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sabato 15 agosto 2020

AMNESTY INTERNATIONAL

 https://www.amnesty.it/prigionieri-continuano-a-restare-in-carcere-in-condizioni-sempre-piu-pericolose/


Nasrin Sotoudeh, avvocata dell’Iran arrestata il 13 giugno 2018, è stata condannata a 38 anni e sei mesi di carcere e a 148 frustate al termine di due processi gravemente irregolari. Attraverso il cumulo di condanne, il periodo effettivo di carcere da scontare è di 17 anni.

Per il suo attivismo contro la pena di morte e soprattutto per essersi opposta alle leggi che obbligano a indossare il velo in pubblico, Sotoudeh è stata giudicata colpevole di “incitamento alla corruzione e alla prostituzione” e di “commissione volontaria di un atto peccaminoso” consistente nell’apparire in pubblico senza il velo.

Tra le prove a suo carico, figurano attività del tutto legittime: essersi tolta il velo durante le visite alle sue clienti detenute, aver rilasciato interviste sulle violenze subite dalle donne che protestavano contro l’obbligo del velo, durante gli arresti e nella loro successiva detenzione, e l’appartenenza a gruppi per i diritti umani come la Campagna per la progressiva abolizione della pena di morte.


Aggiornato il 28/07/2020  Patrick George Zaki, attivista e ricercatore egiziano, si trova dal 7 febbraio 2020 in detenzione preventiva fino a data da destinarsi.

Dopo estenuanti rinvii, le prime due udienze del processo si sono tenute solo a luglio. Nella seconda, risalente al 26 luglio, Patrick Zaki ha potuto vedere per la prima volta i suoi avvocati dal 7 marzo. Patrick sta bene, ma è apparso visibilmente dimagrito. Nonostante gli avvocati di Patrick abbiano potuto presentare le ragioni per cui chiedono la scarcerazione, il giudice ha deciso per prolungare la detenzione preventiva di ulteriori 45 giorni.

Patrick George Zaki rischia fino a 25 anni di carcere per dieci post di un account Facebook, che la sua difesa considera ‘falso’, ma che ha consentito alla magistratura egiziana di formulare pesanti accuse di “incitamento alla protesta” e “istigazione a crimini terroristici”.

Nel suo paese avrebbe dovuto trascorrere solo una vacanza in compagnia dei suoi cari in una breve pausa accademica.

A causa della diffusione del Covid-19 anche in Egitto per Patrick, così come per altre decine di migliaia di detenuti egiziani, le preoccupazioni legate all’emergenza sanitaria sono fortissime.

Riteniamo che Patrick George Zaki sia un prigioniero di coscienza detenuto esclusivamente per il suo lavoro in favore dei diritti umani e per le opinioni politiche espresse sui social media.


https://www.amnesty.it/appelli/yasaman/

https://youtu.be/Y127dtgjYS8



domenica 25 dicembre 2011

VACLAV HAVEL. UN EROE EUROPEO

La vita è una sola. Quello che conta è trasformare le esperienze in cultura. E provare a usarla per il bene comune.

giovedì 25 agosto 2011

E' ORA DI RITIRARE LE DELEGHE

GRAMELLINI OGGI SUL "BUONGIORNO" DELLA STAMPA

Mentre noi con la bava alla bocca ci dividiamo fra destra e sinistra, Inter e Milan, i nostri avatar vanno a cena insieme, badando ai loro interessi comuni. Il rimedio? Una cura choc: stadi vuoti, urne vuote. E’ ora di ritirare le deleghe e di diventare tifosi di noi stessi.

aggiungo: tv spente sui talk show, sulle trasmissioni sportive e sugli abbonamenti sky e premium

E' ORA DI RITIRARE LE DELEGHE
E' ORA DI PENSARCI BENE

lunedì 25 luglio 2011

MI SENTO NORVEGESE

NORVEGIA
La nostra dignità sconfiggerà l’orrore
25 luglio 2011 DAGBLADET OSLO

Fiori e candele in omaggio ai giovani uccisi sull'isola di Utoya, in Norvegia, il 22 luglio scorso
AFP
Almeno 93 morti e 97 feriti: il duplice attentato perpetrato il 22 luglio da Anders Behring Breivik, un fondamentalista di estrema destra, ha sconvolto la Norvegia. In un editoriale pubblicato il giorno dopo, il quotidiano “Dagbladet” esorta i norvegesi a non cedere alla paura e alla tentazione di rinchiudersi in se stessi.
Lars Helle
Non dimenticheremo mai le assurde 24 ore che abbiamo appena vissuto. E non dovremo dimenticarle. Prima, però, porteremo il lutto dei morti di Utoya (l’isola dove stava avendo luogo un campo estivo per giovani laburisti) e del centro di Oslo. Lo porteremo dentro di noi. Anche quando ricostruiremo il quartiere del governo devastato dall’esplosione. E mentre la sezione dei giovani del partito laburista Auf (Arbeidernes Ungdomsfylking) si ricostituirà, dovremo ricostruire anche una nuova Norvegia, fondata sull’apertura e sulla fiducia nei confronti degli altri.
È normale sentirsi profondamente in collera per l’accaduto. Dobbiamo esserlo. Il terrorismo e lo sterminio di massa sono incomprensibili. Di fronte a simili azioni non c’è alcuna giustificazione. Come ha detto il primo ministro Jens Stoltenberg, siamo stati travolti da una vicenda che ruota attorno alla paura, al sangue, alla morte.
Hanno arrestato un uomo. Forse ha agito da solo, forse è stato aiutato da altre persone. È evidente che si dovrà fare chiarezza in questa vicenda. E andare sino in fondo, perché il terrorismo non deve averla vinta. Ciò sarà possibile esclusivamente attraverso un decoroso iter giudiziario e con un atteggiamento moderato, consono alla Norvegia che vogliamo far rinascere dopo il 22 luglio 2011. Non vogliamo una Norvegia che vari nuove restrizioni per i movimenti, che introduca più uniformi, più ingerenze nella vita privata di chi non vuole ascoltare la lingua del terrorismo. Altrimenti, ad averla vinta sarebbero gli estremisti.
Noi vogliamo una Norvegia fondata sui valori della libertà e dell’uguaglianza. Valori enormemente importanti per i giovani radunatisi a Utoya e per la maggioranza dei cittadini di questo paese.
In tutto questo, dobbiamo elogiare i membri del governo che fino a questo momento, in modo esemplare, si sono stretti nel lutto nazionale, evitando deplorevoli polemiche sulle responsabilità, sulle vittime o ancora sulla sicurezza. I politici degli altri schieramenti si sono anch’essi comportati in maniera responsabile. Soltanto in questo modo la Norvegia si risolleverà. Ed è soltanto in questo modo che dovremo discuterne.
Qui si vedono ancora i ministri passeggiare per strada
In questi ultimi dieci anni, in molteplici ambiti, gli avvenimenti mondiali ci hanno lanciato più di una sfida. È aumentata la richiesta generale di sicurezza. Nella vita di milioni di cittadini innocenti hanno fatto irruzione nuovi metodi di polizia, nel tentativo di intercettare qualche colpevole. Qui in Norvegia è ancora possibile incontrare per strada un ministro che passeggia come un comune cittadino. Ma dobbiamo prepararci a veder cambiare le cose.
Ieri, per qualche ora, per lo spiegamento di forze di polizia che ha fatto seguito all’esplosione, abbiamo avuto l’impressione che la Norvegia fosse nuovamente stata occupata, come in guerra. Per fortuna non è così.
Adesso dobbiamo soltanto evitare di lasciarci travolgere dalla paura, come è accaduto agli Stati Uniti dopo l’11 settembre 2001. La Norvegia è un paese che funziona bene. L’abbiamo constatato ancora una volta in queste ultime 24 ore, da come la polizia, il personale sanitario, la protezione civile e i volontari hanno garantito gli interventi di soccorso e hanno collaborato alle indagini.
L’abbiamo visto altrettanto bene nella comprensione chiara e genuina da parte dei politici norvegesi delle funzioni che essi devono espletare, soprattutto in rapporto al ruolo della polizia. La classe politica non deve assumere il ruolo di forza dell’ordine. Tocca alla polizia svolgere le indagini e prevenire le azioni criminali. Compete ai tribunali il compito di giudicare. Noi tutti, da par nostro, dobbiamo semplicemente verificare che tutto ciò avvenga in modo conforme alla legge.
Ciò che ancora ignoriamo è in che misura coloro che, in un modo o in un altro, sono stati toccati da questi tragici eventi siano stati devastati nell’anima e nello spirito. Né sappiamo come potremo fare a meno di tutti quei giovani uccisi che volevano dare il proprio contributo per una società migliore. Questi sono danni ai quali non si può porre rimedio col cemento, con i mattoni, con una semplice riverniciata. Sono danni che dobbiamo riparare tutti. Sono danni che oggi ci lasciano disperati e arrabbiati. (traduzione di Anna Bissanti)

lunedì 9 maggio 2011

2015: FERIE A NORDKAPP


1990 - 2015: 25° DEL PRIMO VIAGGIO A NORDKAPP
PER CELEBRARE LA PRIMA VOLTA
PER FESTEGGIARE DI ESSERE ANCORA VIVI
PER RITROVARE IL CAMPEGGIO DI "KIRSI"
magari con il pickup Logan

domenica 8 maggio 2011

CONVINZIONI

a scanso di equivoci confermo di credere che il PGT sia un ottimo PGT, che l'espansione produttiva potesse essere un ottimo compromesso per Trezzo, contemperando difesa del suolo e possibilità di lavoro e sviluppo e che non sempre chi urla più forte abbia per forza ragione

giovedì 5 maggio 2011

IL COMPAGNO EXCEL E IL COMPAGNO CIVATI

Scrive il signor Civati un interessante e arguto post sul suo blog (http://civati.splinder.com/) a proposito del signor Vendola. Invita a "associare alle parole del leader sinistro-ecologico-liberale anche un foglio Excel (il mitico compagno Excel) con i dati e i riferimenti precisi che dimostrino che le cose che dice si possano fare". Secondo me parla di Vendola ma si riferisce alla sinistra nel suo complesso con innegabile ragione. c'è un MA (c'è sempre una MA... anche per i comuni mortali, non solo per il signor Veltroni. La Sinistra contiene quell'aggettivo "progressista" che parla di cuore, di volontà, di ottimismo anche in tempi bui, anche involontario, di miglioramento. Sono cose che possono stare in un foglio Excel, ma ancora da scrivere. Banalmente è più facile togliere le panchine pensando di togliere i problemi che possono gravitare attorno piuttosto che immaginare panchine sulle quali siederanno composti ed educati cittadini vecchi e nuovi, di sangue e di suolo, in armonia e in eventuale civile disaccordo.

LE PAROLE SONO IMPORTANTI, HANNO UN SIGNIFICATO

Chiosa la signora Santanchè le parole del suo dirigente signor Mantovani " Nessuna offesa. Anzi, mi sembra che sia stato molto cortese, ha voluto gratificarci. D'altra parte le donne della sinistra hanno sempre cercato di mortificare la loro femminilità. Noi (donne di destra-penso) non ci vergogniamo della nostra femminilità, DEI NOSTRI TACCHI, e di essere donne". C'è un abisso tra le donne vere, amiche "di destra" e " di sinistra" e compagne di vita, e la signora in questione, c'è tutto "un mondo" in queste parole del quale c'è solo da essere felici e ringraziare il destino o cielo per non farne parte, a costo di essere minoritari e in minoranza per tutta la vita, ci sarebbe da farne dei manifesti enormi e metterli ovunque perchè questa affermazione non si disperda nel rutilante mondo della "dichiarazione", perchè LE PAROLE HANNO UN SIGNIFICATO, SONO IMPORTANTI.

mercoledì 20 aprile 2011

ALLA MANIFESTAZIONE PER IL 25 APRILE NON ASCOLTERO’ IL SINDACO PRO TEMPORE, E C’è UN MOTIVO FONDATO

ALLA MANIFESTAZIONE PER IL 25 APRILE NON ASCOLTERO’ IL SINDACO PRO TEMPORE, E C’è UN MOTIVO FONDATO_
IL 25 aprile il mio atteggiamento sarà questo: parteciperò alla prima parte della Manifestazione con la sfilata per le vie cittadine dietro al Gonfalone del Comune, visto che almeno in questa occasione il Gonfalone ci deve essere e non può essere negato con scuse patetiche e deludenti per chi le balbetta.
Non ascolterò il discorso del Sindaco pro tempore, non per esercitare quello che in democrazia è un diritto pari a quello di parlare liberamente e cioè quello di non essere obbligato a sentire l’autorità, ma perché, dopo il discorso calunnioso, fumoso e falso dello scorso anno, il Sindaco pro tempore è in difetto e io ho il diritto di sapere se quest’anno sceglierà di fare il Sindaco o il capo-gregge.
Poiché non posso sapere prima quale opzione sceglierà, quest’anno mi affiderò ai resoconti di chi istituzionalmente non potrà esimersi dall’ascoltare.
Sono convinto che l’onere della prova di essere Sindaco e non un esternatore di pregiudizi officiante un rito per altri che condividono i pregiudizi suoi, “usurpando”in un certo senso la fascia tricolore, sia sulle sue spalle.
Quando dimostrerà di essere Sindaco di tutta la cittadinanza e in conseguenza parlerà alla cittadinanza, io, in quanto cittadino, tornerò ad ascoltarlo, assentendo o dissentendo come capita in un rapporto dialettico.

domenica 12 dicembre 2010

Nobel a Liu Xiabao: la commissione pubblica le motivazioni

Nobel a Liu Xiabao: la commissione pubblica le motivazioni
Il dissidente premiato "per la sua lunga e non violenta battaglia in favore dei diritti umani fondamentali in Cina"


PeaceReporter - Ecco il testo integrale pubblicato on line della motivazione con cui il Comitato norvegese per il Nobel ha assegnato il premio per la pace al dissidente cinese Liu Xiaobo:
"Il Comitato norvegese per il Nobel ha deciso di assegnare il premio Nobel per la pace 2010 a Liu Xiaobao per la sua lunga e non violenta battaglia in favore dei diritti umani fondamentali in Cina. Il Comitato norvegese per il Nobel ritiene da tempo che ci sia uno stretto legame tra i diritti umani e la pace. Tali diritti sono un prerequisito per la fratellanza tra le nazioni della quale Alfred Nobel scrisse nel suo testamento. Nei decenni passati, la Cina ha raggiunto risultati economici difficilmente eguagliabili nella storia. Il Paese è oggi la seconda economia più grande del mondo; centinaia di milioni di persone sono state sottratte alla povertà. Anche le possibilità di partecipazione politica sono state ampliate. Il nuovo status della Cina deve comportare una maggiore responsabilità. La Cina viola diversi accordi internazionali dei quali è firmataria, così come la sua stessa legislazione in merito ai diritti umani. L'articolo 35 della Costituzione cinese sancisce che 'i cittadini della Repubblica popolare cinese godono della libertà di espressione, di stampa, di assemblea, di associazione, di corteo e di manifestazione. In pratica, è dimostrato che queste libertà sono chiaramente limitate per i cittadini cinesi. Da oltre due decenni, Liu Xiaobao è un forte portavoce della battaglia per l'applicazione dei diritti umani fondamentali anche in Cina. Prese parte alle proteste di Tienanmen nel 1989; è stato uno degli autori promotori della Carta08, il manifesto di tali diritti in Cina che è stato pubblicato nel 60/o anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti umani, il 10 dicembre 2008. L'anno successivo, Liu è stato condannato a undici anni di prigione e a due anni di privazione di diritti politici per 'aver incitato alla sovversione contro lo Statò. Liu ha ripetutamente sostenuto che questa sentenza viola sia la Costituzione cinese che i diritti umani fondamentali. La campagna per promuovere i diritti umani universali anche in Cina è stata intrapresa da molti cinesi, sia nella stessa Cina che all'estero. Attraverso le severe punizioni inflittegli, Liu è diventato il principale simbolo dell'intera battaglia per i diritti umani in Cina".

venerdì 8 ottobre 2010

L'UOMO VIENE PRIMA DI DIO

Mi ha molto colpito la vicenda della signora Shanhaz Begum, la prima mamma martire morta per aver cercato di difendere la figlia Nosheen dalla violenza dei familiari contrari alle sue scelte libere sulla propria vita sociale e affettiva. Premetto. Per me giovani donne come Hina, Sanaa e la stessa Nosheen sono "eroine dei nostri tempi". Non tanto e non solo perchè, cresciute in una cultura Islamica tradizionale, volevano abbracciate stili di vita simili a quelli di alcuni dei loro coetanei italiani. Credo che più importante fosse la loro volontà e capacità di CAMBIARE. Cioè di scegliere liberamente di porre in atto un cambiamento culturale e sociale frutto della maturazione di un percorso di crescita e confronto. Purtroppo le tappe di una evoluzione, di una liberazione sono sempre segnate dal sangue di chi si è sacrificato per compiere i primi passi sulla strada della libertà e spero che quelle giovani donne saranno ricordate come esempio quando una diversa scelta di vita potrà essere considerata riprovevole da chi preferisce seguire le forme tradizionali ma con il limite appunto che non più oltre che un'opposizione ideale possa essere messa in campo. Per me altrettanta dignità merita chi, per scelte comunque libere fa dei precetti religiosi per quanto stringenti e faticosi da rispettare la propria ragione di vita e la misura dei propri atteggiamenti, cambiando al contrario da uno stile di vita "suggerito" dalla nostra società guadente ed egoista.
Ma la scelta della signora Shanhaz Begum contiene una frattura a mio avviso ancora più forte. Riprendo da un bel articolo apparso ieri sul Sole XXIV Ore a firma di Karima Moual le ultime righe: "La madre martire per la figlia è il segnale che una piccola rivoluzione si sta facendo largo, anche con il sangue versato. E' la solidarietà e la complicità ta madre e figlie che può farci sperare in un cambiamento, a un'unione che farà la forza per aiutare queste donne a liberarsi dai padri padroni. E vivere da donne".
Concordo, ma per me la scelta, forse consapevole, forse istintiva, della signora, al contrario delle madri di Hina e Sanaa, di difendere la figlia contro il marito e il figlio che la punivano anche per motivi religiosi, significa che L'UOMO VIENE PRIMA DI DIO, L'AMORE TRA GLI ESSERI UMANI SOVRASTA I DOVERI RELIGIOSI, CHE L'UOMO E' PADRONE DELLA SUA VITA

giovedì 24 dicembre 2009

CINQUE DONNE PER IL 2009

L'anno sta finendo e uno dei giochi più usati, forse stupido forse utile a ricordare che la realtà esiste anche quando non è più nei titoli di testa dei media, è quello di fare le classifiche... uomo o donna dell'anno, il più... la più...
A me è venuto in mente di ripensare a 5 donne che mi hanno impressionato nel corso dell'anno, rendendomi conto il primo risultato cattivo di ogni classifica del genere è quello della esclusione. Ma propongo ugualmente questa "rosa", che se qualche amica/o vorrà potrà integrare con le sue scelte.
Io elenco:
Neda Soltani È morta il 20 giugno, alle 18.30, in Kargar Avenue a Teheran, filmata dai telefonini dei compagni di protesta. Ed è diventata il simbolo della rivoluzione verde. I sostenitori di Akhmadinejad hanno rimosso la sua pietra tombale. Ma il pellegrinaggio al suo sepolcro non si ferma.
Yoani Sanchez La 34enne blogger dell’Havana racconta, nonostante le minacce, le botte e i divieti del regime, la difficoltà di vivere a Cuba oggi. Aggirando da hacker le barriere on line imposte da Fidel
Rosy Bindi Basterebbe "Presidente, non sono una donna a sua disposizione". C'è tutto in questa frase. Averla conosciuta in una stupenda assemblea a Trezzo ha messo la ciliegina sulla torta. Grande.
Aung San Suu Kyi : avevamo pensato di dare il suo nome a una nostra seconda figlia, ma è nato un maschio che porta il nome del Mahatma, e questo figlio ha ormai 13 anni. E Suu Kyi, isolata e sola contro un esercito agguerrito e sostenuto dalla Cina non è stata ancora sconfitta. E fa paura ai generali iper armati che dissanguano la Birmania
Johanna Sigurdardottir Non la conoscevo, ma ho trovato la descrizione che trascrivo di seguito e la scelgo non tanto per i suoi meriti ma per la sua normale situazione personale: è lesbica e sposata. Normale ma non per la società Italiana! Leader socialista, lesbica felicemente sposata, dal primo febbraio guida l’Islanda. Non sono state le quote rosa a farla primo ministro, ma i conti in rosso: dopo la bancarotta l’Islanda sembrava non credere più a nulla. Ma a lei sì: in piena bufera registrava un gradimento del 70 per cento. Che resiste.

martedì 8 dicembre 2009

NO GRAZIE

da CYRANO DI BERGERAC di Edmond Rostand ( tratto dal sito www.liberliber.it )
CIRANO
Orsù che dovrei fare?...
Cercarmi un protettore, eleggermi un signore,
e dell'ellera a guisa che de l'olmo tutore
accarezza il gran tronco e ne lecca la scorza,
arrampicarmi, invece di salire per forza?
No, grazie! Dedicare, com'usa ogni ghiottone,
dei versi ai finanzieri? Far l'arte del buffone
pur di vedere al fine le labbra di un potente
schiudersi ad un sorriso benigno e promettente?
No grazie! saziarsi di rospi? Digerire
lo stomaco per forza dell'andare e venire?
consumar le ginocchia? misurar le altrui scale?
far continui prodigi di agilità dorsale?
No, grazie! Accarezzare con mano abile e scaltra
la capra e in tanto il cavolo inaffiar con l'altra?
e aver sempre il turibolo sotto de l'altrui mento
per la divina gioia del mutuo incensamento?
No, grazie! Progredire di girone in girone,
diventare un grand'uomo tra cinquanta persone,
e navigare con remi di madrigali, e avere
per buon vento i sospiri di vecchie fattucchiere?
No, grazie: Pubblicare presso un buon editore,
dagando, i propri versi? No, grazie dell'onore!
Brigar per farsi eleggere papa nei concistori
che per entro le bettole tengono i ciurmatori?
Sudar per farsi un nome su di un picciol sonetto
anzi che scriverne altri? Scoprire ingegno eletto
agl'incapaci, ai grulli; alle talpe dare ali,
lasciarsi sbigottire dal romor dei giornali?
e sempre sospirare, pregare a mani tese:
— Pur che il mio nome appaia nel Mercurio francese?
No, grazie! Calcolare, tremar tutta la vita,
far più tosto una visita che una strofa tornita,
scriver suppliche, farsi qua e là presentare?...
Grazie, no! grazie, no! grazie, no! Ma... cantare,
sognar sereno e gaio, libero, indipendente,
aver l'occhio sicuro e la voce possente,
mettersi quando piaccia il feltro di traverso,
per un sì, per un no, battersi o fare un verso!
Lavorar, senza cura di gloria o di fortuna,
a qual sia più gradito viaggio, nella luna!
Nulla che sia farina d'altri scrivere, e poi
modestamente dirsi: ragazzo mio, tu puoi
tenerti pago al frutto, pago al fiore, alla foglia
pur che nel tuo giardino, nel tuo, tu li raccoglia!
Poi, se venga il trionfo, per fortuna o per arte,
non dover darne a Cesare la più piccola parte,
aver tutta la palma della meta compita,
e, disdegnando d'essere l'ellera parassita,
pur non la quercia essendo, o il gran tiglio fronzuto
salir anche non alto, ma salir senza aiuto!

sabato 7 novembre 2009

DIBATTITO SUL CROCEFISSO

Premetto che per me banalmente il Crocefisso non dovrebbe essere appeso ai muri delle classi delle nostre scuole per la semplice ragione che le classi sono luoghi dello Stato, e non perchè la visione del Crocefisso possa turbare qualcuno, perchè vedere Gesù Cristo in croce può solo farci del bene, di qualunque religione siamo o non siamo, e se ci turba, dobbiamo solo ringraziarlo, perchè vuol dire che ci mette a confronto con la nostra pochezza di uomini fallaci. Detto questo copio, sfidando il copyright, uno stupendo intervento di Claudio Magris sul Corriere della Sera di oggi. E' lungo, ma credo che ogni parola scritta valga la pensa sia letta.
Il crocifisso, simbolo di sofferenza che non può offendere nessuno
Il giovane Sami Albertin — la cui madre ha chiesto la rimozione del crocifisso dalle scuole statali approvata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ricevendo per questo su forum e blog volgari insulti da chi, per il solo fatto di proferirli, non ha diritto di dirsi cristiano — dev’essere molto sensibile e delicato come una mimosa, se, com’egli dice, «si sentiva osservato» dagli occhi dei crocifissi appesi nella sua classe.

Se erano tre, come egli ricorda, erano un po’ troppi, ma provare turbamenti da giovane Werther o da giovane Törless è forse un po’ esagerato; fa pensare a quella prevalenza dei nervi sui muscoli irrisa da Croce, che preferiva studenti studiosi e gagliardi a precoci giacobini.

La sentenza e soprattutto i suoi strascichi provocheranno — ed è questa la conseguenza più grave — un passo indietro in quella continua lotta per la laicità che è fondamentale, ma che è efficace — ha ricordato Bersani, uno dei pochi a reagire con equilibrio a tale vicenda — solo se non travolge il buon senso e non confonde le inique ingerenze clericali da combattere con le tradizioni che, ancora Bersani, non possono essere offensive per nessuno. La difesa della laicità esige ben altre e più urgenti misure: ad esempio — uno fra i tanti — il rifiuto di finanziare le scuole private, cattoliche o no, e di parificarle a quella pubblica, come esortava il cattolicissimo e laicissimo Arturo Carlo Jemolo.

Sono contrario a ogni Concordato che stabilisca favori a una Chiesa piuttosto che a un’altra anche se numericamente poco rilevante; ritengo ad esempio — è solo un altro esempio fra i tanti — che il matrimonio cattolico e il suo eventuale annullamento ecclesiastico non dovrebbero avere alcuna rilevanza giuridica, che dovrebbe essere conferita solo dal matrimonio e dal suo eventuale annullamento civile. «Frate, frate, libera Chiesa in libero Stato!», pare abbia detto Cavour in punto di morte al religioso che lo esortava a confessarsi. Forse è una leggenda, ma esprime bene la fede nel valore della laicità — che non è negazione di alcuna fede religiosa e può anzi coesistere con la fede più appassionata, ma è distinzione rigorosa di sfere, prerogative e competenze.

L’obbligatoria rimozione del crocifisso è formalmente ineccepibile, in quanto la separazione fra lo Stato e la Chiesa — tutte le Chiese — non richiede di per sé la presenza di alcun simbolo religioso. La legge tuttavia consente di temperare la formale applicazione del diritto con l’equità ossia con la giustizia nel caso concreto. Ad esempio è giusto che i responsabili di istituzioni pubbliche non possano affidare lavori che riguardino quest’ultime senza indire pubbliche gare di appalto, perché altrimenti si favorirebbe la corruzione.

Confesso che trenta o quarant’anni fa, all’epoca in cui dirigevo a Trieste un minuscolo e fatiscente Istituto di Filologia germanica, quando in una gelida giornata invernale di bora si era rotto il vetro di una piccola finestra ed entrava il gelo, non ho indetto alcuna gara d’appalto bensì ho cercato nella guida telefonica il vetraio più vicino, l’ho chiamato e gli ho pagato la piccola cifra richiesta, facendola gravare sulle piccole spese destinate all’acquisto di cancelleria, gomme, carta igienica, gesso.

Formalmente sarebbe stato possibile incriminarmi, ipotizzando un mio illecito accordo col vetraio; ad ogni buon conto confesso il reato solo ora, in quanto caduto in prescrizione. Credo tuttavia che, in quel caso come in altri, ciò avrebbe convalidato il detto, proclamato da rigorosi giuristi e non da teste calde, «summum ius, summa iniuria» — massimo diritto, massima ingiustizia.

E così forse è il caso del crocifisso. Quella figura rappresenta per alcuni ciò che rappresentava per Dostoevskij, il figlio di Dio morto per gli uomini; come tale non offende nessuno, purché ovviamente non si voglia inculcare a forza o subdolamente questa fede a chi non la condivide. Per altri, per molti, potenzialmente per tutti, esso rappresenta ciò che esso rappresentava per Tolstoj o per Gandhi, che non credevano alla sua divinità ma lo consideravano un simbolo, un volto universale dell’umanità, della sofferenza e della carità che la riscatta. Un analogo discorso, naturalmente vale per altri volti universali della condizione umana, ad esempio Buddha, il cui discorso di Benares parla anche a chi non professa la sua dottrina ed è radicato nella tradizione di altre civiltà come il cristianesimo nella nostra. Per altri ancora, scriveva qualche anno fa Michele Serra, quel crocifisso è avvolto dalla pietas dei sentimenti di generazioni. Altri ancora possono essere del tutto indifferenti, ma difficilmente offesi.

Si può e si deve osservare che le potenze terrene di cui quel crocifisso è simbolo e sostanza ossia le Chiese si sono macchiate e talvolta si macchiano ancora di violenze, prepotenze, ipocrisie, che negano quell’uomo in croce e fanno del male agli uomini. Tutte le Chiese, non solo la cattolica; anche i protestanti hanno i loro roghi di streghe e la consonante finale dell’orrenda sigla razzista wasp (bianchi anglosassoni protestanti, sprezzantemente contrapposti ai neri). Naturalmente, siccome a noi stanno sullo stomaco le prepotenze della Chiesa cattolica, quando essa le commette, è giusto prendersela con essa prima che con le malefatte di altre confessioni in altri Paesi.

Ma come quella p di wasp non offusca la grandezza della Riforma protestante e del suo libero esame, i misfatti e le pecche delle Chiese cristiane d’ogni tipo non offuscano l’universalità di Cristo, che anzi le chiama a giudizio. Su ogni bandiera e anche sulla croce ci sono le fetide macchie dei delitti commessi dai loro seguaci. In nome della patria si sono perpetrate violenze feroci; in nome della libertà e della giustizia si sono innalzate ghigliottine e creati gulag; in nome del profitto svincolato da ogni legge si sono compiute inaudite ingiustizie e crimini. Sulla bandiera dell’Inghilterra e della Francia c’è anche lo sterco della guerra dell’oppio, una guerra mossa per costringere un grande ma allora indifeso Paese a drogarsi in nome del profitto altrui.

L’elenco potrebbe continuare a piacere. Ma le barbarie nazionaliste non cancellano l’amor di patria; la guerra dell’oppio non cancella l’universalità della Magna Charta e della Dichiarazione dei Diritti dell’89 e quelle bandiere, inglese e francese, restano degne di rispetto e d’amore; il gulag installato in uno Stato che si proclamava socialista non distrugge l’universalità del socialismo e la ghigliottina non ha decapitato l’idea di libertà e di repubblica. E così tutto il negativo che si può e si deve addebitare alle Chiese cristiane non può far scordare anche il grande bene che loro si deve; la Chiesa cattolica non è solo Monsignor Marcinkus; è anche don Gnocchi e don Milani o padre Camillo Torres, morto combattendo per difendere i più miseri dannati della terra.

Quell’uomo in croce che ha proferito il rivoluzionario discorso delle Beatitudini non può essere cancellato dalla coscienza, neanche da quella di chi non lo crede figlio di Dio. La bagarre creata da questa sentenza farà dimenticare temi ben più importanti della difesa della laicità, fomenterà i peggiori clericalismi; dividerà il Paese in modo becero su entrambi i fronti, darà a tanti buffoni la tronfia soddisfazione di atteggiarsi a buon prezzo a campioni della Libertà o dei Valori, il crocifisso troverà i difensori più ipocriti e indegni, quelli che a suo tempo lui definì «sepolcri imbiancati».

Il Nostro Tempo ha ricordato che Piero Calamandrei — laico antifascista, intransigente nemico della legge truffa dei governi democristiani e centristi di allora— aveva proposto di affiggere, nei tribunali, il crocifisso non alle spalle ma davanti ai giudici, perché ricordasse loro le sofferenze e le ingiustizie inflitte ogni giorno a tanti innocenti. Evidentemente Calamandrei era meno delicatino del giovane Albertin.

In Italia, la sentenza è un anticipato regalo di Natale al nostro presidente del Consiglio, cui viene offerta una imprevista e gratissima occasione di presentarsi nelle vesti a lui invero poco consone, di difensore della fede, dei valori tradizionali, della famiglia, del matrimonio, della fedeltà, che quell’uomo in croce è venuto a insegnare. È venuto per tutti, e dunque anche per lui, ma questo regalo di Natale non glielo fa Gesù bambino bensì piuttosto quel rubizzo, giocondo e svampito Babbo Natale che fra poche settimane ci romperà insopportabilmente le scatole, a differenza di quel nato nella stalla.

Claudio Magris
07 novembre 2009
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domenica 1 novembre 2009

MICHELE SERRA RISPONDE

Lettera terribile, perchè implacabilmente lucida. Ma ho il fondato sospetto, gentile professoressa, che lei ometta di riferirci (per pudore) quanto le attraversa il cuore vivendo a stretto contatto con le sue fanciulle.
Le dirò, allora, quanto è capitato a me leggendo le sue parole: breve scoramento e subito dopo un sentimento di profonda tenerezza, protezione, responsabilità di fronte a quelle ragazzine. Il loro universo emotivo non può essere miserabile e conformista come il loro giudizio sulla vicenda dimostrerebbe. La loro parte "buona", e perfino quella "cattiva", è sicuramente più densa, e ricca, e irriducibile della caricatura di vita sessuale proposta alla Nazione dalle gesta del signor B. e della sua corte. Le loro speranze, le loro ambizioni, non possono accontentarsi di questo piatto di lenticchie: e sono sicuro che lei per prima, cara Margherita, non accetterà che le sue alunne si facciano fregare prima ancora di avere cominciato la loro gara.
Noi "moralisti" tendiamo a dire cose edificanti, ipo "devi essere più onesto, più buono, più rispettoso". In casi come questi, forse funziona meglio un altro tasto: dica alle sue alunne che la parte loo riservata, in questo gioco di ruoli, è quella delle comparse. Dica loro che, una per una, sono molto più importanti di Berlusconi (e infinitamente più giovani, dunque infinatamente più potenti: e Berlusconi lo sa benissimo, per questo si circonda di ragazzine). Dica loro che devono pretendere la Luna, non accontentarsi dei ninnoli. Che devono comandare, non obbedire. Stia vicina alle sue ragazze: per quanto stordite, per quanto domate, non meritano di firmare un contratto così svantaggioso con la vita

venerdì 10 luglio 2009

STEFANO BENNI: BAR SPORT 2000

Nel 1997 Stefano Benni scriveva un libro intitolato: BAR SPORT 2000”. A pag. 38 analizzava la figura dell’incazzato.
“CON CHI È INCAZZATO? Difficile dirlo. Con “quelli là” con “i soliti” con “lei sa bene di chi parlo”, forse il governo, forse l’opposizione, forse i vigili, forse gli americani, i padroni di cani, i capostazione o un allenatore di calcio. La sua incazzatura è così globale e pervasiva che può passare da un obiettivo all’altro nella stessa espirazione di fiato…
… Idee politiche dell’incazzato. Quasi impossibili da stabilire. La sua ideologia ringhia e saltella su un ring che comprende razzismo e paternalismo, estetica nazista e repulisti staliniani, buonsenso e guerriglia, NON NOMINANDO MAI I NEMICI PER NOME ma chiamandoli appunto “quelli là” o vaporizzandoli in un vortice di insulti. Il suo odio indistinto è rivolto verso ogni forma di vita amministrativa, sociale e animale (ad esempio i cassieri degli sportelli e i ragazzi che vanno in discoteca, i cani che sporcano per strada). Perciò è difficile attribuirlo a uno schieramento politico, anche se ha i suoi amori, che sono per lo più beceri televisivi, tiranni del passato e chiunque abbia usato il mitra in maniera seriale”.
NELL’ITALIA DEL 2009 POSSIAMO DARE UNA RISPOSTA A BENNI: I NEMICI SONO I MIGRANTI E LA SINISTRA.
Stefano Benni, credo che lei possa completare il capitolo

Da Stefano Benni, Bar Sport Duemila