IL LAGER COMUNISTA
Oggi ricorre la Giornata europea di commemorazione delle vittime di tutti i regimi totalitari e autoritari, celebrata dal 2009.
Il 23 agosto 1939 la Germania nazista firmava con l’Unione Sovietica il patto Molotov-Ribbentrop, segnando l’inizio di uno dei periodi più bui della storia recente del nostro continente, che ha portato alla deportazione, alla tortura e all’assassinio di decine di milioni di persone sotto regimi totalitari
Per un curioso caso proprio ieri sera ho letto e annotato una drammatica pagina di Kapuscinski tratta da IMPERIUM che voglio qui condividere
Il lager (comunista in Siberia_ mia nota di precisazione, conosciuto anche come Gulag, ma K. usa la parola Lager) era una struttura ideata con sadismo e, al tempo stesso, con esattezza matematica per distruggere e annientare l'essere umano sottoponendolo, prima della morte, alle peggiori umiliazioni, sofferenze e torture. era una rete in filo spinato fatta per lo sterminio e dalla quale, una volta che ci si cadeva dentro, era impossibile districarsi. Eccone gli elementi.
Il freddo. coperto di cenci miseri e leggeri, il condannato aveva sempre freddo, era sempre gelato.
La fame. Il freddo veniva avvertito tanto più acutamente in quanto il prigioniero era perennemente, bestialmente, ossessivamente affamato, disponendo come unico cibo di un tozzo di pane e un po' d'acqua
Il lavoro forzato. Intirizzito, affamato, il condannato era sottoposto a un lavoro bestiale e superiore alle sue forze: scavare, trasportare la terra con la carriola, spaccare pietre, tagliare boschi.
La mancanza di sonno. Quest'essere assiderato, affamato, sfibrato dal lavoro e quasi sempre malato, veniva privato anche del sonno. Poteva dormire solo poche ore su un letto d'assi, dentro baracche gelide, con addosso gli stessi stracci con cui lavorava
La sporcizia. Lavarsi era proibito e del resto non ci sarebbe stato né il tempo né il luogo per farlo. Coperto da una crosta appicicosa di sporcizia e sudore, il prigioniero emanava un fetore insopportabile
Gli insetti. Note e giorno era divorato dai parassiti. Gli stracci indossati erano nidi di pidocchi, le brande delle baracche pullulavano di cimici. durante l'estate veniva assalito da sciami di zanzare e dai terribili moscerini siberiani, che a nugoli gli si avventavano contro.
Il sadismo dell'NKVD. Guardi di scorta e carcerieri, ossia il sistema di sorveglianza dell'NKVD, infierivano senza sosta sul prigioniero urlando, prendendolo a pugni in faccia, a calci, aizzandogli contro i cani e fucilandolo per un nonnulla.
Il terrore dei criminali comuni. I prigionieri politici venivano sistematicamente terrorizzati, durubati, seviziati dai delinquenti comuni, che detenevano il grado più basso del potere.
La consapevolezza del torto subito. Anche il sopportare la sensazione di profonda ingiustizia era una tortura psichica. I prigionieri politici erano del tutto innocenti, non avevano fatto nulla di male.
La nostalgia e la paura. Tutti erano torturati dalla nostalgia dei loro cari, della casa ( le condanne arrivavano anche a venticinque anni), dalla sensazione di essere tagliati fuori dal mondo, dal timore di un domani sconosciuto e sempre più terribile, dall'incubo che ogn inuovo giorno fosse anche l'ultimo.
se anche vi vedo tutti in piedi ad applaudire, io continuo a pensare che sia sbagliato _EUROPEO e ITALIANO di MINORANZA_ DOVERISTA GENTILE
martedì 23 agosto 2016
domenica 21 agosto 2016
SE LE TELEVISIONI ITALIANE DEDICASSERO LA PROGRAMMAZIONE AI VARI SPORT IN BASE AI LORO REALI SUCCESSI...
SE LE TELEVISIONI ITALIANE DEDICASSERO
LA PROGRAMMAZIONE AI VARI SPORT IN BASE AI LORO REALI SUCCESSI...
ORO |
Judo |
Men
-66 kg |
BASILE Fabio |
ORO |
Fencing |
Men's
Foil Individual |
GAROZZO Daniele |
ORO |
Shooting |
10m
Air Rifle Men |
CAMPRIANI Niccolo |
ORO |
Shooting |
Skeet
Women |
BACOSI Diana |
ORO |
Shooting |
Skeet
Men |
ROSSETTI Gabriele |
ORO |
Swimming |
Men's
1500m Freestyle |
PALTRINIERI Gregorio |
ORO |
Shooting |
50m
Rifle 3 Positions Men |
CAMPRIANI Niccolo |
ORO |
Cycling Track |
Men's
Omnium |
VIVIANI Elia |
ARG |
Fencing |
Women's
Épée Individual |
FIAMINGO Rossella |
ARG |
Diving |
Women's
Synchronised 3m Springboard |
Cagnotto / Dallape' |
ARG |
Judo |
Women
-52 kg |
GIUFFRIDA Odette |
ARG |
Shooting |
Trap
Men |
PELLIELO Giovanni |
ARG |
Shooting |
Double
Trap Men |
INNOCENTI Marco |
ARG |
Fencing |
Women's
Foil Individual |
DI FRANCISCA Elisa |
ARG |
Shooting |
Skeet
Women |
CAINERO Chiara |
ARG |
Fencing |
Men's
Épée Team |
Italy |
ARG |
Marathon Swimming |
Women's
10km |
BRUNI Rachele |
ARG |
Beach Volleyball |
Men |
Nicolai / Lupo |
ARG |
Water Polo |
Women |
Italy |
ARG |
Volleyball |
Men |
Italy |
BRZ |
Swimming |
Men's
400m Freestyle |
DETTI Gabriele |
BRZ |
Cycling Road |
Women's
Road Race |
LONGO BORGHINI Elisa |
BRZ |
Rowing |
Men's
Pair |
DI COSTANZO / Abagnale |
BRZ |
Rowing |
Men's
Four |
Italy |
BRZ |
Swimming |
Men's
1500m Freestyle |
DETTI Gabriele |
BRZ |
Diving |
Women's
3m Springboard |
CAGNOTTO Tania |
BRZ |
Water Polo |
Men |
Italy |
BRZ |
Wrestling |
Men's
Freestyle 65 kg |
CHAMIZO MARQUEZ Frank |
Questa è la tabella dei successi
olimpici degli atleti italiani (o che concorrono sotto la bandiera
italiana). Non ho la minima idea se corrisponde alle attese e se,
rispetto ad altre olimpiadi, sia un successo o meno (a me sembra un
ottimo risultato).
Propongo uno studio:
vedo che su 28 medaglie, 7 sono
arrivate da discipline di tiro con arma (conto giusto? Il 25%). Per
le medaglie d'oro il 50% delle medaglie sono arrivate da quelle
discipline.
Si possono fare altre estrapolazioni,
altre graduatorie. Una classifica interessante sarebbe considerando
non solo i primi tre, bensì i primi otto per ogni disciplina, per
vedere a livello di alte prestazioni complessive quale sia la nostra
posizione nel modo olimpico.
Ma non è questo che mi incuriosisce.
Io suggerirei di prendere un anno tipo,
esempio il 2015, e fare una classifica dei minuti dedicati ad ogni
sport olimpico dalle 7 principali televisioni italiane in chiaro e da
quelle a pagamento (che non ho idea quante siano) e poi dividere i
minuti per le medaglie olimpiche conquistate (valutate per criterio
di valore). E riflettere sugli esiti
Lo stesso gioco potrebbe essere fatto
conteggiando tutti i minuti dedicati non per le gare ma per dibattere
e litigare e intervistare dalle stesse televisioni a ciascuno degli
sport olimpici e dividere anch'essi per le medaglie olimpiche di
ciascuno sport. E riflettere (sono pronto a scommettere: amaramente)
Al contrario, si potrebbe programmare i
palinsesti secondo questo criterio: sommando tutti i minuti dedicati
alle gare e alle parole da ciascuna TV ai vari sport, un monte minuti
indistinto e poi dividere le quote in relazione ai successi in
competizioni continentali, mondiali o olimpici, e capire quanti
minuti, in base alla resa di successo, dovrebbe essere dedicato a
ciascuno sport
domenica 14 agosto 2016
LA PAURA
LA PAURA
Per una mia imperdonabile distrazione e povertà culturale, sono giunto fino a questi tempi senza aver mai letto nulla di SCHMITT e di KAPUSCINSKI, per quanto i nomi non mi fossero sconosciuti.
Che madornale errore.
Ora in tarda età sto recuperando, un po' bulimicamente, con soddisfazione intelletuale
In particolare ora voglio condividere un breve stralcio tratto da SHAH - IN - SHAH di Kapuscinski, straordinario libro che racconta l'IRAN di Rezha Palhevi fino alla Rivoluzione Islamica. Conoscevo vagamente la storia dell'IRAN imperiale, avevo seguito gli atroci massacri compiuti dall'esercito dello Shah, e avrei saputo dire, seppur vagamente cosa fosse la Savak se interrogato. Ma un quadro così dettagliato e preciso della situazione che ha portato alla rivolta (che inizialmente non era solo Islamica/Scita) e alle motivazioni delle conseguenze, non lo avevo mai potuto avere.
Lo stralcio tratta della paura. Certo K. si riferisce più alla paura fisica delle immonde torture cui la Savak sottoponeva gli oppositori e del clima di sospetto reciproco cui era stato indotto il paese (orwelliano in generale, vicino alla DDR piuttosto che alla Corea del Nord nei ricorsi storici). Però, come capita a concetti profondi e veritieri, si innalza a livello di una riflessione generale che parla anche a noi oggi.
"La paura: una vorace bestia da preda annidata dentro di noi che non ci permette di dimenticarla. Ci spossessa e ci tortura senza posa. Chiede continuamente cibo, e noi dobbiamo nutrirla. Le riserviamo spontaneamente i piatti migliori. I suoi bocconi preferiti sono le dicerie sinistre, le cattive notizie, le idee inquietanti, le immagini da incubo (mia nota: come non pensare alla bufale su FB o a telegiornali come quelli di Italia1). Fra le migliaia di pettegolezzi, di notizie e di pensieri scegliamo a colpo sicuro i peggiori, ossia quelle che la paura predilige. Per placarla, per carezzare il mostro."
Per una mia imperdonabile distrazione e povertà culturale, sono giunto fino a questi tempi senza aver mai letto nulla di SCHMITT e di KAPUSCINSKI, per quanto i nomi non mi fossero sconosciuti.
Che madornale errore.
Ora in tarda età sto recuperando, un po' bulimicamente, con soddisfazione intelletuale
In particolare ora voglio condividere un breve stralcio tratto da SHAH - IN - SHAH di Kapuscinski, straordinario libro che racconta l'IRAN di Rezha Palhevi fino alla Rivoluzione Islamica. Conoscevo vagamente la storia dell'IRAN imperiale, avevo seguito gli atroci massacri compiuti dall'esercito dello Shah, e avrei saputo dire, seppur vagamente cosa fosse la Savak se interrogato. Ma un quadro così dettagliato e preciso della situazione che ha portato alla rivolta (che inizialmente non era solo Islamica/Scita) e alle motivazioni delle conseguenze, non lo avevo mai potuto avere.
Lo stralcio tratta della paura. Certo K. si riferisce più alla paura fisica delle immonde torture cui la Savak sottoponeva gli oppositori e del clima di sospetto reciproco cui era stato indotto il paese (orwelliano in generale, vicino alla DDR piuttosto che alla Corea del Nord nei ricorsi storici). Però, come capita a concetti profondi e veritieri, si innalza a livello di una riflessione generale che parla anche a noi oggi.
"La paura: una vorace bestia da preda annidata dentro di noi che non ci permette di dimenticarla. Ci spossessa e ci tortura senza posa. Chiede continuamente cibo, e noi dobbiamo nutrirla. Le riserviamo spontaneamente i piatti migliori. I suoi bocconi preferiti sono le dicerie sinistre, le cattive notizie, le idee inquietanti, le immagini da incubo (mia nota: come non pensare alla bufale su FB o a telegiornali come quelli di Italia1). Fra le migliaia di pettegolezzi, di notizie e di pensieri scegliamo a colpo sicuro i peggiori, ossia quelle che la paura predilige. Per placarla, per carezzare il mostro."
giovedì 11 agosto 2016
GUARDI QUANTE SCARPE! _ Da “LA PRIMA GUERRA DEL FOOTBALL” - KAPUSCINSKI
GUARDI QUANTE SCARPE!
Da “LA PRIMA GUERRA DEL FOOTBALL” - KAPUSCINSKI
“La compagnia del soldato strisciava tra gli arbusti, salendo verso la famosa curva dove eravamo piombati nell’inferno della guerra e dove era rimastoil nostro camion.
Dal punto in cui ora giacevamo, schiacciati a terra, si vedevano le grosse suole di gomma dei suoi commilitoni: avanzavano sull'erba, si fermavano, riprendevano a scivolare per qualche metro, poi tornavano fermarsi. I soldato mi urtò con il gomito
“Signore, guardi quante scarpe”
Fissando le scarpe della compagnia che procedeva a carponi, socchiuse gli occhi, sembrò riflettere, poi disse con voce rassegnata
“Nella mia famiglia tutti girano scalzi.”
Contesto
Nel 1970 Honduras e Salvator combattono una guerra di 100 ore a seguito degli scontri successivi le partite di eliminazione per i campionati del mondo di calcio del 1970. (Questa è la motivazione mediatica, in realtà le vere cause sono, come dice qualche saggio anche ai nostri giorni, derivanti da sperequazione, potere e sfruttamento). Ai primi sentori della guerra Kapuscinski si precipita in Honduras per seguire la vicenda. In una spedizione nelle zone del conflitto il mezzo dove viaggia lui assieme ad altri giornalisti capita improvvisamente in una zona di battaglia. I giornalisti si disperdono. Kapuscinski si ritrova con un soldato honduregno nascosto nella boscaglia.
Da “LA PRIMA GUERRA DEL FOOTBALL” - KAPUSCINSKI
“La compagnia del soldato strisciava tra gli arbusti, salendo verso la famosa curva dove eravamo piombati nell’inferno della guerra e dove era rimastoil nostro camion.
Dal punto in cui ora giacevamo, schiacciati a terra, si vedevano le grosse suole di gomma dei suoi commilitoni: avanzavano sull'erba, si fermavano, riprendevano a scivolare per qualche metro, poi tornavano fermarsi. I soldato mi urtò con il gomito
“Signore, guardi quante scarpe”
Fissando le scarpe della compagnia che procedeva a carponi, socchiuse gli occhi, sembrò riflettere, poi disse con voce rassegnata
“Nella mia famiglia tutti girano scalzi.”
Contesto
Nel 1970 Honduras e Salvator combattono una guerra di 100 ore a seguito degli scontri successivi le partite di eliminazione per i campionati del mondo di calcio del 1970. (Questa è la motivazione mediatica, in realtà le vere cause sono, come dice qualche saggio anche ai nostri giorni, derivanti da sperequazione, potere e sfruttamento). Ai primi sentori della guerra Kapuscinski si precipita in Honduras per seguire la vicenda. In una spedizione nelle zone del conflitto il mezzo dove viaggia lui assieme ad altri giornalisti capita improvvisamente in una zona di battaglia. I giornalisti si disperdono. Kapuscinski si ritrova con un soldato honduregno nascosto nella boscaglia.
martedì 9 agosto 2016
RYSZARD KAPUSCINKI: IL NEGUS (consigliato: con convinzione)
RYSZARD KAPUSCINKI: IL NEGUS (consigliato: con convinzione)
Kapuscinski
Che fortuna aver incontrato Kapuscinski. Ultimamente mi sto interessando di viaggi (si badi bene, di viaggi, non di turismo) e di diari di viaggio. Il nome di questo autore mi era noto per fama ma non per conoscenza diretta. Per approfondire questa tematica ho preso in biblioteca il Meridiano a lui dedicato.
Ottima scelta,
Ho letto quasi d'un fiato il primo libro, Negus, dedicato alla figura dell'Imperatore dell'Etiopia Hailé Selassié e alla fine del suo potere autocratico.
Kapuscinski idea un racconto che ha una prospettiva anomala, non dal punto di vista del vecchio autocrate, non dal punto di vista dei rivoluzionari seguaci di Menghistu e del DERG, ma dal punto di vista dei dignitari di corte. Nasce un racconto che assume a volte i toni di farsa ( i dignitari credono o fingono di credere in ciò che affermano, ma noi che vediamo "da fuori" ci accorgiamo del corrotto sofisma che stravolge e violenta la realtà ). Ho letto che Kapuscinski crea una "poetica del servilismo" e che nel raccontarci dell'Etiopia di Hailé Salassié estremizza una idea di stato sociale che a gradi diversi é applicabile (e applicata o pensata perlomeno) ovunque. In questo teatro dell'assurdo che sono le testimonianze che Kapuscinski genialmente va a cercare assieme al vecchio conoscente Teferra Gebrewold, ex caposezione dei Servizi di Informazione etiopici conosciuto in precedenti viaggi, pochissimo tempo dopo la presa del potere da parte del DERG, tra i funzionari di Palazzo Imperiale che non sono stati fucilati, imprigionati o che non sono fuggiti sulle montagne o all'estero, il servilismo, l'abiezioni di uomini che per mantenere un piccolo privilegio accettano qualsiasi umiliazione (il funzionario addetto a mettere il cuscino sotto i piedi del troppo piccolo Imperatore che sedeva su un alto trono - ne aveva 52 nel suo magazzino- o il funzionario che aveva come compito asciugare le scarpe sulle quali il cane dell'Imperatore aveva orinato), la lotta per conquistare il favore, la spietata logica per cui il popolo doveva essere mantenuto nella fame e nel'ignoranza, l'arte di caricarlo di gravami poco alla volta per evitare disperate rivolte, la corruzione e la delazione eretta a sistema, diventano filosofia di vita e di potere assunte come naturali da questi spaventati fuggiaschi.
Mi spiace non riuscire a spiegare la bellezza di queso libro, tradotto mirabilmente da Vera Verdiani, posso solo consigliare di leggerlo e copiare l'incipit.
""La sera andavo a raccogliere le confidenze di persone che avevano frequentato la corte imperiale:gente che un tempo risiedeva a Palazzo o che vi aveva avuto libero accesso. Ormai erano rimasti in pochi. Qualcuno era finito davanti al plotone d'esecuzione, altri erano fuggiti all'estero o erano stati rinchiusi nei sotterranei del Palazzo stesso, passando bruscamente dai saloni alle segrete. C'era anche chi si nascondeva nelle montagne o viveva tra le mura dei conventi, travestito da Monaco. Ognuno cercava di sopravvivere come poteva. Solo pochi erano rimasti ad Addis Abeba dove, a quanto pareva, era più facile sfuggire alla sorveglianza delle autorità.
Andavo a trovarli quando scendeva la notte. Dovevo continuamente cambiare automobile e travestimento. Gli etiopi, sospettosi per natura, stentavano a credere nella sincerità del mio intento: far rivivere il mondo spazzato via dalle mitragliatrici della Quarta Divisione."
Che fortuna aver incontrato Kapuscinski. Ultimamente mi sto interessando di viaggi (si badi bene, di viaggi, non di turismo) e di diari di viaggio. Il nome di questo autore mi era noto per fama ma non per conoscenza diretta. Per approfondire questa tematica ho preso in biblioteca il Meridiano a lui dedicato.
Ottima scelta,
Ho letto quasi d'un fiato il primo libro, Negus, dedicato alla figura dell'Imperatore dell'Etiopia Hailé Selassié e alla fine del suo potere autocratico.
Kapuscinski idea un racconto che ha una prospettiva anomala, non dal punto di vista del vecchio autocrate, non dal punto di vista dei rivoluzionari seguaci di Menghistu e del DERG, ma dal punto di vista dei dignitari di corte. Nasce un racconto che assume a volte i toni di farsa ( i dignitari credono o fingono di credere in ciò che affermano, ma noi che vediamo "da fuori" ci accorgiamo del corrotto sofisma che stravolge e violenta la realtà ). Ho letto che Kapuscinski crea una "poetica del servilismo" e che nel raccontarci dell'Etiopia di Hailé Salassié estremizza una idea di stato sociale che a gradi diversi é applicabile (e applicata o pensata perlomeno) ovunque. In questo teatro dell'assurdo che sono le testimonianze che Kapuscinski genialmente va a cercare assieme al vecchio conoscente Teferra Gebrewold, ex caposezione dei Servizi di Informazione etiopici conosciuto in precedenti viaggi, pochissimo tempo dopo la presa del potere da parte del DERG, tra i funzionari di Palazzo Imperiale che non sono stati fucilati, imprigionati o che non sono fuggiti sulle montagne o all'estero, il servilismo, l'abiezioni di uomini che per mantenere un piccolo privilegio accettano qualsiasi umiliazione (il funzionario addetto a mettere il cuscino sotto i piedi del troppo piccolo Imperatore che sedeva su un alto trono - ne aveva 52 nel suo magazzino- o il funzionario che aveva come compito asciugare le scarpe sulle quali il cane dell'Imperatore aveva orinato), la lotta per conquistare il favore, la spietata logica per cui il popolo doveva essere mantenuto nella fame e nel'ignoranza, l'arte di caricarlo di gravami poco alla volta per evitare disperate rivolte, la corruzione e la delazione eretta a sistema, diventano filosofia di vita e di potere assunte come naturali da questi spaventati fuggiaschi.
Mi spiace non riuscire a spiegare la bellezza di queso libro, tradotto mirabilmente da Vera Verdiani, posso solo consigliare di leggerlo e copiare l'incipit.
""La sera andavo a raccogliere le confidenze di persone che avevano frequentato la corte imperiale:gente che un tempo risiedeva a Palazzo o che vi aveva avuto libero accesso. Ormai erano rimasti in pochi. Qualcuno era finito davanti al plotone d'esecuzione, altri erano fuggiti all'estero o erano stati rinchiusi nei sotterranei del Palazzo stesso, passando bruscamente dai saloni alle segrete. C'era anche chi si nascondeva nelle montagne o viveva tra le mura dei conventi, travestito da Monaco. Ognuno cercava di sopravvivere come poteva. Solo pochi erano rimasti ad Addis Abeba dove, a quanto pareva, era più facile sfuggire alla sorveglianza delle autorità.
Andavo a trovarli quando scendeva la notte. Dovevo continuamente cambiare automobile e travestimento. Gli etiopi, sospettosi per natura, stentavano a credere nella sincerità del mio intento: far rivivere il mondo spazzato via dalle mitragliatrici della Quarta Divisione."
sabato 6 agosto 2016
DON CHISCIOTTE. L'ARCHETIPO DEI MIEI EROI
DON CHISCIOTTE. L'ARCHETIPO DEI MIEI EROI
don Chisciotte atterrato afferma che la propria debolezza non compromette la verità di ciò in cui egli crede
Claudio Magris, nel capitolo "Sulla strada di don Chisciotte" del libro L'INFINITO VIAGGIARE, traccia un ritratto "profondo" di don Chisciotte con la pacata saggezza che trovo in tutti i suoi scritti.
E scopro che Magris coglie il nocciolo di ciò che rende il Cavaliere dalla Triste Figura uno degli archetipi dei miei eroi, che gli concede una delle postazioni principali nel mio Pantheon ideale, un esempio per me, consapevolmente, inarrivabile
"Don Chisciotte non ha paura; si offre all'incertezza del vivere, che gli porta disastri, legnate, porcherie, umiliazioni. Ma egli non ha fede nella vita, che non sa quel che fa, bensì nei libri, che dicono non la vita ma ciò che le dà senso, le sue insegne. Per queste insegne egli si batte e viene quasi sempre ridicolmente battuto, perché quasi sempre perde e il male vince. Ma nemmeno disarcionato egli dubita di quelle insegne. Argamasilla è la patria del baccelliere Sansone Carrasco che l'atterra, ma don Chisciotte atterrato afferma che la propria debolezza non compromette la verità di ciò in cui egli crede"
don Chisciotte atterrato afferma che la propria debolezza non compromette la verità di ciò in cui egli crede
Claudio Magris, nel capitolo "Sulla strada di don Chisciotte" del libro L'INFINITO VIAGGIARE, traccia un ritratto "profondo" di don Chisciotte con la pacata saggezza che trovo in tutti i suoi scritti.
E scopro che Magris coglie il nocciolo di ciò che rende il Cavaliere dalla Triste Figura uno degli archetipi dei miei eroi, che gli concede una delle postazioni principali nel mio Pantheon ideale, un esempio per me, consapevolmente, inarrivabile
"Don Chisciotte non ha paura; si offre all'incertezza del vivere, che gli porta disastri, legnate, porcherie, umiliazioni. Ma egli non ha fede nella vita, che non sa quel che fa, bensì nei libri, che dicono non la vita ma ciò che le dà senso, le sue insegne. Per queste insegne egli si batte e viene quasi sempre ridicolmente battuto, perché quasi sempre perde e il male vince. Ma nemmeno disarcionato egli dubita di quelle insegne. Argamasilla è la patria del baccelliere Sansone Carrasco che l'atterra, ma don Chisciotte atterrato afferma che la propria debolezza non compromette la verità di ciò in cui egli crede"
venerdì 5 agosto 2016
SI VIVE PER ESSERE PIU' VICINI ALLA MORTE (quasi sempre)
SI VIVE PER ESSERE PIU' VICINI ALLA MORTE (quasi sempre)
Claudio Magris. L'infinito viaggiare
prefazione
“Quasi sempre, nella propria esistenza, si hanno troppe ragioni per sperare che essa passi il più rapidamente possibile, che il presente diventi quanto più velocemente futuro, che il domani arrivi quanto prima, perchè si attende con ansia il responso del medico, l'inizio delle vacanze, il compimento di un libro, il risultato di un'attività o di una iniziativa e così si vive non per vivere ma per avere già vissuto, per essere più vicini alla morte, per morire"
Claudio Magris. L'infinito viaggiare
prefazione
“Quasi sempre, nella propria esistenza, si hanno troppe ragioni per sperare che essa passi il più rapidamente possibile, che il presente diventi quanto più velocemente futuro, che il domani arrivi quanto prima, perchè si attende con ansia il responso del medico, l'inizio delle vacanze, il compimento di un libro, il risultato di un'attività o di una iniziativa e così si vive non per vivere ma per avere già vissuto, per essere più vicini alla morte, per morire"
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