MARIAPIA VELADIANO
PERCHE’ IL REGISTRO ELETTRONICO è UN’ILLUSIONE EDUCATIVA
Nono sono affatto d’accordo con l’articolo della signora
Veladiano apparso oggi su Repubblica.
Il disaccordo parte dal titolo, e non è un fatto secondario perché
crea un discrimine quando la giornalista illustra invece, nel proseguo dell’articolo,
concetti critici condivisibilissimi,
solo che li imputa a un mezzo al quale invece io attribuisco potenzialità
positive, ritenendo personalmente i
punti di crisi elencati estranei ad esso, esistenti anche in sua assenza, e
figli di un approccio culturale più riconducibile a sensibilità di natura, in
senso ampio, politica (nell’accezione di intereresse e cura della polis all’interno
della quale il percorso scolastico dei nostri figli cittadini “quì ed ora” e “in
fieri” nel contempo è parte fondamentale).
Concetti come la partecipazione dei genitori alla vita della
scuola, oltre che nel rapporto precipuo con gli insegnanti dei nostri figli, la
fiducia nei ragazzi, messa a volte a dura prova ma sempre da ricostruire con
fatica e volontà da parte di entrambi, le
crisi, il cui superamento è iniziazione alla vita adulta.
Tutti concetti condivisi ai quali a mio avviso non si
contrappone il registro elettronico. Il registro elettronico a mio avviso non placa
l’ansia neglettendo la fiducia (come potete trovare scritto nell’articolo).
Il registro elettronico è uno strumento utile che anzi penso
possa aiutare il collegamento e il colloquio tra docenti/scuola e famiglia
Dove c’è il registro elettronico, argomenta Veladiano,
capita che i genitori non si facciano più vedere ai colloqui.
E’ un’affermazione apodittica che può avere riscontri
positivi o negativi.
Ho il riscontro che in assenza di registro elettronico
famiglie pur sollecitate a confrontarsi con
la scuola ignorino le richieste di incontro, o al contrario in presenza di
registro elettronico ci sono famiglie costantemente a colloquio con i docenti
per trovare assieme una strada per far superare le difficoltà ai figli.
Su queste e su altre affermazioni della giornalista si può
assentire, ma non nel metodo che imputa al registro elettronico la causa delle
difficoltà e delle negatività.
Non credo neppure che il registro elettronico possa ampliare
e stressare la carenza di partecipazione da parte delle famiglie.
Anzi, io aumenterei l’utilizzo della tecnologia nel rapporto
diretto tra scuola e famiglia. In due settori.
Primo settore: la trasmissione alle famiglie delle verifiche
fatte dai figli alle famiglie. Sappiamo che moltissimi Istituti sono alquanto
restii a consegnare ai ragazzi, soprattutto delle superiori, le verifiche in
quanto documenti ufficiali. Eppure sarebbero uno strumento utilissimo per i
genitori per conoscere non il nudo voto ma dove si annida la carenza del
proprio figlio o figlia. Utile a cercare una strada per risolverla. Tutto
quello che il nudo voto non concede (e difficilmente lo esaurisce il colloquio
con il docente che anzi potrebbe presupporre come conosciuto il problema e
potrebbe concentrarsi sulla strada per la soluzione).
Allora perché non utilizzare la tecnologia per consegnare alle famiglie una scansione della
verifica, salvando il documento ufficiale e ampliando la conoscenza delle
famiglie?
Si pensa che questo strumento sarebbe utilizzato, come già
la giornalista imputa al registro elettronico, dalle famiglie per aprire
contenzioni con i docenti per un mezzo punto in più o mezzo punto in meno?
Purtroppo questo problema già esiste (al netto di casi giustificati, è un
andazzo tristemente comune a tutte le scuole, frutto di anni di svilimento
della autorevolezza dei docenti e di un costume nazionale teso all’autogiustificazione
a priori – ma non è il caso ora di
aprire questo fronte di riflessione).
Secondo settore. La giornalista lamenta la scarsa propensione
delle famiglie a colloquiare con i
docenti. Ma non ha pensato, Veladiano, che forse esiste anche una difficoltà
delle famiglie perché gli orari dei colloqui non sono amichevoli? O si fanno
colloqui mattutini, in orario, per chi l’ha, di lavoro, o si fanno colloqui di
massa pomeridiani che, salvo rari e bene auguranti casi, sono piuttosto veloci e
affollati?
Quale alternativa? Esiste Skype. Perché non pensare a
sessioni di colloqui organizzati via Skype, dove famiglia e docenti si possono
guardare negli occhi, parlare a tu per
tu ma con la possibilità di farlo senza essere fisicamente davanti (
senza che fisicamente ci si debba spostare a volte anche in luoghi non vicini
al proprio lavoro o alla propria abitazione)?
Mi rendo conto che il mio discorso è monco. Partecipare alla
scuola vuol dire anche uscire una fredda sera d’inverno per partecipare alla
riunione del Comitato Genitori, magari in una città non proprio vicina a casa,
vuol dire essere disponibili a fare i rappresentanti, i genitori nel CdI. Per i
ragazzi vuol dire non scappare da scuola al suono della campanella, ma vivere
la scuola lungo tutto il giorno con attività e studio comune (ma apriamo il
triste capitolo dei trasporti, che
mettono in disagio anche solo quando c’è un corso di recupero), vuol dire che
Amministrazione Comunale e Genitori e Docenti partecipano assieme a mantenere il
plesso in regime di scarsità di risorse (come ci racconta l’esperienza di
Gallarate). Ma sto divagando.
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