Trappole della povertà e città attraenti.
Enrico Moretti: La nuova geografia del lavoro.
In tutti gli Stati Uniti città e regioni in crisi stanno cercando di reinventarsi e attirare nuovi impieghi di qualità. Quale contributo può dare a questo sforzo la politica pubblica? Fin da quando , nei primi anni Novanta, Michael Porter diffuse il concetto di "cluster engeneering", i governi locali, sia di destra sia di sinistra, hanno cercato di creare cluster industriali attraverso una serie di interventi della mano pubblica denominate dagli economisti politiche di sviluppo place-based. Si tratta in sostanza di provvedimenti assistenziali anzichè agli individui.
...
La vicinanza di un'università che si dedichi alla ricerca è importante, ma da sola non basta a produrre un cluster autosufficiente di aziende innovative. E' una distinzione fondamentale, troppo spesso ignorata da amministratori e governi - a Las Vegas, come a Detroit, in Italia come in Cina - i quali, peraltro investono pochissime risorse nella creazione di centri di ricerca. Le università riescono a incidere sull'economia locale in modo più efficace quando sono inserite in un più ampio ecosistema di attività innovative, una realtà che includa un consistente mercato del lavoro specializzato e dei servizi intermedi specializzati.
Quando un cluster si è formato, college e università svolgono un ruolo importante nell'alimentarne l'espansione e in molti casi diventano un elemento chiave dell'ecosistema che ne assicura l'esistenza e la fortuna
se anche vi vedo tutti in piedi ad applaudire, io continuo a pensare che sia sbagliato _EUROPEO e ITALIANO di MINORANZA_ DOVERISTA GENTILE
domenica 22 giugno 2014
CONCESA. C'è MOVIMENTO. SI INTERVIENE
GRATTANDO IL GHIACCIO AD ISTANBUL. MARMARAY... ERDOGANSAN?
L'unico bus che abbiamo preso ad Istanbul è stato l'HAVATAS da e per l'aeroporto (del quale abbiamo già descritto le procedure di carico). Scelta obbligata. Bus comodo. Unica debolezza, nel suo percorso si deve immergere nel caotico e congestionato traffico della grande Istanbul, città che sembra estendersi all'infinito. Il traffico di entrata e uscita da Istanbul è ancor minore del traffico "in" Istanbul.


Per questo motivo accompagnato da una migliore comprensibilità dei tragitti e delle destinazioni, in città abbiamo utilizzato mezzi di trasporto che godessero di percorsi protetti: tram, funicolari, metropolitane.
Non abbiamo mancato di utilizzare i bus d'acqua, i traghetti, sia per raggiungere la costa asiatica, sia per rientrare ad EMINONU dai quartieri occidentali.

Per rientrare in Europa da Uskudar abbiamo utilizzato la nuovissima MARMARAY che corre sotto il mare attraversando il Bosforo.
Erdogan ha voluto fare il giapponese. Sulla banchina di attesa ha fatto indicare per terra il punto dove le porte dei treni si sarebbero aperte.
Non ci credevamo e invece l'indicazione era precisa.
Peccato che contrariamente ai giapponesi, i turchi che devono salire non attendo in fila che i passeggeri in discesa abbiamo evacuato il treno, ma si ammassano disordinatamente sull'ingresso, per cui lo scambio salita/discesa diventa ogni volta un piccolo match.
Per usare tram, funicolari, metro, traghetti, si compera un "jeton" prima di salire che costa sempre la stessa cifra, 4 lire turche (circa 1,4 euro), oppure si striscia una tessera magnetica. Non c'è interscambio tra tutti i mezzi di trasporto che hanno fermata comune.
Per questo motivo accompagnato da una migliore comprensibilità dei tragitti e delle destinazioni, in città abbiamo utilizzato mezzi di trasporto che godessero di percorsi protetti: tram, funicolari, metropolitane.
Non abbiamo mancato di utilizzare i bus d'acqua, i traghetti, sia per raggiungere la costa asiatica, sia per rientrare ad EMINONU dai quartieri occidentali.
Per rientrare in Europa da Uskudar abbiamo utilizzato la nuovissima MARMARAY che corre sotto il mare attraversando il Bosforo.
Erdogan ha voluto fare il giapponese. Sulla banchina di attesa ha fatto indicare per terra il punto dove le porte dei treni si sarebbero aperte.
LE INDICAZIONI "ALLA GIAPPONESE" SULLA BANCHINA DELLA MARMARAY |
Non ci credevamo e invece l'indicazione era precisa.
Peccato che contrariamente ai giapponesi, i turchi che devono salire non attendo in fila che i passeggeri in discesa abbiamo evacuato il treno, ma si ammassano disordinatamente sull'ingresso, per cui lo scambio salita/discesa diventa ogni volta un piccolo match.
Per usare tram, funicolari, metro, traghetti, si compera un "jeton" prima di salire che costa sempre la stessa cifra, 4 lire turche (circa 1,4 euro), oppure si striscia una tessera magnetica. Non c'è interscambio tra tutti i mezzi di trasporto che hanno fermata comune.
sabato 21 giugno 2014
LA SFIDA MORALE DEL FUTURO
Sto casualmente leggendo un libro di SALVATORE VECA: QUESTIONI DI VITA E CONVERSAZIONI FILOSOFICHE del 1991.
Ho trovato questo paragrafo che mi è piaciuto, e mi ha anche incuriosito perchè esprime "la sfida morale del futuro". IL 1991, che è lontano giusto i pochi anni di vita di Giulia, sembra in realtà lontanissimo.
Veca sta scrivendo della vita come un labirinto, che lui vede come un percorso da fare con il filo di Arianna tra le mani.
" La costruzione di un'identità che può darci il filo d'Arianna nel labirinto non è un'impresa solitaria. Al contrario. Essa ha luogo e cresce grazie a un delicato e difficile esercizio di ascolto degli altri. Dipende dalla nostra capacità di metterci nei loro panni, di guardare il mondo dal loro punto di vista, di conversare con loro, sui di noi e su loro. L'amore e la simpatia, l'amicizia e il rispetto, l'ascolto e l'altruismo: sono quelle che la grande tradizione moderna della morale razionale ha identificato come le passioni che mettono in mostra il nostro moral learning, il nostro apprendimento morale.
La sfida morale del futuro sarà quella di una solidarietà razionale per individui come persone differenti, di una più profonda responsabilità per un destino collettivo e condiviso e di un rispetto per l'avventura individuale di ogni progetto di vita autonomo, mai ceduto a terzi al cento per cento"
Colgo mille sollecitazioni in queste ispirate parole, penso all'urlare senza sentirsi tipico del nostro dibattito etico e politico, penso alla contaminazione così difficile e così necessaria con tante altre culture, penso alla facilità di massificare e non distinguere l'unicità e l'irripetibilità di ciascuno nel giudicare chi sfugge dalla guerra, dalla fame e dalla persecuzione, penso alle parole di Shirin Ebadi (ogni tradizione, ogni cultura si ferma di fronte ai diritti fondamentali delle persone), penso al grido di dolore di Francesco per i cristiani perseguitati nel mondo. Penso che questa sfida morale è e sarò sempre per il futuro, perché temo non sarà mai presente.
Ho trovato questo paragrafo che mi è piaciuto, e mi ha anche incuriosito perchè esprime "la sfida morale del futuro". IL 1991, che è lontano giusto i pochi anni di vita di Giulia, sembra in realtà lontanissimo.
Veca sta scrivendo della vita come un labirinto, che lui vede come un percorso da fare con il filo di Arianna tra le mani.
" La costruzione di un'identità che può darci il filo d'Arianna nel labirinto non è un'impresa solitaria. Al contrario. Essa ha luogo e cresce grazie a un delicato e difficile esercizio di ascolto degli altri. Dipende dalla nostra capacità di metterci nei loro panni, di guardare il mondo dal loro punto di vista, di conversare con loro, sui di noi e su loro. L'amore e la simpatia, l'amicizia e il rispetto, l'ascolto e l'altruismo: sono quelle che la grande tradizione moderna della morale razionale ha identificato come le passioni che mettono in mostra il nostro moral learning, il nostro apprendimento morale.
La sfida morale del futuro sarà quella di una solidarietà razionale per individui come persone differenti, di una più profonda responsabilità per un destino collettivo e condiviso e di un rispetto per l'avventura individuale di ogni progetto di vita autonomo, mai ceduto a terzi al cento per cento"
Colgo mille sollecitazioni in queste ispirate parole, penso all'urlare senza sentirsi tipico del nostro dibattito etico e politico, penso alla contaminazione così difficile e così necessaria con tante altre culture, penso alla facilità di massificare e non distinguere l'unicità e l'irripetibilità di ciascuno nel giudicare chi sfugge dalla guerra, dalla fame e dalla persecuzione, penso alle parole di Shirin Ebadi (ogni tradizione, ogni cultura si ferma di fronte ai diritti fondamentali delle persone), penso al grido di dolore di Francesco per i cristiani perseguitati nel mondo. Penso che questa sfida morale è e sarò sempre per il futuro, perché temo non sarà mai presente.
venerdì 20 giugno 2014
ISTANBUL- LA CHIESA DI CHORA ( KARIYE MUZESI)
Dopo aver visitato Mihrimah Camii siamo andati a visitare
Kariye Muzesi ( la Chiesa di Chora).
Secondo Lonely conserva mosaici bizantini
del livello dell’Aya Sofya. Il mio livello culturale è quello del turista che
guarda in alto e fa “ohhh!”.
Marco ed io li abbiamo
ampiamente apprezzati.
Un tempo la chiesa era fuori dalle mura cittadine (Chora
vuol dire campagna), poi lo sviluppo della città l’ha inglobata all’interno
delle disastrate (ora) mura di Teodosio.
Spero che le foto di Marco possano rendere un po’ giustizia
del piacere della visita anche se parte della Chiesa era in restauro.
Pubblico le fotografie in due post successivi.
IL LATO OSCURO DEI BIG DATA
dal libro di Mayer-Schoenberger /Cukier "BIG DATA Una rivoluzione che trasformerà il nostro modo di vivere e già minaccia la nostra libertà"
IL LATO OSCURO DEI BIG DATA
Come abbiamo visto, i big data consentono una maggiore sorveglianza sulla nostra vita, e rendono praticamente obsoleti alcuni degli strumenti giuridici finalizzati alla tutela della privacy. Mandano in soffitta anche il metodo tecnico principale per la protezione dell'anonimato. E, cosa non meno inquietante, le previsioni sugli individui ricavate dai big data si potrebbero usare, di fatto, per punire le loro propensioni, anziché le loro azioni. Questo meccanismo perverso nega il libero arbitrio e intacca la dignità umana.
Nello stesso tempo, c'è il rischio reale che i benefici offerti dai big data spingano le persone ad applicare le tecniche dove non si addicono perfettamente alla situazione specifica, o a fidarsi un po' troppo dei risultati delle analisi. Man mano che miglioreranno le previsioni estrapolate dai big data, la prospettiva di utilizzarle diverrà sempre più irresistibile, alimentando un'autentica ossessione per i dati, apparentemente giustificata dalla loro "onnipotenza". Ecco di nuovo la maledizione di McNamara e la lezione che ci viene dalla sua storia.
Dobbiamo guardarci da una fiducia eccessiva nei dati per non ripetere il tragico errore di Icaro, che accecato dalla propria competenza tecnica nel volo, la usò impropriamente e precipitò in mare.
IL LATO OSCURO DEI BIG DATA
Come abbiamo visto, i big data consentono una maggiore sorveglianza sulla nostra vita, e rendono praticamente obsoleti alcuni degli strumenti giuridici finalizzati alla tutela della privacy. Mandano in soffitta anche il metodo tecnico principale per la protezione dell'anonimato. E, cosa non meno inquietante, le previsioni sugli individui ricavate dai big data si potrebbero usare, di fatto, per punire le loro propensioni, anziché le loro azioni. Questo meccanismo perverso nega il libero arbitrio e intacca la dignità umana.
Nello stesso tempo, c'è il rischio reale che i benefici offerti dai big data spingano le persone ad applicare le tecniche dove non si addicono perfettamente alla situazione specifica, o a fidarsi un po' troppo dei risultati delle analisi. Man mano che miglioreranno le previsioni estrapolate dai big data, la prospettiva di utilizzarle diverrà sempre più irresistibile, alimentando un'autentica ossessione per i dati, apparentemente giustificata dalla loro "onnipotenza". Ecco di nuovo la maledizione di McNamara e la lezione che ci viene dalla sua storia.
Dobbiamo guardarci da una fiducia eccessiva nei dati per non ripetere il tragico errore di Icaro, che accecato dalla propria competenza tecnica nel volo, la usò impropriamente e precipitò in mare.
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