sabato 28 marzo 2015

IL LETTORE STOLTO (16). FRANCO SCAGLIA. IL GABBIANO DI SALE

IL LETTORE STOLTO (16). FRANCO SCAGLIA. IL GABBIANO DI SALE

Sto leggendo il secondo libro di Scaglia incentrato sulla figura di Padre Matteo, ora Custode di Terra Santa (un po' stretto e a disagio nel suo ruolo).
Il racconto, pur conservando sempre l'impostazione di una vicenda complessa e misteriosa, mi sembra più fluido del libro precedente.
Un pregio di Scaglia mi sembra quello di saper rendere seducenti i luoghi di cui parla.
Dopo aver letto il suo libro sono andato su Internet a cercare Ginostra e i possibili alloggi. Anche Gerusalemme, come descritta da Scaglia, si propone come una meta desiderabile (quando terminerà l'oppressione, Israele, Palestina e Giordania saranno luoghi che vorrò visitare, anche per il fascino che la cultura ebraica suscita in me.
Un altro pregio di Scaglia è quello, pure volendo cercare di comprendere le ragioni di tutti i contendenti e manifestando un comune e condivisibile sincero anelito di pacificazione, di non confondersi e di vedere chiaramente chi, in questo momento storico è l'oppresso e chi è l'oppressore, e lo ricorda inserendo nelle pagine del libro estratti di vita quotidiana di comune oppressione.
Ecco un brano esemplificativo:
" In libreria c'era anche un militare che si presentò, era il sergente maggiore della riserva Dov Joseph, 31 anni, e nella vita civile faceva l'avvocato. Con Gruber si conoscevano di vista, Joseph mi scelse come interlocutore e mi spiegò che l'occupazione militare era incompatibile con l'ebraismo (mia nota: il libro è del 2004, in quel tempo credo che Israele occupasse ancora militarmente Gaza, da cui si ritirò, rendendo la Striscia una galera de facto per gli abitanti, nel 2005 per decisione di Sharon). L'aveva capito a un posto di blocco. C'era una lunga coda di auto palestinesi, ferme da ore. Era arrivato un colono e aveva sorpassato tutti a grande velocità. Lui lo aveva fermato per identificarlo e quello aveva reagito male. "Che cosa sono io, un arabo?", aveva urlato.
Quel giorno Dov Joseph aveva deciso che un popolo meraviglioso che si vantava di aver fatto rifiorire il deserto non poteva buttare giù con le ruspe gli ulivi dei palestinesi
(...)"

mercoledì 25 marzo 2015

IL LETTORE STOLTO(15) FRANCO SCAGLIA. IL CUSTODE DELL’ACQUA

IL LETTORE STOLTO(15) FRANCO SCAGLIA. IL CUSTODE DELL’ACQUA
Una breve riflessione sul libro appena letto
Inizio con una citazione
“Adesso vi racconterò la storia del Buon Soldato”
(…)
Vidigal raccontò: “Immaginate un quartiere di Gerusalemme est dove la popolazione è povera, affamata, i ragazzi sono tutt’ossa. Per loro valgono questi versi. Per loro valgono questi versi:
(…)
“… Immaginate allora quel quartiere dove ci sono tante bocche da sfamare e i ragazzi sono armati di pietre. Le cime biancastre delle colline della giudea sono ricoperte di un delicato velo verde. Su quelle colline i giovani palestinesi perdono la vita. In quel quartiere i bambini offrono il petto a un fucile israeliano invitando una recluta adolescente a sparare. Vivono in misere case, dove spesso l’unico pezzo di arredamento, magari un armadietto con la vetrina di cristallo, è stato fracassato durante una perquisizione.
Immaginate un bambino con un occhio chiuso, giallo e pieno di pus. Se gli sollevi la palpebra vedi che il bulbo oculare è spaccato, E’ un proiettile di gomma che l’ha colpito. Immaginate un taglia pietra al quale una scheggia ha lacerato una mano. E, prima di arrivare all’ospedale, è stato fermato a un posto di blocco militare e costretto per ore a rimanere in ginocchio sotto il sole. Immaginate in quali condizioni sia la mano. Immaginate un bambino di sei anni colpito al viso dal calcio di un fucile per aver disegnato sul muro la bandiera palestinese. E un altro bambino ferito in tutto il corpo da pezzi di vetro perché un soldato ha sfondato una finestra per entrare in casa sua. Immaginate che tutti costoro e altri ancora siano nelal strada centrale e polverosa del loro quartiere. Arriva un’auto israeliana e alla guida c’è il Buon Soldato. E’ giovane. Forse non si rende conto dov’è capitato. Appena quel popolo di storpi, mutilati, semiciechi si accorge di lui circonda la sua auto. Il Buon Soldato, esce, spara in aria, fugge. L’automobile viene bruciata e del Buon Soldato non si sa più nulla (…)”


Faccio fatica ad esprimere un giudizio su questo libro. Non per il paragrafo che ho trascritto sopra, questo sia pure romanzato è una fotografia illuminante di cosa è l’oppressione dell’occupazione, più vera (più continua, più feroce, più devastante) delle immagini, che suscitano l’indignazione, con scadenza, di alcuni di noi, di bombardamenti in occasioni delle periodiche guerre dalla potenza asimmetrica tra in contendenti.

E’ il racconto nel suo complesso, nel quale ogni personaggio, in qualsiasi dialogo parla per enigmi o per immagini che spesso non capisco, un parlare quasi solo per citazioni o per allusioni. Il protagonista si muove a volte sperso tra persone che muovono le fila con apparente onniscienza tanto che mi chiedo perché tutta quella serie di intrighi, non potevano risolvere il tutto con un paio di telefonate?

Il complesso del romanzo è affascinante perché tratta di uno dei luoghi più affascinanti (misteriosi, dolorosi, intriganti) del mondo (forse per gli aborigeni australiani Gerusalemme significa poco, ma purtroppo per loro, e forse per noi, non sono loro a tenere in mano le redini del mondo –e neppure gli atei –altro “purtroppo”). Io non conosco la città, non conosco Israele e la Palestina – che non visiterò finchè ci sarà l’Oppressione – e mi fido della conoscenza di Scaglia che è abilissimo nel descrivere i luoghi e farceli sognare (come mi fa sognare Ginestra, luogo che vorrei visitare).

A mio modo di vedere al termine del romanzo, quando è costretto a completare i giochi e a svelare gli arcani, Scaglia coglie con grande realismo l’obiettivo vero dei contrasti. Precipita un po’ improvvisamente ma ha il merito di ridurre i giochi al cinismo della volontà di potenza e di dominio degli uni sugli altri.



domenica 22 marzo 2015

IL LETTORE STOLTO (14) FRANCO SCAGLIA. IL CUSTODE DELL'ACQUA

IL LETTORE STOLTO (14) FRANCO SCAGLIA. IL CUSTODE DELLE ACQUE

Ho trovato la presentazione dei libri di Franco Scaglia in un articolo sulla DOMENICA DEL SOLE 24ORE, e sono stato incuriosito. Ho cercato i libri nel SBV e li ho facilmente trovati.

Il protagonista è padre Matteo , un archeologo francescano che agisce in Israele, e la struttura credo sia tra la spystory e il giallo. Ambientare le trame dei libri in quell’ambiente dove la verità appare più che frantumata in mille schegge come di uno specchio rotto, nascosta e distorta come riflessa da uno specchio deformante, mi appare coraggioso. Sono alle prime pagine del primo libro, quindi Scaglia per ora è tutto terreno inesplorato e misterioso. Ci sono dei segnali positivi, come questo paragrafo che ho trovato e che trascrivo.

“Lo pregai di ascoltarmi con attenzione. Gli offrii ancora un bicchiere di vino e gli raccontai che ero nato a Ginostra, nell’isola di Stromboli (…) Vivevano con noi due gatti, Mustafà e Nenè, fratello e sorella. (…) Un pomeriggio, dunque, ero nel “nostro giardino” e stavo provando ad accomodare una vecchia sedia a dondolo. Avevo dieci anni e una naturale abilità nelle mani, che in seguito ha contribuito al mio successo come archeologo. Sentii qualcosa che somigliava a un gemito prolungato, acuto. Apparve Mustafà e aveva in bocca un topo. I lunghi baffi di Mustafà si intrecciavano con la code del topo che batteva l’aria in su e in già con forza e disperazione. Mustafà affondò i denti con crudele lentezza nel collo del topo che emise qualcosa di simile a un sospiro. Durò a lungo. Quando finì ebbi la sensazione che qualcuno mi stesse guardando. Mi voltai e vidi un topo più grande non lontano da me: mi fissava immobile. Immaginai si trattasse della madre del piccolo topo che nel frattempo Mustafà aveva abbandonato davanti ai miei piedi, Mamma topo guardò suo figlio e poi Mustafà, ora distratto e assente, e scomparve nell’erba.

Quella sera cenai di malavoglia. Ero spaventato e scosso dalla violenza alla quale avevo assistito. Andai a letto presto. Dormii un sonno agitato, non trovavo la posizione,e quando mi svegliai vidi mamma topo. Era diritta sulle zampette a metà del letto, mi fissava. Pensai di stare sognando. Non era così. Feci un movimento e mamma topo saltò via. Mi convinsi che fosse venuta a comunicarmi la sua sofferenza. Perché aveva scelto me?

Trascorsi la mattina a leggere, ero turbato. Dopo pranzo tornai in camera a prendere delle carte. Dovevo finire un tema per la scuola. Sul letto Mustafà faceva le fusa. Sotto una zampa, mamma topo stava agonizzando. Mi avvicinai. Mustafà senza guardarmi soffiò forte per comunicarmi che dovevo tenermi a distanza. Mamma topo soffrì per molto tempo. Quando finalmente morì, Mustafà smise di fare le fusa e restò immobile con gli occhi nel vuoto.

Credo che sia stata proprio quella vicenda, l’insignificante violenza su due topi, a orientare il mio cuore e la mia mente verso gli indifesi e i deboli. Un uomo di Dio, per contratto e vocazione, ama e protegge chi soffre. Mala morte di mamma topo e di suo figlio mi fece odorare la sofferenza, aiutandomi a capire come la vita di un umiliato e di un offeso sia molto facile da distruggere”


Penso che scrivere questo apologo in un libro ambientato in Palestina/israele/TerraSanta (già ognuno la chiama come la pretende) non sia neutro e insignificante. Ma scrivere che differente è stare per sforzo intellettuale dalla parte dei sofferenti e odorare la paura e la sofferenza, dice molto a me, a noi, e anche a chi dei sofferenti ne fa carne di strumentalizzazione e di politica squallida.

sabato 21 marzo 2015

IL LETTORE STOLTO (13) MAGRIS MERITA UNA LETTURA LENTA.


IL LETTORE STOLTO (13) MAGRIS MERITA UNA LETTURA LENTA.
CLAUDIO MAGRIS. ALFABETI
Fontane. La vecchia Prussia e il futuro

Questo libro di Magris, bello e sostanzioso, viene assunto con parsimonia, a volte lasciando passare uno o due giorni tra una somministrazione e l'altra. Ho l'impressione che Magris meriti tutta la lentezza che i tempi di riconsegna in biblioteca consentono. Sarebbe probabilmente uno spreco forzare la lettura anche quando il rigore dello stile e il contenuto non immediato suggerirebbero un po' di distrazione. Penso che correrò il rischio di riconsegnarlo non finito, e magari riprenderlo dopo qualche tempo, piuttosto che non godermelo tutto. Questo breve paragrafo che trascrivo sotto, trovato appena aperto nel nuovo capitolo, mi da ragione.

Amare il vecchio, vivere per il nuovo: non è detto che ciò che amiamo sia sempre degno e capace di vivere né che ciò per cui, volenti o nolenti, si vive possa o sappia destare il nostro amore. Talvolta si ama qualcosa solo perché è cresciuta con noi, è lo spazio e il terreno della nostra vita, anche quando ne vedessimo l'indegnità, l'immoralità oggettiva, non smetteremmo di amare quel mondo, perché è il nostro.
Allo stesso modo, si può capire e approvare non solo l'inevitabilità, ma anche la superiore giustizia di un mondo nuovo che sorge e cooperare onestamente al suo sorgere, ma con intimo disagio, perché ci si rende conto che la sua aurora è il nostro tramonto

IL LETTORE STOLTO (12) "IL CERCHIO" di DAVE EGGERS

IL LETTORE STOLTO (12) "IL CERCHIO" di DAVE EGGERS



A un certo punto, nel corso della lettura de IL CERCHIO di Dave Eggers mi sono posto una domanda. Questa nazione che inizia la propria costituzione in questo modo clamoroso “Noi, popolo degli Stati Uniti...” come mai, nella propria epica, deve sempre dipendere dall'eroe solitario, prima vilipeso e disconosciuto e poi riordinatore del mondo, vendicatore dei torti? E questo popolo, NOI, per tre quarti della narrazione appare massa amorfa.

Così sembrava indirizzarsi Eggers, che invece, non dico come, stupisce.

Rampini ha avuto ragione nel suggerirmi questo libro. Forse a volte la narrazione appare ingenua (ma è finta ingenuità o sottile sarcasmo sul nostro stupore beota di fronte alle possibilità delle nuove tecnologie?) e l'intenzione di apparire il George Orwell del terzo millennio forse è fin troppo palese.

Però il racconto scorre piacevole, personalmente faccio un po' di confusione tra qualche personaggio (ma questo dipende da me e dalla lettura contemporanea di più libri), e la tematica appare sufficientemente realistica e inquietante da far venire voglia di concluderlo.

E la conclusione, anche se la si intuisce a un certo punto, non è per nulla scontata.

Tra le righe Eggers si permette, senza tralasciare le sue tesi, di lanciare qualche sferzata, per esempio ai fondamentalisti cristiani della “bible belt” della profonda America

Fa sorridere, pensando agli streaming (un po' passati di moda, sembra) del M5S, la vicenda centrale della trasparenza. Eppure, siamo ancora ben in credito di trasparenza in questa Italia dei segreti e della corruzione prima di superare il limite di equilibrio e passare nella patologia illustrata da Eggers.

Un bel libro alla fine, è stato piacevole leggerlo. Questo è uno di quei libri buoni per i gruppi di lettura, la discussione sarebbe sicuramente interessante ed accesa. Mi sento di fare una previsione non azzardata ipotizzando un film tratto da questo libro, il rischio è che sia prodotto da Google o da FB.

giovedì 19 marzo 2015

IO SONO VERTICALE

IO SONO VERTICALE
sul calendario 2015 che ho comprato ai mercatini di Natale dalle amiche di Mariposa /Linea d'Ascolto ho trovato, nella pagina di Marzo, questa poesia, di Sylvia Plath.
Senza poter spiegare razionalmente perché, trovo questa poesia stupenda.

IO SONO VERTICALE
Ma Preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
succhiante minerali e amore materno
così da poter brillare di foglie a ogni marzo,
né sono la beltà di un'aiuola
ultradipinta che susciti grida di meraviglia,
senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero è immortale
e la cima di un fiore, non alta, ma più clamorosa:
dell'uno la lunga vita, dell'altra mi manca l'audacia.

Stasera, all'infinitesimo lume delle stelle,
alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre dormo
forse assomiglio a loro nel modo più perfetto -
con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata è per me più naturale.
Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio,
e sarò utile il giorno che resto sdraiata per sempre:
finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me

domenica 15 marzo 2015

IL LETTORE STOLTO (11). HAI RAGIONE ANCHE TU!

IL LETTORE STOLTO (11). HAI RAGIONE ANCHE TU!
Già mi vedo protagonista della scenetta
l.s.: "Andrea Bertaglio, hai proprio ragione"
l.s.: "Luca Simonetti, hai proprio ragione"
ficcanaso: "Ma l.s. non puoi dare ragione ad entrambi"
l.s. " Ficcanaso, hai proprio ragione"