venerdì 6 gennaio 2012

AINIS: UNA CAMERA DEI CITTADINI

Sul Corriere della Sera del 2 Gennaio 2012 è apparso l'articolo di Michele Ainis intitolato "PER UNA POLITICA MENO DISTANTE OCCORRE UNA CAMERA DEI CITTADINI", del quale pubblico uno stralcio. Mi ha colpito perchè richiama una norma che da tempo ritengo necessaria (difficile anche nella applicazione ma necessaria) che è il RECALL. Questo articolo contiene, oltre alla opportuna regola 2 MANDATI E POI A CASA (tanto importante che tutti la propongono, a cominciare dal PD, e non prendono neanche fiato nel cominciare ad elencare le deroghe), anche un suggestivo ritorno alla Atene Periclea: il sorteggio delle cariche pubblica. Per me il RECALL deve essere strettamente correlato alle PRIMARIE PER L'ENTRATA IN LISTA COME ELETTORATO PASSIVO e PREFERENZE DA PARTE DELL'ELETTORATO ATTIVO in collegi piuttosto piccoli ( e possibilmente uninominali all'inglese). IL pezzo di AINIS ora. ...In altre parole, è necessario che la politica non sia più un mestiere, e che i cittadini non ne siano meri spettatori. Come? Non certo armandoli con un voto di preferenza in più, quando poi il preferito è sempre un uomo cooptato dai partiti. Armandoci piuttosto di coraggio, di fantasia costituzionale. In primo luogo segando il ramo su cui stanno inchiodati i professionisti del potere: due mandati e via col vento. Era la regola in vigore nella democrazia ateniese (cariche a rotazione, governanti provvisori), e dopotutto dalla Grecia antica abbiamo ancora molto da imparare. In secondo luogo, c'è un istituto di democrazia diretta che può rivitalizzare la democrazia rappresentativa. Si chiama recall, funziona in Canada come negli Stati Uniti, consiste nella revoca anticipata dell'eletto immeritevole. Se fosse codificato anche alle nostre latitudini, potremmo usarlo contro quel signore che ha consumato il 93% d'assenze in Parlamento, o contro quell'altro che vi è approdato in una lista antiberlusconiana, per poi diventare una fedele sentinella dell'ex presidente del Consiglio. Potremmo coniugare responsabilità e potere, giacché questo divorzio è alla radice di tutti i nostri mali. In terzo luogo, serve una sede di rappresentanza degli esclusi - i giovani, le donne, i disoccupati, ma in fondo siamo tutti esclusi da questo Parlamento. Ne ha parlato Carlo Calenda sul Foglio del 29 dicembre, proponendo che il Senato diventi una «Camera dei cittadini» formata per sorteggio, in modo da riflettere il profilo socio-demografico del Paese. Un'idea bislacca? Mica tanto. La demarchia - la democrazia del sorteggio - va prendendo piede in tutto il mondo, quantomeno nelle esperienze di governo municipale. Anche in Italia: per esempio a Capannori, nella provincia di Lucca. Mentre a novembre in Svizzera un ventottenne ha conquistato il Parlamento grazie ai favori della sorte (aveva preso lo stesso numero di voti di un'altra candidata). E vale pur sempre la lezione di Aristotele: lui diceva che l'elezione è tipica delle aristocrazie, il sorteggio delle democrazie. Pensiamoci a fondo, prima di gettare queste idee nel cestino dei rifiuti. Non è forse un'aristocrazia quella da cui siamo governati? Una Camera di cittadini sorteggiati, con funzioni di stimolo e controllo sulla Camera elettiva, aiuterebbe le nostre istituzioni a trasformarsi nello specchio della società italiana. Limiti e vincoli più rigidi nei confronti degli eletti azzopperebbero il potere delle segreterie politiche, restituendo la rappresentanza al suo più autentico valore. Se l'utopia è il motore della storia, adesso ne abbiamo più che mai bisogno per continuare la nostra storia collettiva. Michele Ainis

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