sabato 2 agosto 2014

ISRAELE HA INTERESSE A COLTIVARE LA PAURA E L’ODIO PALESTINESE?



ISRAELE HA INTERESSE A COLTIVARE LA PAURA E L’ODIO PALESTINESE?

La nostra attenzione è concentrata, soprattutto causa la partecipazione emotiva, sull’attuale vicenda (come chiamarla? Guerra, punizione collettiva, operazione militare “margine di protezione”?) di Gaza. Guardiamo con il binocolo puntato sull’ingrandimento, ed è giusto perché se anche la più retorica della nostra indignazione e delle nostre prese di posizione, manifestazioni, raccolta firme servisse a salvare una sola vita, ne sarebbe giustificata.

Però vorrei cercare di alzare lo sguardo, togliere il binocolo e cercare di vedere la vicenda nell’arco dello svolgimento degli ultimi anni, diciamo ponendo un limite temporale significativo ancorché arbitrario, al 2005, anno del ritiro unilaterale deciso da Sharon da Gaza.

Mi pongo una domanda, ma prima di farla, mi servono alcuni dati.

Leggo random su stampa e internet, e quindi qualche informazione più essere imprecisa, che a Gaza il 43% degli abitanti ha meno di 14 anni (quindi aveva- chi è rimasto vivo – 5 anni quando Israele si è ritirata da Gaza. Una età in cui si comincia ad essere emotivamente colpiti dagli accadimenti).

In questi 9 anni leggo che:

2006 IDF lancia operazione “Piogge Estive” e nell’anno vengono uccisi 660 palestinesi (405 a Gaza) di cui 141 minori (88 a Gaza ) [23 morti israeliani]

2007 Israele taglia forniture, da cui Gaza dipende completamente, per la presa di potere di Hamas – che Israele aveva aiutato a formarsi per indebolire Fatah. Uccisi 290 palestinesi [7 israeliani]

2008 dati precedenti a operazione Piombo Fuso: 455 palestinesi uccisi (87 minori) [23 israeliani]. Non riesco a capire se in questa contabilità c’è anche il numero degli uccisi nella operazione Inverno Caldo

Per la sola operazione Piombo Fuso il numero di Palestinesi uccisi è di 1305 (secondo Israele 600) contro 10 militari di IDF e 3 civili.

Quindi i numeri di oggi drammaticamente alti ma sono solo bassi multipli e non esponenziali di situazioni che potremmo chiamare di tregua/calma/pace relativa.

Questa è macabra contabilità, che il nostro piccolo abitante di Gaza ha potuto contare (se sopravissuto) nel corso dei suoi nove anni di vita dal 2005. E’ possibile che in quella contabilità ci abbia dovuto mettere un fratello, un familiare, magari una sorellina che si è avvicinata troppo al muro ed è stata freddata da un cecchino di IDF di guardia. Magari la sua casa è stata distrutta con Piombo Fuso, ricostruita grazie ai soldi UE o del QATAR e ora di nuovo distrutta. Suo padre potrebbe essere stato un pescatore che è stato ucciso perché è andato a pescare a più di 6 miglia dalla costa (dove c’è il pesce). Oppure è stato arrestato senza accuse (detenzione amministrativa) per 6 mesi e una settimana prima del rilascio si è visto rinnovare la detenzione senza sapere per cosa.

Ho il dubbio che l’esperienza di vita di questo giovane abitante di Gaza possa fare di lui una persona pronta alla pace, alla convivenza in amicizia con gli Israeliani. Non è forse più facile che possa nutrire paura/odio verso chi dimostra di poter fare ciò che vuole di lui e della sua famiglia e che lo fa veramente?

È pensabile che le nostre candide anime possano convincerlo che in realtà tutti vogliono solo vivere in pace.

Amira Hass concludeva un suo articolo dicendo

LASCIATELI RESPIRARE, E SCOPRIRANNO CHE LA VITà E' PIù BELLA DELLA MORTE"

Incolpando i governanti israeliani di scarsa lungimiranza.



Ma, ora vengo alla mia domanda: non sarà invece che crescere un nemico alle frontiere, un nemico che odia e che ha paura di Israele sia una precisa strategia dei governanti di quello stato. Che la loro lungimiranza, facendo in conti con una superiorità economica/tecnologica/militare che appare senza fine, sia quella di avere sempre il motivo per far esplodere periodicamente la quasi inoffensiva rabbia palestinese, per poterli ricacciare indietro di qualche decennio con operazioni militari quali quella di questi giorni, e d’altra parte di non fare progredire i negoziati, per assicurarsi continuamente una massa di diseredati forza lavoro a basso costo, sperimentazione sul campo di nuove armi e nuove tecnologie, impedimento di formazione di uno stato che possa essere concorrente nella produzione agricola e nell’industria ittica? Coltivare un nemico, quindi, non potrebbe essere un calcolo preciso di Israele?

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