lunedì 22 ottobre 2012

PRIMARIE CEONTROSINISTRA: CONFRONTO -1

Ho cercato di fare un confronto sulle proposte per la scuola, aprendo i siti di PUPPATO, VENDOLA, BERSANI. RENZI ( mi scuseranno gli altri, se ci sono... la fagocitazione mediatica-spettacolare del dibattito nello scontro Bersani-Renzi rende difficile la conoscenza della realtà)
Ho cominciato dall'argomento che più mi sta a cuore: la scuola.
Ho trovato un programma esteso e dettagliato sul sito di Puppato e Renzi, poco sul sito di Bersani e nulla sul sito di Vendola. Sicuramente è per una mia carenza nella capacità di cercare. Se qualche lettore ( 1/10 di quelli del Manzoni, non spero di più) conoscesse meglio i programmi di Bersani e Vendola, potrebbe intervenire.
Sulla scuola devo dire che ho una leggera preferenza per Renzi. Ma sono disposto ad ammettere di aver sbagliato a fronte di motivazioni concrete.
Trascrivo (non è vero, faccio un brutale copia-incolla) da Puppato e Renzi.
Puppato

SCUOLA, UNIVERSITÀ 

Le pessime condizioni in cui si trova la scuola italiana sono il risultato inevitabile di scelte non fatte, di cedimenti alle sollecitazioni più disparate, di provvedimenti d’urgenza presi sotto la pressione degli eventi, dei tagli indiscriminati effettuati dai governi Berlusconi e soprattutto della mancanza di una politica scolastica di lungo respiro. Le numerose riforme e controriforme hanno condotto allo stato di confusione e inefficienza attuale.
Investire nell’istruzione e nella scuola significa investire sul futuro non solo dei nuovi cittadini, ma di tutto il nostro Paese. Avere una scuola capace di ottenere alti livelli di istruzione e cultura prelude ad una società competitiva  pronta ad affrontare le sfide con i Paesi  più avanzati.
Occorre elaborare un progetto di lungo termine capace di permettere a studenti e insegnanti di raggiungere livelli alti di preparazione e di permettere a tutti di veder riconosciuti meriti particolari.
Da ciò consegue la necessità di valorizzare la figura dell’insegnante oggi depressa e maltrattata. Le persone che hanno  in mano le sorti dei futuri cittadini devono essere motivate anche vedendosi  riconosciuta una professionalità adeguata e  un correlato stipendio. I migliori docenti – indicati anche dagli stessi allievi – vengano premiati in termini di  valori di retribuzione e percorsi di carriera. Deve inoltre essere curato con particolare attenzione l’aggiornamento professionale a tutti i livelli, tenuto conto della rapidità con cui evolve e si trasforma la società.
Nell’immediato occorre uscire dalla palude normativa abolendo il precariato e avviando piani di reclutamento commisurati ai bisogni. Bisogna inoltre garantire la continuità dell’insegnamento ponendo un limite ben preciso al balletto delle cattedre che ogni anno si ripete.

La struttura scolastica

Una buona scuola d’infanzia è il miglior investimento per il futuro di un paese. Dobbiamo pensare a come rendere più fruttuoso questo investimento per i nostri piccoli e per il Paese: i bambini, specie a questa età, hanno bisogno di tempi prolungati per imparare e per socializzare. il modulo delle 25 ore non permette lo svolgimento di una buona didattica per tutti e facilita la formazione delle cosiddette “classi ghetto”.
L’asilo nido è un diritto educativo di tutti bambini. dobbiamo scardinare l’assioma nido – servizio sociale e affidare questa competenza direttamente al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur).
Il ciclo scolastico primaria-secondaria, attualmente articolato in  5+3 anni, potrebbe essere uniformato, dopo un percorso condiviso con le parti sociali, su un ciclo unico di 7 anni con la modalità tempo pieno o 30 ore su 5 giorni con compresenza. Punto irrinunciabile è la tutela dei diritti dei più deboli per cui serve incrementare il numero degli insegnanti di sostegno, affinché nessuno rimanga escluso o indietro.

Università

L’istruzione universitaria è nodo cruciale per lo sviluppo del Paese. La qualità dell’insegnamento è ancora buona, la “fuga dei cervelli” ne è la prova, ma la dispersione delle risorse è enorme, anche  perché abbiamo troppe Università con troppe baronie, che tendono a contendersi fondi e studenti e a gestire non sempre in modo specchiato assistenti e ricercatori.  Anche in questo caso è indispensabile una valutazione di merito del corpo docente e una adeguata e continua formazione e verifica.
L’Università sotto casa non è un vantaggio né un diritto. Come è stato fatto per la Sanità – pochi grandi Ospedali con prestazioni di eccellenza – si deve puntare ad un adeguato numero di  grandi Università, dotate di strutture e di docenti di prim’ordine. Con i risparmi che ne derivano si intervenga fin da subito a ridur le rette universitarie nonché  dei convitti per gli studenti fuori sede e si dotino le Università stesse di fondi adeguati per sostenere le attività di ricerca, con parametri Europei e sufficiente coinvolgimento del sistema delle imprese.  Torneremo così ad  essere un Paese all’avanguardia.
Renzi
Oggi tutti invocano la crescita, ma invocare la crescita è come invocare la pace nel mondo: dà soddisfazione ma non vuol dire nulla. Il punto è capire come. Storicamente l'Italia è cresciuta grazie a un'unica cosa: il talento e le capacità degli italiani. Il vero problema del nostro Paese, oggi, non è la crisi dei mercati. E lo spreco più grave non è di natura economica. Il vero problema è che non stiamo valorizzando il potenziale degli italiani.
Una parte troppo ampia delle capacità degli italiani è mortificata da un sistema ingiusto e ottuso che, a tutti i livelli, schiaccia anziché favorire l'impegno e le aspirazioni di ciascuno di noi. Proviamo ad immaginare un ciclo vitale nel quale, ad ogni stadio, anziché distruggerlo, il sistema pubblico incoraggi la formazione di capitale umano, ampli lo spettro delle scelte a disposizione delle persone, liberi il loro potenziale. A cosa assomiglierebbe?
a. Partire col piede giusto: dare al 40% dei bambini sotto i tre anni un posto in un asilo pubblico entro il 2018. L'Italia combina attualmente due primati negativi: una bassissimo tasso di natalità e, al tempo stesso, un bassissimo tasso di occupazione femminile. In più, i test internazionali ci dicono che, da noi, lo sviluppo cognitivo dei bambini è più condizionato che altrove dalle origini familiari. In Italia, solo il 12 per cento dei bambini sotto i tre anni ha accesso a un nido pubblico, in un'età che tutti gli studi confermano essere la più importante di tutte per l'investimento in capitale umano. Ecco perché proponiamo di passare dal 12 al 40% di copertura creando 450.000 nuovi posti. Il costo stimato sarebbe di 3 miliardi l'anno di spese correnti. Elevato ma sostenibile in una manovra complessiva da 75-90 miliardi come quella che proponiamo. Il costo di investimenti (spesa in conto capitale) di 13 miliardi è anch'esso sostenibile se ripartito su 5 anni.
b. Una scuola dove si impara davvero.
La scuola è il terreno sul quale si gioca il futuro del nostro Paese.

Bisogna tornare ad investire, ma farlo con modalità nuove, che mettano al centro la qualità dell'educazione che diamo ai nostri figli. E' davvero un paradosso, quello di una scuola nella quale si danno voti a tutti, ma non alla qualità dell'insegnamento e delle strutture scolastiche. Gli istituti scolastici devono godere di un'ampia autonomia, anche riguardo alla selezione del personale didattico e amministrativo, con una piena responsabilizzazione dei rispettivi vertici e il corrispondente pieno recupero da parte loro delle prerogative programmatorie e dirigenziali necessarie. Questo obiettivo va preparato attraverso una fase transitoria nella quale si incominci a responsabilizzare gli istituti scolastici mediante una valutazione della performance gestita da una struttura indipendente centralizzata. Perciò proponiamo:
1. un forte investimento sulla scuola e, in particolare, sulla formazione e l'incentivazione degli insegnanti, sull'edilizia scolastica (v. infra 5. c.) e sull'upgrade tecnologico della didattica;
2. la valutazione degli istituti scolastici attraverso il completamento e il rafforzamento del nuovo Sistema di Valutazione centrato sull’azione di Invalsi e Indire, con la prospettiva di avvicinare gradualmente il nostro modello a quello britannico centrato sull’azione della Ofsted;
3. incentivi ai dirigenti scolastici basati sulla valutazione della performance delle strutture loro affidate;
4. una revisione complessiva delle procedure di selezione e assunzione dei docenti, basata sulle competenze specifiche e sull'effettiva capacità di insegnare; 
5. una formazione in servizio per gli insegnanti obbligatoria e certificata, i cui esiti devono contribuire alla valutazione dei docenti e alle progressioni di carriera, basata su un mix di: aggiornamento disciplinare, progettazione di percorsi con altri colleghi, aggiornamento sull’uso delle nuove tecnologie per la didattica, incontri con psicologi dell’età evolutiva o con medici per capire come affrontare handicap o disturbi di apprendimento sui quali la scienza ha fatto progressi.
6. la valutazione e incentivazione degli insegnanti, attivando in ciascun istituto scolastico un meccanismo finalizzato all’attribuzione di un premio economico annuale agli insegnanti migliori, scelti da un comitato composto dal preside, da due insegnanti eletti dagli altri (cui andrà il 50% del premio e che non potranno ovviamente essere selezionati per il premio intero) e da un rappresentante delle famiglie eletto dalle stesse, sulla scorta del progetto pilota "Valorizza", già sperimentato in quattro province nel corso del 2010-2011. (QUESTO MI CONVINCE POCO)
c. Eliminare la formazione che serve solo ai formatori.
Esiste un’offerta molto ampia di corsi di formazione professionale che vivono solo per mantenere in vita le organizzazioni che organizzano i corsi senza nessun beneficio pubblico. Bisogna spostare le risorse da questo ambito in altri dove possono produrre benefici reali, in particolare sulle competenze tecniche e artigianali che rappresentano la vera forza del modello produttivo italiano. Rilevazione sistematica del tasso di coerenza tra la formazione impartita e sbocchi occupazionali effettivi, a sei mesi e tre anni dalla fine del corso, e pubblicazione online di questi dati in modo che tutti possano conoscere i risultati del passato recente prima di scegliere un corso.
d. Rilanciare l'università e la ricerca.
L’Italia, che in molti settori dell’industria e del commercio è ai vertici mondiali, non è ugualmente rappresentata ai vertici delle classifiche delle istituzioni universitarie e di ricerca. Nelle istituzioni estere che si trovano ai vertici di tali classifiche, invece, lavorano molti ricercatori italiani, incapaci di trovare una posizione adeguata in Italia, mentre – salvo rarissime eccezioni – non si trovano ricercatori stranieri nelle istituzioni italiane.
1. Mettere a punto un sistema di valutazione delle università e sostenere quelle che producono le ricerche migliori. L’Italia spende per l’università e la ricerca meno dei grandi paesi con cui dobbiamo confrontarci, ma questo non è il solo problema. Il reclutamento dei ricercatori è spesso viziato da logiche familistiche e clientelari. Le risorse vengono disperse tra centri di eccellenza e strutture improduttive. Anche in questo campo si devono introdurre meccanismi competitivi. I dipartimenti universitari che reclutano male devo sapere che riceveranno sempre meno soldi pubblici. Deve essere chiaro che chi recluta ricercatori capaci di farsi apprezzare in campo internazionale ne riceverà di più. È un risultato che si può ottenere usando indicatori quantitativi sulla qualità della ricerca prodotta sul modello dell'Anvur e il parere di esperti internazionali autorevoli e fuori dai giochi. L’obiettivo è avere una comunità scientifica meno provinciale, che esporta idee e attrae talenti.
2. Consentire la scommessa degli atenei e degli studenti sulla qualità della formazione. Agli atenei che vi sono interessati deve essere consentito di aumentare le tasse universitarie in funzione di progetti di eccellenza didattica, trovando al tempo stesso compensazioni per le famiglie con redditi medi o bassi. (SICCOME NON FUNZIONERà MAI, PREFERISCO  PUPPATO) Agli studenti devono essere offerti prestiti per coprire integralmente i costi, prevedendo che la restituzione rateizzata - parziale o integrale - inizi solo quando essi avranno raggiunto un determinato livello di reddito.
3. Consentire a tutti gli studenti universitari di finanziarsi gli studi e le tasse. Obbligo per le Università di stabilire accordi con almeno tre banche (di cui almeno una locale e almeno una nazionale) per i finanziamenti agli studi universitari, garantiti da un fondo pubblico di garanzia.
4. Incentivi fiscali per contributi alla ricerca universitaria. Detrazione dalla base imponibile di quanto donato alle università e tassazione agevolata per chi investe negli spin-off universitari.
5. Un fondo nazionale per la ricerca gestito con criteri da venture capital. Istituire un fondo nazionale per la ricerca che operi con le modalità del venture capital e sia in condizione di finanziare i progetti meritevoli al di fuori delle contingenze politiche.

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