A volte capita.
Intendo, di prendere un libro assolutamente a caso per
leggere le prime pagine convinto di riporlo velocemente e, invece, di finirlo
con piacere.
Pearl Sydenstricker Buck è una scrittrice americana morta
quasi novantenne nel 1973 e vissuta a inizio secolo per due lunghi periodi in
Cina.
Il romanzo Vento dell’Est: vento dell’Ovest è composto da 3
racconti, uno più lungo e due seguenti più brevi ambientati nella Cina di
inizio 900. Non conosco bene la storia cinese, direi che è nel periodo di
istituzione della Repubblica (chi si ricorda il film “l’ultimo Imperatore” di
Bertolucci? C’è la scena quando il ragazzo imperatore vede passare dal tetto del
palazzo imperiale, dove è praticamente recluso, una macchina decapottabile e
gli dicono che è la macchina del Presidente della Repubblica).
Pur essendo americana la scrittrice si immedesima
pienamente, correttamente? non saprei, verosimilmente sì, nella realtà cinese,
soprattutto dal punto di vista femminile.
Da questo punto di vista, mentre il primo racconto,
confrontando due donne, una cinese dall’educazione tradizionale e una americana
moglie del fratello che ha studiato all’estero, si pone su un tracciato di
emancipazione pure dolorosa e faticosa, il secondo è straziante e doloroso
nella vicenda e nell’epilogo.
Minore forse il terzo dove il contrasto è meno di genere e
più di generazione.
Il piacere del dipanarsi del racconto risiede, in uno
scorrere di vicende tutto sommato normali ma mai banali, nel cogliere aspetti della
vita sociale e della Cina d’inizio secolo, nelle note di costume sui vestiti,
sui cibi, sulla comunicazione (come lo scrivere una lettera).
In questo scorrere consuetudinario della vita dei
protagonisti vengono inserite problematiche fortissime delle quali anche il
mondo contemporaneo non è riuscito a liberarsi, e l’abilità della scrittrice
risiede nel porle senza nessun salto emotivo evidente.
Penso al fratello delle protagonista del primo racconto,
allattato, come d’abitudine, non dalla madre, ma da una schiava che avendo
partorito una figlia femmina della quale ci si era ovviamente sbarazzati, aveva
latte in avanzo.
O questo episodio nel secondo racconto intitolato “la prima
moglie”, che parte dal litigio tra due fratelli per un coniglio, della figlia
femmina ma preteso dal fratello maschio. La madre chiamata a giudicare da
ragione al maschio. Alla femmina dice: “Piccola, io non ho nemmeno voluto
sapere di chi davvero fosse il coniglio. Ma debbo insegnarti l’abito della
sottomissione. Sottometterti devi, sempre: prima al padre e al fratello, e poi
al marito. Se tuo fratello vuole il coniglio, non ti resta che cederglielo. (…)
Sottomissione, sottomissione sempre, figlia. E per impararla devi cedere
anzitutto ai voleri del padre e del fratello. Solo così saprai poi cedere a
quelli di colui che sarà tuo marito”.
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