domenica 16 agosto 2015

EXPO. PICCOLE CONSIDERAZIONI DI UNO STOLTO RAMINGO

EXPO. PICCOLE CONSIDERAZIONI DI UNO STOLTO RAMINGO
BAGNO ALLE 15.00 DEL15 AGOSTO

BAGNO ALLE 22 DEL 15 AGOSTO
Queste foto possono rappresentare un simbolo di EXPO 2015.
No, non sono impazzito, perlomeno non da oggi. A mio avviso la civiltà di una nazione passa anche (ed è un "anche" relativo) dalle condizioni dei suoi bagni pubblici (vagamente ricordo che qualcosa del genere dicesse anche Gandhi parlando del progresso dell'India).
Le mie foto sono dei bagni degli uomini, non ho fotografato i bagni delle donne perchè temo avrei avuto qualche difficoltà a spiegare che il mio intrufolarmi nel bagno delle donne era a motivo di una ricerca sociologica. Però Antonella mi ha confermato essere puliti anch'essi.
Questa sfida da parte di EXPO è ampiamente vinta. Non ricordo di aver mai trovato questa pulizia girando per fiere o per autogrill italiani.
E il sito EXPO è generalmente molto pulito. Onore e merito agli operai e a tutti i lavoratori che si curano della pulizia del loco (e ovviamente quando uno vede un posto pulito tende a essere più rispettoso). Generalmente devo dire che mi sento grato verso tutti i volontari, sempre cortesi e sorridenti anche sulle facce stanche.
Avrei voluto fotografare la ragazza che ieri sera passava sul Cardo con il suo carrello e il suo bastone per raccogliere ogni piccolo pezzo di carta. Non l'ho fatto per rispetto ma la ringrazio chiunque essa sia.
Come ringrazio idealmente, e con lei tutti i bellissimi ragazzi che ho visto con le magliette di volontari, che ieri alle 17,00 addentava affamata un piatto di spaghetti. Pranzo tardivo, cena anticipata, unico pasto del giorno?
Spero che Sala si ricordi di ringraziare pubblicamente tutte queste persone.

venerdì 14 agosto 2015

A CHE SERVE LA DEMOCRAZIA

Sto leggendo un vecchio numero di LIMES, bellissima rivista di geopolitca, dedicato alla democrazia ed edito nel 2012, ai tempi della speranza della Primavera Araba (come sembra tristemente lontano quel tempo, eppure anche solo il seme della Tunisia, che va aiutata in ogni modo, non chiude la speranza di vedere alla lunga la democrazia impiantata anche al di la del Mediterraneo).
Forme statuali democratiche con tutti i limiti che Manlio Graziano ci enumera nel suo saggio GEOPOLITICA DELLA DEMOCRAZIA, dal quale estraggo qualche passaggio (Manlio Graziano insegna geopolitica delle religioni a Parigi)



La tesi di DARON ACEMOGLU e JAMES ROBINSON è che la democratizzazione è lo slittamento del potere da una Elite privilegiata alla massa dei cittadini, movimento che si innesca quando il rischio di scioperi manifestazioni, tumulti e al limite una rivoluzione rende, per l' Elite dominante, più costoso difendere i propri privilegi che rinunciare. La democrazia sarebbe dunque, in breve, la via meno costosa (economicamente e politicamente) per ridurre la conflittualità sociale. Nela vita reale, però, lo shift of power dalla forma autoritaria alla forma democratica non è il passaggio del potere dall'Elite ai cittadini, ma il modo attraverso il quale l'Elite riesci a conservare il proprio potere (o quantomeno la maggior parte dei propri privilegi) con altri mezzi. Il passaggio da forme politiche autoritarie a forme democratiche non ha mai messo in questione la natura sociale del sistema. Secondo DARON ACEMOGLU e JAMES ROBINSON, la democrazia nascerebbe dal conflitto. Il conflitto però non è tra quelli cittadini, ma tra i diversi settori dell'Elite, la quale non è mai omogenea e tanto meno monolitica, ma composta di interessi diversi e appunto conflittuali.
(…)
Ad ogni latitudine, la difficoltà a contemperare gli interessi a breve termine degli elettori in quelli a lungo termine del paese costituisce la principale aporia cui sono confrontati i rappresentanti del popolo. Molto spesso queste difficoltà è aggirata anteponendo gli interessi e spesso le vie dell'elettorato agli interessi strategici del paese
(nella foto speso si possa leggere il completamento di questo paragrafo e l'inizio del successivo da cui ho tratto la breve citazione sotto riportata)
(...)
Il doppio linguaggio, come si dice eufemisticamente, è un elemento quasi strutturale della prassi politica; per una bizzarra convenzione esso è noto a tutti, e perfino accettato, ma a condizione di non essere mai ammesso dai diretti interessati.

lunedì 10 agosto 2015

ITALIA SVEGLIATI E RITROVA TE STESSA. (ALCIDE)


ITALIA SVEGLIATI E RITROVA TE STESSA. (ALCIDE)
Ieri, su LA DOMENICA del Sole24ore, è apparsa una orazione civile scritta in versi da parte di un italiano che si firma ALCIDE.

Sono sette paragrafi che vorrei copiare integralmente, tanto a mio avviso valgono, ma non ho trovato nell'archivio del Sole il testo.

Copio per esteso il paragrafo VII, quello finale, che riassume il pensiero in modo chiaro e giunge a una determinazione (ideale, auspicata) concreta conseguenza delle premesse.

Una orazione come questa, rafforza in me la convinzione che (prima formalmente, poi a compimento dell'impegno ideale, nel cuore) che il nostro Inno Nazionale dovrebbe essere modificato nelle parole che sono state innovate il giorno dell'inaugurazione di EXPO 2015.

Secondo i miei principi ideali, mi sento di fare un appunto ad ALCIDE, ed è che io ambirei che fosse la partecipazione civile, l'insieme di cittadini che si fa comunità, via via più ampia, dal quartiere alla città, alla nazione, a togliere l'Italia dal pantano nella quale sembra invilupparsi ogni giorno di più (con buona pace di chi lo nega), ma mi rendo conto che lo sprone di una guida forte (che unisce e non divide come auspica Alcide, che sia “uom di Stato”) è necessario.

Riusciremo a ragionare attorno a questo con “laica intelligenza”. Non con i nani che ora strepitano arrogandosi la rappresentanza di noi cittadini di sicuro.



Ma come vincerem l'indifferenza
e dai nuovi italiani avrem rispetto
se di rispetto noi facciamo senza
incapaci di un vivere più corretto?
Di schierarci il momento già è venuto
uscire dobbiamo dal nostro
giardinetto.
Temporeggiar non è certo d'aiuto
se riunir vogliamo intorno a noi la folta
schiera di chi del rischio ha ormai
veduto.
Che affrontarlo bisogna questa volta
Ma far sul serio assai poco gradita
cosa sarà per chi da un po' ha sepolta
nei privilegi l'ansia di sua vita
al partito venduta: tempo è giunto
di incompetenti far piazza pulita.
Non di partito, ma di Stato appunto
abbiamo bisogno adesso più che mai.
E un uomo di Stato, per venire al
punto,
si levi sul rumore dei pollai,
uomo che unisce, più che non divide,
e promesse non fa da marinai
ci porti fuori dalle secche infide.
Io qui concludo il firmo l'orazione:
se un nome darmi vuoi, chiamami
Alcide.







sabato 1 agosto 2015

IL LETTORE STOLTO. UN APPUNTO DA "LE PICCOLE VIRTU'" DI NATALIA GINZBURG

IL LETTORE STOLTO. UN APPUNTO DA "LE PICCOLE VIRTU'" DI NATALIA GINZBURG

Da qualche tempo ho ormai riportato in biblioteca il libro LE PICCOLE VIRTU' di NATALIA GINZBURG (non prima di averlo annotati nella whishing list di Amazon), e sto leggendo  tre numeri di LIMES particolarmente interessanti, e ho scoperto, ovviamente sempre in ritardissimo, quanto bene scriva la misteriosa ELENA FERRANTE (sto leggendo CRONACHE DEL MAL D'AMORE, e ho appena finito il racconto lungo L'AMORE MOLESTO, "bevuto" in due giorni con sospensione di tutto il resto). Sto anche iniziando IL RACCONTO DEI RACCONTI di Giambattista Basile. Questo ha messo in stand by ROBERTA DE MONTICELLI  e rallentato la lettura, che faccio pochi paragrafi al giorno, di LAUDATO SI' di J.M.BERGOGLIO.

Mi rimane però il ricordo del libro di Ginzburg, di un piccolo gioiello che voglio e spero di riprendere e rileggere perchè scritto benissimo e denso di motivi di riflessione.

Come il breve brano che ho copiato e che ho trovato simpaticamente adatto a me. A me che giro sempre con uno o più libri in borsa o nello zaino per poter occupare ogni momento nel quale, per una attesa, per un tratto su un bus, per una fila a qualche sportello, devo rimanere inattivo. Devo allora riuscire a tenere occupata la mente e non essere costretto a fare conversazione. Non tanto con gli altri, che credo basti il mio cipiglio ad evitare in alcuno la tentazione di iniziarla, quanto con me stesso. Cerco di evitare di dover conversare con una persona così noiosa e contemporaneamente tronfia, sì da leggere anche mentre cammino da solo, con rischi per me e per l'incolumità altrui.

Di ben altro spessore la riflessione,e mi scuso con Ginzburg per la caduta di livello del paragrafo precedente, della scrittrice che vado a copiare.

Silenzio
Esistono due specie di silenzio: il silenzio con se stessi e il silenzio con gli altri. L'una e l'altra forma ci fanno egualmente soffrire. Il silenzio con noi stessi é dominato da una violenta antipatia che ci é presa per il nostro stesso essere, dal disprezzo per la nostra stessa anima, così vile da non meritare che le sia detto nulla. É chiaro che bisogna rompere il silenzio con noi stessi se vogliamo provarci a rompere il silenzio con gli altri. È chiaro che non abbiamo nessun diritto di odiare la nostra stessa persona, nessun diritto di tacere i nostri pensieri alla nostra anima.


venerdì 31 luglio 2015

LA TESI DI GAIANI: RESPINGIMENTI ASSISTITI. QUALCHE DUBBIO

LA TESI DI GAIANI: RESPINGIMENTI ASSISTITI. QUALCHE DUBBIO

Ho letto due interventi di Gianandrea Gaiani, il primo su LIMES ( chi bussa alla nostra porta, dal titolo “la guerra ai trafficanti fa acqua da tutte le parti”) e il secondo sul suo sito “analisidifesa.it “ (http://www.analisidifesa.it/2015/07/eunavfor-med-meglio-non-perdere-altro-tempo/) nei quali, alla fine di motivati e critici ragionamenti sulle politiche di confronto sulla questione migranti, sosteneva quale dovrebbe essere, a suo avviso, l'atteggiamento italiano.
Gaiani, che appare lontano dai fomentatori strumentali di odio e dalle verdi bassezze, è fautore di una politica muscolare di respingimento a largo respiro ( a suo avviso tutti i migranti sono “migranti economici”, anche coloro che provengono da Siria ed Eritrea, per esempio). Il suo ragionamento mi appare voler essere scientifico, analitico. Più di una volta, nel suo argomentare, tiene a precisare di essere lontano dai ruspisti.
Le sue conclusioni, che riporto nella versione scritta su LIMES, per certi versi possono sembrare seducenti, me non riescono a convincermi, pur non dimenticando la lezione di Magris come apparsa sul Corriere qualche mese fa.

Ecco il testo di Gaiani
appare evidente che l'opzione più efficace per bloccare i flussi migratori e azzerare il giro d'affari dei trafficanti resti quelle dei respingimenti assistiti. L'indifferenza della UE a condividere i flussi di migranti e il disinteresse dell'ONU nei confronti dell'emergenza vissuta dall'Italia potrebbero indurre a prendere in esame questa eventualità. Che rientra nelle legittime prerogative di una Stato sovrano e che l'Italia potrebbe gestire in autonomia con i mezzi navali e arei già schierati nel Canale di Sicilia. Del resto, gli Stati Uniti attaccano in territorio libico gli esponenti di al Qaeda e gli egiziani hanno colpito con forze speciali lo Stato islamico a Derna senza chiedere il permesso alle Nazioni Unite ma in nome della sicurezza nazionale.
Sarebbero sufficienti una nave da sbarco classe San Giorgio e cinque fregate, corvette e apttugliatori e con elicotteri, droni, aerei da pattugliamento e qualche centinaio di fucilieri della marina: in pratica il dispositivo già attivo con l'operazione Mare sicuro. I migranti verrebbero raccolti in mare appena salpati, non sarebbero quindi provati da giornate di navigazione in condizioni disumane e non si rischierebbero i naufragi che hanno provocato migliaia di morti. Concentrati sulla nave da assalto anfibio, verrebbero identificati e riportati sulla costa libica in piccoli gruppi con i mezzi da sbarco e sotto la scorta dei fucilieri della marina. Sarebbe possibile trattenere feriti malati e fornire generi di prima necessità ai migranti prima di sbarcarli. Trattenendo così sul suolo libico le truppe italiane solo il tempo strettamente necessario all'operazione di sbarco, in un tratto di costa sotto la protezione del deterrente delle forze aeronavali navali, meglio ancora se con un accordo con qualche forza politica.

E poi? Il dubbio che tale scelta mi fa sorgere, al netto del non distinguere i migranti economici (che perdono ogni diritto di cercare di migliorare la loro condizione, quasi condannati al mal vivere come se fosse un loro peccato originale e non forse effetto di cause che meriterebbero di essere ricercate) da chi fugge da persecuzioni o guerre – e qui andiamo a toccare l'essenza stessa del nostro orgoglio occidentale – è: cosa succede quando i fucilieri di marina sono risaliti sulle navi d'assalto?

Perchè i viveri che possiamo aver fornito velocemente finiscono. Abbiamo visto che i trafficanti di uomini non tengono in nessuna considerazione il valore delle vite dei migranti. Già quando sono a bordo dei barconi, e hanno pagato la traversata, e quindi non sono più un “assegno all'incasso”, l'interesse per la loro vita scema velocemente. Una volta respinti sulla costa libica, senza più risorse e con un valore economico pari a zero, quale sarebbe il destino di queste persone? Se prima i trafficanti avevano un qualche interesse a fornire quel minimo di cibo che li tenesse in vita fino alla conclusione dell'affare, ora queste persone (che non va dimenticato, non sono una massa informe, ma ciascuno di essi un esemplare unico, preziosissimo ed irripetibile dell'umanità) non diverrebbero un peso antieconomico? E che destino avrebbero? A meno che, non lo si dice per ipocrisia, proprio in una ecatombe dei migranti respinti sulle coste libiche si spera, a monito delle altre persone che vorrebbero cercare possibilità di vita migliore. Un bel monito da dare con la possibilità anche di dare la colpa a quei cattivissimi dei libici. Sbaglierò, forse Gaiani è molto più esperto di me e avrà molte ragioni, ma la sua tesi non mi convince pienamente.

sabato 18 luglio 2015

IL LETTORE STOLTO. i conflitti più tremendi sono non di rado quelli che scoppiano tra due perseguitati.

Nella vita degli individui e anche dei popoli, i conflitti più tremendi sono non di rado quelli che scoppiano tra due perseguitati. Solo nella pia illusione di alcuni cenacoli romantici i perseguitati e gli oppressi di ogni sorta si uniscono spinti da un moto di solidarietà e procedono schierati insieme per combattere contro il crudele tiranno.

AMOS OZ. UNA STORIA DI AMORE E DI TENEBRA.

“nella guerra del 1948 quasi tutti questi villaggi ebraici, insieme al quartiere ebraico fra le mura della Città Vecchia di Gerusalemme, furono conquistati dalla Legione Araba della Transgiordania. Tutti gli abitanti ebraici che durante la guerra d'Indipendenza finirono in mani arabe furono cancellati dalla faccia della terra – tutti senza alcuna eccezione – e tutti i loro abitanti, dal primo all'ultimo, furono uccisi o messi in fuga o fatti prigionieri, ma a nessuno di loro gli eserciti arabi permisero di tornare a casa dopo la guerra. Nei territori che conquistarono, gli arabi procedettero a una “pulizia etnica” ben più radicale di quella praticata dagli ebrei, nella stessa guerra: dai confini dello stato d'Israele fuggirono o furono cacciati centinaia di migliaia di arabi, ma più di centomila rimasero dov'erano. Per contro, in Cisgiordania e nella striscia di Gaza sotto la Giordania e l'Egitto non rimase nessun ebreo. Nemmeno uno. I villaggi furono cancellati, sinagoghe e cimiteri vennero distrutti.”
Questo brano mi ha fatto venire voglia di leggere qualche libro di storia delle guerre Arabo-Israeliane e in particolare delle vicende contemporanee e successive alla dichiarazione di indipendenza di Israele.

Subito dopo trovo, nello stesso ottimo libro, anche questi tre paragrafi, sicuramente collegati al precedente, e che da esso partono per una riflessione di più ampia portata, che mi sembra attuale ancor oggi, in altri tempi e in altri luoghi.

Nella vita degli individui e anche dei popoli, i conflitti più tremendi sono non di rado quelli che scoppiano tra due perseguitati. Solo nella pia illusione di alcuni cenacoli romantici i perseguitati e gli oppressi di ogni sorta si uniscono spinti da un moto di solidarietà e procedono schierati insieme per combattere contro il crudele tiranno. In verità, due figli di un padre padrone non sono necessariamente solidali fra loro e non sempre la comunanza di destino li avvicina. Capita non di rado, infatti, che l'uno scorga nell'altro non un fratello di sorte bensì proprio l'immagine terrificante del comune persecutore.
Forse stanno proprio così le cose fra ebrei e arabi, da un centinaio di anni.
L'Europa che ha infierito sugli arabi, che li ha umiliati infliggendo loro l'imperialismo, il colonialismo, lo sfruttamento e l'oppressione è la stessa Europa che ha perseguitato e oppresso anche gli ebrei, e alla fine ha permesso, quando non collaborato, che i tedeschi li eliminassero dal continente e li sterminassero quasi tutti. E invece gli arabi quando ci guardano non vedono un gruppo sparuto di sopravvissuti mezzi isterici, bensì un nuovo , supponente emissario dell'Europa colonialista, sofisticata e sfruttatrice, tornata con astuzia in Oriente – questa volta sotto mentite spoglie sioniste – per riprendere a sfruttare, opprimere, infliggere. Mentre noi, dal canto nostro, quando li guardiamo, non vediamo delle vittime come noi, non dei compagni di malasorte, bensì dei cosacchi bramosi di pogrom, degli antisemiti assetati di sangue, dei nazisti mascherati: come se i nostri persecutori europei fossero arrivati qui in terra d'Israele, avessero indossato la kefijah, si fossero lasciati crescere i baffi ma fossero pure sempre loro, i nostri assassini, sempre e solo ansiosi di sgozzare ebrei per puro diletto.”


Mi piace l'incipit di questo paragrafo. Lo trovo, nel suo valore assoluto, un insegnamento e una riflessione sempre attuale. Ma particolarmente in questi tempi bui, nei quali i porgrom stanno iniziando e presto, sono sconsolatamente convinto, cominceremo a contare le vittime reali.

Per il resto, condivido molto dell'intera riflessione, ripete meglio concetti che già avevo intuito. Forse, il libro è del 2002, ora si contestualizza maggiormente la peculiarità etnica propria delle parti in lotta. Ora Israele è potente e fa paura, e in parte opprime le popolazioni arabe soggiacenti individuandosi per sé stesso e non più visto come longa manus dell'Europa (di questa Europa la cui divisione interna va marginalizzando) o degli stessi USA. Però Oz sicuramente conosce dal di dentro la situazione e ha maggior voce in capitolo.

giovedì 16 luglio 2015

IL LETTORE STOLTO. TANTO IL RISULTATO NON CAMBIA... CAMBIAMO ALMENO LE CONDIZIONI

La zolla è dura, il terreno improduttivo, il seme sterile, il raccolto magro... ma anche sotto il cielo afoso e asfittico di Trezzo il risultato sarebbe stato uguale... e allora vogliamo mettere... !?! ;-)

Comunque, per conservare un minimo di dignità, vorrei proporre un altro brano che mi ha toccato di Natalia Ginzburg (LE PICCOLE VIRTU')
I rapporti umani

È la storia dei rapporti umani non é mai finita in noi: perché a poco a poco succede che ci diventano fin troppo facili, fin troppo naturali e spontanei i rapporti umani: così spontanei, così senza fatica che in sono più ricchezza, né scoperta, né scelta: sono solo abituri e e compiacimento, ubriacamento di naturalezza. Noi crediamo sempre di poter tornare a quel nostro momento segreto, di poter sempre attingerci giuste parole: ma non é vero che ci possiamo sempre tornare, tante volte i nostri sono falsi ritorni: accendiamo di falsa luce i nostri occhi, simuliamo sollecitudine e calore al prossimo e siamo in realtà di nuovo contratti, rannicchiati e gelati sul buio del nostro cuore. I rapporti umani si devono riscoprire e reinventare ogni giorno. Ci dobbiamo sempre ricordare che ogni specie di incontro col prossimo, é un'azione umana e dunque sempre male o bene, verità o menzogna, carità o peccato.

Intanto OZ (UNA STORIA DI AMORE E DI TENEBRA) intriga sempre di più. C'è un motivo che non ho realizzato ma nel quale mi crogiolo per il quale le storie ebraiche mi affascinano. Oz sa raccontare saltando nel tempo tra il suo presente bambino e i suoi avi con leggerezza e con sapienza, comincio a comprendere e a sistemare nel loro tempo e nel loro ruoli i personaggi, contemporaneamente mi interessano gli squarci di vita comune di una famiglia immigrata nell'Israele del mandato britannico e immagino nelle prossime pagine della costituzione dello stato. Non dimentico cosa ha significato per gli Arabi quella catastrofe. Ma non dimentico neppure la costanza di un popolo che per 2000 ha celebrato la Pasqua dicendosi "l'anno prossimo a Gerusalemme". La storia e le vicende umane non sono mai lineari.

A proposito di personaggi, fortunatamente ho insistito. Anche il libro di STEFANSSON (LUCE D'ESTATE ED  E' SUBITO NOTTE) mi sta piacendo, ora che riesco ad individuare meglio i personaggi e sono entrato in sintonia con lo stile dell'autore


Mi aspetto molto da Roberta de Monticelli con il suo (LA NOVITA' DI OGNUNO. PERSONA E LIBERTA').  "L'intuizione soggiacente (al libro) è che questo "potere di portare il nuovo al mondo" sia la caratteristica essenziale che ci distingue come persone, enti nuovi noi stessi -ontologicamente non riducibili alla nostra identità biologica". Chi ben parte è a metà del cammino, ma con un libro non è sempre detto. Valuteremo.