uomini di Shackleton, che pure si salvarono.  Le avventure - dicevo- si possono compiere anche nella mente, non sono soltanto avventure di esplorazione del mondo esterno, sono anche avventure del sé, dell'io interiore. Adesso ho scoperto il film "il concerto", bellissimo, la scena finale la guardo quasi ogni sera. Affiorano cose che prima non sapevo, quindi l'"ulissismo" è del cervello, della mente, del cuore e può, deve rimanere fino alla fine. Ho sempre sostenuto che il critico deve essere fondamentalmente inquieto, impuro e obliquo: impuro perché non deve seguire un solo metodo, inquieto nel senso che deve andare per vie traverse, e quindi fare come Ulisse, altrimenti si finisce suicidi come Aiace.

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