Ho comprato questo libro solo perché l’ho trovato nelle
proposte Amazon a €0,99 ( è un e-book)
che trovo ogni mattina nella cassetta della posta e che generalmente scarto.
Questa aveva una caratteristica che mi ha preso: è un giallo islandese,
ambientato in Islanda.
E l’Islanda da tre anni occupa una parte ben salda nel mio
cuore.
Il libro è ambientato nell’isola di Flatey. Consiglio di
cercarla su un atlante: è una minuscola isola (circa 2 km di lunghezza e 1 km
di larghezza) spersa a sud dei Fiordi Occidentali. Un’isola isolata al quadrato, un’isola
isolata da un’isola isolata dall’Europa.
Anche la vicenda si allaccia a fatti storici, ruotando
attorno al “Libro di Flatey” che è un importante manoscritto medievali
islandese considerato patrimonio nazionale e che apparteneva a un abitante dell’isola
che ospita quella che è considerata la piccola e antica biblioteca d’Islanda.
Il romanzo giallo ambientato nel 1960 inizia con il
ritrovamento del cadavere di uno studioso danese e per tre quarti del libro non
succede praticamente nulla. Poi quando succede qualcosa in realtà… ma non
voglio togliere il gusto di scoprirlo.
Solo che questo non accadere nulla è colmo della descrizione
di un microcosmo popolato da persone che vivono su questo pezzo di terra dove
arriva una nave una volta alla settimana, dove ancora si baratta più che
pagare, dove le porte di casa non vengono chiuse. E’ il 1960, qualche fremito
di modernità si sente, qualche eco dalla metropoli (Reykjavik !!!) arriva.
Mi ricorda molto i libri di Idridason, gialli nei quali
raramente viene sparato un colpo di pistola ma che sanno raccontare molto bene
la società Islandese, di oggi e del passato, con luci e ombre, riuscendo anche
a far immaginare a noi meridionali continentali vicini gli uni agli altri
qualcosa di quell’isola affascinante, un po’ misteriosa ma così
straordinariamente bella che non la si può lasciare senza averne nostalgia un
minuto dopo che l’aereo si è staccato da terra (o ma mitica Norrona, ma questa
non l’ho provata, abbia lasciato il porto).
Leggo che ora a Flatey d’inverno abitano 5 persone e l’isola
si ripopola solo d’estate. Quel mondo pacato e apparentemente monotono (ma l’autore
fa dire a uno dei protagonisti, che per 50 anni non ha mai lasciato l’isola: “no,
ragazzo mio, e probabilmente con i miei occhi ho visto più cose di quelli che
passano la vita a vagabondare da un paese all’altro. Ho visto mondi e regioni
che altri non riescono nemmeno a immaginare. E forse è proprio per questo che
in questi prati ho messo radici più salde di quelle dell’erifioro , che vola
via al minimo soffio di vento. La quercia non si lamenta mai di non riuscire a
muoversi da dov’è” – però questo personaggio poteva vedere gli elfi, noi che
non possiamo forse per questo amiamo spostarci e viaggiare. E visitare Flatey
per esempio, come vorrei fare io ora.
Consiglio questo libro, da leggere con la stessa lentezza
con cui scorre la vita dei protagonisti. E’ un momento di relax. E aiuta a
ricordare l’Islanda (come se ce ne fosse bisogno)!
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