lunedì 23 febbraio 2015

IL LETTORE STOLTO (4) NICK HORNBY GABRIEL ZAID ANTONELLA VITTORIO SERMONTI SALGARI SANDOKAN MAGRIS JOSEPH SVENBRO CALVINO TWITTER

IL LETTORE STOLTO (4) NICK HORNBY GABRIEL ZAID ANTONELLA VITTORIO SERMONTI SALGARI SANDOKAN MAGRIS JOSEPH SVENBRO CALVINO TWITTER

Come si fa a non amare, anzi vista la passione calcistica, tifare per Nick Hornby quando cita, nel suo gustosissimo libro, questo stralcio di “I troppi libri” di Gabriel Zaid (citazione di citazione... è corretto?):

“Tuttavia il momento migliore di Zaid è nel secondo paragrafo, quando dice che

Quello sono io! (Grida Horny, quello sono io, sia pure in proporzioni decimali, sussurro io) E probabilmente anche voi (oh, come hai ragione Nick!) ( beh, diciamo decine) Sbirciate un po' l'elenco di questo mese: le lettere di Cechov, le lettere di Amis, le lettere di Dylan Thomas... Che probabilità ho di smaltire tanta roba?”

Io guardo la pigna di libri che mi sposto dal tavolo della sala (quello elegante che ormai è la scrivania di casa, al tavolino vicino alla poltrona, al comodino del letto) e mi pongo la stessa domanda, considerato che le minacce muliebri mi spingono a usufruire delle biblioteche, realtà stupende con il limite che non puoi sottolineare i libri e che dopo un po' te li richiedono.

Se pensate che, una volta visto questo paragrafo sono andato in cerca di Antonella per leggerglielo, avete indovinato.

Sto iniziando nel frattempo anche un libro di Vittorio Sermonti “Il vizio di leggere”. Non mi sta entusiasmando ma sono solo all'inizio.

SI tratta di una miscellanea di brani scelti dall'autore presi a occhio dalla letteratura (e non solo ) mondiale. Scrive nell'introduzione Sermonti: “in ogni caso come fare a sapere di preciso che cosè questo libro, non sapendo con ragionevole approssimazione chi sono io”? Che mi sembra un fine modo per svicolare.

Mi piace di Sermonti che dica che Salgari è stato il suo pusher di bibliodipendenza (anche Magris cita Salgari come iniziatore alla lettura), dice di aver letto con ingordigia animalesca i suoi romanzi, in particolare il ciclo di Sandokan e i tigrotti della Malesia. Come mi ci sono ritrovato. Li conservo con particolare affetto.

Però di Sermonti mi ha colpito fino ad ora un brano del prof. Joseph Svenbro del CNRS di Parigi sulla lettura del testo.

“Ma se lo scritto è incompleto in assenza della voce, ciò significa che anche esso deve appropriarsi di una voce per realizzarsi pienamente... Lo scrittore, insomma, conta sull'arrivo di un lettore pronto a mettere la propria voce al servizio dello scritto, al fine di distribuirne il messaggio ai passanti, agli “uditori” del testo. Egli conta su un lettore che si atterrà alla imposizione della lettera. Leggere è dunque mettere la propria voce al servizio della scrittura (in ultima analisi, dello scrittore) E' cedere la propria voce per l'attimo della lettura. Voce che lo scrittore fa subito propria, come dire che essa non appartiene al lettore durante la lettura. Egli l'ha ceduta, La sua voce si assoggetta allo scritto, vi si unisce. Essere letto significa, di conseguenza, esercitare un potere sul corpo del lettore, anche ad una grande distanza nello spazio e nel tempo. Lo scrittore che riesce a farsi leggere agisce sull'apparato vocale altrui , di cui si serve, anche dopo la propria morte, come di un instrumentum vocale, cioè come di qualcuno o di qualcosa al suo servizio: di uno schiavo.”

Mah. Ci tornerò.

Bello infine l'aforisma di Calvino (il fondatore del calvinismo): “una menzogna è tanto facile da stampare, quanto la verità”... oggi direi twittare...

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