giovedì 24 dicembre 2009

CINQUE DONNE PER IL 2009

L'anno sta finendo e uno dei giochi più usati, forse stupido forse utile a ricordare che la realtà esiste anche quando non è più nei titoli di testa dei media, è quello di fare le classifiche... uomo o donna dell'anno, il più... la più...
A me è venuto in mente di ripensare a 5 donne che mi hanno impressionato nel corso dell'anno, rendendomi conto il primo risultato cattivo di ogni classifica del genere è quello della esclusione. Ma propongo ugualmente questa "rosa", che se qualche amica/o vorrà potrà integrare con le sue scelte.
Io elenco:
Neda Soltani È morta il 20 giugno, alle 18.30, in Kargar Avenue a Teheran, filmata dai telefonini dei compagni di protesta. Ed è diventata il simbolo della rivoluzione verde. I sostenitori di Akhmadinejad hanno rimosso la sua pietra tombale. Ma il pellegrinaggio al suo sepolcro non si ferma.
Yoani Sanchez La 34enne blogger dell’Havana racconta, nonostante le minacce, le botte e i divieti del regime, la difficoltà di vivere a Cuba oggi. Aggirando da hacker le barriere on line imposte da Fidel
Rosy Bindi Basterebbe "Presidente, non sono una donna a sua disposizione". C'è tutto in questa frase. Averla conosciuta in una stupenda assemblea a Trezzo ha messo la ciliegina sulla torta. Grande.
Aung San Suu Kyi : avevamo pensato di dare il suo nome a una nostra seconda figlia, ma è nato un maschio che porta il nome del Mahatma, e questo figlio ha ormai 13 anni. E Suu Kyi, isolata e sola contro un esercito agguerrito e sostenuto dalla Cina non è stata ancora sconfitta. E fa paura ai generali iper armati che dissanguano la Birmania
Johanna Sigurdardottir Non la conoscevo, ma ho trovato la descrizione che trascrivo di seguito e la scelgo non tanto per i suoi meriti ma per la sua normale situazione personale: è lesbica e sposata. Normale ma non per la società Italiana! Leader socialista, lesbica felicemente sposata, dal primo febbraio guida l’Islanda. Non sono state le quote rosa a farla primo ministro, ma i conti in rosso: dopo la bancarotta l’Islanda sembrava non credere più a nulla. Ma a lei sì: in piena bufera registrava un gradimento del 70 per cento. Che resiste.

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