ABBANDONATO A META' "LA FATTORIA DEI MALFATTORI" DI A. PAASILINNA.
Cosa mi ha spinto a riportare in biblioteca questo libro senza concluderlo?
Non posso dire di non conoscere l'autore, da L'ANNO DELLA LEPRE credo di averli letti tutti o quasi. Alcuni li ho anche comperati. Conosco quindi la verve caustica, iconoclastica, irriverente e volutamente scorretta, la sapida ferocia con cui mette alla berlina i sistema sociale del suo Paese e i suoi connazionali.
Del resto, da Mankell in poi, sia sul versante noir sia sul versante sarcastico, conosciamo la vena critica (a volte autoflagellante) degli scrittori scandinavi (dalla Danimarca fino all'Islanda passando per tutta la penisola) - ma in realtà possiamo partire ben prima di Mankell, risalendo alla coppia Sjowall - Wahloo che forse avevano un afflato più politico e orientato verso il cambiamento e meno nichilistico dei maggiormente contemporanei- la cui mission sembra essere quella di dover smentire in tutti i modi le varie classifiche che leggiamo sui giornali che pongono quelle nazioni invariabilmente, da qualunque visuale, ai vertici della qualità della vita.
Cosa allora mi ha fermato, in questo romanzo, scritto con uno stile, innamorato della natura e sciolto nella trama, che mi piace?
La trama, abbozzo per rispetto di chi non lo ha ancora letto, racconta di una supplenza vendicatrice- educatrice rispetto ai limiti e alla ignavia dello Stato nel reprimere la delinquenza.
Forse proprio questo non mi è piaciuto, non perchè lo svolgimento sia grondante sangue, anzi è sempre molto ironico e divertente. E' che siamo in un momento storico pieno di vendicatori, chiunque si sente più chiamato alla causa di giudice o di vendicatore di qualsiasi presunto torto piuttosto che chiamato al dovere di essere un buon cittadino. L'indice puntato è diventato il simbolo di questa era, la sfiducia nella legge (sia come regolatore dei rapporti tra gli uomini a tutela dei più deboli, sia come espressione del lavoro di chi è chiamato a tutelarla professionalmente) ha raggiunto livelli che mi sembrano preoccupanti. Le figure di chi sguazza in questo torbido diventano popolari e degne di (mal riposta) fiducia. Trovare questo in un romanzo che vorrebbe essere ironicamente intelligente mi ha stancato. Forse in momenti migliori lo riprenderò.
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