martedì 24 dicembre 2013

SUDAFRICA- ENTRAMBI GLI AVVERSARI POTEVANO AVERE LE LORO RAGIONI? UNA RISPOSTA

Il 17 dicembre Sergio Romano, editorialista del Corriere della Sera e titolare della rubrica Lettere al Corriere, intitolava la risposta a un lettore, incentrata sul Sudafrica ( e in ripresa di un precedente commento di Romano nel quale cercava di mettere sullo stesso piano Mandela e De Klerk): “ LA NASCITA DEL SUDAFRICA SCONTRO TRA DUE PATRIOTTISMI”.
Romano conclude la sua risposta: “ Queste vicende e le due grandi guerre europee, a cui i sudafricani hanno partecipato con i loro corpi combattenti, hanno creato un patriottismo bianco che non è meno nobile, storicamente, del patriottismo nero di cui de Klerk riconobbe l’esistenza e la legittimità alla fine degli anni Ottanta. Perché non riconoscere che ci sono stati conflitti in cui entrambi gli avversari potevano avere le loro ragioni?

La pagina che riprendo dal libro di Mandela “Lungo cammino verso la libertà” risponde, senza tante parole e tanto tergiversare alla tesi di Romano (ricordo che il Corriere è recidivo, già alla fine degli anni 70 ci fu un reportage di Luca Goldoni che considerando il Sudafrica barriera difensiva dell’occidente contro l’URSS, concludeva chiedendosi cosa importasse che qualche tribù di selvaggi non avessero diritti politici)

MANDELA: LUNGO CAMMINO VERSO LA LIBERTA’ . Pag.56

Un giorno, durante le vacanze, Paul e io andammo a Umtata, la capitale del Transkei, che allora era un piccolo centro fatto di poche strade lastricate e di alcuni edifici governativi. Stazionavamo fuori dall’ufficio postale quando il magistrato locale, un bianco sulla sessantina, si avvicinò a Paul chiedendogli di entrare per comprare alcuni francobolli. Era di normale amministrazione che un bianco interpellasse un nero per la strada e gli facesse svolgere qualche incombenza. Il magistrato tentò di dare a Paul delle monete, ma Paul si rifiutò di prenderle. Il magistrato si offese. “Lo sai chi sono io?” disse col viso rosso per la rabbia. “Non è necessario che io sappia chi è lei, “ disse Mahabane. “Io so che cosa è.” Il magistrato lo invitò a dire più chiaramente cosa intendeva. “Intendo dire che lei è un mascalzone!” ribattè Paul anch’egli arrabbiatissimo. Il magistrato non riuscì più a contenersi e sbottò: “Te la farò pagare!”, e detto questo si allontanò.
(…)

So che se lo avesse chiesto a me anziché a Paul avrei semplicemente svolto la commissione dimenticandomene subito dopo. Ma ammiravo Paul per ciò che avevo fatto, anche se io non avrei fatto lo stesso, non ancora. E stavo cominciando ad accorgermi che un nero non era obbligato ad accettare le mille piccole umiliazioni che gli venivano inflitte ogni giorno.

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