Hamas is a vicious terror organization? How has it been more vicious than the IDF in this war? In that it doesn’t “knock on the roof” 80 seconds before bombing a home? That it aims its rockets at civilian populations, just as the IDF does, but less effectively? That it wants to destroy Israel? How many Israelis want to destroy Gaza? Meanwhile, everyone knows who is destroying whom.
It’s Hamas’ fault - Opinion Israel News | Haaretz
se anche vi vedo tutti in piedi ad applaudire, io continuo a pensare che sia sbagliato _EUROPEO e ITALIANO di MINORANZA_ DOVERISTA GENTILE
mercoledì 30 luglio 2014
UN INTERVENTO SUL CONFLITTO ISRAELE-HAMAS PRIMA CHE SCOPPIASSE LA GUERRA
Leggere i giornali e le riviste con un po' di ritardo a volte è un beneficio perchè consente di ampliare la visione allontanandosi un attimo dal contingente drammatico.
L'articolo che ho letto questa sera appare su INTERNAZIONALE del 20 giugno ed è tradotto da +972magazine ,a firma HAGGAI MATAR (Israele) - da quanto ho visto è un magazine indipendente scritto da giornalisti israeliani e palestinesi.
E' un articolo che fa riflettere e fa porre delle domande sulle vicende, sulle reali motivazioni e sugli obiettivi degli avvenimenti di questi giorni. Non esaurisce lo spettro delle cause, e non cambia l'esito che un popolo sta subendo una tremenda punizione da due forze che lo usano come carne da cannone. Però consente di non appiattirsi sull'emotività o sulla propaganda.
Scrivevano attorno al 20 giugno:
"Le ultime operazioni israeliane in Cisgiordania vanno ben oltre il tentativo di ritrovare i tre ragazzi scomparsi il 12 giugno nella zona di Hebron (Israele sostiene che (...) sono stati rapiti da Hamas. E'un attacco politico e militare contro Hamas, perfettamente inserito nella linea del governo israeliano, che ha poco a che vedere con le ricerche dei ragazzi, anche perchè non esiste un collegamento evidente tra Hamas e il rapimento. Negli ultimi giorni le operazioni militari si sono estese a Betlemme e Nablus, nell'Area A (la parte di Cisgiordania dove l'amministrazione e la sicurezza sono affidate all'Autorità Nazionale Palestinese). I soldati hanno arrestato alcuni dipendenti di un'organizzazione benefica di Hamas, alcuni giornalisti legati al gruppo islamico e il capo del Consiglio Legislativo Palestinese. In totale sono state fermate duecento persone. I militari hanno anche sequestrato computer e armi. Le ricerche dei ragazzi si concentrano, invece, nell'area di Hebron. L'esercito e il governo di Israele hanno cambiato atteggiamento: nei primi due giorni di indagini davano la colpa all'ANP e al suo presidente Abu Mazen, ma ora l'attenzione si è spostata su Hamas. Le autorità israeliane hanno cominciato a rilasciare dichiarazioni positive sulla collaborazione dell'ANP e di Abu Mazen, senza accennare al fatto che Hamas fa parte del nuovo governo di unità nazionale palestinese.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fallito miseramente nel suo tentativo di mobilitare il resto del mondo contro il nuovo esecutivo palestinese, che ha ricevuto il supporto della comunità internazionale e perfino un "regalo d'incoraggiamento" dell'Unione europea sotto forma di milioni di euro. Netanyahu si è trovato con le mani legate. Non poteva boicottare la nuova Autorità Palestinese e nemmeno inviare migliaia di soldati nell'Area A per arrestare i parlamentari di Hamas senza motivo. Poi è arrivato il rapimento, e le regole del gioco sono cambiate"
L'articolo che ho letto questa sera appare su INTERNAZIONALE del 20 giugno ed è tradotto da +972magazine ,a firma HAGGAI MATAR (Israele) - da quanto ho visto è un magazine indipendente scritto da giornalisti israeliani e palestinesi.
E' un articolo che fa riflettere e fa porre delle domande sulle vicende, sulle reali motivazioni e sugli obiettivi degli avvenimenti di questi giorni. Non esaurisce lo spettro delle cause, e non cambia l'esito che un popolo sta subendo una tremenda punizione da due forze che lo usano come carne da cannone. Però consente di non appiattirsi sull'emotività o sulla propaganda.
Scrivevano attorno al 20 giugno:
"Le ultime operazioni israeliane in Cisgiordania vanno ben oltre il tentativo di ritrovare i tre ragazzi scomparsi il 12 giugno nella zona di Hebron (Israele sostiene che (...) sono stati rapiti da Hamas. E'un attacco politico e militare contro Hamas, perfettamente inserito nella linea del governo israeliano, che ha poco a che vedere con le ricerche dei ragazzi, anche perchè non esiste un collegamento evidente tra Hamas e il rapimento. Negli ultimi giorni le operazioni militari si sono estese a Betlemme e Nablus, nell'Area A (la parte di Cisgiordania dove l'amministrazione e la sicurezza sono affidate all'Autorità Nazionale Palestinese). I soldati hanno arrestato alcuni dipendenti di un'organizzazione benefica di Hamas, alcuni giornalisti legati al gruppo islamico e il capo del Consiglio Legislativo Palestinese. In totale sono state fermate duecento persone. I militari hanno anche sequestrato computer e armi. Le ricerche dei ragazzi si concentrano, invece, nell'area di Hebron. L'esercito e il governo di Israele hanno cambiato atteggiamento: nei primi due giorni di indagini davano la colpa all'ANP e al suo presidente Abu Mazen, ma ora l'attenzione si è spostata su Hamas. Le autorità israeliane hanno cominciato a rilasciare dichiarazioni positive sulla collaborazione dell'ANP e di Abu Mazen, senza accennare al fatto che Hamas fa parte del nuovo governo di unità nazionale palestinese.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fallito miseramente nel suo tentativo di mobilitare il resto del mondo contro il nuovo esecutivo palestinese, che ha ricevuto il supporto della comunità internazionale e perfino un "regalo d'incoraggiamento" dell'Unione europea sotto forma di milioni di euro. Netanyahu si è trovato con le mani legate. Non poteva boicottare la nuova Autorità Palestinese e nemmeno inviare migliaia di soldati nell'Area A per arrestare i parlamentari di Hamas senza motivo. Poi è arrivato il rapimento, e le regole del gioco sono cambiate"
martedì 29 luglio 2014
CRISTIANI PERSEGUITATI. OGGI SONO ANCH'IO CRISTIANO
SIAMO TUTTI CRISTIANI.
Mi ha colpito il post di Marcello Saponaro che oggi su FB ha
pubblica una notizia che fa sperare. Una giornalista musulmana irachena, Dalia Al Aqidi ha condotto una trasmissione, non so quale,
sembra sulla tv Irachena portando con evidenza una croce al collo per
manifestare la sua contrarietà a quanto sta accadendo nei territori occupati
dall’ISIL e la sua solidarietà ai cristiani perseguitati costretti a fuggire o
a pagare una tassa di sopravvivenza.
Penso sia un gesto importante, come importanti sono le sue,
purtroppo non consuete e non frequenti, parole:
Poi ha rivolto le sue
parole a “chi accusa gli altri d’infedeltà”: “siete voi i non credenti, gli
apostati, i politeisti, voi tagliatori di teste. Io sono un semplice essere
umano che difende i diritti dei figli del proprio Paese a prescindere dalla
loro identità”.
“La nostra è una religione della tolleranza – ha concluso la giornalista musulmana –, ed è il fascismo islamista politico ad aver indotto i musulmani moderati come me a vergognarsi della loro religione. La paura ha portato tanti al silenzio, ma io non starò zitta di fronte a questa ingiustizia”.
“La nostra è una religione della tolleranza – ha concluso la giornalista musulmana –, ed è il fascismo islamista politico ad aver indotto i musulmani moderati come me a vergognarsi della loro religione. La paura ha portato tanti al silenzio, ma io non starò zitta di fronte a questa ingiustizia”.
Io spero che questa notizia non sia un fake, del resto
Marcello Saponaro mi sembra persona seria e attendibile. Ma anche se lo fosse,
non cambia il senso profondo dell’urgenza di una presa di posizione urgenze e
necessaria.
Ogni effetto ha la sua causa. I Cristiani dell’IRAQ devono
sicuramente ringraziare per la loro odissea anche il Presidente degli Stati
Uniti che iniziava le riunioni di governo pregando lo stesso Dio o il premier
britannico che si è opportunamente convertito al cattolicesimo quando ciò non
lo avrebbe più danneggiato politicamente. Ma oltre alle cause di sono anche le
scelte delle persone, le visioni fascistiche delle religioni come oppressione.
Oggi io, ateo, comunista, laico,
libertino e illuminista non posso non dire SONO ANCH’IO CRISTIANO manifestando
la mia (inutile) solidarietà ai Cristiani di Mosul e a tutti i cristiani
perseguitati nel mondo. Non c’è una classifica da fare in questi
mesi da tregenda (con guerre più o meno telegeniche e meno dimenticate di altre-
non voglio qui ora iniziare una discussione che sarebbe lunghissima).
Occorre però avere la forza, nella nostra debolezza di
singoli cittadini, di non dimenticare nessun oppresso, di non smettere di
denunciare nessuna oppressione, di saper distinguere con oculatezza e
razionalità, non ideologicamente, e di non chetare neppure una flebile voce.
Ho letto
belle parole scritte in questa città di Trezzo in occasione di un bel momento
ecumenico. Mi piacerebbe sentire il seguito concreto di quelle belle parole con
una ferma e decisa presa di posizione, parole come quelle delle giornalista Dalia
Al Aqidi, pronunciate a voce alta, ferma e rappresentativa.
venerdì 25 luglio 2014
GAZA. LASCIATELI RESPIRARE E SCOPRIRANNO CHE LA VITA è PIU' BELLA DELLA MORTE
GAZA. LASCIATELI RESPIRARE E SCOPRIRANNO CHE LA VITA è PIU' BELLA DELLA MORTE
articolo di Amira Hass apparso su Ha'artez e tradotto su Internazionale del 25 luglio
I FRUTTI DELL'INGIUSTIZIA
Non ci sono più parole per raccontare gli orrori e l'assurdità della vita dei palestinesi a Gaza, scrive Amira Hass
consiglio l'articolo e riporto le ultime due frasi
"Tutti quei cervelloni che lavorano nei servizi segreti non capiscono che sono stati gli israeliani a creare una Somalia in Medio Oriente? L'unico modo per impedire un'escalation è aprire la Striscia, lasciare che i suoi abitanti riprendano i contatti con il resto del mondo, con la Cisgiordania, con le loro famiglie in Israele. LASCIATELI RESPIRARE, E SCOPRIRANNO CHE LA VITà E' PIù BELLA DELLA MORTE"
Vorrei aggiungere che la vita è più bella anche di altre credenze, di altre costrizioni...ma rischierei di rovinare la forza sintetica delle parole di Amina Hass. Per l'obiezione terrorismo, vale sempre il discorso che una bella vita è sempre preferibile a una bella morte. Quando c'è qualcosa da perdere lo si lascia sempre con dispiacere e ci si pensa.
articolo di Amira Hass apparso su Ha'artez e tradotto su Internazionale del 25 luglio
I FRUTTI DELL'INGIUSTIZIA
Non ci sono più parole per raccontare gli orrori e l'assurdità della vita dei palestinesi a Gaza, scrive Amira Hass
consiglio l'articolo e riporto le ultime due frasi
"Tutti quei cervelloni che lavorano nei servizi segreti non capiscono che sono stati gli israeliani a creare una Somalia in Medio Oriente? L'unico modo per impedire un'escalation è aprire la Striscia, lasciare che i suoi abitanti riprendano i contatti con il resto del mondo, con la Cisgiordania, con le loro famiglie in Israele. LASCIATELI RESPIRARE, E SCOPRIRANNO CHE LA VITà E' PIù BELLA DELLA MORTE"
Vorrei aggiungere che la vita è più bella anche di altre credenze, di altre costrizioni...ma rischierei di rovinare la forza sintetica delle parole di Amina Hass. Per l'obiezione terrorismo, vale sempre il discorso che una bella vita è sempre preferibile a una bella morte. Quando c'è qualcosa da perdere lo si lascia sempre con dispiacere e ci si pensa.
martedì 22 luglio 2014
INTERNET: SVANTAGGI SIA DELLA GLOBALIZZAZIONE SIA DI UN VILLAGGIO
Bernard Williams: GENEALOGIA DELLA VERITA'. STORIA E VIRTU' DEL DIRE IL VERO
" (...)
Inoltre, Internet mostra segni di poter creare per la prima volta quello che Marshall McLuhan aveva profetizzato come conseguenza della televisione, un villaggio globale, qualcosa che ha gli svantaggi sia della globalizzazione sia un villaggio. Di certo, Internet offre alcune fonti affidabili di informazione per chi lo voglia e sappia cosa cercare, ma sostiene in maniera eguale il fondamento di tutti i villaggi, il pettegolezzo. Internet costruisce luoghi di incontro che proliferano e sono dediti al libero e non strutturato scambio di messaggi che comunicano una varietà di tesi, fantasie e sospetti, divertenti, superstizioni, scandalosi o maligni. Le possibilità che molti di questi messaggi possano essere veri sono basse e la probabilità che il sistema stesso possa aiutare qualcuno a individuare quelli veri è ancora più bassa. Sotto quest'aspetto, la tecnologia postmoderna può averci fatto ritornare dialetticamente a una versione trasformata del mondo premoderno e le possibilità di acquisire credenze vere attraverso mezzi del genere, tranne per chi abbia già le conoscenze necessarie ad imporre loro una guida, sono molto simili a quelle diffuse nel Medioevo. Allo stesso tempo, la natura globale di queste conversazioni rende la situazione peggiore che in un villaggio, ove almeno si potrebbe incontrare e forse essere costretti ad ascoltare alcune persone che hanno opinioni e ossessioni differenti. Come hanno mostrato alcuni critici di Internet preoccupati per il futuro della discussione democratica, Internet rende facile a un numero molto ampio di estremisti, che una volta erano isolati, ritrovarisi insieme e parlare solo tra loro
(...)"
" (...)
Inoltre, Internet mostra segni di poter creare per la prima volta quello che Marshall McLuhan aveva profetizzato come conseguenza della televisione, un villaggio globale, qualcosa che ha gli svantaggi sia della globalizzazione sia un villaggio. Di certo, Internet offre alcune fonti affidabili di informazione per chi lo voglia e sappia cosa cercare, ma sostiene in maniera eguale il fondamento di tutti i villaggi, il pettegolezzo. Internet costruisce luoghi di incontro che proliferano e sono dediti al libero e non strutturato scambio di messaggi che comunicano una varietà di tesi, fantasie e sospetti, divertenti, superstizioni, scandalosi o maligni. Le possibilità che molti di questi messaggi possano essere veri sono basse e la probabilità che il sistema stesso possa aiutare qualcuno a individuare quelli veri è ancora più bassa. Sotto quest'aspetto, la tecnologia postmoderna può averci fatto ritornare dialetticamente a una versione trasformata del mondo premoderno e le possibilità di acquisire credenze vere attraverso mezzi del genere, tranne per chi abbia già le conoscenze necessarie ad imporre loro una guida, sono molto simili a quelle diffuse nel Medioevo. Allo stesso tempo, la natura globale di queste conversazioni rende la situazione peggiore che in un villaggio, ove almeno si potrebbe incontrare e forse essere costretti ad ascoltare alcune persone che hanno opinioni e ossessioni differenti. Come hanno mostrato alcuni critici di Internet preoccupati per il futuro della discussione democratica, Internet rende facile a un numero molto ampio di estremisti, che una volta erano isolati, ritrovarisi insieme e parlare solo tra loro
(...)"
mercoledì 16 luglio 2014
IL NOSTRO POTENZIALE FERTILIZZANTE
qualche riga del racconto di Ermanno Cavazzoni apparso su DOMENICA del SOLE 24 ORE del 6 aprile
"Crematemi e spargete le ceneri al vento", qualcuno oggi dice; anzi molti lo dicono, con l'idea di mescolarsi per sempre al panorama. E anche, io credo, per l'orrore di venire chiusi sigillati in quegli scafandri di alluminio che sono le bare, saldate con la fiamma ossidrica; la Chiesa dovrebbe protestare, perchè mi risulta che fra i suoi dogmi ci sia ancora la resurrezione dei morti; ma un morto quando risuoneranno le trombe del giudizio non avrà la forza di rompere il metallo saldato, e picchierà da dentro invano, "Aprite!". Tutta la gente dl secolo venti non si presenterà al giudizio: il Papa se n'è reso conto? che tutti costoro saranno chiusi dentro l'alluminio a battere per l'eternità?
(...)
Ma c'è chi dice: "Mettetemi in terra e piantateci un albero". "Che albero?" chiedono gli eredi. "Un albero di ciliege", perchè uno spera che i nipoti mangino poi le ciliege e lui torni a vivere in loro, nel senso che i nipoti mangiando una ciliegia diranno "Ah, com'è buono lo zio! Assaggiatelo!" e metteranno il resto di ciliege in mezzo alla tavola "C'è lo zio, ragazzi! Appena raccolto!"
(...)
Il racconto prosegue molto divertente.
Io ho chiesto ad Antonella di essere cremato e che le mie ceneri siano sparse dal promontorio di Capo Nord, in Norvegia. Segno indiscutibile di essere un gran rompi... anche da dopo morto. In realtà, le dico, a me basta l'idea che le mie ceneri siano sparse da Nordkapp, dopo morto, c'è il nulla, e il primo cestino dell'umido vale tanto quanto.
Non so spiegare bene perchè proprio Nordkapp. Forse è stato il primo nostro viaggio da soli, un viaggio lungo, faticoso, entusiasmante, con la vecchia Sierra e l'Air Camping. Forse Nordkapp da l'idea della fine della strada (non sono mai stato nella Terra del Fuoco... per ora). Ci sono molti posti nel mio cuore, la Germania, l'Islanda, il Giappone, la Scozia.... ma il fascino della Norvegia e del promontorio di Capo Nord (che di tutta la Norvegia forse è il posto scenograficamente più banale, ma simbolicamente più entusiasmante) è scolpito imperituramente (avverbio un po' contraddittorio in questo contesto ) in me.
"Crematemi e spargete le ceneri al vento", qualcuno oggi dice; anzi molti lo dicono, con l'idea di mescolarsi per sempre al panorama. E anche, io credo, per l'orrore di venire chiusi sigillati in quegli scafandri di alluminio che sono le bare, saldate con la fiamma ossidrica; la Chiesa dovrebbe protestare, perchè mi risulta che fra i suoi dogmi ci sia ancora la resurrezione dei morti; ma un morto quando risuoneranno le trombe del giudizio non avrà la forza di rompere il metallo saldato, e picchierà da dentro invano, "Aprite!". Tutta la gente dl secolo venti non si presenterà al giudizio: il Papa se n'è reso conto? che tutti costoro saranno chiusi dentro l'alluminio a battere per l'eternità?
(...)
Ma c'è chi dice: "Mettetemi in terra e piantateci un albero". "Che albero?" chiedono gli eredi. "Un albero di ciliege", perchè uno spera che i nipoti mangino poi le ciliege e lui torni a vivere in loro, nel senso che i nipoti mangiando una ciliegia diranno "Ah, com'è buono lo zio! Assaggiatelo!" e metteranno il resto di ciliege in mezzo alla tavola "C'è lo zio, ragazzi! Appena raccolto!"
(...)
Il racconto prosegue molto divertente.
Io ho chiesto ad Antonella di essere cremato e che le mie ceneri siano sparse dal promontorio di Capo Nord, in Norvegia. Segno indiscutibile di essere un gran rompi... anche da dopo morto. In realtà, le dico, a me basta l'idea che le mie ceneri siano sparse da Nordkapp, dopo morto, c'è il nulla, e il primo cestino dell'umido vale tanto quanto.
Non so spiegare bene perchè proprio Nordkapp. Forse è stato il primo nostro viaggio da soli, un viaggio lungo, faticoso, entusiasmante, con la vecchia Sierra e l'Air Camping. Forse Nordkapp da l'idea della fine della strada (non sono mai stato nella Terra del Fuoco... per ora). Ci sono molti posti nel mio cuore, la Germania, l'Islanda, il Giappone, la Scozia.... ma il fascino della Norvegia e del promontorio di Capo Nord (che di tutta la Norvegia forse è il posto scenograficamente più banale, ma simbolicamente più entusiasmante) è scolpito imperituramente (avverbio un po' contraddittorio in questo contesto ) in me.
domenica 13 luglio 2014
BIG DATA. PRIVACY BY DESIGN NEI BIG DATA EUROPEI
Da NOVA SOLE24ORE DEL 21 LUGLIO 2013
Articolo di DIno Pedreschi e Fosca Giannotti
Siamo tutti pollicini digitali, seminiamo le briciole (digitali) dietro di noi. I nostri desideri, opinioni, stili di vita, movimenti, relazioni sociali lasciano traccia attraverso il web, gli smartphone, il bancomat. E giorno dopo giorno, le nostre briciole diventano una valanga di BIG DATA, nuovi strumenti per capire la società e prevedere crisi economiche, epidemie, diffusione di opinioni, distribuzione di benessere, povertà, risorse energetiche. Social mining, per accelerare la conoscenza e migliorare la qualità delle nostre decisioni come singoli cittadini, istituzioni, imprese.
Da questo bendidio, però, a trarne beneficio finora sono i "latifondisti della conoscenza": i giganti del web che dai dati scoprono i nostri profili per il loro business, il marketing personalizzato; le agenzie di sicurezza dei governi, che ci spiano per scoprire potenziali terroristi.
Poco beneficio ricade, finora, sulla gente comune, che pure le briciole le produce. Le potenzialità dei BIG DATA come bene pubblico non sono percepite dalle persone che invece leggono i BIG DATA come sorveglianza, controllo sociale, intrusione nella sfera personale, mancanza di trasparenza. E quindi si fidano poco. Eppure questa situazione non è ineluttabile. Un'altra strada è possibile, basata sulla partecipazione. Democratizzare i BIG DATA. Seguendo due linee di attacco.
Primo, liberare la potenza dei BIG DATA con la privacy-by-design. La tecnologia è già disponibile, si tratta di abituarsi a soppesare due interessi legittimi che possono entrare in conflitto: il diritto al rispetto della sfera personale e il diritto di accedere alla conoscenza come bene comune. La buona notizia è che nella gran parte di usi statistici dei BIG DATA si può avere capra e cavoli: privacy a braccetto d'informazione di qualità.
Seconda linea di attacco, new deal sui dati personali: porre la persona al centro dell'ecosistema dei BIG DATA, padrone delle sue briciole. Se ciascuno ha la possibilità di integrare i propri dati ed estrarne migliore conoscenza di sé, allora parte un'altra storia. Allora ciascuno capisce il valore dei BIG DATA, vedendosi riflesso nello specchio digitale, e può decidere di partecipare al gioco, condividendo parte della propria conoscenza per migliorare i servizi che trova utili e di cui si fida.
Articolo di DIno Pedreschi e Fosca Giannotti
Siamo tutti pollicini digitali, seminiamo le briciole (digitali) dietro di noi. I nostri desideri, opinioni, stili di vita, movimenti, relazioni sociali lasciano traccia attraverso il web, gli smartphone, il bancomat. E giorno dopo giorno, le nostre briciole diventano una valanga di BIG DATA, nuovi strumenti per capire la società e prevedere crisi economiche, epidemie, diffusione di opinioni, distribuzione di benessere, povertà, risorse energetiche. Social mining, per accelerare la conoscenza e migliorare la qualità delle nostre decisioni come singoli cittadini, istituzioni, imprese.
Da questo bendidio, però, a trarne beneficio finora sono i "latifondisti della conoscenza": i giganti del web che dai dati scoprono i nostri profili per il loro business, il marketing personalizzato; le agenzie di sicurezza dei governi, che ci spiano per scoprire potenziali terroristi.
Poco beneficio ricade, finora, sulla gente comune, che pure le briciole le produce. Le potenzialità dei BIG DATA come bene pubblico non sono percepite dalle persone che invece leggono i BIG DATA come sorveglianza, controllo sociale, intrusione nella sfera personale, mancanza di trasparenza. E quindi si fidano poco. Eppure questa situazione non è ineluttabile. Un'altra strada è possibile, basata sulla partecipazione. Democratizzare i BIG DATA. Seguendo due linee di attacco.
Primo, liberare la potenza dei BIG DATA con la privacy-by-design. La tecnologia è già disponibile, si tratta di abituarsi a soppesare due interessi legittimi che possono entrare in conflitto: il diritto al rispetto della sfera personale e il diritto di accedere alla conoscenza come bene comune. La buona notizia è che nella gran parte di usi statistici dei BIG DATA si può avere capra e cavoli: privacy a braccetto d'informazione di qualità.
Seconda linea di attacco, new deal sui dati personali: porre la persona al centro dell'ecosistema dei BIG DATA, padrone delle sue briciole. Se ciascuno ha la possibilità di integrare i propri dati ed estrarne migliore conoscenza di sé, allora parte un'altra storia. Allora ciascuno capisce il valore dei BIG DATA, vedendosi riflesso nello specchio digitale, e può decidere di partecipare al gioco, condividendo parte della propria conoscenza per migliorare i servizi che trova utili e di cui si fida.
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