giovedì 13 marzo 2014

UN LIBRO: ANDREA VITALI, UNA FINESTRA VISTA LAGO



Nella mia vita adulta di lettore saltabeccante due soli autori riescono a farmi entrare in quel Nirvana che è il perdersi tra le pagine di un libro indipendentemente dalle condizioni psicologiche nelle quali mi trovavo al momento dell’inizio. Sono due, per me monumenti: P.G.Wodehouse e G. Simenon.


Quando il barometro dell’umore segna tempesta amo avere vicino a me un libro con la copertina rossa o con la copertina gialla. Entrambi leniscono le ferite dell’animo. Penso a situazioni drammatiche, parlo per assurdo, avvenimenti che non capiteranno mai, come per esempio… ecco, la domenica che (faccio fatica solo a immaginarlo) l’Inter dovesse retrocedere in B, allora aprirei immediatamente un Wodehouse e mi immergerei nelle avventure di Jeeves o del nono conte di Blandings.

Quando leggo Simenon, sento irresistibile l’impulso di accendere la pipa e mi sembra si gustare l’aroma del Calvados.

Ecco, con il romanzo di Andrea Vitali non ho sentito l’odore del lago. Che odore ha il lago? Non lo so, ma non so neppure che sapore abbia il Calvados, io sono astemio. Però Simenon me lo fa “sentire”.

Forse non ho letto questo romanzo nel momento opportuno. Impegni, stanchezza e preoccupazioni dovrebbero far dirigere la prua nel sicuro porto edoardiano del castello di Blandings. Può darsi, quindi sono molto titubante nel dire che non mi è piaciuto molto questo romanzo. Ma proprio in questo periodo due coincidenze mi hanno fatto sorgere la curiosità di leggere Vitali, così ho saccheggiato il catalogo online del nostro bel sistema bibliotecario e ho iniziato a leggere questo autore.

Devo dire che il romanzo si legge velocemente. L’abitudine dello scrittore di dividerlo in capitoli molto brevi, quasi tutti rappresentanti una scenetta chiusa, aiuta a prendere il mano il libro in ogni momento utile, mentre si aspetta il caffè che “viene su”, mentre si lavano i denti, o si fanno due passi, o si aspetta l’ora per uscire di casa al mattino.

Però, non so dire bene, rimane tutto freddo, non si accende una passione, non ci si immedesima in un posto, il lago stesso in questo romanzo, rimane molto sullo sfondo, quasi ho l’impressione che a volte sia inserito un po’ a forza.

Probabilmente non era l’intento dell’autore e io mi sono creato aspettative errate, motivate dalla curiosità per un ambiente che una persona di pianura ha verso un ambiente come il Lario.

I personaggi allora: sono tutti abbastanza odiosi, quando non sono solo macchiette di contorno. Anche le due donne protagoniste non suscitano simpatia. L’una costretta a lottare con durezza virile per avere successo fino a perdere l’occasione dell’amore quando si offre, l’altra che utilizza ciò di cui dispone, il suo corpo e l’inganno, per ottenere il suo scopo, ferendo e facendosi ferire. Neppure tra loro riescono a stabilire un rapporto di “sorellanza”, anche tra loro si “utilizzano”. E’ una lotta di tutti contro tutti, di tutti poveracci gli uni contro gli altri, per emergere un po’ di più dalla melma in cui si dibattono.

Forse è proprio questo il messaggio di Vitali, non di fornirci dei personaggi picareschi, simpatici nel loro destreggiarsi tra le impervie vie dell’esistenza, ma misere macchiette di una rappresentazione che non capiscono e delle quali nessuna di loro è importante. Se così fosse, allora l’autore ha colto nel segno.



Non c’è una relazione che funzioni nel libro: tra compagni di lotta di classe (nella sezione del PCI di Bellano), nei rapporti matrimoniali, nei rapporti familiari, nei rapporti tra diverse Forze dell’Ordine, nei rapporti tra concittadini. Ciascuno è per l’altro traditore, approfittatore e maramaldo. Non vorrei sviluppare teorie che non capisco neppure io, ma ho come l’impressione che siano degli archetipi sadiani, nel senso che ciascuno misura il prossimo con cui si relazione, valutando se può subire o se può prevaricare senza danno, finalizzando l’utilizzo degli strumenti a disposizione per trarre il maggior profitto o subire il minor danno. Probabilmente devo leggere di nuovo questo libro per capirlo meglio, però devo dire che mentre a Parigi sono andato a cercare gli indirizzi dove Simenon ambientava gli accadimenti dei suoi Maigret, non mi sento spinto di visitare Bellano sulle orme di Vitali, almeno per ora.

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