lunedì 12 marzo 2018

#libroletto QOHELET. Commentato da Gianfranco Ravasi

#libroletto QOHELET. Commentato da Gianfranco Ravasi

Tempo fa, quando ero camperista, leggevo i resoconti di viaggio e ricordo uno che suggeriva di provare sempre a girare l’angolo ad ogni meta raggiunta perché si rischiava altrimenti di perdere qualche tesoro per pigrizia. Al netto del tono supponente dello scrivente che non me lo rendeva simpatico, devo dire che aveva ragione. Mi è tornato in mente questo aneddoto scoprendo di aver avuto dietro l’angolo (della letteratura occidentale) un tesoro come il Qohelet e aver avuto la curiosità di girare l’angolo solo in tarda età. C’è della involontaria ironia nella vicenda, considerato cosa scrive della vecchiaia questo libro: “12.1 Ricordati del tuo Creatore / nei tuoi giovani anni / prima che vengano gli orribili giorni/ e sopraggiungano gli anni di cui dirai: / ”.

Ma alla fine, nei sei gradi di separazione che la curiosità mi ha aiutato a collegare (da un settimanale letterario a un autore, dall’autore a un suo libro, dal libro alla curiosità per la citazione del Qohelet), alla fine sono giunto a questa perla.

Non sarò ovviamente così stupido da commentare il Qohelet e neppure il libro di commento su cui ho potuto conoscerlo ( Gianfranco Ravasi. Qohelet. Il libro più originale e “scandaloso” dell’Antico Testamento). Mi limito a esprimere il mio stupore per il contenuto di questo libro, così atipico per la mia ignorante conoscenza, da Ateo lontano dalle cose di religione, delle Sacre Scritture.

Del libro di Ravasi mi ha colpito la ferrea volontà dell’autore di smentire qualsiasi edulcorazione del testo, anche nelle sue più difficili affermazioni (difficili per poter conservare una immagine di un Dio padre severo ma attento ai suoi figli – il Dio che vedo emergere è più “indifferente” che altro. Neppure malvagio, no, proprio indifferente alla piccolezza, debolezza e caducità dell’Uomo). La sua analisi del testo è a mio avviso un validissimo aiuto per decrittarlo nel profondo (sarebbe probabilmente bellissimo anche senza poterlo capire e contestualizzarlo). A questo proposito volevo citare una frase di Ravasi che ho annotato (che illustra in poche parole lo sconcerto anche di chi vede “da fuori” come me): “Gesù denunzia le ingiustizie con l’ansia e lo sdegno dei profeti, Qohelet le registra in modo sconsolato e scontato”.

Infatti al 9.1 scrive Qohelet: “Ma l’uomo non sa/ se Dio prova per lui amore o odio/ Tutto ciò che l’uomo ha davanti è vuoto”

La terza parte del libro viene intitolata da Ravasi “I mille Qohelet”. In essa percorre, con una erudizione spaventosa, la letteratura a noi più vicina cercando i “veri fratelli di Qohelet”, ovvero (e qui lascio parlare Ravasi, non avrebbe senso arruffassi parole io): “ Costoro invece amano gli interrogativi fondamentali, anche se spesso restano irrisolti come ferite aperte; sono consapevoli che molti orizzonti metafisici classici sono fragili e forse infranti; non sopportano le spiegazioni di seconda mano, le facili consolazioni filosofiche o teologiche; detestano la stupidità, l’ottimismo becero, la superficialità; vogliono rischiare sulle frontiere del pensiero e della vita, anche in zone di pericolo. Per essi potrebbe valere il motto dello scrittore francese di origine americana Julien Green: ” 

Non essere quieti.

Anche contrastando lo stesso Qohelet: “8.17 Ho considerato anche tutte le opere di Dio: /l’uomo non può scoprire il senso/ di tutto quanto si compie sotto il sole. / Si affatichi pure a cercare, / nulla scoprirà. / Ed anche se un sapiente pretendesse di saperlo , / in realtà non potrebbe scoprirlo” . 

Non crederci, non arrendersi, non cedere. Anche in questo sta la grandezza di questo minuscolo, insignificante, caduco esserino sperso nel grande universo infinito che è l’Uomo.


mercoledì 7 marzo 2018

PER UN'ARTE DEL BUON VICINATO_ MARIO DELPINI

MARIO DELPINI
PER UN'ARTE DEL BUON VICINATO
Ho letto (ci si impiega un'ora, a leggerlo, per rifletterci sopra sicuramente no) questo libricino denso e importante che Mario Delpini ha pubblicato come "discorso alla città" (credo venga fatto ogni anno in occasione di sant'Ambrogio - Mario Delpini è Arcivescovo di Milano).
E' stata una lettura che mi ha coinvolto e fatto entrare in sintonia con l'autore, per quanto io sia lontano da Chiesa e religione in modo netto e definitivo.
Forse perchè l'ho trovato un libro laico, no, meglio, universale. Sì universale nel senso che parla a tutti gli uomini che ascoltano (beh, ammettiamolo, forse non ci sono esponenti religiosi che sanno parlare in modo così universale come gli esponenti della Chiesa Cattolica). Ma oltre, ho trovato i discorso di Delpini molto controcorrente, fuori anzi alternativo al "politicamente corretto" dominante oggi, in questa nazione l'un contro l'altro armato. E ovviamente sono attirato da chi va controcorrente, soprattutto con uno stile discreto e pacato come su questo libro.
Mi è piaciuta la parte iniziate con gli elogi (istituzioni, insegnanti - bellissimo - operatori (contrastando, come scrive, quella tendenza troppo facile alla critica e quell'enfasi troppo sproporzionata su alcuni... corrotti), che si conclude con un ringraziamento ( solo apparentemente banale) a chi fa funzionare la città facendo il proprio dovere. La tematica del dovere ritorna periodicamente nel libro, per esempio in contraltare rispetto ai "comportamenti arbitrari e la suscettibilità di chi credi di avere solo diritti". Ma ugualmente dovere delle Istituzioni  essere baluardo contro la prepotenza di chi prevarica sui diritti degli altri. Sembrerebbe banale buon senso, ma forse non è proprio il buon senso che è venuto a mancare?( c'è anche della ironia quando indica il dovere di elaborare normative sensate e di farle rispettare?). Ma non troviamo solo quelle raccomandazioni sensate che potrebbero relegare questo libricino tra "i bei discorsi" che si possono dimenticare in fretta. Non mi sembra. A pagina 19 e 20 troviamo una serie di domande che Delpini suggerisce le Istituzioni si pongano che sono in forma quasi maieutica una griglia per un programma di governo del territorio di chi si pone come potenziale amministratore di un Ente Locale. Così, senza dare nell'occhio un bel carico da mille. Con discrezione. Infine, tornando alla universalità, un richiamo a tutti (usando le sue parole: "per questo tutti, tutti!, sono invitati a partecipare; chi abita da sempre in città e chi è arrivato oggi, chi abita in centro e chi abita in periferia, chi parla il dialetto milanese e chi stenta a parlare italiano, chi ha un passaporto granata, chi ha un passaporto blu, verde, rosso"). Forse sbaglio ma questo non è solo un richiamo, è anche l'indicare un problema (tra l'altro ho trovato sintonia con un articolo letto su la Lettura del Corriere di Breschi - cito: "non importa da dove provieni, importa se la terra di arrivo è la tua nuova patria, e al riconoscimento di diritti e status corrispondono fedeltà e rispetto degli obblighi di una convivenza civile". Certo i piani sono un po' differenti, ma non opposti), ovvero se le comunità di nuovi italiani o di coloro che sperano di essere presto nuovi italiani non si chiudano, per mille motivi, nei loro cluster (per esempio, che partecipazione c'è di genitori allogeni o non italofoni ai Comitati Genitori delle scuole per interessarsi dei problemi delle scuole frequentate dai loro figli?, o nelle associazioni di volontariato?). L'ho fatta fin troppo lunga, ma è un libricino smilzo dove non una parola è di troppo. Meglio leggerlo che ignorarlo.

venerdì 2 marzo 2018

IN FONDO

in fondo M5S all'ultimo miglio ricorda sempre più la Democrazia Cristiana, contiene tutto senza cambiare nulla
in fondo la destra sembra un personaggio di Alberto Sordi al quale hanno tolto le poche scene di riscossa morale
in fondo la sinistra fa quello che sa fare meglio, dividersi con spreco
in fondo potere al popolo propone inutilmente il solito paradiso irrealizzabile che però mantiene pure le coscienze rivoluzionarie.

domenica 25 febbraio 2018

ANALOGIE?

Edgar Morin  - CULTURA E BARBARIE EUROPEE

ANALOGIE?
FALLIMENTI QUASI ANALOGHI
Il fallimento della rivoluzione russa è fondamentalmente culturale, perchè non c'è in quel momento cultura socialista. Non c'è neanche cultura mondiale. Questa mancanza ha permesso il successo dello stalinismo. Lo stalinismo abbandona totalmente la prospettica rivoluzionaria mondiale e intende ormai edificare il socialismo in un solo paese attraverso lo sviluppo industriale. Questo fallimento dell'idea socialista, fraterna e umanista, è quasi analogo al fallimento spirituale del Cristianesimo, che, istituendosi, ha falsato il messaggio originale di Gesù Cristo. Gesù aveva detto ai suoi discepoli che sarebbe tornato mentre erano in vita. Per più di un secolo, i discepoli e i loro discendenti hanno vissuto persuasi che la fine dei tempi fosse vicino, che la loro grande notte stesse arrivando. Quando fu palese che non ci sarebbe stata la grande notte, hanno realizzato la costruzione di una Chiesa gerarchizzata, organizzata, potenzialmente "totalitaria" in un certo senso. Così il fallimento del messaggio redentore di Gesù ha provocato il trionfo della chiesa cattolica. Allo stesso modo possiamo dire che il fallimento culturale del socialismo in Unione Sovietica  ha provocato l'insediamento del socialismo reale e lo spettacolare sviluppo della sua potenza sotto il giogo di Stalin.

sabato 17 febbraio 2018

GENOVA 1960 BOLOGNA 2018 UGUALI? TANTI DUBBI E UN TENTATIVO DI RAGIONAMENTO FATICOSO

GENOVA 1960 BOLOGNA 2018 UGUALI? TANTI DUBBI E UN TENTATIVO DI RAGIONAMENTO FATICOSO

da http://www.minimaetmoralia.it/wp/

http://www.minimaetmoralia.it/wp/antifascisti-impedire-ai-neofascisti-manifestare-discorso-sandro-pertini-genova-nel-1960/

Sul blog “Minima e moralia” trovo questo pezzo pubblicato da Christian Raimo e riproducente il testo di un intervento dell'indimenticato Presidente Partigiano Sandro Pertini sulla manifestazioni contro il congresso Missino a Genova nel 1960 dal titolo eloquente: “ Essere antifascisti oggi è impedire ai neofascisti di manifestare”. Questa lunga citazione di Pertini dovrebbe essere come una pietra tombale sulla possibile discussione sugli avvenimenti di ieri a Bologna (che invece mi pongono tanti interrogativi e dubbi) e su tante altre occasioni di contrasto interdittorio alle manifestazioni pubbliche dei gruppi di estrema destra italiani ( che si richiamano mitologicamente e cialtronescamente al periodo peggiore della breve storia italiana, quello del regime dittatoriale fascista). Nulla da eccepire sul discorso e sulle intenzioni di Pertini, però lui stesso cita un dato che mi sembra importante: siamo a 15 anni dalla fine della Guerra e dalla caduta dell'ultimo residuo della dittatura. Con le ferite ancora aperte e sanguinanti e in un contesto storico nel quale le dittature fasciste erano ancora considerate una opzione da giocare nella guerra fredda. Forse però la preoccupazione per il risorgere delle sirene fascistoidi e delle tentazioni autoritaria (ben più marcate e agenti nella Europa orientale), dovrebbe farci piuttosto guardare al periodo precedente l'assurgere al potere delle dittature fasciste per trovare un monito su come si possa giungere a disprezzare la democrazia. E forse il punto fermo su cui non cedere è la difesa dello Stato come unico elemento autorizzato ad usare la forza per la difesa della democrazia, la protezione del cittadino, la ricerca e la applicazione della giustizia, la punizione dei reati. Non voglio fare un paragone che potrebbe risultare insultante per alcuni, ma temo che se un gruppo di cittadini si sente investito dalla autorità di decidere chi ha diritto di parola, preventivamente alla espressione della parola stessa, questo gruppo di cittadini (anche se mosso dai migliori sentimenti – anche se... ed è tutto da verificare) diventa un somministratore di una “giustizia fai da te”, abbastanza pericoloso perchè diventa poco chiaro dove si pone il limite di questo tribunale che si autoinveste di potere di decisione. Intendiamoci, credo che la mobilitazione antifascista debba rafforzarsi e la denuncia di chi utilizza in modo strumentale questi utili idioti per calcoli elettorali di brevissimo respiro debba essere sempre più forte. Ma occorre avere la pazienza di percorrere tre strade: la manifestazione pubblica, anche con presenza fisica ma non interdittiva, in occasione di manifestazioni fasciste (lasciar parlare può anche essere utile a raccogliere informazioni degne di denuncia ai sensi delle leggi), il richiamo dello Stato alla applicazione delle leggi (leggi applicabili e applicate, se solo di facciata si prestano a facili ironie e sfide che diventano perdenti per gli antifascisti) e lo sforzo culturale e civico pro democrazia e pro Repubblica Antifascista, che si fonda sulla pietra angolare del rispetto del DOVERE da parte di ciascuno in ciascun ambito, perchè non possiamo nasconderci il fatto che se un periodo tanto nero e luttuoso come quello fascista attira ragazzi e ragazze nati attorno al 2000, forse è anche dovuto al fatto che si sono trovati di fronte un deserto etico e culturale coperto di cartelloni pubblicitari pieni di slogan ormai svuotati di senso e costellato di lobbies e categorie impegnare solo a far prevalere i propri DIRITTI

giovedì 15 febbraio 2018

ISTRUZIONI SEMPLICI SU COME RIBELLARSI

ISTRUZIONI SEMPLICI SU COME RIBELLARSI
La Stampa - 15 febbraio 2018 -  "Buongiorno" di Mattia Feltri
L'ARTE DI RIBELLARSI
stralcio
"... E fin qui il processo è già servito a rendere giustizia a un'idea: quando si ritiene che la legge e la morale siano in conflitto, quando si ritiene che la legge non sia all'altezza della morale, non si scende in piazza mascherati sfasciando vetrine e bancomat (e per me qui Feltri dimentica altri non - non si evadono tasse, non si eludono tariffe, non si obietta di coscienza magari per fare carriera...), si fa molto di più: come Cappato si mette sul piatto la propria libertà per ottenere la libertà di tutti

sabato 13 gennaio 2018

SE TORNASSE BERLINGUER OGGI A PROPORRE AUSTERITA'?

SE TORNASSE BERLINGUER OGGI A PROPORRE AUSTERITA'?
Dal bellissimo libro di Pierpaolo Farina " Casa per casa, strada per strada" possiamo leggere l'intervento conclusivo di Enrico Berlinguer alla Assemblea degli operai Comunisti lombardi del 30 gennaio 1977 ( 41 anni or sono), del quale pubblico uno stralcio. Con tutta la contestualizzazione possibile e tutta la comprensione dei cambiamenti che sono avvenuti, il dubbio che Berlinguer sia ormai un "classico", nel senso che i suoi ragionamenti trascendono il contesto e parlano anche al'uomo di oggi, mi rimane forte nella mente.
Ma proprio perché sono profondamente convinto che il suo  sia un discorso anche contemporaneo, mi chiedo con divertito disincanto, come esso verrebbe accolto oggi , nell'Italia delle promesse roboanti e della abolizioni di qualsiasi dovere civico.
"... o ci si lascia  portati dal corso delle cose così come stanno andando, ma in tal modo si scenderà di gradino in gradino la scala della decadenza, dell'imbarbarimento della vita e quindi anche, prima o poi, di una involuzione politica reazionaria; oppure si guarda in faccia la realtà (e la si guarda a tempo) per non rassegnarsi ad essa, e si cerca di trasformare una traversia così densa di pericoli e di minacce in un'occasione di cambiamento, un'iniziativa che possa dar luogo anche a un balzo di civiltà, che sia dunque non una sconfitta ma una vittoria dell'uomo sulla storia e sulla natura.
Ecco perchè diciamo che l'austerità è, sì, una necessità, ma può essere anche un'occasione  per rinnovare, per trasformare l'Italia: un'occasione, certo, come ha detto qui un compagno operaio, tutta da conquistare, ma quindi da non lasciarci sfuggire.
L'austerità per definizione comporta restrizioni di certe disponibilità a cui ci si è abituati, rinunce a certi vantaggi acquisiti: ma noi siamo convinti che non è detto affatto che la sostituzione di certe abitudini attuali con altre, più rigorose e non sperperatrici, conduca a un peggioramento della qualità e della umanità della vita. Una società più austera può essere una società più giusta, meno diseguale, realmente più libera, più democratica, più umana"