lunedì 20 gennaio 2014

PHILOMENA _OTTIMO FILM

Ieri sera ho visto Philomena.
 Abbastanza famoso da non doverlo presentare, un solo breve commento. Ne è valsa la pena (a Gessate in una sala cinematografica - come NON ce ne sono a Trezzo (a Trezzo si preferisce il gusto del collezionista) - modesta ma sufficiente per vedersi il film).
E' una invettiva civile e laica, una storia umana profonda, un percorso di crescita, una critica contro l'ipocrisia benpensante ( in una scena del film fa una specie di prova del nove con gli spettatori, io ho reagito non capendo subito come un supponente benpensante progressista di sinistra, dopo ho riflettuto e ho capito- non dico la scena per chi non ha ancora visto il film) del potere civile e religioso, una feroce stroncatura del sistema della comunicazione e dei media. Ci sono tante cose come deve essere in un film valido, i personaggi sono stupendi, io ho una certa simpatia per il giornalista.

domenica 19 gennaio 2014

DOMANDA

VITO MANCUSO. IL PRINCIPIO PASSIONE

La domanda sorge quindi inevitabile: è degno di  una persona responsabile, che conosce  com'è fatto e come va il mondo, impostare l'esistenza alla luce del primato dell'amore, del bene e della giustizia?

domandina...

venerdì 17 gennaio 2014

LIBRI LETTI: NELSON MANDELA. LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTA'

Nelson Mandela, a mio avviso, è stata la personalità più importante e significativa del XX secolo. Ancor più, se possibile del Mahatma Gandhi e di Churchill.
Ho riletto, in suo onore, dopo la morte, la sua autobiografia. E' stata ancora una volta una lettura piacevolissima e pregnante. Se ci sono 10 libri da leggere assolutamente nella vita, questo è uno di quelli. Non credo ci sia molto altro da dire. Trascrivo la pagina conclusiva.

NELSON MANDELA. LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTÀ'
la pagina conclusiva.

Non sono nato con la sete di libertà. Sono nato libero, libero in ogni senso che potessi conoscere. Libero di correre nei campi vicino alla capanna di mia madre, di nuotare nel limpido torrente che scorreva attraverso il mio villaggio, di arrostire pannocchie sotto le stelle, di montare sulla groppa capace dei lenti buoi. Finché obbediva a mio padre e rispettavo le tradizioni della mia tribù, none do ostacolato dal leggi divine né umane.
Solo quando ho scoperto chef la libertà della mia infanzia era un'illusione, che la vera libertà mi era già stata rubata, ho cominciato a sentirne la sete. Dapprima, quand'ero studente, desideravo la libertà per me solo, l'effimera libertà di stare fuori la notte, di leggere ciò che mi piaceva, di andare dove volevo. Più tardi, a Johannesburg, quand'ero un giovane che cominciava a camminare con le sue gambe, desideravo le fondamentali e onorevoli libertà di realizzare il mio potenziale, di guadagnarmi da vivere, di sposarmi e avere una famiglia, la libertà di non essere ostacolato nelle mie legittime attività.
Ma poi lentamente ho capito che non solo non ero libero, ma non lo erano nemmeno i miei fratelli e sorelle; ho capito che non solo la mia libertà era frustrata, ma anche quella di tutti coloro che condividevano la mia origine. É stato allora che sono entrato nell'African National Congress, e l'amore ai sete di libertà personale si é trasformata nella sete più grande di libertà per la mia gente . E' il desiderio di riscatto della mia gente- perché potesse vivere la propria vita con dignità e rispetto di se - ha sempre animato la mia vita, ha trasformato un ragazzo impaurito in un uomo coraggioso, un avvocato rispettoso delle leggi in un ricercato, un marito devoto alla famiglia in un uomo senza casa, una persona amante della vita in un eremita. Non sono più virtuoso e altruista di molti, ma ho scoperto che non riuscivo a godere nemmeno delle piccole e limitate libertà che mi erano concesse sapendo che la mia gente non era libera.
La libertà é una sola: le catene imposte a uno di noi pesano sulle spalle di tutti, e le catene del mio popolo erano anche le mie.
É stato in quei lunghi anni di solitudine che la sete di libertà per la mia gente é diventata sete di libertà per tutto il popolo, bianco o nero che sia.
Sapevo che l'oppressore era schiavo quanto l'oppressore, perché chi priva gli altri della libertà é prigioniero dell'odio, é chiuso dietro le sbarre del pregiudizio e della ristrettezza mentale.
L'oppressore e l'oppresso sono entrambi derubati della loro umanità.
Da quando sono uscito dal carcere, é stata questa la mia missione: affrancare gli oppressi e gli oppressori. Alcuni dicono che il mio obiettivo é stato raggiunto, ma so che non é vero. La verità é che non siamo ancora liberi: abbiamo soltanto conquistato la facoltà di essere liberi, il diritto di non essere oppressi. Non abbiamo compiuto l'ultimo passo del nostro cammino, ma solo il primo su una strada che sarà ancora più lunga e più difficile; perché la libertà non é solo spezzare le proprie catene, ma anche vivere in modo da rispettare e accrescere la libertà degli altri. La nostra fede nella libertà deve essere ancora provata.
Ho percorso questo lungo cammino verso la libertà sforzandomi di non esitare, e ho fatto alcuni passi falsi lungo la via. Ma ho scoperto che dopo aver scalato una montagna ce ne sono sempre altre da scalare. Adesso mi sono fermato per un istante per riposare, per volgere lo sguardo allo splendido panorama che mi circonda, per guardare la strada che ho percorso. Ma posso riposare solo qualche attimo, perché assieme alla libertà vengono le responsabilità, e io non so trattenermi ancora: il mio lungo cammino non é ancora alla fine.

giovedì 16 gennaio 2014

VICTOR ARNAR INGOLFSSON: L'ENIGMA DI FLATEY

VIKTOR ARNAR INGOLFSSON. L’ENIGMA DI FLATEY.
Ho comprato questo libro solo perché l’ho trovato nelle proposte Amazon a €0,99  ( è un e-book) che trovo ogni mattina nella cassetta della posta e che generalmente scarto. Questa aveva una caratteristica che mi ha preso: è un giallo islandese, ambientato in Islanda.
E l’Islanda da tre anni occupa una parte ben salda nel mio cuore.
Il libro è ambientato nell’isola di Flatey. Consiglio di cercarla su un atlante: è una minuscola isola (circa 2 km di lunghezza e 1 km di larghezza) spersa  a sud dei Fiordi Occidentali.  Un’isola isolata al quadrato, un’isola isolata da un’isola isolata dall’Europa.

Anche la vicenda si allaccia a fatti storici, ruotando attorno al “Libro di Flatey” che è un importante manoscritto medievali islandese considerato patrimonio nazionale e che apparteneva a un abitante dell’isola che ospita quella che è considerata la piccola e antica biblioteca d’Islanda.
Il romanzo giallo ambientato nel 1960 inizia con il ritrovamento del cadavere di uno studioso danese e per tre quarti del libro non succede praticamente nulla. Poi quando succede qualcosa in realtà… ma non voglio togliere il gusto di scoprirlo.
Solo che questo non accadere nulla è colmo della descrizione di un microcosmo popolato da persone che vivono su questo pezzo di terra dove arriva una nave una volta alla settimana, dove ancora si baratta più che pagare, dove le porte di casa non vengono chiuse. E’ il 1960, qualche fremito di modernità si sente, qualche eco dalla metropoli (Reykjavik !!!) arriva.
Mi ricorda molto i libri di Idridason, gialli nei quali raramente viene sparato un colpo di pistola ma che sanno raccontare molto bene la società Islandese, di oggi e del passato, con luci e ombre, riuscendo anche a far immaginare a noi meridionali continentali vicini gli uni agli altri qualcosa di quell’isola affascinante, un po’ misteriosa ma così straordinariamente bella che non la si può lasciare senza averne nostalgia un minuto dopo che l’aereo si è staccato da terra (o ma mitica Norrona, ma questa non l’ho provata, abbia lasciato il porto).
Leggo che ora a Flatey d’inverno abitano 5 persone e l’isola si ripopola solo d’estate. Quel mondo pacato e apparentemente monotono (ma l’autore fa dire a uno dei protagonisti, che per 50 anni non ha mai lasciato l’isola: “no, ragazzo mio, e probabilmente con i miei occhi ho visto più cose di quelli che passano la vita a vagabondare da un paese all’altro. Ho visto mondi e regioni che altri non riescono nemmeno a immaginare. E forse è proprio per questo che in questi prati ho messo radici più salde di quelle dell’erifioro , che vola via al minimo soffio di vento. La quercia non si lamenta mai di non riuscire a muoversi da dov’è” – però questo personaggio poteva vedere gli elfi, noi che non possiamo forse per questo amiamo spostarci e viaggiare. E visitare Flatey per esempio, come vorrei fare io ora.
Consiglio questo libro, da leggere con la stessa lentezza con cui scorre la vita dei protagonisti. E’ un momento di relax. E aiuta a ricordare l’Islanda (come se ce ne fosse bisogno)!

NULLA DI GRANDE E' STATO COMPIUTO NEL MONDO SENZA PASSIONE

ho trovato in biblioteca un libro, credo recente, di un autore che mi piace, per quanto lo trovi un po' difficile per me: VITO MANCUSO
Il libro ha un titolo per me molto accattivante: IL PRINCIPIO PASSIONE
Ho iniziato a leggerlo, chissà se riuscirò a finirlo.
Però ho trovato queste frasi, nel prologo, che promettono bene, per quanto è palese che Mancuso ed io abbiamo due visioni del mondo piuttosto distanti.

...
La discrepanza tra l'analisi della realtà, che condurrebbe a non amare né il mondo né gli uomini né l'idea stessa dell'amore in quanto ultima dimensione dell'essere, e il sentimento interiore che non si rassegna a cadere vittima dell'indifferenza o del cinismo e fa del bene e dell'amore la più alta dimensione dell'essere, questa discrepanza (spesso così dolorosa) è lo spazio in cui sorge e si muove quell'energia particolare chiamata passione. Ed è alla luce della passione così intesa, sia nel senso di emozione dominante che ci appassiona, sia nel senso di patimento che ci fa patire, che io presento in questo libro le mie meditazioni sul mondo, cercando di capire in che senso si possa ancora ragionevolmente affermare che esso è creato e governato da Dio, e in che senso si possa ancora sostenere che il modo più autentico di viverci sia all'insegna del bene e dell'amore
...
Hegel, al contrario ( di Kant. ndr), valuta molto positivamente la passione, che per lui è il vero e proprio motore della storia: " Nell'ordinamento del mondo un ingrediente sono le passioni, l'altro è il momento razionale.  Le passioni sono l'elemento attivo. Esse non sono affatto opposte costantemente alla moralità, bensì realizzano l'universale (...) NESSUNA COSA E' MAI VENUTA ALLA LUCE SENZA L'INTERESSE DI COLORO LA CUI ATTIVITà COOPERò A FARLA CRESCERE; e dal momento che a un interesse noi diamo il nome di passione, così (...) dobbiamo dire in generale che NULLA DI GRANDE E' STATO COMPITO NEL MONDO SENZA PASSIONE".

domenica 12 gennaio 2014

AMANDLA

NELSON MANDELA: LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTA'

"Vostro Onore, non creda, questa corte, nell'infliggermi una condanna per i reati di cui sono imputato, che le sanzioni distoglieranno mai gli uomini dalla via che essi ritengono giusta. La storia ci insegna che le pene comminate non costituiscono un deterrente per gli uomin quando la loro coscienza e ridestata e non lo saranno per la mia gente o per i compagni con i quali ho lavorato.
Sono pronto a scontare la mia pena, pur sapendo quanto sia dura e disperata la condizione di un africano nelle prigioni di questo paese.
...
Per gli esseri umani, la libertà nella propria terra rappresenta l'aspirazione più alta, dalla quale nulla può distogliere l'uomo di fede. Più forte della paura per le orribili condizioni alle quali potrò essere sottoposto in prigione é in me l'odio per le orribili condizioni a cui é sottoposta l'amore ai gente fuori dell'apartheid ragione, in tutto il paese.
Qualunque condanna Vostro Onore giudicherà di impormi per i reati di cui sono imputato, sappia che, scontata la pena,continuerò, come o geni essere umano, ad agire secondo lamia coscienza; a muovermi sarà sempre il disgusto che provo per la discriminazione razziale contro la mia gente, è uscito di prigione, riprenderò come meglio saprò, la lotta per l'abolizione di tutte queste ingiustizia, finché saranno cancellate per sempre e definitivamente.
... Sento di avere fatto il mio dovere nei confronti della mia gente e del Sudafrica. E sono sicuro che il verdetto della posterità proclamerà che io sono innocente e che i veri criminali che avrebbero dovuto trovarsi davanti a questa corte sono i membri di questo governo."

Quando ebbi terminato il giudice ordinó dieci minuti di sospensione per formulare la sentenza... Cinque anni in tutto, senza possibilità di libertà sulla parola. Era una condanna severa, che suscitó proteste tra il pubblico. Mentre la corte si alzava, mi rivolsi alla galleria e con il pugno alzato gridai "AMANDLA!" tre volte. La folla,spontaneamente, intonó il nostro bellissimo inno "Nkosi Sikele'iAfrika".
Mentre il cellulare si allontanava portandomi verso il carcere, sentivo ancora la folla che cantava "Nkosi Sikele'iAfrika".

sabato 11 gennaio 2014

LIBRI DI NATALE. RONALD HARWOOD: LA TORRE D'AVORIO



Questo non è un libro di Natale, ma con il Natale ha qualcosa a che fare. Un bel regalo di un amico alla sua donna (i biglietti per una rappresentazione teatrale) ci ha portati, per amicizia, a partecipare all’uscita. Poichè non conoscevo l’autore ( Ronald Harwood), la piece ( La torre d’avorio, in inglese “Taking sides”) e il fatto storico che ha dato lo spunto per la scrittura dell’opera, ho cercato di porre rimedio prenotando, nel nostro ottimo Sistema Bilbiotecario (dal quale fortunatamente l’attuale assessore non è riuscito a farci uscire), il libretto con il testo del dramma.

Tanto la trama è semplice, tanto le implicazioni storiche e universali, ideali e terrene, sono complesse, urticanti, forti, scomode.

La trama racconta in tre quadri temporali ( e due atti) le indagini dell’ufficio americano che doveva preparare l’accusa nei confronti del grande direttore d’orchesta Wilhelm Furtwaengler nei preliminari per decidere se portarlo alla sbarra al processo di Norimberga dopo la disfatta della Germania nazista-

I personaggi sono pochi, piuttosto caratterizzati e in un certo senso esprimenti ciascuno un archetipo per rappresentare diversi universali umani. I principali sono due, il maggiore americano, fieramente a-culturato, pura energia ma scosso dagli incubi delle esperienze e delle brutalità viste, e il direttore tedesco, non nazista per estetica, sostenitore di aver potuto rimanere estraneo al regime in virtù dell’arte, conosciuto per aver aiutato un certo numero di ebrei ad espatriare.

La quarta di copertina ci informa che Harwood mette in scena un rebus morale delicatissimo, in fondo al quale sta uno dei problemi più discussi i irrisolti della storia: l’autonomia dell’arte di fronte alla politica (il titolo originale significa “schierarsi, prendere posizione”)… Con abilità drammaturgica la verità viene presentata divisa e sono gli spettatori e i lettori a doversi schierare, a dover prendere posizione.

Ed è vero (l’abilità dello scrittore è anche nel modo di rappresentare i personaggi e indurre i lettori (anche gli spettatori?) a simpatizzare in modo difforme, nel corso del dramma, per i diversi personaggi). E’ un quesito morale cui è difficile dare una risposta, lo è tanto più quanto sembrerebbe forse a primo avviso facile. Perché se il confronto con il male assoluto induce a un certo tipo di risposta, poi ci vengono in mente le grandi opere pittoriche, architettoniche, letterari, musicali. E come l’arte non sia stata solo “indifferente” alla politica, ma anzi si sia fatta cortigianeria.

Il libro è breve, si legge in una sera. A me sembra abbastanza riuscito, coinvolge e se consideriamo che lo si pensa e ci si riflette per lungo tempo, trovando sempre nuovi percorsi di riflessione, allora non si può dire altro che l’autore ha raggiunto il suo scopo.

Forse addirittura induce a diversi percorsi di riflessione e di discussione più di quanto ne immaginasse Harwood stesso. Ma non conosco l’autore e non saprei dire.

Personalmente vado un po’ in confusione ripensando al libro perché si affastellano nella mia mente affaticata tante suggestioni e tante idee stimolate dal libro, sia contestualizzando il fatto storico, sia nella sua accezione universalistica.

Solo alcuni esempi: il rapporto tra il vitalismo americano senza tabù e senza riverenza un po’ manicheo e il (supposto )vecchiume europeo che si arrovella nei distinguo (il maggiore urla al suo subalterno ebreo tedesco che giustifica il direttore: “ Sei un liberale di merda. Non sai distinguere quello che è giusto da quello che è sbagliato”), l’ansia di punire i carnefici razzisti che esprime il maggiore in contrasto con il fatto che quello stesso esercito aveva reparti separati per soldati bianchi e soldati neri, l’orrore per l’Olocausto accompagnato alla cinica decisione di provare l’atomica sull’esausto Giappone per mandare un messaggio all’URSS. costruendo un’epopea fondativa dello spirito nazionale ci dice che veramente la storia la scrivono i vincitori. E poi le possibilità di scelta reale che ciascun uomo ha. Il rapporto dell’arte non solo con la politica ma anche con il potere vero, quello economico, e non solo in tempi tragici dove poteva essere richiesto un coraggio non proprietà comune, ma in tempi di pace e di abbondanza, quando veramente le convenienze personali determinano gli atteggiamenti (più si è liberi da minacce di oppressione più artisti e intellettuali sono prigionieri delle rendite che la moderna cortigianeria mascherata da libertà di pensiero assicura).

Sono curioso di vedere come Zingaretti (sì, Montalbano) che è un attore a cui piacciono personaggi e tematiche di peso, avrà reso questo dramma, che intonazione avrà voluto dare. Intanto grazie al suggerimento dei miei amici ho letto questo libro, ed è già una buona partenza



Ancora, lo svuotamento di un continente con la tratta degli schiavi o la distruzione di un popolo indigeno non solo nell’indifferenza degli artisti e degli uomini di cultura, ma addirittura

mercoledì 8 gennaio 2014

LA BANALITA' DEL MALE

NELSON MANDELA: LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTA'

Pur essendo alloggiati nelle stesse celle, il cibo che ci davano era diversificato per razza. A colazione gli africani, gli indiani e i meticci ricevevano gli stessi alimenti, tranne che agli indiani e ai meticci veniva dato in più mezzo cucchiaino di zucchero. La sera, oltre agli altri cibi, gli indiani e i meticci ricevevano un etto di pane, che per gli africani non era previsto. Quest'ultima distinzione si fondava sulla curiosa premessa che gli africani per natura non gradissero il pane, che era considerato un cibo più sofisticato e "occidentale". La dieta dei detenuti bianchi era di gran lunga migliore della nsotra. Le autorità erano così sensibili alla differenza di razza che persino il pane e lo zucchero che fornivano ai bianchi era diverso da quello che fornivano agli altri detenuti: i prigionieri bianchi ricevevano pane e zucchero bianchi, gli indiani e i meticci ricevevano pane e zucchero scuri.

lunedì 6 gennaio 2014

É quello che facciamo di ciò che abbiamo, non ciò che ci viene dato, che distingue una persona da un'altra.

NELSON MANDELA: LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTA'

L'istruzione è il grande motore dello sviluppo personale. É attraverso l'istruzione che la figlia di un contadino può diventare medico, che il figlio di un minatore può diventare dirigente della miniera, che il figlio di un bracciante può diventare presidente di una grande nazione. É quello che facciamo di ciò che abbiamo, non ciò che ci viene dato, che distingue una persona da un'altra.
...
Hendrik Verwoed, ministro dell'istruzione bantu, spiegò che l'istruzione " deve addestrare e ammaestrare le persone conformemente alle opportunità che esse hanno nella vita". E dal momento che gli africani non avevano e non avrebbero avuto opportunità, a che scopo si doveva istruirli? "Non c'è posto per i bantu nella comunità degli europei al di sopra di certe forme di lavoro" diceva il ministro. In breve, gli africani dovevano essere addestrati a eseguire lavori servili, e a essere perpetuamente subordinati ai bianchi

un pensiero sempre per Sergio Romano

DEV'ESSERE UN PESSIMO COMANDANTE

Bertolt Brecht: Madre Courage e i suoi figli

Madre Courage: "Dev'essere un pessimo comandante."
Cuoco: " Mangia come un maiale, è vero: ma perchè pessimo?"
Madre Courage:" Perchè per vincere ha bisogno di soldati coraggiosi; se fosse capace di fare un buon piano strategico, che bisogno avrebbe di soldati coraggiosi? Esisterebbero dei soldati qualsiasi. D'altronde, dove stanno virtù così grandi, vuol dire che c'è qualcosa di marcio."
Cuoco: "Qualcosa di buono, credevo."
Madre Courage: " No, che c'è qualcosa di marcio. Perchè se un comandante o un re è molto stupido e porta la sua gente ad affogar nella merda, allora a quella gente gli ci vuole un coraggio terribile, che è anche una virtù. Se è troppo avaro e arruola pochi soldati, tutti devono essere degli ercoli. E se è un tiratardi, e non si cura di nulla, allora bisogna che siano furbi come serpenti, sennò son rovinati. E così ci vuole anche una fedeltà straordinaria, se pretende troppo. Tutte virtù che non ce n'è bisogno in un paese ben ordinato, con un buon re e un bravo comandante. In un buon paese non ci vogliono virtù, tutti possono essere gente qualsiasi, di intelligenza media; e, per conto mio, anche vigliacchi."

domenica 5 gennaio 2014

LIBRI DI NATALE: FEDERICO RONCORONI. UN ALTRO GIORNO, ALTROVE pag. 390

Questa notte, mentre lottavo contro il sonno per riuscire a finire questo libro, sentivo dentro quel piacere che si prova quando non si può proprio prendere il segnalibro e rimandare a domani o a dopo la prossima pagina.
Se posso usare un'espressione molto banale ed elementare, direi che é un libro "bellissimo"
É stato il mio fortunatamente indovinato regalo di Natale ad Antonella, che ha letto il libro in due giorni, che é rimasta affascinata dal protagonista (anche per caratteristiche che non accetterebbe in suo marito) e che me lo ha passato dicendomi: leggilo. E questo piano piano é passato davanti a quello sulla Germania, al paio di Mandela in corso di lettura e a quelli ancora fermi sulla scrivania.
Si tratta di un romanzo epistolare, d'amore ma non sentimentale, impostato con un'escamotage stilistico che non vorrei anticipare.
La storia narra di un rapporto epistolare tra il protagonista e la donna della sua vita che si è allontanata sette anni prima quando egli è stato colpito da un grave cancro e nel corso delle cure é stato curato dalla prima moglie, cattolicissima e alcolista, che é improvvisamente tornata. Nelle lettere Roncoroni riflette sulla malattia, sul fine vita, sul diritto a morire, su Dio e sulla religione, sul sesso e sulla sessualità, sull'amore e sui piccoli piaceri della vita. La profondità delle riflessioni e la nettezza di alcune posizioni sono per me magistralmente inserite in un discorso fluido e molto realistico nello svolgersi ( non c'è mai la sensazione della conferenza)
Una piccola noterella, anche questo autore, come Mastrocola, ha sentito la necessità di liberare il protagonista dalle angustie che limitano lo sviluppo degli aspetti spirituali-ideali della nostra umanità, come capita a noi persone normali, e li hanno dotati di cospicuo patrimonio. Libero dai bisogni primari, l'uomo può sviluppare pienamente se stesso... dove l'ho già sentito?
Concludo invitando alla lettura e ammettendo di non avere la preparazione per sviluppare una più ampia recensione su questa notevole opera letteraria, credo che si presti più a una piacevole discussione tra amici che l'hanno letto, partendo da uno qualsiasi dei numerosi spunti di riflessione che l'autore sa darci.

BRAGUE: QUESTO ATEISMO HA FALLITO. parole in libertà

Leggo su "la lettura" , inserto del Corriere della domenica che il semestrale Oasis, di Angelo Scola, cardinale ciellino di Milano, è dedicato al tema se "l'ateismo abbia vinto o perso".
Cita Accattoli, il giornalista che cura il trafiletto, un saggio di un certo Brague (che nella mia ignoranza non conosco) sostenitore della tesi (cito dal giornale): " questo ateismo ha fallito ... quello agnostico dell'Europa post-moderna, che pareva aver trionfato nella scienza e in politica  mostrando di poter spiegare il mondo e organizzare la società senza ricorrere all'ipotesi Dio (penso io, invece con l'ipotesi Dio il mondo e la presenza del male si spiegano benissimo...) ... incapace di trovare le risposte... essendo oggi l'umanità in grado di distruggere se stessa con il nucleare, l'inquinamento, la contraccezione".

Essendo domenica, volendo stare rilassati, si tralascia  nucleare e contraccezione,  ci si permette solo di ritornare al pensiero alle deposizioni dell'imprenditore Locatelli, relative alle elargizioni di soldi a favore della cattolicissima Compagnia delle Opere e al cattolicissimo e celeste Roberto Formigoni per ottenere di fare una discarica nella quale deporre amianto a Cappella Cantoni o i rifiuti pericolosi nascosti sotto la BreBeMi, e ci facciamo una grassa e allegra risata

venerdì 3 gennaio 2014

NELSON MANDELA. LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTA'

Nelson Mandela. Lungo cammino verso la libertà. Pag 150 e seg.

"Mandela e Tambo" era inciso sulla targa di ottone attaccata alla porta del nostro ufficio in Chancellor HOUSE, un piccolo edificio che si affacciava sulla strada dove le statue marmoree della giustizia si ergevano davanti alla pretura. Quell'edificio, di proprietà di indiani, era uno dei pochi dove gli africani potessero affittare uffici nel centro. Fin dall'inizio lo studio "Mandela e Tambo" fu assediato dai clienti. Non eravamo gli unici avvocati africani del Sudafrica, ma eravamo l'unico studio di avvocati africani. Per gli africani noi eravamo la prima scelta e l'ultima risorsa. Per raggiungere i nostri uffici ogni mattina dovevamo farci largo tra una folla di gente che aspettava nell'atrio, sulle scale, e nella nostra piccola sala di aspetto.
Gli africani avevano disperatamente bisogno di aiuto legale: era un crimine passare per una porta riservata ai bianchi, un crimine viaggiare su un autobus riservato ai bianchi, un crimine bere a una fontana riservata ai bianchi, un crimine essere in strada dopo le undici, un crimine non avere il lasciapassare e un crimine averci una firma sbagliata, un crimine essere disoccupati e un crimine lavorare nel posto sbagliato, un crimine vivere in certi posti e un crimine non avere un posto dove vivere.
(...)
Ogni giorno sentivamo e vedevamo le migliaia di umiliazioni che gli africani subivano comunemente nella loro vita.

giovedì 2 gennaio 2014

LA NUOVA BEFFA DEGLI AFFITTI D'ORO.

stralcio conclusivo articolo di Sergio Rizzo su Corriere della Sera di oggi, pag 51

titolo: TEMPI DIMEZZATI PER IL RECESSO, LA NUOVA BEFFA DEGLI AFFITTI D'ORO"
ultime righe
...
Il gioco dell'oca diparte quindi da "via!", con la promessa governativa di rimettere le cose a posto nel primo decreto utile. Nelal fattispecie, il classico Milleproroghe di inizio anno. Dove però l'articolo 2, quello che avrebbe dovuto rimettere le cose a posto, contiene alcune sorpresine. La deroga alla clausola di recesso statale per gli immobili di proprietà dei fondi immobiliari e dei loro azionisti sparisce: ma per loro continua a non essere necessario il nulla osta del Demanio nel caso di rinnovo dei contratti, possibile per gli altri privati solo a patto che non esistano immobili demaniali alternativi disponibili. E poi un paio di altre cosucce.
La prima, che lo Stato può esercitare il diritto di recesso non più entro il 31 dicembre 2014, ma soltanto entro il 30 giugno di quest'anno: sei mesi di tempo invece di dodici, dunque. La seconda, che è necessario un preavviso di 6 mesi anzichè trenta giorni (mia domanda: ma se non è stato inoltrato l'avviso di recesso ieri, sono già scaduti i tempi?)
Commento grillino: "i due termini coincidono, facendo così saltare i tempi tecnici del recesso". Vero? Falso? di sicuro la norma è decisamente più favorevole ai privati di quella originaria.
Avrà forse fatto breccia nel cuore del legislatore il grido di dolore di Scarpellini convinto che, parole sue, "dovrebbero darmi una medaglia" in quanto "benefattore dello Stato", per aver affittato i suoi palazzi al "50% del prezzo di mercato (oltre 500 euro annui al metro quadrato ndr)? Difficile dire. ma se davvero volessero risolvere alla radice il problema, anzichè questo improbabile slalom fra decreti, scadenze e deroghe, ci permettiamo di suggerire due righe:
"i contratti d'affitto di immobili stipulati con la pubblica amministrazione privi di clausola di recesso sono nulli"

Forse peggio di una cattiva legge è una legge nella quale il cittadino ha il sospetto che lo Stato si stia prendendo gioco di lui. Quindi urgono spiegazioni e chiarimenti CERTI.