venerdì 6 gennaio 2012

TUTTI I GIOVANI POSSONO DIMOSTRARE CHE LA SOCIETà NON E' CRISTALLIZZATA

Rubo questa lettera giunta alla sempre interessante rubrica di lettere "Posta celere" che si trova nelle pagine milanesi di Repubblica. Il titolista scrive (a mio avviso sbagliando) L'AMAREZZA PER I PROBLEMI SOCIALI IRRISOLTI" ma credo che la questione sia più dura, difficile, drammatica e al momento senza risposta. Non mi è facile non avere un pensiero che è in fondo tanto comune quanto, apparentemente, indotto dagli stessi protagonisti. Forse sta proprio nella frase che lo scrivente dice al padre il succo della questione. Puntare attenzione, risorse e sforzi sui giovani per convincerli che un'altra vita è possibile rappresenterebbe non solo la sconfitta di uno stile di vita incancrenito che quei genitori cercano di tramandare, ma anche del nostro razzismo che crede nella immutabilità etnico-sociale. La lettera a Colaprico, apparsa il 5 gennaio su Repubblica EGREGIO Colaprico, le scrivo per raccontarle uno spiacevole episodio. Recatomi in uno spaccio a Pero per comprare pannolini mi trovo in coda dietro ad una famiglia rom, due adulti, due bambine e due maschietti, più uno visibilmente in arrivo; non posso fare a meno di notare e stupirmi, vergognandomi un po' , di come siano ben vestiti e tranquilli; lancio un sorriso al piccolino che mi rimanda uno sguardo spaventato. Alla cassa però il padre paga solo un pacco con un «centone», mentre uno dei maschietti passa sotto il bancone con altri due pacchi di pannolini; in circa 10 secondi si scatena una tormenta dentro di me, ma alla fine cedo e avviso la commessa che li raggiunge e si fa pagare un altro pacco (l' altro è sparito). La madre incinta mi rivolge qualche frase non comprensibilee all' uscita mi aggredisce prima verbalmente poi con uno sputo e qualche spintarella (ovviamente inoffensiva). Dopo averle detto di smetterla rimango a fissarli mentre salgono su un Mercedese il padre accostando mi chiede se ho intenzione di prendere la targa, io rispondo che non mi importa della sua macchina ma che non è il caso di insegnare ai figli a rubare. Lui ridendo quasi si giustifica dicendo che si erano dimenticati, la madre continua a offendermi e io ribatto che se avessero sorpreso il bimbo magari avrebbero corso il rischio di vederselo portare via. Poi ripartono e io rimango in preda a mille dubbi: dovevo tacere? Dovevo tirare una sberla alla madre o al padre? Certo ripensando ad appena passati episodi di cronaca, ringrazio la mia formazione di sinistra (e cristiana) che mi ha impedito di reagire violentemente, ma mi è rimasto un certo sapore amaro in bocca... Marco Lei, in fondo, rappresenta l' incarnazione di quella che dovrebbe essere la reazione dello Stato: la legalità, e lei ha avvisato la cassiera. La tolleranza, e non s' è fatto prendere la mano. L' educazione, perché ha spiegato al patriarca ladrone il senso delle cose, e delle proporzioni. Chissà, con i genitori è battaglia persa, ma i figli forse ricorderanno quell' uomo che li aveva fermati. O forse no. E l' amaro che prova, è il nostro: quello di tutti noi, democratici, alle prese con problemi sociali che ci risolviamo spesso da soli, maledicendo chi strepita, chi le spara grosse, chi non fa niente per noi, chi chiude gli occhi. Avviso ai lettori: ho ricevuto moltissime lettere sul Capodanno, sto indagando, la settimana prossima le pubblico. - risponde Piero Colaprico

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