Mi chiedo se il problema del linguaggio debba entrare nella
discussione della Direzione del Partito Democratico.
Il linguaggio problematico è a mio avviso quello del
proprietario del marchio delle 5 stelle.
E’ accettabile in democrazia un linguaggio simile (teso a
svilire l’avversario come si usa fare con un nemico in condizioni di assenza di
libertà e di sperequazione di potere: faccio riferimento ai linguaggi nell’era
segregazionista americana, nell’epoca del massacro delle popolazioni indigene
delle pianure statunitensi, nelle dittature fascio/naziste europee o nelle
dittature comuniste di oltrecortina in Europa o Asia orientale).
Il linguaggio è forma, sostanza e cartina di tornasole di
derive ancora in fieri? (scindo i militanti che da questo punto di vista
appaiono essere più in balia della malia dell’insulto all’avversario, che
stimola il testosterone politico, di quanto le loro competenze e i loro studi
possano far immaginare). Se lo è credo che la valutazione, le conseguenze e l’azione
debba tenerne conto subito da ora. Oppure si può decidere che è tutto
spettacolo abbassando sempre più la soglia di allarme.
Il linguaggio usato non è conforme al confronto democratico,
tutto sta a capire se si ritiene, e mi rivolgo al PD in particolare (avendolo
scelto, da apolide politico, come riferimento e confronto) se si ritiene che la
deriva sociale e culturale italiana lo abbia assunto, con le considerazioni che
allora si possono trarre, al quale ci si arrende, oppure se diventa un allarme
che entra pesantemente nelle valutazioni sui passi prossimi nel confronto
politico.
L’insulto al leader, ai leader (al netto di un sentito
dispiacere per le persone, vuoi sia Bersani vuoi sia Renzi, che si considerano
stimabili e degne di considerazione) di una organizzazione politica sono fondamentalmente un insulto a tutto un
popolo che ha scelto, discutendo e dissentendo, credendoci o studiando i
programmi. E’ una proprietà transitiva – come ho scritto sul mio blog (http://sistacomedautunnosuglialberilefoglie.blogspot.it/2013/03/signor-grillo-ho-la-faccia-come-il-culo.html)
– e questo mi pare grave perché soprattutto
viene sottaciuta ma credo venga invece
vissuta come una ferita da tanti che non hanno potere, non hanno possibilità di
farsi sentire, hanno solo una passione e una disponibilità all’impegno politico
nella vita comune di lavoratori, di studenti, di pensionati. Rendere paria
tutta una parte di popolazione è prodromo a sancire l’esistenza di una casta di
eletti, di aristocratici, di titolari della onestà, di più uguali degli altri.
Non è così, tanta gente che fa sacrifici e mette passione per fare politica
nelle forme più tradizionali non è corrotta per definizione e non è inutile per
deduzione. Però mi sembra che ci si dimentichi di questo popolo.
Nessun commento:
Posta un commento