Ritengo che il romanzo “LA FAMIGLIA MOSKAT” di I.B.Singer
sia un gran libro.
In sintesi: narra la tragica epopea di una famiglia ebrea
nella Polonia di inizio XX secolo, fino all’inizio della invasione nazista.
Non è solo vicenda narrata, una storia così complessa e con
un tal numero di personaggi da necessariamente iniziare con alcuni alberi
genealogici, ad essere avvincente e coinvolgente.
E’ la vivida e partecipata descrizione del variopinto,
multiforme, composito mondo ebraico yiddish che viveva, prosperava e allo
stesso tempo sopravviveva sempre con senso di provvisorietà e insicurezza in
una Europa che non ha mai saputo accettare completamente la loro presenza.
Ma non è un romanzo fazioso. E’ un romanzo sul una vicenda
umana, mondo a sé e parte della storia universale, nel quale l’alterità e la
chiusura ebraica viene evidenziata criticamente (un personaggio riflette su
questa comunità ebraica che vive da 800 anni in Polonia e non si è mai
preoccupata di imparare il polacco).
La descrizione dei riti, delle usanze nelle ricorrenze, dei
cibi, di costumi (le parrucche che le donne ebree sposate portano per non
mostrare i capelli nudi), sono così precise e parti integranti della storia da
stuzzicare la voglia di conoscere meglio quella cultura ( che la religione
sostanzia tutta – c’è molta affinità con l’Islam e un antico Cristianesimo in questo).
Toccante la parte finale, temporalmente appartenente al
periodo immediatamente precedente l’invasione nazista, nel quale si percepisce,
da parte degli ebrei, una fatalistica e rassegnata consapevolezza
del disastro futuro, forse comunque inimmaginabile negli esiti orrendi dell’Olocausto.
Un fatalismo che secoli di persecuzioni e pogrom hanno scolpito nella
psicologia del popolo ebraico (senza quelli- riflette un protagonista- saremmo
centinaia di milioni).
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